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Autore: _Calypso_    31/01/2012    3 recensioni
Si era trattato del classico colpo di fulmine: lei vede lei, lei s’innamora di lei, lei ignora la lei che rimane innamorata pazza e continua a seguirla, fino a cambiare le sue abitudini. La colazione al bar tutte le mattine era una di queste. Pian piano erano arrivati alcuni timidi approcci da parte di Giulia, che era arrivata a conoscere la sua ordinazione (latte macchiato con tanta schiuma e croissant integrale al miele) e gliela preparava non appena la vedeva oltrepassare la porta del bar. La prima volta che Marta si era vista riservare questo trattamento aveva iniziato a immaginare gli scenari più rosei, che non potevano concludersi se non con un matrimonio in Spagna; cinque secondi dopo, invece, era stata bruscamente riportata alla realtà dal fatto che anche la sciacquetta con i capelli color biondo platino (tinti, come ribadiva sempre Marta alle sue amiche) e la pelle arancione anche in pieno inverno riceveva “il solito” da Giulia, persino con sorrisetto annesso.
[Per il compleanno di Mizar19]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Yuri
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Petali di rosa canina
Fandom: Originale
Genere: Commedia, Romantico
Avvertimenti: FemSlash, Lemon
Tipologia: One Shot
Rating: R/Arancione
Contoparole: 3427 (Word). Il che rende questa storia la più lunga che io abbia mai postato.
NdA: Per il compleanno di Mizar19 amica preziosa e fedele confidente. Grazie di tutto.



 

Petali di rosa canina



 



La sveglia non era mai dolce con Marta.

«Porco cazzo».

E Marta non era mai dolce con la sveglia.

Era un normale quanto letale lunedì universitario: nulla di nuovo sotto il sole – o meglio, sotto la nebbia – se non…

“Oggi è lunedì! Oggi Giulia ha il turno della colazione! Mi devo truccare!”

Il pensiero di doversi rendere effettivamente presentabile, o almeno più decente del solito, la colpì come un fulmine a ciel sereno; in uno strano attacco di previdenza aveva preparato i vestiti da indossare quella mattina la sera precedente, e ora giacevano piuttosto ordinatamente su una sedia appoggiata al muro della sua camera da letto, per cui aveva soltanto da scegliere il maquillage con cui affrontare la giungla urbana. Marta era sicura al duecento per cento che Giulia non fosse lesbica e che non sarebbe stato l’ombretto che avrebbe scelto a cambiare l’orientamento sessuale della cameriera che le faceva battere il cuore, ma decise ugualmente di fare un tentativo, in uno slancio di autostima. Molti le dicevano che era una ragazza affascinante, la classica bellezza da fiaba, con i capelli biondi e lisci che portava qualche centimetro sotto le spalle e i limpidi occhi azzurri, ma Marta non se ne curava molto. Non le interessava apparire carina, né per fare colpo sulle ragazze che le piacevano né tantomeno per seguire le mode, ma con Giulia era diverso.

Si era trattato del classico colpo di fulmine: lei vede lei, lei s’innamora di lei, lei ignora la lei che rimane innamorata pazza e continua a seguirla, fino a cambiare le sue abitudini. La colazione al bar tutte le mattine era una di queste. Pian piano erano arrivati alcuni timidi approcci da parte di Giulia, che era arrivata a conoscere la sua ordinazione (latte macchiato con tanta schiuma e croissant integrale al miele) e gliela preparava non appena la vedeva oltrepassare la porta del bar. La prima volta che Marta si era vista riservare questo trattamento aveva iniziato a immaginare gli scenari più rosei, che non potevano concludersi se non con un matrimonio in Spagna; cinque secondi dopo, invece, era stata bruscamente riportata alla realtà dal fatto che anche la sciacquetta con i capelli color biondo platino (tinti, come ribadiva sempre Marta alle sue amiche) e la pelle arancione anche in pieno inverno riceveva “il solito” da Giulia, persino con sorrisetto annesso. Giulia era semplicemente gentile con lei, che l’aveva vista da sola e si era fermata a chiacchierare con lei qualche volta, quando i ritmi del bar lo permettevano. Aveva iniziato a trascinare anche le sue fedeli compagni di avventure, Daniela e Silvia, che ogni giorno cercavano di dirle, la prima affettuosamente, la seconda in modo alquanto brusco, di lasciar perdere.

«Insomma, Marta» aveva sbottato Silvia dopo l’ennesimo sguardo da cucciolo abbandonato della ragazza dopo che Giulia se n’era andata senza dichiararle amore eterno – o lasciarle il numero, se era per quello - «non lo capisci?»

«C-cosa?»

«Le-piace-il…»

«Mi sembra che tu sia stata piuttosto eloquente, cara» aveva sibilato Daniela, non senza lanciarle un’occhiataccia. Adorava prendere le parti di Marta nei continui battibecchi tra le due, anche se nascondevano soltanto un grandissimo affetto.

***


«Giulia non può essere etero» ripeté Marta quella mattina, «ne sono sicura».

«E cosa te lo dice, il tuo gay radar

«Smettila di scimmiottarmi solo perché non è ancora arrivata Dani!»

«Smettila di appellarti a Dani come se dovesse proteggerti dal braccio della morte! Piuttosto, cos’abbiamo qui? Non sarà mica quell’ombretto verde che hai comprato la settimana scorsa al centro commerciale perché “oh, il verde e il blu ricordano l’incontro del cielo con il mare” e il profondo dei tuoi occhi e…»

«Manca la terza delle Charlie’s Angels! Volete aspettare?»

Una voce le sorprese, interrompendo Silvia e i suoi sproloqui. Non era melodiosa come quella di un usignolo, anzi: era piuttosto rauca a causa dell’immane quantità di sigarette al giorno che fumava Giulia.

«C-ciao!» balbettò Marta, naturalmente con le guance rosse come pomodori maturi. «Io devo entrare s-subito… prendo il solito» aggiunse tutto d’un fiato, senza prendere pause per respirare.

«Ehi, ti senti bene?» rise Giulia, annotando l’ordinazione sul suo taccuino.

«Certo, sta benissimo» rispose per lei Silvia, «è solo quel periodo del mese…»

«Oh, mestruazioni? Sono appena arrivate anche a me, un male alla pancia…»

«No, Marta è solo in calore, niente di che. Ah, per me un marocchino con la nutella e un triangolo alla crema» concluse, sottolineando le ultime parole. Al suo fianco, Marta schiumava di rabbia.

«Ah… certo» ridacchiò la cameriera. «Torno subito, ragazze!»

«Tu sei pazza! Pazza!» bofonchiò Marta, colpendo l’amica con la borsetta.

«Sembri una vecchietta aggredita da un rapinatore, ti manca solo l’ombrello da cacciarmi in un occhi!»

«Ma come ti sei permessa… dopo tutto quello che ho fatto per cercare di rendermi interessante…»

Improvvisamente cambiò tono di voce, e sussurrò all’orecchio di Silvia come se dovesse farle una confidenza importante.

«Secondo te ha capito che…»

«Che?» Per tutta risposta l’altra inarcò le sopracciglia.

«Insomma, hai capito…»

«Che sei una lesbica e che ti piace la…»

«Ecco il tuo marocchino, Silvia, con triangolo alla crema. Marta, il solito!» cantilenò Giulia, che proprio in quel momento era arrivata al tavolo trotterellando.

“Sono Fantozzi o Mr. Bean?” si chiese Marta, mentre tirava fuori qualche spicciolo per pagare il conto.

«Perché dev’esserci sempre tutto questo traffico? E perché ti sei messa l’ombretto delle occasioni speciali? Oh ciao Giulia! Per me un espresso al volo, grazie!» Infine anche Daniela era arrivata, non senza il suo carico di travolgente entusiasmo. Fin troppo travolgente.

Fu questione di un attimo: il vassoio con piattini e tazze sporche che Giulia aveva riempito da un tavolo adiacente perse il suo equilibrio e rovinò fragorosamente a terra, suscitando un forte applauso da parte degli astanti. Silvia imprecò sonoramente e sbottò:

«Che diavolo applaudite? Non siete mica su un aereo appena atterrato!»

«Ragazze, che è successo? Sembra che sia passato un uragano…»

Marta trangugiò il suo latte macchiato in fretta e furia, scottandosi il palato.

«Vado un attimo… bagno» mormorò a mo’ di scusa.

«E la brioche? Guarda che me la mangio io!» urlò Daniela di rimando, ma Marta era ormai troppo lontana. Amava le sue amiche, ma riuscivano a essere così… chiassose, a volte, che credeva le sarebbe risultato impossibile avere approcci normali con Giulia o altre ragazze. Il suo letto era vuoto da tanto tempo, ormai: aveva avuto una relazione che era durata qualche mese con Ester, una sensuale studentessa di Lettere Classiche che nel tempo libero faceva la ballerina, che l’aveva lasciata per una delle ragazze della sua compagnia. Si erano poi succeduti incontri di una notte o poco più, ma nulla che non fosse durato più di qualche settimana. Marta aveva iniziato a definirsi allergica ai legami e agli impegni, fino a quando non aveva incontrato Giulia. Sapeva poco di lei; non l’aveva mai sentita parlare di amicizie o altro al di fuori del suo luogo di lavoro, infatti, una delle domande che tormentavano di più Marta era come la bella cameriera passasse il tempo al di fuori del bar universitario. Aveva un hobby? Trascorreva tante ore con la famiglia o con un fidanzato? Aveva un cane che accompagnava a fare lunghe passeggiate nel parco? Non aveva mai osato porle questioni personali, mentre Giulia, tra un latte macchiato e un croissant integrale al miele e l’altro, le chiedeva sempre qualcosa su di sé. Era giunta a dirle la facoltà che frequentava, Economia e gestione delle imprese (così come le sue due amiche), i nomi dei suoi tre fratelli maggiori e delle rispettive mogli e dei nipotini, per non parlare della gattina bianca Minou, di cui le aveva parlato una delle prime volte che l’aveva incontrata.

«Ehi, Marta… tutto bene?» sussurrò Giulia all’orecchio. Voltandosi di scatto, Marta notò ancora una volta il suo fascino particolare. Portava i capelli corti, tagliati sopra le orecchie, di un nero corvino scuro come non aveva mai visto, con alcune ciocche blu. Il suo viso era piccolo, con un buffo naso al centro della faccia e una simpatica bocca a forma di cuore, pronta a schiudersi in ampi sorrisi.

«Sì, tutto a posto.»

«Ok, allora. Ma non eri di fretta?»

«Mmh. Sì. Ci vediamo!»

«A presto, cara» concluse la cameriera con tono affettuoso.

"Concluderò mai qualcosa nella mia vita?” pensò Marta sconsolata quando, tutto d’un tratto, le balenò in mente l’Idea.

«Giulia? Ehi, Giulia?»

La ragazza si girò al rallentatore, come in un melenso film romantico.

«Che c’è?»

«V-vuoi… u-u-u-sc-scire con m-me?»

«Certo. Quando?»

«T-tu hai accettato?»

«Di solito quando uno annuisce e dice di sì…»

«Hai iniziato a passare del tempo con Silvia?»

«Eh?»

«Domani? Che ne dici di domani? Insomma, è il mio giorno. Sai… Martedì, il giorno di Marta. E Marte. La guerra».

«Certo! Che dici, ti passo a prendere e poi decidiamo che fare sul momento? Odio programmarmi la vita» disse ravviandosi i capelli e ammiccando in direzione di Marta.

«Anche io. Anche io» le rispose colei che aveva segnato sull’agenda tutto ciò che avrebbe mangiato e indossato fino alla fine della settimana.

«Ci si vede».

Marta si era accorta, con sommo disappunto, che erano le otto del mattino e che le mani le stavano già sudando.


***

«E così le hai chiesto di uscire. Così, dal nulla».

«Aspetta, tu hai fatto cosa

«Stai almeno a sentire quando ti parla!»

«Ma se non hai nemmeno il coraggio di fare coming out! Ci hai messo cinque anni prima di dircelo!»

«Non è facile, vorrei vedere te! Nella nostra società gli omosessuali sono ancora discriminati, non siamo a San Francisco!»

«E tu chi sei, Martin Luther King, che appoggi le cause perse? Non è perché Marta è omosessuale, ma perché è timida. E quando Giulia le chiederà qualcosa d’importante lei si tirerà indietro e manderà tutto a puttane come avevamo previsto!»

«Fatti i cazzi tuoi una volta per tutte, Sil!»

«Dani… io le voglio bene. Sono quella che le ha asciugato le lacrime quando Isadora Duncan è scappata con d’Annunzio femmina con le costole al posto giusto».

«E allora supportala e sopportala anche questa volta! Se lo merita, io lo credo davvero».

«Potete smetterla di fare finta che io non ci sia? Sono qui!» si sbracciò Marta. «Mi sono cacciata in un casino più grande di me. Cosa faccio adesso?» Così dicendo iniziò a mordersi il labbro e a tamburellare con il piede sinistro.

«Dimmi che la tua più grande preoccupazione adesso non è come vestirti» ringhiò Daniela. «Piuttosto, ti sei dichiarata? Le hai detto che ti piace tanto tanto?» proseguì con più delicatezza.

«No. Ma secondo voi ha capito che è un’uscita romantica?» Marta era ancora preoccupata e tremava visibilmente, come se il suo più grande incubo le si fosse materializzato dinanzi.

«Certo. Sarebbe stato un problema se fosse stato il contrario!» obiettò prontamente Silvia. «Andiamo a lezione, la statistica non perdona!»

E così, dopo una colazione ricca di eventi, le tre ragazze si diressero verso i loro impegni accademici.


***

Marta era seduta sul letto, con la musica a tutto volume. L’aiutava a rilassarsi, era una delle sue mille stranezze. Con la mano destra mandava messaggi alle amiche, mentre con la sinistra si spazzolava pigramente i capelli. Aveva scelto d’indossare una minigonna di velluto nero e una camicia bianca, sopra la quale avrebbe portato un golfino scuro. Tutto nella norma: nulla sarebbe andato storto, non appena avesse visto Giulia arrivare a cavallo della sua utilitaria ogni sua preoccupazione si sarebbe dissolta nel nulla.

“Sì, come no. Appena suonerà il campanello non le aprirò e lei continuerà a suonare e morirà di freddo. La nostra storia finirà senza nemmeno mai essere iniziata e io sarò traumatizzata per il resto della mia vita, finché non mi lascerò morire anche io di stenti.”

Una serata come un’altra, come quelle che trascorreva quando andava a ballare con le sue amiche, in cui si scatenava dimenticandosi del suo ruolo di studentessa modello.

“Chissà come dev’essere vedere per la prima volta il cadavere della persona che ami, con i geloni in ogni parte del corpo. E poi, se ne andrà per il freddo o per la fame?”

Dlin dlon!

“Per quanto possa sembrare un cliché, non devo assolutamente aprire al primo scampanellio, oppure sembrerò un’assatanata. Lascerò che suoni ancora una volta.”

“E se non suonasse più?”

Dlin dlon!

“Ci siamo.”

Scese le scale rapidamente – rischiava di rompersi qualche osso, se non tutti e duecentosei, ma nulla le importava, in quel momento -, pronta per l’attimo rivelatore.

«Marta?»

«Ciao, Giulia». Fuori dal bar la ragazza curava molto di più il suo aspetto; indossava un cappotto bianco dal quale Marta poteva intravedere un abitino verde petrolio.

«Sei uno schianto, lo sai? Perché non ti vesti così per andare in università?»

«E-eh» ridacchiò Marta, mentre Giulia le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Fu un gesto molto intimo e sensuale allo stesso tempo, che la fece avvampare come non mai.

«Allora, dove andiamo? Hai qualche proposta? Ti piace il nuovo bar per gay e lesbiche, “La Rosa Canina”?»

«Naaaah, i bar gay mi fanno paura. Ci sono tutte quelle lesbiche assatanate e… strane, sai com’è».

«Ok. Che ne dici allora del “Tropical”?»

«Oh, quello sì che mi piace! Fanno un Mojito delizioso!»

«Piccola alcolizzata» rise Giulia, «salta in macchina!»

***

Il viaggio fu tranquillo e tutto sommato piacevole; Giulia era un’ottima autista e guidava decisamente bene, nonostante le fosse sfuggita qualche imprecazione contro gli impavidi delle rotonde.

«Ma le frecce le usano solo gli indiani?»

Marta era scoppiata a ridere violentemente. Adorava passare del tempo con quella ragazza che, nonostante fosse una conoscenza così recente, l’aveva sorpresa nel profondo, riuscendo a emozionarla per davvero. Si chiese se sarebbe riuscita a farle capire che cosa provava entro la fine della serata; se tutto continuava ad andare bene, la missione non sembrava più così impossibile!

«Entriamo! Ma perché ti mettono un timbro a forma di banana? Siamo sicure che sia un locale per persone normali?» urlò Giulia appena entrata, suscitando di nuovo le risate dell’amica.

Il locale era pieno di giovani che si dimenavano a suon di musica, illuminati da luci stroboscopiche che dirigevano il proprio getto luminoso soprattutto sulla pista da ballo. Intorno a essa, vi erano vari banconi ai quali i bar tender servivano drink coloratissimi.

«Allora, proviamo questo Mojito?» le propose Giulia.

«Subito?» A Marta sembrava di correre troppo: troppo alcool, troppa musica, troppo contatto tra di loro… ma non riusciva a resistere al fascino della ragazza che occhieggiava con desiderio da mesi.

Tutto ciò che aveva sempre voluto era più che mai a portata delle sue piccole mani bianche, pronto per essere afferrato.

«Perché no!» Non si faceva afferrare, anzi, era pronto a lanciarsi protendendosi con tutto il corpo verso di lei. Giulia le sorrise, mentre la teneva per mano e l’accompagnava fuori dalla pista.

Tornò subito da Marta con due bicchieri colmi di quel delizioso liquido, che entrambe bevvero lentamente ma con avidità.

«Hai ragione, è fantastico. Ehi, balliamo?» La musica era cambiata; ora risuonavano i classici ritmi da discoteca, che facevano scatenare anche le coppie meno giovani. Un gruppo di uomini sulla quarantina non mancò di segnalare il proprio apprezzamento verso Marta e Giulia.

«S-sei sicura?» I fischi aumentavano, così come i gesti volgari. Marta si pentì improvvisamente di non aver scelto “La Rosa Canina”, mentre beveva il suo drink assorta nei pensieri. Il suo sguardo era rivolto al bagno delle femmine, verso il quale cercava la più vicina via di fuga.

«E dai, lasciati un po’ andare! Cosa vuoi che ti succeda?» Giulia era tranquilla e sicura di sé; appoggiò il suo drink e iniziò a ondeggiare muovendosi a stretto contatto contro il bacino di Marta, che la guardava sempre più confusa. Alle loro spalle, i fischi continuavano.

«Non farlo. Per favore, non farlo.» Marta sentì Giulia aderire a lei con ogni cellula del suo corpo, comprese le labbra, che si avvicinavano maliziose alla sua guancia. La sfiorarono con un bacio delicato che le fece perdere completamente il controllo, per poi dirigersi verso la sua bocca.

«L’ho già fatto!»

E così si baciarono, e se Marta aveva pensato che il mondo si sarebbe fermato per sempre o anche solo per un istante si sbagliava. Un liquido freddo iniziò a colarle lungo la schiena, macchiandole la camicia bianca che aveva scelto con tanta cura.

«Chi cazzo è stato?» gridò voltandosi.

«Venite a fare un giro, ragazze?» le rispose una voce melliflua. Un uomo strattonò Giulia e le prese un braccio.

«Aiuto!» urlarono entrambe a una voce sola. «Qualcuno ci aiuti!»

A Marta tremavano le gambe: non si era mai trovata in una situazione del genere, né pensava le sarebbe potuto accadere. Sapeva solo che sarebbe dovuta essere una delle serate più belle della sua vita, invece si trovava addirittura in pericolo. Al suo fianco, Giulia scalciava e strillava; nonostante il locale fosse pieno, nessuno dava l’intenzione di muoversi, nessuno voleva aiutarle.

Per loro fortuna, un gruppo di ragazzi che passava da quelle parti della pista le notò.

«C’è qualche problema, qui?» Sembravano tutti piuttosto muscolosi e ben piazzati, avvezzi a risse di questo tipo; probabilmente conoscevano l’uomo che aveva importunato per prime Giulia e Marta, perché non appena il gruppo si avvicinò, questi mollò la presa. Giulia non mancò di pestargli un piede e sputare nella sua direzione, sotto lo sguardo atterrito di Marta. Non sapeva se essere terrorizzata da questi suoi attacchi di spavalderia oppure se amarla per il suo coraggio da cavaliere con tanto di spada scintillante e cavallo bianco. Non lo sapeva, ma sapeva di essere felice per essere al suo fianco; era conscia del fatto che, pur avendo rischiato davvero tanto, aver vissuto qualcosa di così importante insieme aveva segnato il loro rapporto in modo definitivo.

Là fuori, il mondo continuava a girare.

«Ce ne stavamo andando» sbottò uno di quei codardi, ma a Marta non importava più niente. Giulia urlava e insultava i buttafuori e il sistema di sicurezza, pretendendo di parlare con il proprietario del locale e millantando conoscenze in politica e nei servizi segreti che le avrebbero garantito l’ottenimento di risarcimenti miliardari. Sentì la voce di Giulia addolcirsi soltanto quando si rivolse a lei.

«Signori, noi togliamo il disturbo. Ho la casa libera».

Stava succedendo tutto in modo troppo veloce, ma forse era così che doveva andare, con Giulia; forse era così che andava, con quella giusta.

«Dai che la sistemiamo ancora, questa serata!»

***

Entrarono a casa di Giulia ebbre di una felicità che non era mai sembrata così nitida. Ogni loro gesto era in sincronia; Marta che in un eccesso d’intraprendenza mordeva un orecchio a Giulia facendola gemere, Giulia che la spogliava buttandola sul letto, Giulia che la baciava e la stringeva, Giulia che la faceva impazzire e la portava dove nessun’altra era mai riuscita.

«Fermati» ingiunse Marta in un sospiro. Il battito del cuore le era accelerato, non si sentiva così da tempo immemore. «Devo dirti una cosa».

«Cosa?» Giulia non accennava a spostarsi dalla clavicola della ragazza, che continuava a baciare appassionatamente, lambendola delicatamente con la lingua.

«Giulia, mi piaci. Mi piaci tantissimo. Per prima cosa mi sono innamorata del tuo sguardo. Sei bella, bellissima, e sono così fortunata ad averti. Non ho mai pensato che quelle come te scegliessero quelle come me» esalò tutto d’un fiato.

«Anche tu mi piaci. Mi piacciono i tuoi splendidi occhioni quando ti porto l’ordinazione al tavolo, mi piacciono le tue mani quando prendi la tazza, mi piace la tua bocca quando bevi il latte. Ma mi piace ancora di più la tua bocca così, adesso…»

Le labbra delle due ragazze si unirono di nuovo, e la stanza si riempì dei loro gemiti. Giulia era sdraiata sopra Marta e l’aveva ormai spogliata del tutto; le sue mani avevano iniziato ad avventurarsi sui seni della ragazza, piccoli ma sodi, massaggiandoli con le sue mani dalle dita lunghe e sottili, che tormentavano i capezzoli di Marta fino a farli diventare turgidi. Con una scia di baci iniziò a tracciarsi una via verso il ventre dell’altra, che, consapevole delle sue intenzioni, le affondò una mano nei capelli, ansimando profondamente; Giulia iniziò a compiere piccoli cerchi con la lingua intorno al clitoride di Marta, che implorava per avere di più, sempre di più, fino ad arrivare all’orgasmo, che la travolse come un’onda anomala.

«Vorrei che tu potessi guardarti. Sei stupefacente. Sei come una rosa, e i tuoi capelli sono petali. Vorrei essere in grado di dipingerti».

«Credo di essere una rosa selvatica, sai? Le rose da giardino sono precise, perfette, ordinate. Io sono un disastro...»

«Tu non sei un disastro, tu sei una meraviglia. La mia meravigliosa rosa canina».

   
 
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