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Autore: teabox    02/02/2012    16 recensioni
Vorrebbe potergli rispondere, adesso. Vorrebbe un numero da chiamare e la sua voce da sentire e dire semplicemente: «Va tutto bene.»
Non può.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Molly si assicura che abbia il suo numero di telefono. Immagina che se ne dimenticherà, ma lo scrive comunque su di un pezzo di carta e glielo passa. «Fammi sapere qualcosa, quando puoi.»
Sherlock accenna un sì, ma è distratto.
«Per favore», aggiunge Molly lentamente. Non sa che altro dire.
Escono dal Barts insieme e fa freddo sul marciapiede. E’ troppo presto, pensa. Troppo presto per tutto.
Sherlock ferma un taxi, apre la porta e quasi spinge Molly dentro. Ha fretta. Neanche una parola.

*

Passano quattro giorni da quando Sherlock è sparito. Molly non sa cosa pensare, ma sa cosa sperare. Evita i giornali spazzatura, evita certe trasmissioni radio, evita gran parte dei notiziari locali. Spegne la luce nel laboratorio e si avvia verso l’uscita, quando il suo cellulare vibra nella tasca del cappotto. Un messaggio da un numero che non conosce, ma non ci sono dubbi.

Non rispondere. Tutto bene.

Molly non risponde.
Sorride, però.

*

Il secondo messaggio arriva dopo cinque giorni. Un nuovo numero, lo stesso “Non rispondere. Tutto bene.”
Molly spera che sia vero. Non può far altro che crederci, e aspettare i messaggi successivi.
Arrivano senza una apparente logica temporale - una o due volte alla settimana - ogni volta da un numero diverso, ma sempre quelle quattro parole.
Quando li riceve, Molly segna la data sul calendario.

*

Passano quasi due mesi. Quando il cellulare vibra e lei controlla il messaggio, per un istante non sa cosa fare.

Times, pagina 15, articolo in basso a destra.

Si affretta a raggiungere l’area della pausa caffè e prende una copia del Times appoggiata su di un tavolino. Ha un’idea di cosa troverà, ma potrebbe sbagliarsi.
Non si sbaglia.
L’articolo parla di un’inchiesta recentemente aperta all’interno dell’Ospedale Saint Bartholomew riguardo la sparizione di un cadavere in circostanze non chiare.
Il nome di Molly non è citato nell’articolo, ma avrebbe dovuto immaginare che Sherlock l’avrebbe scoperto comunque.
Vorrebbe potergli rispondere, adesso. Vorrebbe un numero da chiamare e la sua voce da sentire e dire semplicemente: «Va tutto bene.»
Non può.

*

La sera del giorno dopo, rientra dal lavoro più stanca che mai. E’ per quello che in un primo momento non la nota nemmeno. Sul tavolo, una grande busta bianca senza un nome o un indirizzo, materializzata come per magia dentro il suo appartamento.
Ne estrae un blocco di fogli - pagine e pagine scritte a macchina - e quando legge le prime righe, non sa cosa dire o pensare o fare. Si lascia cadere su di una sedia e legge, il cappotto e la sciarpa ancora addosso.
Sembra un testo da studiare, una teoria da imparare a memoria fatta di esempi, precedenti, obiezioni, statistiche costruite con la logica infallibile di Sherlock, tutto indirizzato a provare un solo punto: se un cadavere scompare è un errore umano, ma non di Molly Hooper.
Il cellulare vibra.

Studia.

Molly sorride.
E non può evitare di chiedersi se quello è il modo di Sherlock di ringraziarla. E proteggerla.
Non lo sa, ma le piace pensare che sia così.

*

La mattina successiva si sveglia prima del solito. Sente una nuova energia, qualcosa di elettrico. Non si sente più sola. Non è più sola.
Sulla soglia della porta un’idea la coglie all’improvviso. Torna velocemente in salotto, cerca un foglio ed una penna e scrive un “grazie” a grandi lettere. Lo lascia nel centro del tavolo, in bella vista.
Se Sherlock è entrato una volta nel suo appartamento, potrebbe farlo di nuovo. Potrebbe farlo oggi. E lei vuole che lui sappia.
Si incammina verso il Barts con un sorriso sulle labbra.

*

Il biglietto rimane nello stesso punto per una settimana. Nessuno sembra averlo toccato. Molly lo lascia lì comunque.
L’ottavo giorno aggiunge un piatto pieno di biscotti. Non si sa mai, pensa. Quando torna dal lavoro, il biglietto è ancora in mezzo al tavolo.
Accanto, i biscotti.
Ne manca uno.

Sa di aver lasciato una finestra socchiusa. Sa che ogni tanto qualche scoiattolo entra in cerca di cibo. Sa.
Ma preferisce la sua versione dei fatti.

Il giorno dopo prende la nota che ha scritto e la butta via. La sostituisce con una nuova, attaccata ad un sacchetto di carta che ha riempito con i biscotti avanzati.

Puoi prenderli tutti.

Esita un attimo, prima di aggiungere la frase successiva.

Ho visto Mrs. Hudson. Sta abbastanza bene.

Esce di casa mormorando una canzone allegra.
La sera torna e sul tavolo non c’è nulla.
Molly è felice.

*

Non sa ogni quanto Sherlock passi dal suo appartamento. O perché, a dire il vero. Crede che ogni tanto usi il suo computer e alcuni dei suoi libri. Non c’è mai niente fuori posto, è solo quella vaga impressione di non aver lasciato la sedia in quella posizione o il cuscino in quell’angolo.
Molly comunque gli lascia note, che ogni tanto sostituisce con altre note. Gli racconta di come stia chirurgicamente evitando - usa esattamente queste parole - tutti quelli in qualche modo coinvolti con lui. Gli descrive l’aria che Lestrade aveva sul volto, quando l’ha visto dall’altra parte della strada. Gli scrive che Mrs. Hudson si rifiuta di affittare l’appartamento.

L’appartamento di Sherlock, così ha detto. Penso che sia una cosa carina.

Non che Sherlock le abbia mai chiesto di fare qualcosa del genere, ma a Molly piace, quindi continua a scrivere.
Ogni tanto le note spariscono, ogni tanto rimangono dove sono.

*

E’ un brutto giorno quello in cui torna a casa con in mano la lettera di sospensione temporanea dall’ordine dei medici. Al collegio sono stati molto gentili, le hanno detto che è una procedura standard, l’indagine non si è ancora conclusa, ma che può comunque andare in laboratorio e fare qualche ricerca, magari, se vuole.
E’ un brutto giorno e lei scrive.

Ho visto John, oggi. Non abbiamo parlato molto, ma non penso che stia bene. Anzi, penso che nessuno stia bene, da quando te ne sei andato.

Ci pensa solo un attimo, prima di accartocciare il foglio e buttarlo via.
Si trascina a letto e si nasconde sotto le coperte.

*

Esce nel tardo pomeriggio, vuole fare una passeggiata lungo il Tamigi. E’ da tanto che non lo fa. Quando comincia a piovere, si affretta a tornare a casa.
E’ alla porta che il cellulare l’avvisa di un messaggio.

Alla finestra.

Per un momento è confusa, ci sono almeno cinque finestre nel suo appartamento, a quale dovrebbe andare? Ma Sherlock, perché è Sherlock, le manda quasi immediatamente un secondo messaggio.

Quella che si affaccia sul negozio di fiori.

Molly si affretta. E’ terribilmente buio, là fuori, e i pochi lampioni sulla strada non aiutano molto. La pioggia non aiuta neanche un po’.
Ma all’improvviso la vede, una piccola luce azzurrina che si accende da qualche parte in uno dei vicoli della strada. Non riesce a distinguere niente di più.
Il suo cellulare vibra, spaventandola quasi.

Tutto bene?

E di tutte le cose che Sherlock avrebbe potuto scrivere, è quel punto di domanda a farla quasi piangere. Sorride in direzione del vicolo - niente più luce azzurrina, ma sa che lui è lì e la vede - e alza la mano mostrando due dita. Il simbolo della vittoria.

Rimane così un attimo, il tempo di formulare il pensiero. O forse il pensiero è arrivato dopo, la prima reazione è stata quella impulsiva del suo corpo.
Corre alla porta, corre giù per le scale, corre attraversando la strada.
Ma quando arriva al vicolo, lo trova vuoto e buio.
Qualcosa nel suo stomaco si annoda.
E’ solo un momento, però.
E passa.
E lascia spazio alla voglia di ridere. Di se stessa, della corsa fuori, della pioggia che la bagna e di tutta quella situazione che sembra una scena tratta da uno di quei film che le piace guardare. Le luci vanno bene, la pioggia è perfetta, l’eroina forse un po’ meno, manca solo la musica.
Ritorna lentamente verso il suo appartamento.
A volte, riflette, la vita dovrebbe avere una colonna sonora.

*

Passa un altro mese e i messaggi di Sherlock non sono tornati quelli di prima. Si sono ridotti. Ora scrive soltanto “tutto bene”.
In compenso le note che Molly gli lascia si sono allungate. Ha ricominciato ad avere contatti “normali” con Mrs. Hudson. Non fa più così male andare al 221B. John non sta meglio, ma neanche peggio. Lestrade ha navigato per un po’ in acque cattive, ma ora va molto meglio. Il periodo di sospensione è finito, l’inchiesta archiviata.

Va tutto bene, per usare le tue parole. O almeno ci proviamo. Però la verità è che tutto è cambiato.

Vorrebbe aggiungere “da quando non ci sei più”, ma non lo fa. Quella parte Sherlock se la può immaginare da sé.

La nota sparisce.

*

C’è sempre questo dolore sordo. Qualcosa che pesa dentro e non la lascia dormire bene di notte.
Una sera, quando riceve l’ennesimo “tutto bene” di Sherlock, Molly decide di andare contro le regole. Risponde. E non se ne pente. Non subito, almeno.

Posso vederti? Anche solo per un minuto.

Sherlock non risponde. Molly, esausta e delusa e triste, si addormenta sul divano.

*

Non sa che ore sono quando si sveglia, ma è ancora buio fuori e la luna è l’unica cosa che rischiara un po’ il salotto. Si alza e quasi urla, se non fosse che quando è terrorizzata non riesce mai a far rumore.
Sherlock è seduto al tavolo a pochi passi da lei e nella fievole luce dell’appartamento sembra più pallido di sempre. Un fantasma, l’ombra di se stesso. «Dimmi cosa c’è. Ho poco tempo.»
Per un attimo le parole la tradiscono e lei non sa che dire. «Volevo vederti.»
«E’ successo qualcosa?»
Molly scuote la testa. «No. Avevo solo bisogno... Volevo solo essere sicura.»
Sherlock si alza, è già pronto per andarsene. «Di cosa?»
«Che va tutto bene. Davvero
Lui rimane fermo un attimo, prima di avvicinarsi alla porta dell’appartamento. «Va tutto bene. Davvero
Molly, solo qualche passo indietro, gli sorride. «Lo so. Ora, voglio dire. Ora lo so.»
Sherlock la fissa per un istante e poi lascia l’appartamento. «A presto, Molly Hooper.»
«A presto», dice lei di rimando, guardandolo allontanarsi.
Si chiude la porta alle spalle e si domanda se fra anni sarà così che si ricorderà di lui. Di spalle, il passo veloce e deciso di chi si allontana con un’idea nella testa.

“A presto”, ha detto.
Molly sa che quelle due parole sono una promessa.

  
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