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Autore: EarthquakeMG    28/01/2012    4 recensioni
Il moro tornò a guardarlo ma se ne pentì subito dopo. Erano troppo vicini, davvero troppo vicini. Provò ad indietreggiare, ancora una volta, ma la sua reazione non fece altro che far avvicinare il principe che in un attimo gli fu ancora più vicino. I loro respiri si fusero e Merlino iniziò a chiedersi dove finiva quello dell’uno e dove iniziava quello dell’altro.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti! Merlin mi ispira, non sapete quanto, ma sto cercando di avviarmi verso i due personaggi principali (i due che amo, ovviamente) con i piedi di piombo. Questo è il mio primo azzardo, dopo la prima Flashfic su Merlino e Artù, credo di aver fatto un po' un pasticcio e credo che Merlino sia caduto un po' sull'OOC; spero vi piaccia, comunque.
MG.

Defiance



Lava i miei pantaloni, Merlino.
Lucida i miei stivali, Merlino.
Pulisci le mie stalle, Merlino.
Merlino. Merlino. Merlino. 
 
Il moro dagli occhi azzurri era stanco di sentir pronunciare il suo nome, odiava sentirlo pronunciare da quel Principe, ogni dannatissima volta. Avrebbe voluto sentirsi dire per una volta un “Ottimo lavoro, Merlino” oppure un “Grazie per avermi salvato la vita, Merlino!” ma niente, Artù non conosceva quelle parole.
Stava pulendo le sue stanze, mentre Artù era impegnato con i suoi allenamenti quotidiani. Sperava si spezzasse una gamba, il Principe, era disposto a servirlo e riverirlo per un mese intero –non lo faceva già?- pur di evitare di pulire ogni santissimo giorno quell’armatura e quei luridi vestiti.
«Merlino!»
Quella voce arrivò dritta alle sue orecchie facendogli storcere la bocca, con un sospiro si alzò da terra e si avviò al corridoio.
«Sì, Mio Signore!» disse con voce atona avvicinandosi ad Artù.
«Preparami un bagno, sono distrutto!» replicò l’altro, secco.
«Subito, Mio Signore!» asserì lui, avviandosi verso le sue stanze.
Era stanco, non aveva neanche voglia di starlo a guardare.
Preparò la solita vasca d’acqua calda ed attese che Artù arrivasse.
Il suo compito non era soltanto quello di servirlo e riverirlo, di pulire le sue cosema doveva anche spogliarlo –il Principe non era capace di farlo da solo- ed umiliarsi ulteriormente.
Non vedeva l’ora di svolgere le sue ultime mansioni ed andare via.
Il Principe arrivò velocemente e gli bastò uno sguardo truce per far muovere Merlino, quest’ultimo gli tolse l’armatura lasciandola cadere per terra, gli tolse la casacca, la maglia e poi i pantaloni. Artù si ritrovò davanti a lui semi-nudo ma con quella solita regalità che lo caratterizzava. Si chiese, Merlino, se dovesse togliergli anche la biancheria; si sentiva dannatamente a disagio ogni volta che lo faceva.
Artù lo guardò impaziente, tossendo.
«Merlino, avanti!» gli disse.
Il moro storse il naso ed in un sol gesto -senza guardare- sfilò la biancheria al Principe che in un batter d’occhio si ritrovò in una vasca piena d’acqua calda.
Merlino raccolse l’armatura e gli indumenti, riponendoli in angoli diversi, consapevole del duro lavoro che lo aspettava il pomeriggio.
Fece per andarsene ma la voce del Principe lo bloccò.
«Merlino!» lo chiamò Artù.
Quel tono poco amichevole e secco non prometteva mai nulla di buono.
Merlino si avvicinò alla vasca e si fermò.
«Sì, Mio Signore!» gli disse.
«Siediti!» gli intimò Artù.
Il moro si sorprese ma decise di assecondarlo –non aveva poi altra scelta- prese una sedia e, dopo averla avvicinata alla vasca, si sedette.
«Cos’hai?» domandò Artù, portando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.
«Cos’ho?» gli chiese Merlino confuso.
«Sei strano!» asserì l’altro. «Non sembri neanche tu!» continuò.
«Sono sempre io, Mio Signore» rispose il moro di rimando.
«E allora perché non ho più sentito i “testa di fagiolo” o i “babbeo” o gli “asino”?» gli chiese. «Non che mi dispiaccia, ovviamente!» continuò.
Merlino rise, alzando gli occhi al cielo.
Apprezzava Artù, oltre che per le sue innumerevoli qualità, per la straordinaria capacità che aveva di fargli cambiare umore soltanto con poche parole.
Spesso lo faceva arrabbiare, trasformando la sua allegria mattutina in rabbia, ma c’erano delle rare volte in cui riusciva a strappargli un sorriso anche nei momenti peggiori.
«Sono semplicemente stanco, Mio Signore!» replicò.
«Mh..Tu sei sempre stanco, Merlino!» lo canzonò Artù.
«Vorrei vedere voi, al posto mio!» ribatté il moro.
Artù alzò la testa e rise.
«Io? Stiamo parlando di te Merlino, non di me.» gli disse.
Merlino alzò gli occhi al cielo.
«Per parlare di me dobbiamo fare una paragone!» asserì.
«Ed io cosa c’entro? Sentiamo!» gli disse Artù, voltandosi ed osservandolo, poggiato al bordo sinistro della vasca.
Merlino sembrò riflettere per un attimo, indeciso su cosa dire, poi parlò.
«Io sono colui che fa sempre il lavoro sporco, Voi siete colui che si prende tutto il merito. Vi basta?» domandò sarcastico.
Artù storse il naso, alzando gli occhi al cielo.
«Questo non significa che io al posto tuo mi lamenterei così tanto!» ribatté.
«Avanti, Sire, non dite fandonie!» gli disse. «Voi siete il Principe Artù, non potreste mai svolgere i miei lavori!» continuò
Artù lo guardò contrariato, fulminandolo con lo sguardo.
«Ci sarà un motivo se io sono un principe e tu un umile servo!» asserì secco.
Merlino sorrise compiaciuto, Artù si stava scaldando e questo era un punto a suo favore.
«Mh..No, io non l’ho mai trovato!» gli disse.
«Merlino!» ringhiò l’altro.
«Cosa c’è?» domandò Merlino con finta innocenza.
«Taci!» gli rispose truce.
«Oh, Sire, avete detto Voi che vi mancava il vecchio me…Adesso vi lamentate?» chiese Merlino sorridendo.
Artù boccheggiò per qualche secondo, indeciso sulla risposta da dare al suo servo, poi irritato controbatté.
«Non ho mai detto niente del genere!» disse voltandosi a guardare un punto indefinito della stanza, lontano dalla figura del suo servo.
Merlino rise e si alzò, avvicinandosi alla vasca.
«Avanti Sire, ammettetelo, vi mancavo!» asserì sempre più vicino.
Artù si voltò e Merlino maledisse mille volte la sua audacia.
Erano così vicini che riusciva a sentire il respiro del Principe riscaldargli il viso. Artù lo sfidò con lo sguardo –lo faceva sempre- e Merlino, nonostante l’imbarazzo, non abbassò lo sguardo.
«Io non ho detto niente del genere!» gli ringhiò Artù a pochi centimetri dalle sue labbra.
Merlino deglutì, poi un ghigno si disegnò sul suo viso.
«Oh sì che l’avete detto!» gli disse.
«Merlino!» ringhiò l’altro ancora.
«Sire, potremmo continuare così a vita ma Voi dovete fare il bagno ed io ho un m-..»
Non riuscì a finire la frase. Artù lo aveva preso per un polso e costretto ad avvicinarsi ulteriormente a lui, era immobile ed inerme davanti a due pozze d’acqua che cercavano di leggergli dentro. Deglutì a fatica, cercando di recuperare la sua vena sarcastica ma non ci riuscì, il respiro caldo del Principe lo mandava fuori di testa e le sue gambe minacciavano di cedere.
«S-sire..» mugugnò appena, in segno di dissenso.
Sul viso di Artù si disegnò un ghigno di soddisfazione. Merlino tentò di divincolarsi, invano, il principe era dieci volte più forte di lui. Sospirò, arrendendosi all’evidenza, distogliendo lo sguardo ed aspettando che Artù ne avesse abbastanza.
«Merlino!» lo chiamò l’altro, attirando la sua attenzione.
Il moro tornò a guardarlo ma se ne pentì subito dopo. Erano troppo vicini. Provò ad indietreggiare ancora una volta ma la sua reazione non fece altro che far avvicinare il Principe che in un attimo fu a pochi centimetri dal suo viso. I loro respiri si fusero e Merlino iniziò a chiedersi dove finiva quello dell’uno ed iniziava quello dell’altro.
Non gli piacevano gli uomini, affatto, ma con Artù era diverso. Loro erano le due facce di una stessa medaglia, erano come un’anima in due corpi separati, si sentiva legato a lui come non si era mai sentito con nessun altro. Provava, per Artù, qualcosa che non era ancora riuscito a spiegarsi.
«Merlino!» gli disse Artù, attirando la sua attenzione, spazientito.
«Sire ma cos-..»
Tentò di dire qualcosa, il moro, ma le sue labbra furono bloccate da quelle dell’altro. Fu un bacio a fior di labbra, leggero e senza pretese. Artù si allontanò come si era avvicinato e lasciò il polso di Merlino che ricadde sul pavimento, inebetito. Il Principe rise, portando la testa all’indietro, e rimase ad osservare il suo servo che aveva assunto un colore indefinito.
«Alzati, Merlino!» gli ordinò. «Hai tanto lavoro da fare!» continuò.
Il moro sembrò risvegliarsi da una sorta di trans e scattò in piedi, poi barcollando si avviò.
«Merlino!» lo chiamò ancora una volta il Principe.
«S-sì?» domandò timoroso l’altro, voltandosi.
Un turbine di emozioni stava lottando per venir fuori, sentiva il bisogno di abbandonare quella stanza ed appoggiarsi a qualcosa che lo sorreggesse, sentiva le gambe fin troppo deboli.
«La prossima volta che sei stanco puoi semplicemente dirmelo!» rispose il Principe.
«Altrimenti?» domandò Merlino. «Mi bacerete un’altra volta?»
Artù sobbalzò, non aspettandosi la domanda del suo servo, e poi sorrise.
«Se sarà necessario..» gli rispose.
«Non mi troverete un’altra volta impreparato, Mio Signore!» ribatté il moro.
«E cosa farai?» gli chiese il Principe. «Vorresti..respingermi
Merlino rise.
«Può darsi!» gli rispose.
«Merlino, tu non imparerai mai non è vero?» domandò Artù.
«Mh..no, non credo!» disse l’altro.
Artù lo osservò, per dei minuti che a Merlino sembravano ore, poi parlò nuovamente.
«Ti insegnerò io!» asserì. «Qui tra un’ora, non accetto scuse!» continuò.
Merlino boccheggiò, incredulo.
«M-ma Sire, ho del lavoro da fare!» replicò.
«Sono io il tuo lavoro Merlino, e noi due non abbiamo ancora finito!» ribatté il Principe con uno strano sorriso sul viso.
Merlino sorpreso e confuso annuì, aprì la porta alle sue spalle e si dileguò dalle stanze del Principe. Il suo cuore batteva all’impazzata, la testa girava e nella sua mente vi era soltanto il sorriso malizioso sul viso di Artù. Non era riuscito a capire le sue intenzioni ma -ne era certo- non promettevano nulla di buono.
Si poggiò alla porta e sorrise.
Non era poi così stanco, forse, avrebbe potuto sopportare il Principe ancora per un po’.
   
 
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