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Autore: almeisan_    31/01/2012    0 recensioni
Salve a tutti. Questa è una piccola minilong Jeroline ambientata durante la puntata 3x12 quindi contiene spoiler, seppur lievi, della terza stagione. Caroline ha appena compiuto 18 anni e Jeremy vuole fare un regalo speciale, un regalo che potrà tenere con sé per sempre per ricordare che nel mondo, e soprattutto dentro di lei, si può conoscere e trovare la vera bellezza.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Jeremy Gilbert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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ilritratto della bellezza
Il ritratto della bellezza 

Humboltd Street, Denver, Colorado. 

Jeremy Gilbert si svegliò presto quella mattina, alle prime luci dell'alba. Dopo un bagno rilassante, aveva ridisceso le scale di noce della casa e aveva sorriso, sentendo dei profumi e dei piccoli rumori di stoviglie provenire dalla cucina. Si era affacciato e aveva visto Mary, una delle migliori amiche di sua madre nonché cugina, sollevare dal fornello la padella con dentro la colazione della famiglia. C’era soltanto lei, suo marito doveva essere già a lavoro, nell'azienda che gestiva nel centro della metropoli. 
« Buon giorno, Jer. Dormito bene?» gli domandò la donna con la sua voce gentile e soave, facendogli segno di accomodarsi al posto che gli avevano riservato da pochi giorni. Sentiva di dover trascorrere del tempo a Denver, non sapeva quanto, e non percepiva la mancanza di casa sua né di sua sorella né dei suoi amici. Sentiva di poter essere felice soltanto a casa Smith ed era contento. Non vi era necessità di ulteriori spiegazioni. Annuì in direzione della donna alta, dai tratti ovali e pieni e dai grandi occhi azzurri, limpidi come specchi, e cominciò a fare colazione in silenzio. Avrebbe dovuto incominciare la scuola il giorno dopo. Nuova scuola, nuove possibilità, nuovi amici, si diceva e ricominciava a sperare in una vita senza esseri sovrannaturali, senza fidanzate vampire, senza fantasmi e senza streghe, ibridi, doppelganger, vampiri e licantropi. Una vita normale per un adolescente normale. Sorrise al pensiero e alzò lo sguardo, notando lo sguardo della donna fisso su di sé, « Elena ha chiamato poco fa, ma eri in bagno e ho risposto io. Ti fa gli auguri per domani e ti ricorda che ieri era un giorno importante per una certa Caroline,» gli comunicò prima di sorridergli e lasciare la cucina, probabilmente per svegliare la figlioletta di dieci anni, Lory. Non aveva ricordato, tra il trasloco e il viaggio in aereo, che il giorno prima la Barbie vampira, come soleva appellarla Damon, aveva compiuto diciotto anni. Se non fosse morta, ovviamente. Un lampo di nostalgia e tristezza oscurò gli occhi marroni del giovane. Persino la bellissima Caroline Forbes, reginetta della scuola e campionessa di sincerità non richiesta, era cambiata in quell’anno orribile, ma Jeremy non doveva pensarci. Doveva soltanto essere felice, avere una vita migliore, anche se dentro al cuore non vi era che confusione e dolore. Una risata allegra e solare lo riscosse da quelle meditazioni. Apparteneva a Lory, a quel piccolo tornado dalle treccine dorate e dagli occhi vispi e pieni di vitalità, che assomigliava vagamente a Caroline nell'allegria e nella dolcezza oltre che nell'aspetto. 
« Ciao, Jer,» lo salutò prima di abbracciarlo calorosamente. Il ragazzo aveva sviluppato un’immediata simpatia nei suoi confronti, anche se non la vedeva dal suo battesimo, e ricambiò l’abbracciò con trasporto, accogliendola tra le sue braccia e stringendola in modo fraterno, baciandole il capo. La giovane ragazza sorrise e Jeremy con lei. Sentì la voce di Mary provenire dal corridoio.
« Jeremy, caro, potresti accompagnare Lory a scuola, per favore? Devo fare una commissione importante.»
« Certo, Mary, non c'è problema»  affermò con dolcezza, carezzando i suoi capelli, prima di alzarsi e dirigersi verso la sua camera per prendere la giacca. Mary si stava alzando i capelli castani in una crocchia alta e signorile davanti allo specchio sopra la consolle dell’ingresso. Jeremy salì velocemente le scale e si diresse verso la terza porta a sinistra della scalinata, quella che ormai era la sua camera. Aprì il discreto armadio di mogano e ne estrasse una giacca di pelle nera che prontamente infilò sopra la camicia bianca. Dal pianto inferiore, sentì la voce di Lory chiamarlo impaziente e si lasciò sfuggire una breve risata prima di scendere le scale a doppio e prendere la mano della ragazza. Salutò la madre e si affrettarono a camminare lungo il marciapiede, svoltando l’angolo verso la E 8th Ave e continuando fino a quando non videro davanti ai loro occhi un’imponente e antica struttura rossiccia, la Dora Moore Elementary School. Lory scostò leggermente la mano dalla sua e Jeremy si abbassò per darle un bacio sulla fronte, prima di lasciarla correre verso le sue amiche poco distanti che ridevano in loro direzione. Riuscì distintamente a sentire le loro parole e un sorriso divertito gli dispiegò i lineamenti.
« Che bel ragazzo. Chi è? il tuo fidanzato?» chiese una delle sue quattro amiche, quella più alta, dai lunghi capelli rossi che ricadevano sulla maglietta nera con sopra disegnato il logo di un gruppo punk, i Misfits. Sentì Lory sbuffare e la vide prendere a braccetto la ragazza al suo fianco e condurla verso l’interno della scuola subito seguita dalle altre. Prima di entrare, si volse verso di lui e gli sorrise. Jeremy alzò la mano e la sventolò, prima di tornare sui suoi passi. Mise le mani in tasca e il suo sguardo vagò verso il parco vicino casa sua. A quell’ora del mattino non vi era quasi nessuno, solo giovani madri con le proprie carrozzelle e persone che si tenevano in forma correndo per i sentieri del Cheesman Park, e Jeremy prese posto sulla prima panchina a disposizione.  Un leggero vento caldo scuoteva le fronte degli alberi e il Sole brillava giocando con essi, divertendosi nel creare giochi di luce inaspettati. Quel parco sarebbe stato perfetto per essere disegnato, ma non aveva con sé alcun blocco e si dovette accontentare del solo pensiero di poter mostrare la bellezza della natura su di un foglio bianco. Forse durante le ore del corso d’arte a cui si era iscritto un professore li avrebbe riportati lì e Jeremy avrebbe potuto disegnare le linee armoniose degli alberi, l’ombra sotto di essi, avrebbe potuto catturare la luminosità del Sole, sfumando leggermente alcuni tocchi di matita e avrebbe conservato in quel disegno il ricordo del soggiorno a Denver. Voleva tornare a Mystic Falls. Voleva tornare da Elena e poterla riabbracciare, poter sentire le sue braccia stringerlo con affetto infinito, e il mondo circostante, irto di pericoli e oscurità, sarebbe scomparso per un istante. Sentiva di non appartenere a Denver, ma, allo stesso tempo, non poteva andare via. Non era giusto che lui andasse via. Scattò in piedi e tornò a casa quasi correndo, guardandosi a intervalli regolari alle spalle, verso il parco,  come se dietro di lui vi fosse qualche mostro pericoloso. Era la sua mente ricolma di confusione il suo mostro e non poteva sconfiggerlo. Bussò per poi ricordarsi che Mary non era in casa. Sospirò e cercò le chiavi nella tasca della giacca. Ritrasse le dita quando qualcosa di appuntito le colpì. Cautamente ritornò a cercare, trovando sia le chiavi sia la punta della matita che portava sempre con sé. Inserì la chiave nella toppa e la girò, chiudendosi poi la porta alle spalle. Era a casa. Al sicuro. Si trasportò stancamente sulle scale e andò nella sua camera. Era ancora leggermente disordinata dal trasloco, ma non era in pessime condizioni e il ragazzo riuscì subito a trovare quello che cercava nel cassetto della scrivania di mogano accanto al letto. Prese posto sulla sedia elegante, rifinita dal disegno di una rosa, e una fotografia catturò il suo sguardo. Ritraeva gli amici di tutta una vita. Elena, Bonnie, Caroline, Matt, lui e persino Tyler. Era stata scattata poco tempo prima e Jeremy aveva deciso di portarla con sé, anche se i sorrisi sui loro volti  erano quelli felici di tanto tempo prima. Elena, abbracciata a lui, portava ancora i segni del morso di Stefan sotto un foulard dalla fantasia a fiori. Bonnie sembrava essere la più felice, non sapendo nulla riguardo al suo fidanzato. Matt era appena morto, aveva visto sua sorella, o almeno il suo fantasma, e se da una parte era felice di poter ancora passare del tempo con lei, dall’altra aveva paura. Tyler era appena diventato un ibrido e sembrava essere ritornato il ragazzo sciocco  di un anno prima. Era in grado di guardare oltre le espressioni di ognuno dei presenti, ma non oltre quella di Caroline Forbes. Sembrava felice. Il suo sorriso era autentico, vero, ben diverso da quello degli altri e Jeremy non riusciva a spiegarselo. Era, seconda soltanto a Elena, quella che aveva sofferto di più eppure sembrava essere la più contenta. Jeremy socchiuse le labbra, prese la cornice tra le dita e l’avvicinò a sé. Caroline Forbes era meravigliosa e lui lo sapeva meglio di qualsiasi altro ragazzo che la avesse conosciuta davvero. Matt non era in grado di comprendere il dolore della sua attuale condizione, l’inadeguatezza del suo essere vampira e Tyler, d’altro canto, non aveva la forza sufficiente a non commettere qualche errore che si sarebbe rivelato fatale per la loro relazione. Sì, Caroline Forbes era meravigliosa e doveva avere un regalo, anche se in ritardo, indimenticabile per il suo compleanno, nonostante tutto quello che le era accaduto, forse era proprio per tutto ciò che aveva provato che meritava della normalità nella sua vita. Jeremy sorrise soddisfatto dall’idea fulminea che gli aveva attraversato la mente in quel preciso istante e riappoggiò la fotografia sulla superficie lignea della sua scrivania. Carezzò con i polpastrelli il foglio da disegno che aveva appena preso dalla scrivania e cercò una lapis dal portapenne contenente i suoi colori. Poggiò la matita sul foglio candido e una prima linea sicura formò quello che sarebbe presto diventato il paesaggio circostante, il parco vicino casa sua. Trascorsero molti minuti, forse un’ora, dall’inizio del disegno quando sentì qualcuno chiudere la porta di casa. Staccò per la prima volta lo sguardo dal foglio e rimirò con un sorriso il suo lavoro per un secondo. Aveva quasi terminato, però non vi era la protagonista. Aveva appena finito di ritoccare la panchina su cui avrebbe dovuto prendere posto Caroline, ma la mano si rifiutava di andare oltre e la mente era troppo stanca per comandarglielo. Aveva bisogno di un attimo di respiro. Si sfregò gli occhi e si alzò, poi scese le scale, trovandosi dinanzi Mary. Sembrava preoccupata, probabilmente era solamente stanca. Gli sorrise e Jeremy ricambiò.
« Tutto bene?» le chiese con gentilezza, seguendola nella cucina. 
« Sì, caro, non preoccuparti. Mia cognata è incinta ed è davvero insopportabile,» aggiunse, alzando gli occhi al cielo per poi lasciarsi sfuggire una breve risata subito accompagnata dalla sua, « è più ansiosa del solito,>> si corresse, arrossendo leggermente. Jeremy annuì e continuò a sorriderle. Sembrava quasi essere ritornato indietro nel tempo, sembrava che avesse di fronte la sua dolce mamma che tanto lo aveva amato e desiderato e non una parente lontana. Quel pensiero gli causò una dolorosa fitta al cuore. Non era sua madre, era Mary. Miranda Gilbert era morta proprio come Grayson e la loro dipartita non era stata che l’inizio della fine della normalità nelle loro vite. I suoi genitori si erano portati con sé, in quel luogo in cui soltanto i beati e puri di cuore avevano la possibilità di recarvisici, quella mite quotidianità che sempre aveva accompagnato lui e Elena nel corso degli anni. Si costrinse a ritornare al presente e a trattenere le lacrime che gli avevano velato gli occhi scuri. 
« Mary, scusami, devo finire un disegno, » si congedò velocemente e, senza nemmeno accorgersi del sorriso comprensivo della donna, salì le scale con ampie falcate, chiudendosi la porta della camera alle spalle, tornando a sedersi alla scrivania. Il disegno era ancora lì dove l’aveva lasciato, con la matita abbandonata sulla sua superficie non più candida, ma piena di alberi, cespugli, piccoli sentieri di ciottoli, panchine e persone nello sfondo, illuminate da raggi di Sole che filtravano tra i rami spessi e li facevano brillare di piccoli arcobaleni luminosi. Era quello il suo mondo. Elena aveva la scrittura per estraniarsi da tutti gli affanni della quotidianità, per rammentare quella passione che condivideva con sua madre. Jeremy aveva l’arte, aveva i suoi fogli bianchi, il suo universo pieno di caos da sanare e armonizzare grazie alle immagini della sua mente. Erano felici così, entrambi, almeno per poco tempo prima di ritornare a combattere contro tutto e tutti. Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro, a Denver non aveva motivo di lottare. Denver era la pace, la quiete dopo la tempesta, la calma innaturale di una campana di vetro e, se da una parte era felice di quella normalità, dall’altra non poteva fare a meno di non ripensare a Elena e a i suoi amici, non a Mystic Falls, ma ai suoi abitanti. Sentiva la mente piena di confusione, pensieri tormentati e sensi di colpa. Per Bonnie, che aveva tradito e con la quale non era riuscito a chiarire nulla. Per Tyler che sentiva di aver abbandonato al suo destino, dimentico di quell’amicizia che, se pur per poco tempo, li aveva legati. Per Elena, che stava combattendo la sua guerra senza di lui e il suo appoggio. Per Matt, costretto a vivere nel ricordo delle persone che aveva amato e non erano che un ricordo lontano e sbiadito, che si trascinava a sopravvivere per una forza d’animo che solo pochi possedevano. Per Caroline, odiata dal suo stesso padre per una cosa che non aveva neanche avuto la possibilità di scegliere, ma che le era stata imposta da Katherine e dalla sua vendetta, che fingeva felicità per non annegare in quel mare triste e spento che erano le sue giornate. Jeremy sentiva di odiare il mondo. Era meschino e ingiusto. Strappava ogni bellezza a persone che non lo meritavano e le donava a gente malvagia e senza scrupoli che le calpestava senza sosta. Prese la matita e incanalò la sua frustrazione nel disegno, trovando la pace, modellando il corpo snello di Caroline, a tra quarti verso l’esterno, pronta a mostrare il suo splendido sorriso al mondo. Per sempre. Eppure gli sembrava così sbagliato che Caroline sorridesse. Caroline non era felice. Lei non mentiva mai e non voleva che il suo disegno la ritraesse in modo non veritiero. Eppure era così sbagliata l’idea che Caroline Forbes potesse essere triste da farmi automaticamente escludere il pensiero di rappresentarla senza il suo sempiterno sorrido allegro e brillante. Indugiò a lungo sull’espressione delle sue labbra e degli occhi, per interi minuti, senza però trovare una soluzione soddisfacente. Non poteva lasciare quel disegno incompleto, ma non si sentiva in grado di scegliere. Si alzò e si stiracchiò, decidendo di concedersi una breve pausa per rimettere nel giusto ordine i pensieri. Scese e trovò Mary intenta a preparare il pranzo solo per loro due. Charles sarebbe tornato a casa verso sera e Lory nel primo pomeriggio. Aiutò, non curante delle proteste della donna, preparando la tavola per sentirsi nuovamente a casa, come quando era solo con Elena, e per un attimo percepì il ritorno della felicità tanto agognata. Pranzarono, chiacchierando del più e del meno, Mary raccontandogli di Denver, quali fossero gli eventi principali, le feste, i quartieri da evitare, Jeremy ascoltando tutto e chiedendo di come funzionasse la scuola e di quali fossero i locali di ritrovo degli studenti. Voleva subito integrarsi tra i compagni, instaurare buoni rapporti con tutti per non ritrovarsi solo con il rischio di combinare qualche guaio a discapito della fiducia che Mary gli aveva dato con così tanta facilità. Non voleva tradire le aspettative. Non voleva avere problemi. Voleva soltanto essere felice, normale come qualsiasi altro ragazzo della sua età. E magari avrebbe voluto far ritorno un giorno a casa, da Elena, dalla sua unica famiglia
« Grazie,» si lasciò sfuggire alla fine del pasto, con lo sguardo basso e timido per non incontrare quello della donna. Poté immaginare il sorriso dolce illuminarle i lineamenti poco marcati e la sentì avvicinarsi a lui. In un istante si ritrovò stretto nelle braccia della donna che lo coccolava con fare materno. Jeremy si aggrappò a lei per il tempo necessario a calmare i battiti accelerati del suo cuore e poi le sorrise apertamente per ringraziarla di tutto quell’affetto. Mary gli sorrise, trattenendo a stento delle lacrime piene di commozione, e gli carezzò gentilmente la guancia.
« Non devi ringraziarmi, Jer. Per me, per noi, è un piacere averti qui. Sei un bravissimo ragazzo e sono certa che la mia cuginetta sarebbe fiera di te,» mormorò dolcemente. Jeremy annuì e la ringraziò per quelle parole, poi le diede un bacio sulla guancia e si congedò, tornando in camera sua. Soffermò lo sguardo sul disegno e scosse leggermente il capo. Non gli era mai capitato di non sapere come concludere un ritratto, ma non aveva la minima idea su come continuare. Dalla tasca dei jeans sentì provenire una vibrazione. Estrasse il cellulare e notò che vi era un messaggio di sua sorella. Con un sorriso premette il tasto per leggerlo. 
Ehi Jeremy, tutto bene? Come hai dormito? Il volo è stato piacevole? Come ti trovi lì? Il tempo è bello?  
Jeremy scoppiò a ridere sentendo l'ansietà di sua sorella. Era incredibile come fosse in grado di preoccuparsi degli altri e mai di se stessa. Era uno dei tanti motivi per cui l'adorava così tanto. Anche se non era lampante, Jeremy sapeva che c'era qualcosa che non andava. Era sua sorella e la conosceva meglio di qualsiasi altro. Si affrettò a rispondere. 
Non preoccuparti, Elena, qui va tutto bene. Mary e Charles sono meravigliosi con me e Lory è diventata una piccola donna, non più la neonata che conoscevamo da bambini. Il volo è stato stupendo e a Denver fa molto caldo, non più del normale. A casa? Tutto bene? Saluta Ric, Bonnie e Care da parte mia e falle le mie scuse per essermi dimenticato di farle gli auguri, per favore. 
Premette il tasto d' invio e tornò alla scrivania. Guardò nuovamente la foto e sorrise. Aveva finalmente capito come completare la sua Caroline.

Note dell'autrice:

Salve a tutti. Questo qui è il primo capitolo di una minilong (2 capitoli) Jeroline. Questa storia è nata dal mio amore per Jeremy Gilbert, con la speranza che non rimanga per molto tempo a Denver. Trovo che sia un bel personaggio, un ragazzo molto sfortunato che ha passato momenti difficili ed è cresciuto grazie ad essi. Come lui, anche Caroline è maturata fino a diventare il meraviglioso personaggio che è ora, pieno di sensibilità e carisma. Mi piace questa coppia, anche se adoro il Forwood e il Klaroline. Spero che possa piacere anche a voi e che lasciate un commento, anche se vi fossero delle cose che non vi piacciono. Un saluto, al prossimo capitolo, almeisan_

  
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