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Autore: A g n e    31/01/2012    5 recensioni
Il ritorno di Sherlock a casa, secondo il canone BBC (o meglio, secondo una sadica dichiarazione di Moffat). Angst per ogni dove.
‘Il tempo cura ogni male’, che stronzata. Potrebbe fare una raccolta con le frasi piene di buonsenso che gli sono state ripetute da quel maledetto gennaio.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Note: questa cosa angosciante è frutto della combinazione del prompt 55 della Maritombola, 2035, e di una dichiarazione di quel sadico di Moffat che pare abbia dichiarato 'Ci sembra un'idea carina far tornare Sherlock dopo una ventina d'anni'. Idea carina una cippa. Ma tant'è.
Buona sofferenza gratutita.


-Dopo vent'anni-


A John non sono mai piaciuti gli eroi romantici, quindi figuriamoci essere paragonato ad uno di loro.
È perfettamente cosciente di non essere un personaggio di un libro o di una saga, quindi non può permettersi di vivere nei sogni. O per un assurdo ideale di fedeltà.

‘Rifatti una vita’, altra frase che ha sempre odiato, ma è dovuto scendere a compromessi anche su questa posizione. Si è trovato un lavoro in un ambulatorio, si è fatto degli amici, è rimasto gentile, educato e disponibile. Il solito John, insomma. Le vite a metà non sono fatte per il mondo reale.

Ogni tanto, però, quando è sicuro di essere rimasto solo, con la vita chiusa fuori dalla porta di casa e la sola compagnia di una pila di ricordi malmessi, si concede il lusso di guardare le cifre di quel calendario nuovo che Mrs Hudson ha appeso in cucina. 2035.
23 anni, sussurra una voce antipatica al suo orecchio e lui non fa alcuno sforzo di mandarla via, perché in fondo gli dà la scusa per crogiolarsi in un dolore sordo che col tempo ha imparato a non far vedere.

‘Il tempo cura ogni male’, che stronzata. Potrebbe fare una raccolta con le frasi piene di buonsenso che gli sono state ripetute da quel maledetto gennaio.
Il tempo non cura nulla; semplicemente gli addossiamo incarichi troppo grandi per noi, sperando che li porti a compimento e che la sofferenza ci dia tregua.
Il tempo non cura nulla; semplicemente sbiadisce i ricordi e questo ci mette addosso un’angoscia se possibile ancora più grande, perché abbiamo paura di dimenticare tutto.

Ma quando lui torna, quando dopo più di vent’anni se lo ritrova davanti sulla porta di casa, John capisce di non aver dimenticato nulla. Sherlock è cambiato -tutti si cambia in vent’anni, che discorsi-, ma i suoi riccioli, gli occhi e gli zigomi sono sempre gli stessi. Sherlock è sempre lo stesso, pensa John quando gli si getta al collo mettendosi a piangere come in un film di serie B.

Ma è come ritrovare dopo troppo tempo un pezzo di un oggetto al quale tenevi tanto; ora non ti ricordi più dove lo hai messo in attesa di ritrovare la parte mancante, né lo sapresti più riparare.
Vent’anni, Sherlock, vent’anni.

John è stanco, ha cinquant’anni e se ne sente addosso qualche migliaio. Per cui lascia le domande da parte; adesso ha diritto ai ricordi, e si limita a imparare di nuovo l’incastro giusto tra le braccia di Sherlock.

   
 
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