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Autore: Arwen297    26/01/2012    4 recensioni
la bellezza interiore è anche qualcosa che resta inalterata nel tempo anzi in molti casi cresce. La bellezza esteriore è solo una immagine statica. Quella interiore è l'essenza dinamica di ogni persona, capace di mutare, di migliorarsi rendendo nel corso della vita una persona sempre meravigliosa agli occhi di coloro che sanno apprezzarne il carattere, che l’apparire serve solo per farti notare, mentre nei tempi lunghi dell’esistenza di ciascuno di noi, la bellezza interiore conquista, ama.
Ma soprattutto non sfiorisce mai.
Terza classificata al contest: "The Nightmare becomes real" organizzato da Kat Logan sul forum di EFP
Lieve accenno ad Haruka/Michiru
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Michiru/Milena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine, Contesto generale/vago
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Note dell'autrice: In fondo troverete il punteggio relativo alla one - shot. Prometto che aggiornerò, lo so lo dico sempre ma non lo faccio mai. Ma i miei capitoli stanno progredendo. Lentamente ma lo fanno =P

Quella dell’anima è l’unica bellezza che non sfiorisce mai

Scritta da: Arwen297 – Personaggio di: Naoko Takeuchi
Partecipante al contest: The Nightmare becomes real organizzato da Kat Logan

Silenzio.
Ogni tanto ne ho veramente il bisogno. Ho spento la musica, sono uscita e l’unico rumore che sento ancora è quello del mare. Ho sempre avuto una certa affinità con lui, è stato il miglior compagno di vita che avrei mai potuto immaginare: discreto e silenzioso. Presente ma mai opprimente.
Intorno a me odo solo la natura rigogliosa, il canto degli uccelli, il fruscio delle foglie del sottobosco mosse da qualche piccolo e veloce visitatore, in lontananza un cane abbaia alla solitudine.
Nient’altro.
La mente sembra libera, lontana da qualsiasi pensiero, ma so che non durerà molto. Lui , il mio elemento, fa sempre si che in me si agitino i pensieri più disparati.
Talvolta dolorosi.
Mi specchio nella vastità del blu che stranamente proprio dove sono io è piatto, quasi fosse un limpido specchio. Guardo il mio viso, lo sguardo malinconico di chi nella vita ne ha passate tante, le rughe di chi ha lottato per anni.
Non vi si legge più la determinazione della gioventù, ne i sogni e le aspettative di una vita diversa da quella che sono stata costretta a vivere. I miei capelli non sono più di quello strano colore così simile ai spumeggianti flutti.
Ricordo che quando ero poco più che adolescente covavo in me la paura della vecchiaia, non volevo che il tempo passasse; ne che la mia bellezza esteriore sfiorisse.
Guardavo mia madre che con il passare degli anni diventava sempre meno bella, sempre più stanca.
Io non avrei mai voluto essere così. Il mio ideale di vita era improntato sulle creme per combattere le rughe, sull’alimentazione migliore per non fare appassire la pelle e per non mettere su peso, in modo tale da apparire splendida ogni qual volta salivo su un palcoscenico.
Volevo che - prima ancora che per la mia musica - le persone si accorgessero di me. Che si ricordassero che oltre al talento c’era qualcosa di più.
Il tutto si trasformò in breve tempo nel più grande dei miei incubi.
Ben presto iniziai a sognarmi mentre mi specchiavo nel mio amato specchio, bella come non mai.
Sogno che si trasformava puntualmente in ciò che all’epoca mi faceva più inquietudine.
Puntualmente - mentre fissavo la superficie vetrosa - vedevo la mia pelle perdere via via lucentezza, divenendo sempre meno elastica e sempre più grinzosa.
Era tutto al di fuori dell’ umana sopportazione, una sorta di sudore freddo iniziava a scorrere in me.
Sudore misto ad un angosciante desiderio di svegliarmi.
Senza in realtà riuscirci.
La mia pelle non sarebbe mai potuta diventare come quella del sogno, e poi cosa potevano essere gli incubi? Solo realtà distorte dalle attività del cervello che non sapendo cosa fare alla notte se ne inventa di cotte e di crude.
Ben presto mi accorsi di quanto fosse folle il mio pensiero.
Iniziai anche a temere le variazioni di peso, a tener ancor più sotto controllo l’alimentazione perché in mia madre vedevo la me del futuro e non volevo diventare più rotonda. Non sapevo che togliere il nutrimento del mio organismo potesse essere il più grande torto che avrei potuto fare a me stessa.
Con il passare del tempo le mie razioni di cibo diminuirono drasticamente, ma io nonostante mangiassi sempre di meno mi vedevo sempre identica, sempre poco perfetta.
Avrei voluto essere come le modelle in televisione, sempre eccellenti, dai corpi che sembravano uscire da un ritratto di Botticelli.
Sempre bellissime. Anche fuori dallo schermo erano così diverse da me.
Il punto del non ritorno arrivò presto per il mio corpo, sofferente almeno quanto la mia psiche. Iniziai ben presto ad odiare anche ciò che costituiva la mia vocazione: il violino. Mi sentivo come un fenomeno da barraccone ostentato a destra e a manca nei migliori teatri giapponesi. Tutto mi appariva come una prigione.
Non mi rendevo conto che l’unica prigione di me stessa ero io.
Il mio corpo ormai ridotto a un fantasma.
Ricordo la sensazione di vuoto e di debolezza che sopraggiunse improvvisamente alla fine di un concerto che mi avrebbe fatto da trampolino di lancio sulla scena americana, e anche perché no, mondiale. L’unica sensazione nitida era il sentire la testa girare.

Mi risvegliai in un letto di ospedale.

Nel corso del mio incubo più grande incontrai quella che mi avrebbe cambiato l’esistenza. Nella stessa stanza, poco lontano dal mio letto, ve ne era un altro sul quale dormiva profondamente una ragazza dai capelli corti, biondi e il viso che pareva essere talmente perfetto da sembrare un angelo.
Sembrava stare bene. O così potevo pensare se non fosse per la benda che le stringeva parte del capo lasciando ai suoi capelli ribelli lo spazio necessario per fuori uscire liberamente.
Inizio il periodo più brutto ma allo stesso tempo più bello della mia vita. La battaglia più grande contro me stessa, contro il mostro che si era impadronito della mia mente - del mio essere - trasformandomi in una persona ben diversa da colei che ero stata, e che mi avrebbe dato la possibilità di comprendere meglio ciò che ero.
La terapia dallo psicologo si rivelò più difficile di quello che credevo. Mi aspettavo di essere compresa, da una che aveva fatto della risoluzione dei problemi degli altri il suo mestiere.
Non sapevo quanto mi sbagliassi.
Le prime volte le sedute trascorsero nel più totale silenzio, come avrebbe potuto un’estranea capire quello che stavo passando? La mia pena, la mia follia di diventare sempre più bella. Sempre migliore di coloro con cui venivo a contatto.  Quando mi decisi a parlare la sua reazione si rivelò devastante.
Non mi capì, si limito solamente a lanciare provocazioni toccando le corde più delicate della mia emotività con una crudeltà inaudita. Nel solo e unico tentativo di farmi piangere.
Iniziai ben presto ad odiarla.
Solo molto tempo dopo capii quanto fosse giusto il suo modo di agire, imparai a conoscere ciò che ero con una precisione che prima non era mai stata da me contemplata. Ma grazie a lei riuscii ad uscirne. Non abbandonai mai però la paura della vecchiaia, riuscii solamente a rilegarla in una prigione fatta a posta dalla quale non farla più uscire per nessun motivo al mondo.

Il tempo si è rivelato il peggiore dei nemici, lento, invisibile mai inarrestabile.
E con lui gli ostacoli che ti pone la vita. La sofferenza incolmabile dovuta alla perdita di una persona cara, o semplicemente l’arrivo in campo lavorativo di qualcuno più bravo di te che ben presto scavalca il maestro.
Ricordo che mi accorsi di avere il primo capello bianco all’età di quarantacinque anni, quasi quarantasei. Fu il primo segnale che l’età stava avanzando anche per me, esattamente quattro mesi dopo aver perso la mia Haruka, la ragazza incontrata tanti anni prima in ospedale.
L’unica che io abbia mai amato, e che mi è stata portata via da un qualcosa di più grande.
Molto probabilmente quel piccolo filo bianco che spiccava nella mia folta chioma era il frutto di tutto il dolore che aveva albergato in me in quei mesi.
Mi guardai allo specchio, che mi restituì solamente lo spettro dell’immagine di quella che ero stata un tempo: l’eterna bellezza a cui tanto avevo agognato gli anni addietro non risiedeva più in me. Sembra uno degli incubi della gioventù, solamente visto al rallentatore.
Gli occhi tristi, malinconici.
Privi di quella gioia di vivere che mi aveva accompagnata fino a quel punto. Felicità che mi era stata brutalmente strappata insieme al mio angelo biondo.
Fossi stata la ragazza di un tempo sarei ricorsa subito ad un intervento di lifting, ma gli anni trascorsi con la mia dolce metà – uniti alla terapia psicologica alla quale mi ero sottoposta quando ero ancora una giovane donna - mi avevano cambiata.
Giorno per giorno, specie nell’ultimo periodo che avevamo trascorso insieme, mi aveva fatto capire quanto fossero importanti le piccole cose. Persino le più insignificanti.
Grazie a lei avevo capito che le bellezze della vita non risiedevano nei vestiti, nella macchina di un certo valore o nella bellezza esteriore. Ciò che importa al contrario di tutte queste futilità è il proprio modo di essere.
Il distinguersi dalla massa per quello che si è, senza aver la paura di essere aditati come degli alieni per il proprio essere diversi.

Agli occhi di Haruka sarei stata bella anche se avessi indossato un mucchio di stracci.

Sosteneva che l’animo di un’artista era la cosa più bella che ci fosse al mondo perché affetto da un moto perpetuo che lo porta ad essere sempre diverso, mai uguale e perciò intrigante..
Ero una patita degli interventi di bellezza prima di conoscerla, anche se non ne avevo mai subito uno poiché ero troppo giovane.
Bella di mio.
Ora che lei se ne era andata, aveva lasciato dietro di se uno strascico più grande.
Vuoi la maturità acquisita con le nuove esperienze, o semplicemente con l’età che avanzava, vuoi il lutto. Ma in quel momento -  mentre mi specchiavo in quello specchio che era stato il mio giudice più severo – capii.
Mi resi conto di quanto fosse stupida la mia fobia. Il tempo non lo puoi fermare, esso scorre in fretta, inesorabile. Se stai male a lui non importa.
Mentre tu sprofondi sembra accelerare - insieme alle altre persone che continuano la propria esistenza incuranti - senza chiedersi realmente cosa stai provando.
Senza accorgersi che nonostante il sorriso tu stai morendo dentro.
Capii che se non sei tu la prima a volerti rialzare nessuno ti presta una mano per tirarti su, anzi!
Mi accorsi che il cambiamento era solamente lo specchio di ciò che in realtà si stava muovendo nelle mie profondità più remote.
Giunsi alla conclusione che la bellezza interiore è anche qualcosa che resta inalterata nel tempo anzi in molti casi cresce. La bellezza esteriore è solo una immagine statica. Quella interiore è l'essenza dinamica di ogni persona, capace di mutare, di migliorarsi rendendo nel corso della vita una persona sempre meravigliosa agli occhi di coloro che sanno apprezzarne il carattere, che l’apparire serve solo per farti notare, mentre nei tempi lunghi dell’esistenza di ciascuno di noi, la bellezza interiore conquista, ama.
Ma soprattutto non sfiorisce mai. Rimane eterna anche dopo che tu smetti di essere per sempre, nel cuore di chi ti ha conosciuto e in cui hai lasciato sicuramente qualcosa, di incancellabile, di indelebile in grado di cambiare in piccole parti la loro esistenza.
Come una farfalla che battendo le ali, scatena un ciclone dall’altra parte del globo terrestre.
Era questo che mi aveva insegnato l’unico amore della mia vita.




Valutazione:

Terza classificata:
Quella dell’anima è l’unica bellezza che non sfiorisce mai – Arwen297

Grammatica: 5/5
Caratterizzazione del personaggio: 10/10
Originalità: 7/10
Gradimento personale: 8/10
Totale: 30/35


Quella dell’anima è l’unica bellezza che non sfiorisce mai. Trovo che il titolo sia molto curato (così come in generale la tua shot); e ci trovo qualcosa di molto poetico. Hai fatto una buonissima scelta, complimenti!
Il punteggio pieno in grammatica non ti si poteva non dare. Sei stata bravissima e non ho trovato nemmeno una virgola fuori posto!
Il personaggio di Michiru è senza dubbio caratterizzato e persino Haruka, anche se è poco più che una comparsa, la trovo molto ben descritta.
Attraverso le frasi di Michiru sei riuscita a far captare molto anche di lei e della sua personalità. Ottimo lavoro!
Veniamo all’originalità e al gradimento personale.
In sé la one – shot mi è piaciuta. Sei stata dettagliata e hai usato i termini coscienziosamente.
L’idea della vecchiaia come incubo fa molto “il ritratto di Dorian Gray”!
Non male, usarla come incubo della nostra Michiru!
Non ho dato il punteggio pieno perché credo potessi usare questa sua fobia in modo “migliore”.
La mia impressione è che tu ti sia concentrata molto di più sulla malattia di Michiru, sul suo deperimento fisico a causa della scarsa nutrizione e sulla sua guarigione, che sul suo incubo che diventa reale.
In ogni caso hai fatto un buonissimo lavoro :D

Grazie ancora a Kat Logan per la valutazione, e complimenti alle altre partecipanti =D





   
 
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