Anime & Manga > Death Note
Ricorda la storia  |      
Autore: MaryElle54    27/01/2012    4 recensioni
Come è diventato orfano L, me lo sono sempre chiesto. E magari questa storia spiegherà anche perchè non dorme mai o perchè non mostra le sue emozioni. Attenzione: Se avete già il morale a terra di vostro, è sconsigliabile leggere la storia. Non è una storia bella e felicie, anzi, è abbastanza violenta.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
< Hey, campione! Mi hai battuto ancora! > Disse sorridente il padre al proprio figlio, mentre gli scompigliava amorevolmente i capelli nero corvino. Il bambino rideva felice, mentre la mamma entrava nel salone, anche lei con un sorriso allegro e spensierato.
< Lo sai che è un genietto il nostro L. > disse, mentre portava ai due un'altra fetta di torta alla fragola. Dopo guardò l'ora sull'orlogio a pendolo antico, e continuò:
< Su, basta così per oggi. E' tardi, meglio andare a dormire. > Il padre le diede ragione, ed il figlioletto li seguì nella sua camera. Era soddisfatto, aveva battuto cinque volte di fila il suo papà a scacchi, e battere uno scenziato non è cosa da poco. O anche solo battere il proprio padre a soli otto anni.
Il padre dovette lasciarli per continuare a lavorare, mentre la mamma porgeva al bambino il suo libro preferito.
< Mamma, leggiamo la storia insieme anche stasera? > Disse speranzioso il figlio, guardando negli gli occhi neri della mamma.
< Mmmm.. Va bene, L. Dov'eravamo rimasti? >
< Ad Oliver che veniva trovato per strada da quel ragazzo.. >
< Ok, cominciamo a leggere. Ma non dirmi le tue varie ipotesi sul finale, le indovini sempre. >
Risero insieme, dopodichè cominciarono la lettura. Lessero per un quarto d'ora, quando si sentì un rumore di vetri rotti provenire dal salone. Un rumore di passi, quello del padre che accoreva a controllare; uno strano vociare, altri passi, un rumore sordo simile ad una botta. La mamma teneva stretto il figlio, quando al suono della botta disse sussurrando:
< Tesoro, ora vado a controllare cosa stà succedendo. Non ti preoccupare, non sarà nulla di grave. Tu cerca di addormentarti. >
< Come fai a sapere che non è nulla? Per favore,resta! > La mamma guardò gli occhi nero pece del figlio e disse amorevolmente:
< Fidati, torneremo sia io sia papà e staremo bene. Tu addormentati, chiunque sia non si accorgerà di te. >
< Ma tu.. >
< L, ti prometto che torneremo, andrà tutto bene. E domani a colazione rideremo di come ci siamo preoccupati inutilmente, mangiando la nostra torta preferita. > Gli sorrise, e lui si fidò. Ingenuamente si fidò. Anche se geniale, era pur sempre un bambino. La mamma uscì lentamente, guardando un'ultima volta il figlio.
Camminò slenziosamente fino al salone, guardò e rimase allibbita vedendo un braccio appartenente al marito,a quanto pare steso a terra privo di sensi, o forse di vita. Cercò di guardare meglio, e vide tutta la scena:
Due uomini incappucciati, uno con in mano una mazza da baseball insanuinata dello stesso sangue da cui ora si potevsa veder circondare la testa del marito, anzi, fuoriuscire proprio da essa. Lui non respirava. Il suo sguardo, gli occhi azzurri che guardavano vuoti il soffitto, mentre dai capelli neri colava lentamente il liquido rosso.
La donna non resistette, gemette non appena accortasi della perdita del marito, e per lei fù la fine, i due criminali si accorsero di lei.
L, intanto, pensava alla scena raccontata dalla mamma, di lui ed i suoi genitori che ridevano insieme, e di come sarebbe stata bella la mattina dopo. Si fidava ciecamente della mamma, da quando lui ricordasse, non gli aveva mai mentito, e nemmeno lui a lei. Sarebbe stata la prima volta che non avrebbe mantenuto la promessa, e le probabilità erano del 7%.
Così, immagginando quella bellissima scena, finì per sognarla. L si era addormentato.

Julia era legata alla sedia, i capelli castani che coprivano gli occhi neri, occhi umidi da cui fuoriuscivano lacrime mischiate a sangue. Il suo torturatore era l'assassino di suo marito, mentre l'altro ladro guardava la scena un pò impaurito, continuando a ripetere al socio che era meglio scappare.
< Jey, rifletti, non avremmo dovuto nemmeno uccidere quell'uomo! Ed ora stiamo torturando quella poverina. Smettila ed andiamocene. >
< Non senza i preziosi! E tu ci dirai dove sono, vero tesoro? > Disse l'ultima frase rivolto a Julia, sempre più in ansia per il figlio. La cassaforte era difatti in camera sua. E pensare che l'avrebbero fatta spostare l'indomani. Ma non poteva rivelare nulla, o quel mostro avrebbe fatto del male ad L. Il suo L. Aveva già scelto di sopportare e morire, senza nemmeno urlare, per non svegliarlo. Era decisa, sarebbe morta sapendo suo figlio fuori pericolo.
< Jey... ma hai preso i medicinali stasera?!? > Questo evitò di rispondere, infierendo più fortemente sulla pelle della sonna con il suo coltellino.
< Oh, porca miseria!!! Senza quelli diventi un pazzo furioso! >
< STA' ZITTO! > l'altro si zittì subito, lasciando che il socio si scatenasse sulla donna. Dopo un'altra serie di colpi, l'assassino diventò furibondo e non si seppe controllare più. Prese la pistola e con un colpo fermò consapevolmente un'altra vita, spezzò consapevolmente un altro destino, privò inconsapevolmente un bambino di un futuro felice, insieme ai suoi genitori.
Gli occhi della donna persero il luccichio che avevano sempre avuto, il luccichio della vita, e diventarono ancora più bui di come già erano.
L si svegliò di soprassalto, appena sentito il rumore dello sparo. Ansimante, si catapultò fuori dal letto, e raggiunse la porta. Prima di aprirla, rimase in ascolto un minuto. Sentì solo le due voci estranee che litigavano, senza capire cosa dicevano, ma non badò a comprendere le parole, cercava di sentire qualche voce familiare, e non trovandole, si preoccupò ancora di più. Aprì la porta, ma non di scatto. Per prudenza, cercò di non fare rumore. Così raggiunse anche il salone, e sporgedosi un pò, senza farsi vedere, vide tutto. Il padre con la testa ferita ed il sangue intorno secco, il corpo bianchissimo. Il bambino ebbe un tuffo al cuore, dagli occhi neri colavano le lacrime, ma non gridò. Vide i due litiganti, uno sporco di sangue e furioso, l'altro arrabbiato ma anche preoccupato. Riconoscendo per via del sangue l'assassino, ebbe un moto di rabbia e paura, insieme già al vuoto dentro il cuore, ma nemmeno quì gridò. Poi, guardado ai piedi dei due criminali, vide la figura di sua madre, graffiata e ferita in vari punti, ma con un buco nel petto, al cuore. Perdeva sangue, gli occhi fissi, la carnagione non bianca quanto quella del padre, ma di un bianco assolutamente cadaverico. Morta. Morti. Entrambi. La sua famiglia. Voleva piangere ancora di più, voleva urlare,anzi, non sapeva nemmeno più nemmeno cosa volesse, se non che fosse tutto un sogno, un orribile sogno. Era sconvolto. Piangeva, ma non gridò. Non emise alcun suono. Restò là, a guardare i due corpi. Dopodichè, velocemente ma silenziosamente superò la porta del salone, continuò il corridoio ed arrivò in cucina, dove prese il telefono e chiamò la polizia. Disse in brevi frasi strozzate dal pianto ciò che era accaduto, la via dove abitava e tutte le informazioni necessarie. Chiuse il telefono, e cercò di ritornare in camera. Ma quando, ripassando per la porta, vide l'assassino dei suoi genitori (ormai tutti e due i ladri sierano tolti i passamontagna) prendere a calci per la rabbia il corpo di sua madre, perse l'equilibrio e caddè su un vaso, facendo cadere anch'esso e rompendolo. Il rumore Fece voltare i due criminali e lo fecero scoprire. Il più grosso, l'assassino, corse oltre la porta del salotto e si ritrovò davanti il bambino, caduto per terra, che lo guardava impaurito. Lo raggiunse il complice, che restò lì pietrificato ad aspettare la reazione del socio. Quest'ultimo ghignò. Prese per il colletto della maglia bianca il bambino.
< Tom, forse possiamo ancora scoprire dove sono i preziosi della famiglia.. > Disse maleficamente all'altro.
L era terrorizzato. Non sapeva cosa fare. Non aveva idee. Poi pensò alla polizia che stava arrivando, che fra 20 minuti secondo i suoi calcoli sarebbe stata lì, e capì che bisognava perdere tempo.
Il criminale sollevò da terra sempre per il colletto il bambino e, per quanto lui scalciasse, lo portò nel salone. Lo buttò a terra, prese con una mano il coltellino già insanguinto, contemporaneamente con l'altra bloccò il torace del bambino e gli puntò il coltellino sul braccio, mentre con il gomito bloccava la mano dello stesso braccio. L cercava di divincolarsi, con una paura folle. Intanto, l'altro criminale, quello chiamato Tom, cercava di fermare il socio, ma invano. L'assassino disse ad L:
< Cosa sai dei preziosi? > A questa domanda, L non sapeva rispondere. Non se n'era mai interessato. Rispose a fatica:
< N-non so niente.. > Il criminale, Jey, gli trafisse il braccio col coltello. Un urlo. Il sangue sgorgava dal braccio del piccolo L, il quale piangeva dal dolore. Il criminale intanto, col coltello, incideva altri tagli profondissimi nella pelle.
Tutta la lama del coltello, di 7 cm, trafiggeva la carne del braccio. Quando la prima tortura finì,dopo un minuto pieno di ferite del genere sempre sul braccio, il criminale si rialzò. L si teneva il braccio ferito, che non riusciva a muovere.
< Ma sei impazzito, Jey?!? > Gridò Tom .< E' Solo un bambino!! E' ovvio che non sappia nulla dei gioielli. Dobbiamo andarcene!!! >
< Ti sei reso conto che ha visto le nostre faccie e sa i nostri nomi?!? >
< Appunto, andiamocene e partiamo per un'altro paese!! >
< O, più semplicemente, ucciderlo? > Disse Jey, con un'aria così malvagia da far paura alla morte stessa. Tom lo guardava atterrito.
<  Ma... Ma è un bambino.. Non possiamo ucciderlo...  Cioè, già abbiamo, anzi, hai ucciso i suoi genitori, ora lo vuoi anche fare fuori?!? >
< Oh, quanto sei sentimentale! > Disse prendendolo in giro, come se non comprendesse la gravità della situazione. < E poi, così gli risparmiamo  la sofferenza della perdita dei genitori. >
< ... E allora perchè hai cominciato a torturarlo? >
< Perchè non c'è fretta di ucciderlo, potremmo anche divertirci un pò con lui... > Tom, dopo aver ascoltato questa frase, arretrò terrorizzato.
< Tu... Tu sei pazzo... Trovi divertente uccidere o.. o ferire un bambino.. Io... > Non aggiunse nulla, provò a scappare, ma Jey lo uccise al primo colpo con la pistola. Non voleva spifferasse tutto alla polizia, e non voleva rinunciare all'enorme piacere della tortura.
Sì voltò verso L dicendo < ora torniamo a noi.. > Ma si supì nel vedere che la sua preda non c'era. Furibondo, corse seguendo le pozze di sangue lasciate dal piccolo, e lo trovo che stava per nascondersi in cucina. Lo fermò lanciandogli il coltello contro, che gli infilzò la gamba destra con tutta la lama dentro. L, preso dal dolore, cadde a terra. Sentì l'uomo avvicinarsi ridendo, vicinissimo. Si sentì nuovamente sollevare da terra, questa volta per il braccio ferito, che gli fece un male cane. Gemette. Le lacrime diventarono più grosse. Ma era troppo stanco, per il sangue perso, per il terrore che quell'essere gli infliggeva, per lo shock della perdita dei suoi genitori, per tutto. L'uomo gli strappò il coltello dalla carne della gamba, causandogli un dolore pazzesco,lo portò nel salone, lo legò alla sedia dove era stata torturata sua madre e gli disse:
< Non vedi l'ora di rivedere i tuoi, vero? Scusa, dovrai un pò aspettare. > A quelle parole, L ebbe un fremito di rabbia, abbastanza forte da farlo rispondere.
< Se fossi in te, scapperei. > Voleva farlo preoccupare, voleva che provasse ansia, voleva farlo soffrire quanto poteva, aveva ucciso i suoi genitori e doveva pagare, e cosa c'era di meglio di una vita in latitanza, ricercato dalla polizia?
< S-sai, sono riuscito a chiamare la polizia, saranno presto qui... > Il ghigno dell'assassino si tramutò in una smorfia di rabbia, lo colpì con dei pugni nello stomaco, gli fece sputare sangue. Dopodichè, lo prese per i capelli neri e gli portò la testa davanti alla sua. Gli occhi neri ed umidi del bambino si incontarono con quelli marroni-rossi del suo torturatore. L'uomo riprese a sorridergli e disse:
< Vuol dire che mi devertirò ancora un pò con te, così da avere dei bei ricordi in cella. > Lo dissi con un tono da far terrorizzare L. Ma cacciò in dentro le lacrime. Doveva essere forte come la sua mamma. L  lo vide avvinciare e prendere nuovamente il coltello. Chiuse gli occhi, sentì il dolore di nuovi tagli, di nuovi pugni, il tutto con il suo torturatore che lo prendeva in giro per come piangeva, per come si dimenava, per come urlava. Altri 5 minuti consecutivi di torture del genere, in cui gli ruppe il braccio senza troppe ferite. L'uomo finì, affannato, ma rideva. L era lì, su quella sedia rovesciata, dove perdeva troppo sangue. Era accanto a sua madre, ed aprì gli occhi. Oramai non era più legato, ma comunque non era riuscito a difendersi. Ed ora era là, impotente. Guardò Jey, lo vide avvicinarsi, prenderlo stavolta per i capelli. Gemette. Nell'altra mano aveva una pistola, e in un decimo di secondo gli sparò sul fianco sinistro. Una ferita non mortale, ma dolorosissima. L gridò, l'altro rise. Durante le torture l'aveva sentito più volte ridere, ma ogni risata era la peggiore, faceva rabbrividire, era peggio di uno di cuei tagli.
< Bè, penso sia ora di farla finita. > E gli puntò la pistola sulla testa. No, non doveva finire così, il sacrificio di sua madre doveva servire a qualcosa, doveva farlo sopravvivere. L l'aveva capito perchè la sua mamma non aveva detto nulla, perchè probabilmente la cassaforte era nella sua camera. Ma ora non gli serviva dire questa informazione all'uomo, lui non era più interessato al denaro. Quello era solo un pretesto per torturare e uccidere.
Sentì che stava per premere il grilletto.
< Fermo. > Disse L all'improvviso. Stupì l'avversario.
< Perchè non dovrei ucciderti? > Chiese appunto questo.
< Perchè dovresti uccidermi? > Questo lasciò di stucco l'altro.
< ... Tu sai il mio volto ed il nome... >
< Ti aspetta comunque una vita di latitanza, visto che la camera è piena delle tue impronte digitali, e ci metteresti troppo tempo nel pulire il tutto. >
< ... Sì, ma conosco un chirurgo estetico di Los Angeles... >
< E come ci arrivi dall'Inghilterra a Los Angeles? Con aereo o nave, che figurati se non sono controlati... >
< ... Effettivamente hai ragione.. > L si sorprese, nel sapere che ci voleva così poco nel convincerlo.
<  Sarebbe inutile ucciderti. > E così detto lo buttò a terra e gli sparò a una gamba. L urlò di dolore,e si tenne con il braccio non rotto la zona ferita della gamba. Anche questa una ferita non mortale. Jey cominciò a prenderlo a calci, ad ogni calcio un gemito di L, mentre l'altro se la rideva, dicendo:
< Sarebbe inutile ucciderti con la pistola, si soffre così poco. Meglio ucciderti così,no??? > E rideva, ed L gemeva, mentre sputava ancora sangue. Oramai si era formata una pozza, da lì a poco, se l'altro avesse continuato, sarebbe morto dissanguato. Si fermò, si accovacciò vicino a lui sul pavimento e gli disse vicino, prendendolo a pugni:
< Perchè piangi? PERHE' CAZZO PIANGI?!? Tu non devi piangere, non pensi alla tua mammina che ti guarda dal cielo e che ti vede soffrire? Nooo, tu non devi piangere. Smettila di piangere!!! > L si ricordò di come era morta sua madre, di come lui l'aveva uccisa, e non ci vide più dalla rabbia; con la mano afflitta da ferite ma non rotta, gli diede un pugno, rompendo il naso al suo torturatore. Questo cadde all'indietro. L si realzò a fatica, e corse come poteva verso camera sua. Sentì che l'altro si era rialzato e che lo inseguiva, ma mancava così poco alla camera.. Riuscì ad entrare e a chiudersi a chiave. Si allontanò dalla porta, ma Jey cercava con tutte le sue forze di sfondarla, ed effettivamente non poteva durare per molto.
L cercò un nascondiglio non troppo banale, e trovò che l'armadietto sopra la scrivania fosse l'ideale. Con immensi sforzi, si trascinò lì dentro e chiuse le ante. Non aveva lasciato sangue. La polizia sarebbe stata lì a minuti. Jey riuscì, come previsto, a sfondare la porta, e cercò prima nell'armadio, poi sotto al letto. Non vide il mobile sopra la scrivania dopo alcuni minuti, e quando se ne accorse, salì sulla scrivania e lo aprì. L prontamente gli spedì subito un'altro pugno, che lo fece cadere, per poi scendere anche lui (ignorando il dolore alla gamba) e cercar di scappare. Ma, una volta nel salone, non sapeva se uscire, venendo raggiunto subito e perdendo la possibilità che la polizia lo salvi, o nascondersi e guadagnare tempo. La migliore era la seconda, così cercò un altro nascondiglio, e lo trovò dietro il divano adiacente alla finestra. Era ben nascosto. Entrò Jey, dicendo con la voce d'assassino pazzo:
< Non stiamo giocando a nascondino... Ma dove sei? > Estratta la pistola, sparò in giro per la stanza, come fosse una mitragliatrice. Premeva e lasciava il grilletto velocemente, bucando scaffali e mobili vari. Ovviamente, non colpì L.
< Non ti ho colpito, he? Mi è rimasto solo un colpo, ma non ti preoccupare, ti voglio uccidere lentamente... >
Scoppiò nuovamente a ridere, mentre il bambino rabbrividiva. Alcuni minuti dopo, L sentì i suoi passi avvicinarsi, e prontamente, appena intravisto, cercò di dargli un calcio per stordirlo nuovamente, ma Jey gli bloccò il piede e lo sollevo a testa in giù. Lo buttò a terra e si avvicinò a lui. Ricominciò a ferirlo, riaprì quasi tutte ler ferite che non sanguinavano più. Vide che piangeva e ricominciò a gridargli di non piangere. Questo gli dava ragione in più di torturarlo, ed L lo capì troppo tardi, ciè quando Jey ad un certo punto decise che per la vita di quel bambino era la fine. Alzo il coltello, puntando al cuore, L non riusciva a muoversi, e chiuse gli occhi. In quel preciso momento, si sentì uno scossona alla porta principale. Una piccola speranza riaffiorò nella testa di L:
La polizia.
Delle persone in divisa sfondarono quella porta, ed accerchiarono Jey. Lui si allontanò dal piccolo L, che indietreggiò  a sua volta. Jey sorrise malvagiamente, e in meno di un secondo si puntò la pistola alla testa  e si uccise. L rimase a guardare il corpo, e provò un profondo moto di rabbia. Non doveva finire così. Quell'uomo l'aveva fatto soffrire, aveva ucciso i suoi genitori, l'aveva torturato sia psicologicamente sia fisicamente. L voleva che anche lui soffrisse, così era troppo facile, era come se avesse scelto di morire subito e senza dolore invece di una morte lunga e priva di libertà. Aveva scelto la via più facile. L svenne per il troppo sangue perso. Per fortuna c'era anche un'ambulanza.
Lo portarono in ospedale. Rinvenne, ed in ospedale L ripensòe tutta la serata per un momento. Decise di non dormire quasi più, per sapere sempre cosa succede intorno a lui. Decise di non mostrare più le proprie emozioni per non diventare preda di quelli come Jey. Ma soprattutto decise di mettere il suo genio al servizio della giustizia, anzi, di diventarla, per evitare che altri finissero come lui, per evitare che altri non avessero giustizia. Per evitare che ci fossero altri piccoli L Lawliet.

........................................................................................................
Autrice pazzoide.

Non mi uccidete, lo so' che è una storia davvero noiosa. Ma è molto tardi, ok? Era solo per sfogare questo sogno che ho avuto qualche sere fa.Io trovo L leggermente OOC. Comunque, recinsete perfavore. Grazie, ci si vede.

MeryElle.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: MaryElle54