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Autore: Hidden    09/04/2004    1 recensioni
Paure e sentimenti di un soldato durante la battaglia dell' Ultima Alleanza.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"L' ULTIMA ALLEANZA."
di E.n.k.

N.d.A: Questa è una FanFiction autoconclusiva. In genere scrivo quelle a più capitoli, ma volevo tentare anche quest' impresa. L' idea mi è venuta mentre rivedevo (per la quattordicesima volta) il film del Signore degli Anelli. Ho rimandato indietro più volte la fantastica parte dell' introduzione, quella che tratta l' Ultima Alleanza, da lì l' idea di scrivere questa Fic. (Non è bellissima, ma ci ho provato)...

Era l' alba del giorno della battaglia.
Nella terra di Mordor, perfino una delle cose più belle come l' aurora mattutina, che tinge il celo di mille colori sfumati, era inquietante.
I raggi del sole non riuscivano a farsi strada attraverso la spessa cortina di fumo grigio e pestilenziale, opera delle esalazioni venefiche provenienti dalle crepe del terreno incrostato di lava delle pendici del Monte Fato.
Gli eserciti di Uomini ed Elfi marciavano verso le schiere nemiche, costantemente esposti alle frecce degli arceri delle armate di Sauron.
I guerrieri avevano visi preoccupati, ma neppure l' ombra della morte incombente riusciva a cancellare dai loro volti l' orgoglio e il coraggio con cui andavano incontro alla sconfitta.
Tra le schiere dei mortali, in prima linea, v' era un uomo che, nonostante il fragore della battaglia attorno a lui, sembrava concentrato sul campo, ma sembrava non vederlo: aveva negli occhi una luce che faceva pensare che stesse sognando qualcosa di dolce ma malinconico, forse un ricordo di tempi lontani, quando l' oscurità non aveva ancora inghiottito la Terra di Mezzo...
Ad un tratto venne dato l' ordine di attacco, e l' uomo sfilò da un consunto fodero di cuoio marrone una lunga spada dall' elsa lavorata, che rappresentava qualche strano animale mitologico, forse un grifone...
La lama brillò per un istante d' un' inesistente luce, riflettendo un raggio di sole che non c' era, in quella terra buia e oscura, dilaniata da fiamme ardenti.
L' uomo osservò l' arma, e gli occhi neri e profondi sembrarono quasi sorridere all' idea di poter impugnare di nuovo la vecchia spada di suo padre, e che, prima di lui, era stata dei suoi antenati.
Cominciò a correre con i suoi compagni, rassegnazione e coraggio insieme nei loro sguardi, i volti impavidi che guardavano in faccia la morte, con orgoglio.
Gli arceri elfici, al primo comando dei capitani, avevano già distrutto le prime file nemiche, ma, appena un' orco cadeva, facendo un passo avanti un' altro prendeva il suo posto.
Dopo poco, vennero attaccati. L' uomo vedeva i suoi compagni cadere sotto i colpi degli orchi, e i loro corpi calperstati dai nemici. Dopo il primo attimo di paura, l' adrenalina gli entrò nel sangue, e lui cominciò a vibrara fendenti con la lama affilata, sterminando gli orchi che a frotte gli si gettavano contro, tenendo alte le loro armi annerite, di ferro dal cinereo colore.
Venne colpito di striscio ad un braccio dalla lama fredda della spada di un orco, che uccise subito dopo.
La sua mano si era insensibilizzata, per quanto la teneva serrata sull' elsa lavorata, ma lui continuava a combattere.
Combatteva per la sua vita, per la sua terra, per il suo popolo, ma soprattutto combatteva per lei...
Aveva lasciato una fanciulla entro le mura della sua città, e ancora ricordava il momento del loro addio...
Celebloth stava immobile sull' uscio della povera capanna dove abitava con la sua famiglia, aspettandolo per salutarlo prima della partenza, con il viso rigato di lacrime.
Quando lui si era avvicinato per abbracciarla e consolarla, lei si era sfilata un sottile anello di legno da un dito troppo magro per portarlo, e l' aveva donato a lui, come ricordo...
Si guardò la mano destra, e osservò l' anello che ancora portava al dito, un dito che da quel giorno si era screpolato per le tante fatiche del viaggio...
Un orco che gli si gettava contro con la scimitarra pronta a colpire lo riportò bruscamente alla realtà. Mentre lo uccideva, uno schizzo del suo sangue nero gli andò a macchiare la mano, che ritrasse di scatto, inorridito.
Il corpo cadde a terra con un tonfo, rotolando sulla terra grigia screziata di nero.
La vista di quella terra mortifera su cui giacevano già molti dei suoi amici, Elfi e Uomini, gli diede nuova forza: non poteva lasciare che anche la terra del campo fiorito dove aveva conosciuto Celebloth divenisse così, ricettacolo di oscurità e morte.
Pensò con orrore al contrasto che avrebbe fatto il candido corpo della sua amata, se fosse morta, su un terreno così...
Non poteva lasciare che questo accadesse. Partì all' attacco con un grido che si perse nel fragore della battaglia, uccidendo con rabbia tutte le oscure creature che si trovava davanti, aggiungendo i loro corpi insanguinati al tappeto di cadaveri su cui ormai combattevano gli eserciti.
Un orco straordinariamente grande e forte lo attaccò, vedendo molti dei suoi compagni sterminati da quell' uomo spinto dalla forza del voler rivedere la luce del sole e uscire da quell' opprimente oscurità in cui si trovava.
Colpì il nemico alla spalla, ma quello continuò a combattere con più rabbia di prima.
L' uomo parò abilmente molti dei fendenti del suo degno avversario, se degne si possono chiamare quelle creature.
Mentre infliggeva il colpo mortale all' orco, e lo vedeva cadere con un urlo di dolore a terra, si concesse un attimo di riposo, e si fermò quel tanto che bastava ad un goblin arcere di prendere la mira...
Sentì un dolore lancinante alla schiena, e cadde a terra con un grido. Guardò con orrore il suo stesso sangue spandersi lentamente sulla casacca che indossava, dal punto dove era stato trafitto da una delle nere frecce avvelenate dei servi di Mordor.
Accasciato al suolo, con la battaglia che si svolgeva attorno a lui, la spada ancora stretta nella mano, la sua mente fu attraversata in un attimo da mille pensieri...
Era dunque questo che provavano i nemici che cadevano per mano sua, in battaglia.
Ripensò alla sua adorata Celebloth, a come avrebbe continuato ad attendere giorno dopo giorno la fine della guerra per vederlo tornare a casa, da lei, a come avrebbe osservato con ansia tutti i gruppi dei sopravvissuti sperando di scorgere tra loro il suo volto...
Ripensò al suo volto, alle sue mani, ai suoi occhi... sapendo che non l' avrebbe mai più rivista.
Acora ricordava nitidamente il ricordo delle loro fughe nei boschi, dei loro baci nascosti nei campi coltivati dei suoi genitori, di come lei aveva respinto qualsiasi altro uomo scelto per lei dalla sua famiglia.
Conosceva bene il carattere di Celebloth: l' avrebbe aspettato in eterno, senza amare nessun altro.
Le sue giovani labbra avevano ancora bisogno di baci che lui non avrebbe mai potuto darle...
Per un attimo un raggio di sole illuminò un punto dinnanzi a lui, e l' uomo credette di rivedere il volto di lei che gli sorrideva...
Poi il suo spirito volò alle aule di Mandos, rimpiangendo il suo amore perduto.
FINE.

  
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