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Autore: Emily Kingston    31/01/2012    3 recensioni
“Se non era lui quello giusto, sarà stato sicuramente qualcun altro…” disse Jackson, staccando una margherita e lanciandola giù dalla collina.
Annabeth scattò a sedere, appoggiando le mani vicino a quelle del ragazzo.
“E’ proprio questo il punto!” esclamò, con una strana luce negli occhi. “La gente dice che la persona giusta arriva per tutti, ma io credo che per certe persone non sia così. Certe persone, per quanto giuste l’una per l’altra possano essere, non si trovano mai e allora devono accontentarsi di chi è quasi giusto per loro.”
Jackson la guardò inarcando le sopracciglia, scettico.
“Non fare l’idiota, Beth, tutti trovano la persona giusta, è una legge universale!”
Annabeth sorrise a quell’affermazione, ma scosse il capo.
“Prendi me, ad esempio. La mia persona giusta deve essere stata investita da un autobus o qualcosa del genere.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La scatola dei ricordi
 

Era un pomeriggio di pioggia quando Annabeth scoprì una scatola sotto ad una delle assi del pavimento della sua stanza.
Non era mai stata una ragazza curiosa, Annabeth, ma quando l’immagine un po’ malandata e consunta di una scatola di cartone si era presentata davanti ai suoi occhi una curiosità non sua le aveva fatto prudere il naso.
Quella casa era appartenuta alla sua famiglia per generazioni e Annabeth non aveva mai pensato di poterci trovare qualche oggetto misterioso, almeno finché non aveva trovato la scatola.
All’inizio si era limitata a toglierla da sotto al pavimento, sistemandola sopra alla propria scrivania, impegnando tutte le proprie energie per decidere se aprirla o meno. Chissà a chi era appartenuta, e chissà cosa c’era dentro.
Per giorni Annabeth aveva esitato ad aprirla e la scatola era rimasta lì, a prendere polvere sul piano della sua scrivania.
Dovette passare quasi un mese prima che la ragazza decidesse di gettare al vento tutte le remore e le indecisioni, allontanando finalmente la scatola dalla propria scrivania.
Se quella scatola avesse potuto parlare, probabilmente, le avrebbe chiesto perché ci aveva messo così tanto per decidere di aprirla. Il fatto era che Annabeth non era mai stata una ragazza curiosa e il trovare quella scatola le aveva fatto capire quanto scomodo fosse esserlo.
Il suo contenuto, però, deluse un po’ le sue aspettative e tutta l’eccitazione, legata alla curiosità ed al mistero dell’ignoto, scemò via.
La scatola che Annabeth aveva trovato sotto al pavimento, non era altro che una scatola dei ricordi, piena di vecchie fotografie in bianco e nero, di lettere, di piccoli oggetti e di foglietti scarabocchiati. L’unico indizio sul probabile proprietario della scatola era una fotografia grande quanto un francobollo che ritraeva una ragazza giovane, dai lunghi capelli scuri e grandi occhi chiari che fissava timidamente l’obbiettivo. Sul retro, con una grafia un po’ sgangherata, era riportata una dedica.
Annabeth provò a ricordare se quel volto fosse tra le foto di famiglia o nascosto tra le rughe di qualche lontano parente, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a collegare quella giovane ragazza dai capelli scuri a nessuna delle persone che facevano parte della sua famiglia.
La curiosità prudette di nuovo sul naso di Annabeth che decise di leggere le lettere contenute nella scatola, sperando di ottenere qualche dettaglio in più.
Erano quasi tutte lettere d’amore, tranne l’ultima; l’ultima era una pagina di diario strappata dal suo raccoglitore originario.
 

20 Novembe 1918 

La stazione è piena di gente, ormai è passata più di una settimana dalla fine della guerra e Peter dovrebbe tornare oggi.
Lo aspetto vicino ai binari, un po’ lontana dalla folla, tanto so che lo riconoscerò.
Aspetto, la folla si disperde, il treno si svuota, rimango da sola sul binario e di Peter non c’è traccia. Ma con Peter è sempre così, è un ritardatario.
Arriva tardi, sì, ma arriva sempre. 

10 Dicembre 1918 

Oggi arriva un altro treno dal fronte, l’ultimo.
Ho aspettato che Peter scendesse da tutti gli altri treni prima di questo, ma non è mai arrivato; forse, non è neanche mai partito.
Ecco, sento lo sbuffo della locomotiva e vedo una lieve di scia di fumo grigio solcare l’aria. Il treno inizia a rallentare fino a fermarsi, una delle porte d’uscita è proprio davanti a me.
I soldati iniziano a scendere, i loro sguardi corrono a cercare quelli dei loro cari, rimasti lontani per troppo tempo, ma Peter non scende giù dal treno, i suoi occhi non cercano i miei. Peter non c’è. 

1 Marzo 1918 

Ieri ho incontrato un compagno di Peter al mercato.
Stavo comprando la verdura quando John Edwards si è sistemato al mio fianco, chiedendo dell’insalata.
Quando mi ha riconosciuta mi ha chiesto come stavo e se andava tutto bene. Io gli ho detto di sì. Abbiamo parlato per un po’ ed io mi sono promessa di non chiedergli nulla su Peter, ma alla fine non ce l’ho fatta e gli ho domandato se sapesse che fine aveva fatto. Il volto di John Edwards è diventato pallido e lui ha iniziato a farfugliare.
Ho percepito un colpo al petto prima ancora che lui pronunciasse quelle parole.
“Peter si è sposato. Ha conosciuto una donna in Germania e appena è finita la guerra ha deciso di rimanere là con lei. Pensavo lo sapessi.”
Per la mia dignità personale gli ho risposto che lo sapevo, ma che non avevo sue notizie da un po’ e avevo piacere di sapere come se la stesse passando.
Sono abbastanza sicura, però, che John Edwards abbia capito che non era vero.
Tornando a casa ho riflettuto su quello che mi aveva detto ed ho sentito un dolore tale al petto che se mi avessero sparato avrei sofferto molto meno.
Il fatto è che le parole sono come proiettili e uccidono bene come qualsiasi pistola.

Annabeth lasciò cadere il foglio sul letto, con gli occhi puntati fuoridalla finestra.
La brulla campagna inglese si estendeva per chilometri intorno al retro della sua casa, a tratti verdeggiante a tratti ingiallita.
Il contenuto di quella pagina di diario aveva lasciato Annabeth un po’ scossa e decisamente amareggiata. Com’era possibile che un uomo provasse tanto amore per una donna e poi la buttasse via? Com’è possibile smettere di amare qualcuno che ami così intensamente?
Annabeth aveva sempre trovato ridicolo il fatto che le persone smettessero di amarsi con così tanta facilità, come se amarsi per troppo tempo fosse una malattia.
Ripose la pagina di diario dentro alla scatola, continuando a setacciare bene il suo interno finché non tirò fuori un’altra serie di pagine strappate, simili a quella che aveva appena letto.
Dando un’occhiata al cielo azzurro che sormontava la campagna, si infilò un paio di scarpe e corse fino alla cucina, uscendo dalla porta sul retro.
Camminò in mezzo ai campi per diversi minuti prima di imbattersi in una piccola salita che la condusse sulla cima di una bassa collinetta, situata in mezzo al campo.
Si tolse le scarpe ed incrociò le gambe, spiegando il primo foglio ed iniziando a leggere.

Luglio 1914

Oggi un soldato è venuto a dire a Peter del reclutamento, non ci sono possibilità che lui possa esserne esente e lo sappiamo entrambi. Rientra nella fascia d’età e deve combattere per il suo paese, senza contare che, anche se ci fosse la minima possibilità per lui di rimanere a casa, il suo orgoglio non sopporterebbe mai un atto di codardia.
Poco fa è venuto ad informarmi che partirà tra qualche settimana per il fronte, ma già sapevo che l’avrebbe fatto e sono orgogliosa della sua decisione. Ho paura per lui, per me, per noi due, ma so che c’è una speranza e non lascerò che il vento forte della guerra la spazzi via.

7 Gennaio 1915

Per Natale Peter mi ha spedito una lettera con dentro un piccolo ciondolo. Dice di essere riuscito a trovare un piccolo pezzo di ferro e di aver trovato il tempo per lavorarlo e dare vita a quel pendente. Dice che è riuscito ad andare avanti fino ad ora solo perché sapeva che io sono qua ad aspettarlo. Dice che è grazie a me che è ancora vivo.

27 Maggio 1915

Non ho notizie di Peter da qualche mese ed inizio ad essere preoccupata. Sicuramente non ha avuto molto tempo per scrivermi e sta bene. Deve stare bene.
Alle volte mi capita di addormentarmi e sperare che la mattina dopo, al mio risveglio, tutto sia finito e che Peter sia davanti alla mia porta, lì dove l’ho visto per l’ultima volta.

20 Febbraio 1916

E’ passato quasi un anno prima che Peter potesse di nuovo scrivermi. Mi ha detto che era stato ferito gravemente ed era stato riportato in patria. Non mi aveva fatto sapere nulla perché il comandante aveva ordinato che nessuno sapesse del suo ritorno.
So che avrebbe potuto chiedere un congedo, data la gravità delle sue ferite, ma so anche che non si sarebbe mai perdonato il fatto di essere a casa con me mentre i suoi compagni erano là fuori a combattere.
Nonostante tutto la mia speranza non è stata ancora spazzata via e continuiamo a tenere duro, insieme.

23 Marzo 1918

Secondo gli ultimi resoconti pare che la guerra sia agli sgoccioli, ormai nessuno riuscirà più a resistere a lungo. Sono stati quattro anni di carneficine e bombardamenti, mi chiedo quando ne avranno abbastanza di distruggersi l’un l’altro.
Mi chiedo quando capiranno che così non né uscirà alcun vincitore, ci saranno solo vinti.

2 Giugno 1918

Peter ieri mi ha scritto che presto finirà tutto e che quando tornerà a casa ci sposeremo. Dice che la guerra gli ha fatto capire quanto ci tiene a me e che non è disposto a correre il rischio di perdermi. Forse è la stanchezza che lo fa vaneggiare, ma preferisco pensare che sia semplicemente così.

11 Novembre 1918

Non sento Peter da mesi ormai e tra poco i soldati dovrebbero tornare dal fronte. Oggi hanno annunciato che la guerra è finalmente finita ed è solo questione di tempo prima che tutti siano rimandati a casa.
Ho saputo che il primo treno dal fronte arriverà tra poco più di una settimana, non so su quale treno salirà Peter, ma so che sarò alla stazione quando scenderà.
 
Annabeth appoggiò la schiena sull’erba, districando le gambe e stendendole sul prato umido. Chiuse gli occhi, sentendo il vento fresco soffiarle sulla pelle.
“Lo sapevo che ti avrei trovata quassù.”
Annabeth aprì un occhio, intravedendo l’ombra di Jackson che si allungava sull’erba della collina.
Il ragazzo si sedette al suo fianco, incrociando le gambe ed appoggiando i palmi delle mani sul prato, un po’ più indietro rispetto ai propri fianchi.
“Cosa stavi facendo?” chiese, non notando i fogli che svolazzavano mossi dal vento.
“Sai spiegarmi come mai le persone non si amano mai abbastanza?” disse Annabeth, ignorando la sua domanda.
Jackson alzò gli occhi verso il cielo.
“Non lo so,” rispose, dopo averci pensato un po’ su.
Annabeth annuì, scrollando le spalle e tornando a fissare il cielo. Una delle ultime nuvole bianche le ricordava vagamente un dinosauro, uno di quelli con il collo lungo ed il ventre panciuto.
“C’è questa ragazza, sai, la proprietaria della scatola che ho trovato sotto al pavimento della mia stanza, che aveva un fidanzato partito per la guerra durante la Prima Guerra Mondiale,” disse, attorcigliando un dito attorno ad un filo d’erba. “Lui le mandava continuamente lettere d’amore e lei appuntava i suoi pensieri in un diario. Poi la guerra è finita e lui non è più tornato.”
“E’ morto?” Annabeth scosse il capo.
Staccò il filo d’erba con il quale aveva giocato per un po’ ed appoggiò l’orecchio sul prato, guardando verso Jackson.
“Si è sposato con una donna che ha conosciuto in Germania.”
Jackson non rispose, si limitò a sospirare e a spostare lo sguardo verso la campagna.
“Non era la persona giusta per lei, capisci? Lei pensava che lo fosse, aveva investito sogni e speranze su di lui e lui non era quello giusto.”
“Se non era lui quello giusto, sarà stato sicuramente qualcun altro…” disse Jackson, staccando una margherita e lanciandola giù dalla collina.
Annabeth scattò a sedere, appoggiando le mani vicino a quelle del ragazzo.
“E’ proprio questo il punto!” esclamò, con una strana luce negli occhi. “La gente dice che la persona giusta arriva per tutti, ma io credo che per certe persone non sia così. Certe persone, per quanto giuste l’una per l’altra possano essere, non si trovano mai e allora devono accontentarsi di chi è quasi giusto per loro.”
Jackson la guardò inarcando le sopracciglia, scettico.
“Non fare l’idiota, Beth, tutti trovano la persona giusta, è una legge universale!”
Annabeth sorrise a quell’affermazione, ma scosse il capo.
“Prendi me, ad esempio. La mia persona giusta deve essere stata investita da un autobus o qualcosa del genere.”
Jackson scoppiò a ridere, senza preoccuparsi di poter risultare inopportuno agli occhi di Annabeth.
“Facciamo così, allora,” disse, dopo aver placato le risa. “Visto che io sono convinto che la tua persona giusta arriverà, mentre tu sei convinta che morirà prima di raggiungerti – Annabeth gli lanciò un’occhiataccia, aggrottando le sopracciglia – mentre la tua anima gemella cerca di guardare bene da entrambe le parti mentre attraversa la strada, che ne pensi se aspettiamo insieme?”
Jackson si voltò verso di lei, abbozzando un sorriso al quale Annabeth rispose con una lieve scrollata del capo ed un’occhiata intenerita.
Quando tornò a casa, qualche ora dopo, rinfilò la scatola di cartone sotto al pavimento e strappò un foglio di carta da un quadernetto consunto che teneva nascosto in uno dei cassetti della scrivania.

27 Febbraio 1996

Secondo i modi di dire gli opposti si attraggono, ma chi s’assomiglia si piglia.
Secondo Catullo si può amare e odiare una persona allo stesso tempo.
Secondo le dicerie la persona giusta arriva per tutti, prima o poi.
Insomma, in qualunque modo voi la vediate, c’è sempre qualcuno per voi; che sia il vostro opposto o il vostro gemello, che sia la vostra inesauribile fonte d’amore o di odio, che sia una qualunque persona su questo pianeta che, per qualche scherzo dell’universo, è stata destinata a voi.
Dovunque voi siate, qualunque cosa voi stiate facendo, prima o poi arriverà sempre qualcuno pronto a rendervi felici. E a volte vi sembrerà che questo qualcuno abbia incontrato dei seri imprevisti durante il suo cammino, imprevisti che non gli hanno permesso di andare avanti, ma il fatto è che non dovete preoccuparvi, perché lui arriva, arriva sempre.




Non lo so come è nata questa storia, è nata e basta e spero davvero che a voi piaccia. 
Sarei felice se mi faceste sapere cosa ne pensate :D
Emily. 


 
   
 
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