Mr. Sweetheart
“Dannazione,
stai un po’ fermo, Puck! Se mi fai cadere giù non puoi immaginare quello che
farò io a te!” Sbottò Quinn, parlando con quel tono minaccioso che ciascuna
delle persone che conosceva sapeva di dover evitare.
“Taci, Biondina,
non sai cosa si prova a stare qui sotto. Le tue ginocchia mi si sono conficcate
nelle spalle e in più i rami di questa siepe mi stanno graffiando la faccia.
Parla di meno e guarda di più.”
Noah era già stufo, ma non se ne sarebbe andato da lì senza aver ottenuto ciò
che voleva (e di cui la sua compagna di disavventure era – in parte –
all’oscuro).
Nessuno dei due,
in sintesi, era dell’umore giusto per quell’uscita, ma un obbiettivo comune li
teneva entrambi lì.
“Idiota, è stata
tua l’idea, quindi non… Oh! Aspetta, la vedo.”
“La vedi?” Chiese Puck, perdendo interesse per
il loro battibecco.
“Sì, è con la
baby-sitter, le sta facendo leggere una storia. È così carina, cerca di
prenderle il libro dalle mani.” Quinn s’interruppe, ridendo per quella scena
buffa e tenera insieme.
“Hai detto
baby-sitter? Quindi la Corcoran non è in casa?” Bingo! Forse è la mia giornata fortunata,
pensò Puck, vedendo la realizzazione del suo desiderio farsi più vicina.
“No, boh… cioè, cosa vuoi che ne sappia? Posso solo dirti quello
che vedo, Puckerman.”
“Scendi.”
“Cosa?”
“Ho detto
scendi, andiamo. Se non c’è la madre in casa possiamo anche provare a entrare.
Insomma la baby-sitter non ci conosce, non sa chi siamo, possiamo spacciarci
per – che ne so – boyscouts che vendono biscotti,
farci aprire e approfittarne per vederla più da vicino.” Spiegò Puck, chiarendo
infine qual era stato il suo obbiettivo fin dall’inizio: avvicinarsi a Beth.
Quinn serrò gli
occhi, tacendo per un secondo prima di sputargli addosso una risposta rabbiosa.
“Cosa ti dice il cervello, Puck? Tralasciando pure le evidenti falle del tuo piano, ammettendo che tu riesca a entrare in
casa, cosa otterresti?”
Senza darle una
risposta, Noah si chinò, obbligandola con malagrazia a scendere dalle sue
spalle.
“A te può anche
non interessare, ma io mia figlia la voglio vedere. Quindi vattene pure, io
provo ad entrare in quella casa anche senza di te.”
Quinn lo guardò
a lungo negli occhi, l’insolita serietà che vi scorse la sorprese, tuttavia non
la convinse a restare. L’aveva vista da lontano e per lei questo era
abbastanza. Anzi, era fin troppo: quei secondi che aveva passato ad osservarla
erano bastati per farle venire il magone.
“No, Puck, vai
tu se vuoi, io non ce la faccio.”
Troppe immagini si erano già affollate nella sua mente, di cose accadute e di
cose che avrebbero potuto accadere, destinate però a non avvenire mai.
Le lacrime che le premevano già da un po’ agli angoli degli occhi trovarono
infine la via per uscire. Dio, quanto
odiava la sua emotività.
Si ritrovò a pensare che loro due come coppia non erano niente male:
entrambi stronzi all’apparenza, ma sotto sotto
sensibili. La differenza era che lei era intelligente, ma talvolta codarda, lui
un po’ sprovveduto, tuttavia coraggioso.
La risposta negativa
della bionda cheerleader colmò lo sguardo di Noah di delusione. Senza
aggiungere una parola le girò le spalle, dirigendosi verso il vialetto
d’ingresso dell’abitazione.
Anche Quinn si
mosse, camminando in direzione opposta, ma, contrariamente a quanto pensava Puckerman, non se ne andò. Rimase dietro la siepe, curiosa
in fin dei conti di sapere come se la sarebbe cavata. Attraverso i rami lo
osservò bussare alla porta della casa, che si aprì pochi istanti dopo,
lasciandole intravedere il viso serio e un po’ sorpreso della baby sitter.
“Salve, sono uno
studente della signorina Corcoran…”
“Mi spiace non è in casa adesso.” Quinn sentì la baby-sitter interromperlo; non
poté fare a meno di chiedersi se perlomeno lui avesse un piano.
“Vede, in realtà
io sono passato per la bambina.” Puck fece una pausa, la baby-sitter lo
guardava perplessa, così come la ragazza che li osservava, lasciata a bocca
aperta dalla sua inaspettata schiettezza.
“Volevo solamente darle questo.”
Con sorpresa di
entrambe Noah estrasse dalla tasca un peluche, un piccolo orsetto. Quinn per
poco non si fece scoprire, una risata sulle sue labbra premeva per uscire,
quando vide che sulla testa, fra le due orecchie tonde, aveva una piccola
cresta colorata.
Anche il viso della donna che fronteggiava Puck si addolcì in un sorriso di
fronte a quel giocattolo.
“Entra, così
puoi darlo tu a Beth.”
Quinn poté quasi
percepire l’emozione del suo compagno a quelle parole.
Dopotutto era felice che lui non avesse rinunciato a vedere la bambina,
nonostante i suoi tentativi di dissuaderlo, perché, si rese conto con emozione,
così Beth avrebbe avuto qualcosa di loro da tenere
con sé.
Quella bambina era fortunata ad avere un padre come lui.
In seguito non
disse a nessuno ciò che era successo quel pomeriggio, sapeva che Puck non
avrebbe apprezzato. Serbò quel ricordo per sé, per ricordarsi chi era veramente
Noah Puckerman e cosa aveva visto in lui quando aveva
– involontariamente – deciso di
renderlo il padre di sua figlia.