La
coscienza
Osservi
la
tua piccola nel suo letto.
“è
così
bella” pensi, guardandola dolcemente. Non sarai mai stanca di
quella visione;
di quei capelli ricci sempre aggrovigliati che sembrano fare da cornice
a quel
volto dalle labbra un po’ socchiuse nel sonno, gli occhi che
si stringono.
Starà
avendo
un incubo? Speri di no. Speri che sia abbastanza forte da respingerlo.
Preghi
che
sia un bel sogno, almeno per lei. Non ricordi quando è stato
l’ultimo che hai
fatto tu.
Ricordi
che
tutto sembrava un sogno, prima. Quando c’era anche lui, l’uomo che ha contribuito
alla creazione dell’angelo che
ammiri ora. Forse, dopotutto, lo vorresti ringraziare, se non fosse
stato per
lui Celia non sarebbe mai nata.
Ti
si
stringe il cuore al solo pensiero e stringi anche tu gli occhi: no, era solo uno dei tanti brutti
pensieri che ormai imperversano nella tua mente e lo scacci come fai
anche con
gli altri, anche se ormai sono troppi. Neanche Celia è in
grado di occuparti
abbastanza per liberarti sul serio da questi.
Ricordi
che
voleva chiamarla Miranda, se fosse mai nata una bambina. Eppure, quando
te la
sei ritrovata tra le braccia, non lo hai fatto.
Forse
perché
ti, vi ha abbandonate. E
perché
sapevi che quel nome non era quello adatto a lei,
sentivi che ce n’era un altro che bussava al tuo cuore, per
lei.
Celia.
Adesso
rimani con una guancia appoggiata al materasso, lei non sembra
accorgersene,
troppo presa nel suo mondo. Quello che tu non conoscerai mai.
Rialzi
di
scatto il volto, ma fortunatamente la bambina non si è
svegliata.
Guardi
le insegne
lontane e luminose fuori dalla finestra della cameretta e ti chiedi,
solo con
curiosità, se tra esse ce n’è anche una
in francese. Una in particolare, che si
accende al tramonto e si spegne all’alba.
Scuoti
lievemente la testa rendendoti conto che non te ne importa sul serio.
Non
ti
importa più di niente. Anche Celia, che ti ha sempre tenuta
con forza a terra,
sta cominciando ad allentare la sua presa per lasciarti andar via.
“
sarà forse
giunta la mia ora? ” ti chiedi con tranquillità
carezzando distrattamente i
capelli della piccola.
“
forse si ”
pensi tristemente, volgi lo sguardo ancora una volta a Celia e sospiri.
Prima
di andartene hai una cosa importante da fare: trovare un modo per farle
raggiungere il padre.
Sei
più che
certa che sia una pessima idea e che sia davvero da ingrati far questo
alla
propria figlia. Non vuoi davvero che vada da lui, ma non hai in mente
altre
opzioni.
Senti
delle
lacrime rigarti le guance, quando hanno cominciato a scendere? Non ti
sei
accorta nemmeno di star piangendo, senti di non aver nemmeno la forza
di
spazzare via quel dolore liquido.
Non
la vuoi
lasciare, ma non ce la fai più.
La adori, ma non riusciresti
a sopportare
ancora a lungo.
Cosa? Tutto.
I
pensieri,
i ricordi, il presente, il passato… stringi i denti,
continui a farlo, ma
resisterai ancora per poco, lo sai bene.
Scappi
dalla
sua cameretta e ti chiudi silenziosamente la porta dietro, non ce la
fai. Ci
hai provato, è già qualcosa.
“
ma non abbastanza ” pensi
mentre singhiozzi,
rannicchiata in un angolo dell’appartamento.
Ti
stai
rintanando anche nella tua mente, per evitare di sentire altri brutti
pensieri,
ma prima o poi dovrai smetterla e quando accadrà non
sarà piacevole.
-
mamma?-
senti una vocina e alzi di scatto la testa pulendoti in fretta e furia
il viso,
per poi mettere su uno dei tanti sorrisi finti che hai imparato a fare
– si,
tesoro mio?- la piccola ti guarda ancora assonnata, del tutto
inconsapevole di
ciò che sta avvenendo nella mente della madre – ho
avuto un brutto sogno- il
sorriso ti si ghiaccia in volto. Avevi pregato, e ancora una volta non
aveva
funzionato, “ non funziona mai ” pensi disperata.
–
era solo
un brutto sogno- “ anche i miei sono solo brutti pensieri, se
è per questo ” si
fece coraggio, senza riuscirci molto. È vero, non sarebbe
resistita, non con
quei patetici tentativi.
Del resto
cos’è un’incubo? Soltanto paura.
Paura resa più vicina a noi nel sonno.
Cos’è un pensiero? È qualcosa che
continua
a tormentarti finchè non lo realizzi. O finchè
non scappi abbastanza lontano da
seminarlo.
Di
solito,
la seconda ipotesi, implica la morte.
Allora
è
quello che farai? Scapperai dalla vita? Si.
Tua
figlia è
scappata dal suo incubo.
Ha
solo
cinque anni, ma lei ce l’ha fatta. Sto
solo cercando un pretesto.
Ne
vuoi un
altro? Ma come, non ne avevi già trovati abbastanza?
Ma
guardando
la figlia in volto senti che non sono mai abbastanza, i pretesti, per
lasciarla
e farti odiare senza poter spiegare. Soprattutto se sei giunta a
parlare con te
stessa per ottenerli.
Dunque
io ti
dico: guardala. La lascerai davvero? Te lo sto chiedendo solo
perché ti
abbandonerò nel momento in cui ti servirò
maggiormente, se lo farai.
Si,
lo farò.
Allora
addio.
Firmato,
la tua coscienza.
Quindi
era
rimasta davvero sola, ora, ad affrontare tutto.