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Autore: mamie    01/02/2012    3 recensioni
Invece delle mie solite Lavi/Kanda questa volta ho provato una Lavi/Lenalee, ispirata (indegnamente) ad un splendida poesia giapponese. Lavi parte per una missione e Lenalee questa volta lo aspetta alla base. Più romantico del solito :-)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fiori di ciliegio'
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 Nevicava, con dei fiocchi fitti e bagnati che una volta a terra si trasformavano immediatamente in una crosta pungente e compatta. I giorni precedenti c’era stato quasi un accenno di primavera, un sole meno timido, un’aria più dolce, ma poi l’inverno aveva ripreso possesso del suo dominio con quella nevicata che aveva ricoperto tutto e reso le strade dense di fanghiglia scivolosa.
- Fate attenzione – aveva detto Lenalee a Lavi e Kanda, già pronti a partire, infagottati negli abiti pesanti, per una missione che non prometteva niente di buono.
“Fate attenzione” era quello che diceva sempre a chi partiva e quelle due parole volevano dire tutto: non siate imprudenti, non siate troppo sicuri di voi, prendetevi cura l’uno dell’altro e soprattutto, soprattutto, tornate vivi.
Kanda aveva risposto con il solito – Tsk! – infastidito, ma Lenalee non se la prendeva mai per quello, ormai lo conosceva troppo bene.
Lavi invece le aveva riservato un sorriso dolce e un pochino strafottente, come suo solito.
- Noi facciamo sempre attenzione – disse ridendo lui stesso della palese bugia.
Ci fu tempo solo per un breve abbraccio, prima che tutti si mettessero in moto; qualcuno accese delle lanterne per vederci qualcosa in mezzo a quella bufera, oscillavano fioche come lucciole sbiadite.
Lavi si voltò solo una volta a guardare Lenalee sulla porta, sembrava affondare nel buio dell’androne dietro di lei, le braccia strette attorno al corpo come se sentisse troppo freddo.
 
Fu solo dopo un po’ di tempo che un Lavi insolitamente silenzioso si azzardò a chiedere qualcosa a Kanda, che camminava al suo fianco più cupo del solito.
- Senti, Yu…
- Non chiamarmi Yu.
Lavi ignorò completamente la precisazione, come d’altra parte faceva sempre.
- Se io non dovessi… voglio dire… lei…
Ah, bene, un Bookman che non trovava le parole. Quanti scappellotti gli avrebbe dato il vecchio Panda a sentirlo. Kanda però aveva capito subito, forse perché era la stessa cosa che pensava anche lui.
- Ci penserò io – rispose addolcendo un po’ il tono.
Lavi tirò fuori di nuovo da qualche parte il suo solito sorriso.
- Grazie amico – disse in tono un po’ più vivace.
- Non sono tuo amico – rispose automaticamente Kanda.
Il sorriso di Lavi si allargò ancora. Attorno a loro turbinava la bufera; le lanterne ballavano in quel mare di bianco come navi naufragate.
 
 ***

Il posto sembrava del tutto abbandonato. Ancora neve, più lenta adesso, silenziosa, neve che appiattiva ogni cosa, sfumava i contorni, senza un’orma, l’impronta di un uccello, nulla. Una distesa ghiacciata e morta, bianca nel buio.
- Dovrebbe essere qui? – chiese Lavi perplesso.
- Zitto! – sibilò Kanda guardandosi attorno con le orecchie tese e il naso all’aria, quasi riuscisse a percepire l’odore stesso del pericolo.
C’era una cappelletta sommersa dalla neve di fianco a quello che doveva essere un incrocio, ma che non si distingueva più dal resto della campagna. Si avvicinarono cauti. Era solo un’edicola modesta con un’immagine quasi illeggibile. Un lumino, spento, aveva gocciolato malinconiche gocce di cera dietro la grata. Doveva essere quello il posto. Non gliene veniva in mente un altro. Allungò la mano.
La conferma fu nel sibilo degli akuma che si sollevarono dalla coltre bianca come un esercito di fottuti fantasmi.
I loro corpi reagirono automaticamente. Impugnare le armi, coprirsi le spalle, non distrarsi, lanciare, schivare, colpire… Presto ci fu solo un turbine indistinto di neve e ghiaccio e poi più nulla.

***
 
“Svegliati! Avanti stupido coniglio, avanti!”
Questa era la voce di Kanda. Era arrabbiato. Be’, sai che novità.
“Non te lo permetto, brutto idiota, guardami… guardami!”
Perché non lo lasciava in pace? Non aveva nessuna voglia di aprire gli occhi. La voce di Kanda era diventata quasi un ringhio.
“Che cosa le dico se non torni indietro? Guardami!”
Neve. Luci fluttuanti. Voci. Un’immagine nel buio. Lei che lo guarda andare via. Lenalee?
Lavi aprì gli occhi inalando un lungo respiro di aria gelata e cominciò a gridare.
 
***

La candela nel mezzo della stanza dava pochissima luce. Tutti i contorni delle cose erano sfumati, come nella nebbia. Kanda andava avanti e indietro, ma non riusciva a vedere cosa stesse facendo. Odore di legna bruciata e di qualcos’altro che non riusciva a capire. Kanda si avvicinò al letto limitandosi a guardarlo.
- Pensi che “dove siamo” sia una battuta scontata? – disse Lavi, ma la voce gli usciva strana, bassa e raschiante.
- Siamo in un rifugio. C’è troppa neve per riuscire ad andare da qualsiasi parte ora. Stai fermo! – aggiunse vedendo che Lavi cercava di alzarsi. – Tanto non possiamo muoverci.
- Ma… e l’Innocence?
Kanda lo guardò un po’ stranito: - Non ti ricordi niente?
- Cosa mi dovrei ricordare?
- L’hai presa tu – rispose, - e per poco non ti facevi ammazzare.
Lavi sorrise mentre un Kanda insolitamente premuroso, anche se con la faccia scocciata di sempre, gli faceva bere il tè caldo che aveva preparato, poi sprofondò di nuovo nel cuscino con un sospiro.
La luce della candela ogni tanto oscillava, ma lui pensava a quella figura nel buio.
 
 ***

Alla luce del sole la neve sembrava il manto scintillante che un angelo distratto avesse perso in volo. Da quando erano finalmente arrivate le notizie, Lenalee non riusciva a stare ferma nello stesso posto per più di dieci minuti. Quando li vide dalla finestra cercò di convincere le sue gambe a non correre, senza riuscirci.
Fu la prima cosa che vide Lavi. Una piccola figura che usciva nel sole.
 
 
 
 
 

Per tutto il viaggio
saranno accese
le luci per me
Però, lontano,
mi sembrerà di vedere
la mia amata che siede nel buio.
POESIA GIAPPONESE – MIBU NO UDAMARO
 

  
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