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Autore: Ciulla    01/02/2012    3 recensioni
Perchè Sherlock malsopporta Mycroft così tanto? In questa fiction indago nell'infanzia dei due per portare alla luce l'evento che li divise tanti anni fa.
Finale John/Sherlock.
"Mycroft esita. Come può dirgli tutto? Non capirebbe. Sherlock non conosce il significato di nascita prematura: non saprà trovare alcuna comprensione dietro il fastidio. E come può quel piccolo essere capire l’angoscia che stanno provando i genitori e che Mycroft condivide? Non ha mai provato un briciolo d’affetto per la sua futura sorellina: non saprà provare nemmeno alcun dolore. Se ne fregherà che la piccola nata sia in rianimazione, in grave pericolo di vita; che Mycroft la ama pur non avendola mai vista, e vorrebbe esserle vicino invece di stare a casa con lui. Lui vuole bene alla piccola Joan, quasi quanto ne vuole a Sherlock, ma in quel momento sente il fratellino come un peso."
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Mycroft! Mycroft!”
“Sono qui piccolo, stai tranquillo! Non c’è niente da temere!”
Sherlock Holmes è un dolce bambino di sei anni, ed è nel più completo, assoluto panico. Perché il fratello si è messo in testa di insegnargli a nuotare? Le gambe gli fanno male, il cuore è in costante accelerazione, il fiato è sempre più pesante: odia questo nuovo passatempo. E Mycroft? Perché non lo tira fuori da lì? Perché si limita a fissarlo compiaciuto?
“Mycroft, fa male!”
Un’esclamazione accompagnata da un urlo agghiacciante: al piccolo è venuto un crampo e si è lasciato cadere a peso morto sul fondo della piscina.
Prima di andare a fondo, però, ha il tempo di vedere il viso del fratello, e questa volta è lui a compiacersi del suo panico.
“Sherly! Stai calmo, ti tiro fuori!”
Ed ecco il suo eroe buttarsi in piscina senza neanche togliersi la maglietta, immergersi, raccoglierlo tra le braccia e appoggiarlo delicatamente sul bordo.
“Per oggi basta, che ne dici, angioletto?” Mormora Mycroft massaggiando al fratellino la gamba dolorante.
“Basta per sempre!” Afferma il piccolo.
“No Sherlock, non dire così! Stai facendo molti progressi, lo sai? Sono orgoglioso di te.”
Sherlock non è convinto. “Non mi stavi osservando compiaciuto solo perché stavo soffrendo?”
“Ma sciocco, come ti vengono in mente certe idee? E poi, soffrire è un esagerazione. Sai cosa vuol dire veramente soffrire?”
Il piccolo scuote la testa. E’ parecchio saggio per la sua età, sa ragionare con attenzione quando gli viene richiesto e non prende mai niente alla leggera. Oh, e adora al fratello come se fosse un dio: qualunque cosa egli dica, è sicuramente vera. “E tu, Myc? Lo sai?”
Il fratellone sorride prendendolo in braccio. “No, piccolo. No, per fortuna.”
Avrebbe dovuto dire: non ancora.
 
“Cosa significa incinta, Mycroft?”
La madre, a cena, aveva annunciato di essere incinta, e non potendo, come al solito, accettare le conseguenze delle proprie azioni, aveva deliberatamente ignorato le domande assillanti del figlio minore, che ora sta riversando tutta la sua ignoranza riguardo a certe questioni su Mycroft.
Il fratellone fa una smorfia. “Che ne dici se ti leggo una storia e ne parliamo domani?”
Sherlock annuisce. E’ contento. Adora quando il suo fratellone gli racconta le storie, perché fa le voci diverse a seconda dei personaggi e perché inventa ogni volta un racconto straordinario e diverso dal precedente. Tranne quando lui gli fa delle richieste specifiche. “Mi racconti ancora quella del cavallo zoppo e dell’anatra cieca? Però cambia il finale, non farli morire tutti e due.”
Mycroft sorride. Anche lui ama raccontare storie al fratellino, non solo perché si diverte a inventarne sempre di nuove ma anche perché questo serve a consolidare sempre più il loro legame già oltremodo saldo. “C’era una volta un piccolo cavallo, che, appena nato, era caduto a terra ed era rimasto zoppo…”
“Come fanno a nascere i cavalli, Mycroft?”
“Nascono… Beh… Quando un cavallo femmina è incinta.”
Accidenti! La parola sbagliata. Ora il fratello vorrà a tutti i costi saperne di più.
“Come fa un cavallo femmina a rimanere incinta?”
Questo è imbarazzante. Molto imbarazzante… Non sa come rispondere, ma fortunatamente Sherlock gli viene in aiuto.
“Succede per caso quando il papà e la mamma fanno quella cosa strana che sono nudi nel letto e…?”
“SHERLY! Come… Tu… Non dovresti… Io… Chi te l’ha detto?”
Il piccolo si sente in colpa, scoppia a piangere. No no no, Mycroft non voleva farlo piangere, è stata l’emozione del momento, lui non può sopportare il suo pianto… Vorrebbe scusarsi, ma Sherlock sta cercando di parlare, e lui non può interrompere il fratello quando parla: sarebbe maleducato. “E’ che un po’ di tempo fa io mi sono svegliato perché avevo avuto un incubo e li ho visti ma io non volevo e poi me ne sono andato scusa non volevo farlo scusa Mycroft…”
“Shh, piccolo stai tranquillo…”
Sherlock si asciuga le lacrime. “Quindi anche la mamma farà nascere un cavallo?”
Mycroft non può fare a meno di ridere: questa domanda è esilarante! “No, piccolo mio, come ti viene in mente? Farà nascere un bambino, avremo un altro fratellino, non sei contento?”
Sherlock lo guarda. Lo fissa. Poi scuote lentamente la testa. “No! Io voglio solo te Mycroft. Non ho bisogno di un altro fratello.”
Suo malgrado, Mycroft è compiaciuto. “E se invece fosse una sorellina?”
Sherlock continua a scuotere la testa. “Le femmine sono stupide. Non vorrò mai vivere con una femmina come ha fatto papà. E nemmeno con un maschio. Quando sarò grande io vivrò insieme a te, perché non ho bisogno di nessun altro. E certamente non di un altro fratello o sorella. Non voglio, Mycroft! Neanche tu vuoi, vero?”
Mycroft lo guarda a lungo. Come può dirgli quel che pensa? Sospira. Capisce cosa sta provando Sherlock, e anche lui ha paura che il nuovo arrivo li separi… Però vuole vedere mamma e papà felici.
“Sherlock, vuoi bene a mamma e papà?”
“Certo che gliene voglio.”
“Allora devi accettarlo. Noi saremo sempre fratelli: niente romperà il nostro affetto. Questo te lo posso giurare. Vuoi che vada avanti con la storia?”
Sherlock dice di no. “Dormi con me stanotte?”
Mycroft è pieno di tenerezza per quel piccolo bambino che ha bisogno di cure, bisogno di sicurezze, bisogno di lui. Lo ama. Lo ama così tanto che non può negargli niente. “Certo. E sarò con te per tutto il tempo che mi vorrai.”
Sherlock sorride. “Sempre.”



Sherlock è felice. Parla a suo fratello con gli occhi che gli luccicano, gli racconta come è andata la giornata scolastica. La maestra gli ha detto che ha fatto un disegno bellissimo e gli ha dato il voto più alto. “Avevo disegnato te che ti buttavi nella piscina per salvarmi come hai fatto qualche mese fa, e lei ha voluto che raccontassi a tutta la classe cosa era successo esattamente! E tutti mi invidiano perché ho un fratello fantastico…”
Mycroft sorride: gli piace che suo fratello si vanti di lui con gli amici, lo fa sentire importante, amato. Però ha da dare a Sherlock una notizia difficile…
“Piccolo, cosa vuoi fare questo pomeriggio? Siamo in casa da soli…”
Sherlock è intelligente. Non si lascia ingannare dalla promessa del fratello di passare tutto il pomeriggio insieme: capisce che sotto sotto c’è qualcosa che non va. “Dove sono mamma e papà?”
Mycroft esita. Come può dirgli tutto? Non capirebbe. Sherlock non conosce il significato di nascita prematura: non saprà trovare alcuna comprensione dietro il fastidio. E come può quel piccolo essere capire l’angoscia che stanno provando i genitori e che Mycroft condivide? Non ha mai provato un briciolo d’affetto per la sua futura sorellina: non saprà provare nemmeno alcun dolore. Se ne fregherà che la piccola nata sia in rianimazione, in grave pericolo di vita; che Mycroft la ama pur non avendola mai vista, e vorrebbe esserle vicino invece di stare a casa con lui. Lui vuole bene alla piccola Joan, quasi quanto ne vuole a Sherlock, ma in quel momento sente il fratellino come un peso.“Mycroft?” Ripete Sherlock. “Dove sono mamma e… Mycroft perché piangi? Mycroft!”
Non può rispondergli, povero Mycroft, perché il pianto gli mozza la gola, e non può far altro che stringerlo forte a sé, quasi a volergli chiedere scusa con i gesti per i suoi pensieri. Ma Sherlock, Sherlock è un piccolo bambino egoista: Mycroft è suo, non è di NESSUN ALTRO. Non deve permettersi di provare dolore per altri, non ha il permesso di ignorare alcuna domanda del fratellino.“Mycroft! Dimmi perché piangi e dove sono mamma e papà!”
Ma il telefono squilla. Mycroft risponde con ansia, fa udire un flebile‘pronto’. Dall’altra parte, in risposta, solo singhiozzi di dolore. Ma bastano per far capire al ragazzo cosa è successo.
Tre mesi. Tre mesi d’anticipo posso causare una morte, e la disperazione di tre persone.
Sherlock vede i genitori tornare in lacrime. Sherlock non è stupido. E Sherlock capisce che il fratello, così disperato sul cadavere di una persona che non ha mai conosciuto, non è più suo.
Mycroft non è più suo. Sherlock non ha più ragione per vivere. Sherlock scappa.
 
“Sherlock!”
Sherlock è seduto sul ramo di un albero, nel parco in cui il fratello lo portava quando era più piccolo. Ora son diversi anni che il fratello non lo porta più da nessuna parte: i rapporti tra di loro sono freddi. Mycroft ha cercato più volte di ristabilire il legame, ma è inutile. Il fratello non lo vuole. Le sue storie non lo commuovono più, le sue azioni non gli interessano. Sherlock non può dimenticare che il fratello l’ha tradito. Non può dimenticare le parole che gli ha detto il pomeriggio della nascita e morte di Joan. L'ha accusato di essere un bambino egoista, di pensare solo a sè stesso, di non badare al dolore degli altri. E' venuto a cercarlo, è vero, quando è scappato, ma solo per sgridarlo, rimproverarlo, accusarlo, ferirlo. Sherlock non capisce che era il dolore del momento a far parlare così il fratello. Sherlock non capisce, Sherlock non dimentica, Sherlock non perdona.
E Mycroft? Mycroft soffre. Mycroft è angosciato, osserva il fratello sull’albero col timore che cada, ma non può dirgli niente. Se potesse parlargli, se lui solo lo ascoltasse, gli direbbe che il dolore provato alla morte della neonata Joan sarebbe stato il doppio, il triplo più grande se al posto della piccola ci fosse stato Sherlock.
Ma a Sherlock non importa. Sherlock sa che il fratello non lo ama davvero. Sherlock sa che deve imparare a vivere senza di lui.
 
Sherlock ha un nuovo amico. O amante. Si chiama John. JOHN. Così simile…
Sherlock non può più vivere senza di lui, Sherlock ora è diventato una parte di John. Lo lega a lui quel rapporto che una volta lo legava a Mycroft.
E Mycroft è geloso. Mycroft soffre ogni volta che i due si sfiorano accidentalmente, ogni volta che si toccano credendo di non essere visti, ogni volta che li vede insieme.
Mycroft è geloso di John. E ora capisce cosa Sherlock aveva provato quando era geloso di Joan.
John. Joan. Non è buffo? Due persone venute a rovinare il loro rapporto… Con un nome così simile.
John. Joan.


NOTA DELL'AUTORE
Spero che vi piaccia :D So che tutti stan scrivendo delle post-seconda stagione, ma boh, m'è venuta l'ispirazione per questa cosa qua.





 

   
 
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