Sugar, coffee and cinnamon
“Light-kuuuuuun!”
Light Yagami
trattenne un moto d’insofferenza, nell’udire la
voce alta e stridula di Misa
Amane, la sua fidanzata.
“Dimmi,
Misa.” le rispose, con un tono contenuto ma stanco.
“Stai sempre
rinchiuso qui dentro, Light-kun” continuò lei
entrando nella stanza e mettendo
su un broncio da manuale. “Siamo fidanzati, eppure non mi
porti mai da qualche
parte.”
“Misa, io sono il nuovo Elle adesso. Devo occuparmi delle
indagini… Devo
trovare Kira.” le rispose, guardandosi le spalle con aria
circospetta nel caso
qualcuno del Quartier Generale fosse in ascolto.
Ryuk
ridacchiò udibilmente dell'abilità di Light nel
mascherare la propria natura,
meritandosi un’occhiataccia in tralice da parte di lui, ma
Misa non si avvide
né dell’una né dell’altra
cosa, e continuò a saltellare per la stanza
sorridendo all’indirizzo di Light e cercando di convincerlo.
“Su, solo un
giretto veloce veloce! Ti prometto che poi ti lascerò in
pace. Avanti,
Light-kun, ti prego!” continuò, trapanando un
orecchio al ragazzo, chino sul
computer.
Light
sospirò, lievemente frustrato.
Ripensò con
stizza al momento in cui lei si era palesata al mondo, attraverso i
suoi video
maldestri, e concluse che se si fosse mantenuta nell’ombra ad
usare il suo
potere non l’avrebbe costretto ad approcciarsi a lei, e i
suoi ultimi mesi
sarebbero stati cosparsi di molto meno grattacapi.
Tuttavia, da
persona fondamentalmente obiettiva quale era – seppure,
forse, appena troppo
ligia alle proprie idee – si disse subito che lei si era
rivelata uno strumento
estremamente prezioso per i suoi propositi.
Forse,
dopotutto, avrebbe potuto accontentarla, anche solo per una volta;
inoltre,
rifletté mente lei continuava a sproloquiare, incurante che
lui la stesse
ascoltando o meno, anche i suoi timpani ne avrebbero giovato, e lui
avrebbe
potuto poi concentrarsi in pace sui suoi affari.
“Va b-va bene,
Misa, andiamo.” intervenne
Light, quasi alzando la voce per farsi ascoltare da lei, totalmente
presa dai
propri discorsi.
“Davvero?! Ma è
fantastico, corro a cambiarmi
allora!” gli rispose mandandogli un
bacio con la mano ed eclissandosi in camera.
“Cosa non si
fa per un po’ di quiete, vero Light?”
“Chiudi il
becco, Ryuk.”
Lo
Square,
ovvero il locale in cui Misa voleva trascinarlo, era nel centro di
Tokyo ed era
ovviamente uno dei più esclusivi.
Vi servivano
ogni genere di bevanda, fredda e calda, alcolica e non, ed era
fornitissimo di
ogni tipo di rinfresco, dolce o salato.
Tutto ciò
che si consumava era cucinato all’interno del locale stesso:
affinché non ci
fossero dubbi in merito, tutti i piani di preparazione erano a vista,
così si
poteva osservare il pasticcere sfornare ogni genere di dolce, il cuoco
preparare le monoporzioni di sushi, il barista shakerare i vari drink e
così
via.
Naturalmente
il solo accomodarsi su di una sedia costava una fortuna, ma quando mai
Misa
aveva fatto attenzione a particolari simili?
Per di più,
essendo una celebre modella e attrice, ci era andata spesso, infatti
appena
entrarono salutò la proprietaria con un gesto alquanto
confidenziale.
“Dove vuoi
sederti, Misa?” irruppe Light, ansioso di ordinare
più in fretta possibile e tornarsene
al Quartier Generale – nonché di liberarsi della
fastidiosa risatina beffarda
che Ryuk, invisibile a chiunque a parte loro due, continuava a
sparargli
nell’orecchio.
“Oh, il mio
posto preferito è quello!” trillò lei
in risposta, indicando un tavolino
nell’angolo opposto del locale, vicino al piano cottura
riservato al
pasticcere.
L’ambiente
era perfettamente climatizzato, quindi la vicinanza con il forno per le
torte
non era un problema, così si accomodò sulla sedia
imbottita di chintz di fronte
a quella su cui si era appena seduta la sua fidanzata, intenta a
rimirare una
vetrina stipata di ciambelline glassate, pasticcini di ogni tipo,
quattro o
cinque tipi diversi di torta, cookies, creme, budini e davvero,
ogni genere di dolce disponibile.
A dire il
vero Light aveva sempre preferito i cibi salati, ma i dolciumi non lo
avevano
mai disturbato.
Fino a quel
momento.
Fino a
quando, cioè, mentre attendeva che Misa consultasse il
listino e osservasse la
vetrina, il pasticcere non aprì il forno, rivelando una
meravigliosa torta
farcita che vi cuoceva all’interno.
Non appena
lo sportello del forno si schiuse ne scivolò fuori una
fragranza avvolgente,
appena appena stucchevole, una sorta di misto tra zucchero,
caffè e cannella.
Sembrava
nulla più che un profumo innocente che anzi
deliziò Misa, a giudicare dalla sua
espressione, ma Light ebbe la netta sensazione che qualcosa di
tremendamente fisico fosse
penetrato nelle sue narici
prendendole a pugni, inondando la sua testa e la sua mente di
quell’odore intollerabile.
Inammissibile.
La stanza è silenziosa, nessuno fiata,
nessuno muove nemmeno un foglio; d’altronde, il silenzio di
piombo sembrerebbe
terribilmente oltraggiato dal solo stormire delle ali tenere di una
falena.
Sono tutti seduti presso un tavolo: Light
Yagami, Ryuzaki – o Elle che dir si voglia –,
Soichiro Yagami, Mogi, Matsuda,
Aizawa.
Tutti osservano un enorme maxischermo su cui
sono proiettate le immagini inviate da una serie di telecamere
installate nel
grande palazzo, sede principale di un’industria affermata.
Un tavolo ottagonale domina la stanza e
riempie quasi tutta la schermata; sette dei suoi otto lati sono
occupati da
altrettanti uomini – uno invece è vuoto, e il suo
occupante non è più in questo
mondo.
“Allora, oggi chi uccidiamo?”
La concentrazione palpabile della stanza, interamente
imperniata sulla fondamentale frase pronunciata da uno dei sette
uomini, viene
rotta dall’inconfondibile rumore della porta che si apre, in
fondo alla stanza.
Tutti tranne Elle si voltano per un attimo a
controllare chi entra, ma è solo Watari, che avanza con il
suo incrollabile
aplomb inglese e spinge un carrellino davanti a sé.
Arriva fino a tavolo, e posa davanti al
ragazzo dai capelli neri una tazza di caffè fumante, un
piccola zuccheriera
d’argento colma di zollette e un
elegante piattino di ceramica bianca, su cui è appoggiato un
dolcetto, simile
ad un muffin.
“Il suo caffè
e il suo dolce. Oggi è alla cannella,
signore.”
Ryuzaki non risponde al fido maggiordomo,
limitandosi ad un cenno del capo, e dopo qualche secondo abbassa gli
occhi e
osserva la sua ricarica personale.
Accanto a lui, obbligato alla vicinanza
dalla fastidiosa costrizione delle manette che congiungono i loro
polsi, Light
annusa, e sente i profumi spandersi nell’aria.
Quello caramellato dello zucchero, quello
deciso del caffè, quello inebriante della cannella.
Zucchero. Caffè. Cannella.
Elle afferra con estrema lentezza la punta
della pinzetta per le zollette e subito dopo la prima zolletta piomba
con un
rumore acquoso – plotch! –
nel caffè
scuro, seguita da molte altre che addirittura formano, dopo qualche
minuto, una
piccola piramide che emerge dal bordo della tazza di ceramica.
Il ragazzo dai capelli scuri smette per un
attimo di osservare lo schermo con aria vagamente ossessiva, e pare
concentrarsi sul suo spuntino, assaporando i profumi dolciastri che
impregnano
l’aria.
“-ght-kun?
Tutto a posto, tesoro?”
La voce di
Misa, come sempre squillante all’inverosimile,
riportò Light alla realtà.
La sua
ragazza lo stava fissando preoccupata, con gli occhi sgranati e le
sopracciglia
sollevate, interrogativa.
Come sempre
il giovane non tardò a recuperare il controllo di
sé, ricomponendo sul proprio
viso la consueta espressione educatamente distaccata, e riportando lo
sguardo
sulla ragazza.
“Tutto a
posto, Misa, grazie.”
Contrariamente
a quanto appena detto, però, realizzò
all’istante che no, non era tutto a
posto.
L’aria del
locale improvvisamente gli pareva satura, inquinata, irrespirabile.
Dolce.
Stucchevole. Intollerabile.
Gli dava il
voltastomaco, e quel sentore di zucchero, caffè e cannella
erano davvero
troppo… Troppo.
“Scusa, in
verità ho un tremendo mal di testa. Faccio due passi, ci
vediamo più tardi al
Quartier Generale.”
Senza dare
il tempo a Misa di replicare alcunché si alzò dal
tavolo e scansando la ressa
guadagnò l’uscita.
Appena fu
fuori, si riempì i polmoni dell’aria del centro di
Tokyo, assaporando i
retrogusti di fumo, smog e profumi maschili e femminili come fossero un
toccasana.
In effetti
la sensazione di fastidiosa oppressione provata all’interno
dello Square si
allentò un poco, così Light decise di proseguire
la passeggiata verso la
periferia.
Per tornare,
considerò, avrebbe sempre potuto chiamare un taxi.
Seguito
dalla presenza costante di Ryuk, che sembrava aver compreso che non era
il
momento adatto per fare commenti o iniziare una conversazione, si
diresse verso
l’area più marginale del centro, per poi uscirne
definitivamente e attraversare
uno dei tanti quartieri circostanti.
Completamente
immerso nei suoi pensieri, perse totalmente la cognizione del tempo e
continuò
a camminare, proseguendo spedito ad ampie falcate.
Si fermò
solo quando arrivò ad un’area periferica della
città, giungendo sopra una
collina non particolarmente alta ma sufficientemente rialzata da
consentire una
visione d’insieme di parte del panorama di Tokyo –
era talmente estesa la città
che abbracciarla tutta con un solo sguardo pareva impossibile.
Light si
arrestò una volta arrivato sulla cima smussata della
collina, e rimase ancora
un po’ in silenzio, fino a quando almeno Ryuk non si decise a
parlare, tanto
per alleggerire un po’ l’atmosfera.
“Era un
degno avversario, eh, Light?”
Il ragazzo
parve lievemente sobbalzare al suono improvviso della voce del dio
della morte,
ma non mostrò sorpresa né fastidio; si
limitò ad annuire con un cenno contenuto
del capo, mormorando sommessamente “Già.”
Il dio
ridacchiò di rimando, con la sua solita nota derisoria di
fondo.
“Sembra
quasi che ti manchi.”
La risata di
Light fu più decisa, e non aveva, al contrario, nulla di
derisorio; in effetti,
Ryuk pensò che fosse vuota, priva di vita, come un suono
registrato. Qualcosa
di sovrumano, o di inumano, dipendeva dai punti di vista.
“Mancarmi?
La sua presenza era stimolante, questo sì. Non è
nemmeno più divertente senza
di lui, cosa vuoi che ci voglia a mettere nel sacco quei quattro
idioti. Come
raccontare a un bambino la favoletta di Babbo Natale, anzi, quelli
credono
addirittura più facilmente a qualunque balla io propini loro.
È solo
questione di tempo prima che io riesca ad avere ragione anche di quel
marmocchio di Near, o Enne, come vuole farsi chiamare. Ryuk, io ho il
controllo
assoluto. Con la morte di Elle, io ho già vinto la mia
guerra e sono stato
legittimato come Dio.”
Ryuk non
rispose, limitandosi ad un neutro silenzio assenso.
D’altronde,
Light non pareva aver bisogno di una risposta, come non pareva aver
bisogno di
niente altro.
Bastava a se
stesso, tutto lì.
Rimasero un
po’ di tempo a rimirare le luci del vicino centro
città, così vive, così
luminosamente danzanti davanti ai loro occhi che, al confronto, non
erano che
spente capocchie di spillo.
“Andiamo”
sussurrò improvvisamente Light, incamminandosi per
riprendere la strada per cui
erano arrivati.
Era quasi
mezzanotte quando tornarono al Quartier Generale, e non appena
varcarono la
soglia Misa si gettò addosso a Light, con un gemito di
teatrale sollievo.
“Ti ho
cercato dappertutto! Ti avrò chiamato cento volte al
cellulare, perché non hai
risposto? Mi hai fatto preoccupare!”
“Avevo
bisogno di farmi passare in pace qual mal di testa, quindi ho
disattivato la
suoneria. Invece, non avresti dovuto aspettarmi alzata.”
“Non è
nulla, tesoro. Piuttosto, ho preparato del caffè e fatto
arrivare dei dolcetti
mentre aspettavo tue notizie, ne vuo-”
“No.” La
interruppe immediatamente Light. Poi, ripensandoci, aggiunse
“Mi infastidisce
l’odore di dolci e di caffé.” concluse
in tono definitivo, svuotando il
contenuto della moka nel lavello e gettandola poi direttamente nella
spazzatura.
“Sono solo
profumi, dopotutto” proruppe Ryuk appena si richiusero nello
studio, dopo che
Misa si fu coricata. “Non lo faranno rialzare dalla
bara.”
“Lo fanno
rivivere nella mia testa.”
Light
sospirò, poi parve darsi un tono e riaccese il computer,
accingendosi a
concentrarsi nuovamente sulle informazioni del documento che aveva
aperto, e
cercando di ignorare il fastidioso sentore di zucchero,
caffè e cannella che
pareva voler persistere danzando nelle sue narici.
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Giudizio:
Attinenza
e uso del
prompt: 9/10
Grammatica
e lessico:
14.7/15 (Grammatica 9.7/10, lessico 5/5)
Caratterizzazione
dei
personaggi: 10/10
Originalità:
4.8/5
Giudizio
personale: 5/5
Punteggio
totale: 43.5/45
Che
dire?
Dato che è solo la
seconda fanfiction che scrivo per il fandom di Death Note non posso che
essere
soddisfatta del risultato.
Ringrazio la
giudice per il giudizio, a mio parere equo, e anche gli altri
partecipanti.
Complimenti a tutti! ^^
Grazie infine a chi
leggerà e soprattutto a chi vorrà lasciarmi un
parere. :D
Alla prossima!
Panda