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Autore: Silver Phoenix    10/09/2006    3 recensioni
Questa storia vuole essere un buon augurio per l'inizio del nuovo anno scolastico, all'insegna del divertimento e della disperazione. Quindi, studenti e professori, fatevi coraggio! Domani nulla sarà tremendo come la sorpresa che attende il nostro ignaro protagonista!
Genere: Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA GIORNATA COME TANTE

Ogni riferimento a fatti e persone e luoghi è puramente casuale.

 

 

UNA GIORNATA COME TANTE

 

Era una bella mattina di settembre, il sole filtrava dalle finestre, la casa immersa nel silenzio.

Si girò su un fianco tirando la coperta fino al mento, godendosi il calduccio.

Sembrava tutto perfetto.

Allora cosa lo rendeva così inquieto?

In quel momento la sveglia sul comodino iniziò a suonare,.

Con gli occhi ancora impastati di sonno sbirciò l’ora: le sei e un quarto.

Solo allora lesse la data, segnata a lettere luminose accanto all’ora.

Gemette e nascose la testa sotto al cuscino.

Non poteva essere vero, non poteva assolutamente essere vero…

 

LUNEDI’ 11 SETTEMBRE 2006

 

Varcò la soglia dell’aula professori fingendosi immerso nella lettura del giornale.

Temeva di poter cogliere commenti o leggere nello sguardo dei colleghi quello che non voleva assolutamente sapere.

Non ancora.

Voleva assaporare quel poco che gli restava prima del terribile verdetto.

A proposito, quanto mancava?

Cercò con lo sguardo il grande orologio appeso alla parete.

Le sette e venti, notò con un misto di disappunto e di sollievo.

Ecco perché non era ancora arrivato nessuno.

 

Cercò di ingannare il tempo iniziando a leggere davvero il giornale.

Forse stava esagerando, magari non si era reiscritto.

Ci sarebbe voluto un bel coraggio.

, decise, non ci sarà. È stato stupido preoccuparsi.

 

Si chiese come avesse fatto a non accorgersi di quanto fosse limpido il cielo quella mattina.

Salutò cordialmente i colleghi che si trascinavano nella stanza borbottando frasi sconnesse, le facce assonnate e svogliate.

Scambiò persino due parole con alcuni di loro.

Che bella giornata, pensò, e io che stavo per rovinarla…

 

Esitò tuttavia al momento di entrare in classe ( quella classe! ), la mano sulla maniglia della porta, respirò profondamente, si fece coraggio, sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, ed entrò.

 

“Buongiorno!” disse.

 

Ascoltò distrattamente la loro risposta, mentre cercava con lo sguardo il minimo segno della sua presenza.

Non c’è! Pensò esultante. Avrebbe fatto anche un balletto di felicità se solo non fosse stato davanti a ventiquattro studenti pronti a denigrarlo.

Si sedette alla cattedra e prese fra le mani il registro intonso, le labbra increspate in un sorriso sornione.

 

Bussano alla porta.

 

“Avanti!” esclama allegramente, pronto a leggere ai suoi studenti la prima delle infinite circolari che come consuetudine quell’anno li avrebbero sommersi.

 

Il sorriso gli si gelò sulle labbra quando la testa cespugliosa fece capolino da dietro la porta.

 

“Scusi, il ritardo”.

 

 

Un quarto d’ora dopo...

 

La bidella aveva appena finito di sistemare ordinatamente sul suo banchetto le scatole di gessi e stava per concedersi una pausa quando vide uno studente dirigersi verso di lei con l’aria preoccupata.

 

“Presto!” disse. “Il professore è salito sulla finestra e minaccia di buttarsi giù!”

 

Proprio in quel momento lo sentirono gridare, e le sue parole  facendosi strada dalla porta spalancata raggiunsero ogni angolo della scuola.

“Non avvicinatevi! SE LUI RESTA, IO MI BUTTO! O LUI, O ME!!”

 

 

Dieci minuti dopo…

 

“Tesoro, vieni giù...”

“No, no e poi no! Non ce lo voglio lui qui!”

“Dai, scendi, sii ragionevole...”

“Non vogliooo!”

“Provateci voi, io ci rinuncio.”

 

 

Altri dieci minuti dopo…

 

“Dai, Baffo... non fare così, scendi..”

“Dammi un motivo per cui dovrei farlo.”

“Vedila dal lato positivo,”

“Qual è?”

“Ehm... ecco... pensa che il primo giorno è passato! Fuori uno!”

“Si e fuori anch’io!” disse sporgendosi ulteriormente.

“Ehm… forse ho sbagliato… provateci voi…”

 

E così neanche il tentativo di persuasione dell’insegnante di scienze era andato a vuoto.

 

Nel frattempo l’insegnante di matematica illustrava a quella di educazione fisica la velocità di caduta del corpo nel caso si fosse buttato, spiegandole il tutto tracciando complicati schemi sulla lavagna coi suoi inseparabili gessetti colorati.

 

 

Altri minuti sempre più angosciosi…

 

“Ah professore!” disse la bidella con uno straccio in mano. “Mi sembra che su quel vetro sia rimasto un alone…”

I presenti si voltarono a guardarla stupiti, mentre lanciava il necessario per completare il lavoro.

“Dove?” le rispose prendendo al volo il tutto.

“Lì! In alto a sinistra!”

E così l’uomo si ritrovò al terzo piano a pulire un vetro della scuola, sporgendosi in modo alquanto pericoloso.

Dopo un po’ di minuti si ricordò del motivo per cui si era arrampicato sul davanzale della finestra e, da fuori, indicò il colpevole del tutto lanciando nel vuoto lo straccio e iniziando a gesticolare come un pazzo.

Accusava lo studente e la bidella, uno per essere ancora al suo posto e l’altra per avergli fatto dimenticare il motivo del suo gesto.

 

Mentre una valanga di parole si abbattevano sui due dalla porta entrò la collega di storia e filosofia richiamata dalle strane urla.

 

Dopo un’attenta analisi dell’aula, durata all’incirca due ore, si accorse che qualcosa non quadrava.

“Qui… mi sembra… che… ma non ce l’avete la cartina dell’Europa?”

Tutti i presenti erano sconvolti.

“Ehm… in questo momento abbiamo dei problemi ben più seri…” intervenne la moglie dell’aspirante suicida tentando di esporre la situazione.

“Mmmmmah!” affermò assumendo la tipica posa di quando non era propriamente d’accordo e cercava di valutare tutte le opzioni.

 

“YU-UH! Sono quiiii!!” disse la figura, ancora sul davanzale, sbracciandosi nel tentativo di farsi notare dalla collega.

“Ah! Ciao! Come mai sul davanzale? C’è un bel panorama?”

“No, controllavo se c’era ancora la mia macchina.”

“Ah ecco!”

“Ma dai! Non dirmi che non ti sei accorta di CHI abbiamo qui? Di nuovo!”

“Chi?”

“Lascia perdere, va là. Addio mondo crudele!”

Tutti guardavano il professore col fiato sospeso quando all’insegnante di storia e filosofia venne in mente un’idea geniale che spiegò subito alle colleghe.

 

Dopo una veloce discussione si guardarono negli occhi per mormorare con un sospiro:

“A mali estremi, estremi rimedi!”

 

“Prioneeeeeeeeeeee!” urlarono le donne a una sola voce.

 

 

Due minuti e molti richiami dopo...

 

Dei passi risalivano le scale e apparve con insolita calma.

 

“Ma ti vuoi muovere??” disse una del gruppo prendendolo per un braccio e trascinandolo all’interno del aula dove si stava svolgendo la tragedia.

“Che succede?” chiese placidamente Esso.

“Ma non lo vedi??” dissero i colleghi esasperati. “Si vuole buttare!”

“COSA??” esclamò Lui. “Fermi tutti! Nessuno si muova... è riciclabile?”

Tutti si girarono verso di lui, gli occhi sgranati.

Il “prof” di disegno fece spallucce.

“L’ecologia innanzi tutto.” E se ne andò.

 

Nel frattempo qualcuno faceva la cronaca in tempo reale dell’avvenimento alla preside, che si teneva in contatto telefonico.

“Non ne vuole sapere di scendere..” mormorava la pallidissima bidella mentre reggeva la cornetta con mano tremante.

“Va bene, ho capito... faccia in fretta!” riattaccò. “Arriva la preside!!”

 

Quattordici minuti e cinquantasette secondi dopo…

 

“Baffooo!” urlò quella piccola concentrazione di potere, fondandosi nella classe ormai gremita di spettatori.

“Si può sapere cos’hai intenzione di fare??”

“Mi sembra evidente.”

“Scendi immediatamente!”

“Non ci penso nemmeno.”

 Lei lo fissò gli occhi ridotti a fessure che lampeggiavano come fulmini.

“Ok, ok… va bene… scendo.” Disse lui, scendendo dal davanzale cercando di non fare passi falsi.

“Ma voglio che lui se ne vada!” esclamò, puntando l’alunno pluriripetente.

“Ti do due possibilità,” offrì la preside in tono secco, l’aria accigliata e le mani sui fianchi.

“O lui... o Tinazzi!”

“Una scelta molto ampia, non c’è che dire...”

“Sta a te decidere. Allora?”

 

Valutò la proposta.

 

Venticinque minuti dopo…

 

“Allora?” ripeté la preside. “Hai preso una decisione?”

“Sì, ho deciso. Preferisco buttarmi.”

“Ti capisco...”

“Allora addio.” Disse in tono melodrammatico.

“Non ci vuoi ripensare?”

“...”

 

Beep! Beep! Beep! Beep! Beep! Bee..

 

“Maledetta sveglia…!” allungò una mano da sotto le coperte per spegnere il maledetto ordigno.

Le sei e un quarto.

Dell’11 settembre 2006.

Si alzò ed iniziò a prepararsi per il primo giorno di scuola.

Non riusciva a ricordare il sogno che stava facendo prima di svegliarsi.

Solo immagini vaghe e confuse.

Sembrava tutto così... reale.

Uscì di casa senza riuscire a togliersi di dosso la sgradevolissima sensazione che quel sogno non fosse semplicemente soltanto un sogno...

 

Little Fanny e Nonna Minerva

 

 

  
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