L’ultima
puntata della terza stagione
(Pista Siberiana – To Russia with love): un’idea, da quella notte in
albergo…
Buona lettura!
Indovinelli
nell’oscurità
Anche
lei non
riusciva a dormire; lo sentiva agitarsi sulla poltrona. Aprì gli occhi
per
guardarlo: il suo volto appariva teso nel sonno. Stava certamente
sognando suo
padre. Quel viaggio disperato lo stava distruggendo. Fortunatamente era
riuscita
a convincere l’ammiraglio a farla andare con lui, con la scusa che lei
parlava
il russo. Temeva che tutte le informazioni che aveva ricevuto fossero
una
trappola e non voleva che lui fosse solo. Non voleva neppure che fosse
solo se
invece fosse riuscito a scoprire la verità sulla fine di suo padre.
Aveva il
brutto presentimento che non lo avrebbe mai ritrovato vivo. Harm invece
ne era
convinto; o meglio, forse non ne era convinto, ma di certo lo sperava
con tutto
se stesso.
Agitandosi
di nuovo
sulla sedia, aprì gli occhi e vide Mac che lo stava fissando, con
un’aria
materna.
“Non
riesci a
dormire, vero ?” gli chiese.
“Già…
Questa
poltrona è troppo piccola per me” rispose con un mezzo sorriso.
Non
solo quella
poltrona … Con la sua altezza sembrava che ogni sedia sulla quale si
sedeva
fosse sempre troppo piccola per lui... Affascinante com’era, faceva
scomparire
qualunque altro uomo con la sua bellezza e la sua prestanza fisica. Ma Sarah sapeva che il suo
agitarsi non era
dovuto solo alla poltrona piccola.
“Perché
non vieni a
stenderti sul letto? “
Quando
avevano
scoperto che in albergo non c’era un’altra camera libera per lei,
avevano
deciso di dividersi quella che Harm aveva prenotato prima di partire,
sperando
che avesse un divano. Invece c’era solo una poltrona, e piccola per
giunta, ma
lui le aveva comunque ceduto il letto. Sarah non lo aveva trovato
giusto:
sarebbe stata meglio lei sulla poltrona; era lui che aveva più bisogno
di
riposare, visto che era già al limite della tensione per le notizie su
suo
padre.
“Dovrei
venire a
letto… con te?”
“Ho
detto stenderti
sul letto! Non è molto ampio, ma cercherò di occupare meno spazio
possibile ….
Oppure potrei mettermi io in poltrona” gli rispose.
“No, tu stai nel letto. Non
devi dormire
scomoda! Già ti sei offerta di accompagnarmi in questo viaggio… Non
voglio che
perdi anche il sonno, per causa mia”
“Ma
se ti agiti
così, non riesco comunque a dormire! E poi ho freddo. Se fossi qui
anche tu,
forse riuscirei a scaldarmi…”
“Non
mi sembra il
caso, Mac…” le disse. Non gli sembrava una buona idea dividere il letto
con
lei; si sentiva troppo vulnerabile e temeva di compromettere la loro
amicizia
con qualche mossa sbagliata.
“Sono
io che te l’ho
chiesto Harm. Mi fido di te, so che ti comporterai da gentiluomo...
Magari
riusciremo entrambi a riposare qualche ora.”.
L’idea
di riuscire a
riposare lo allettava: si sentiva sfinito, non tanto fisicamente,
quanto
emotivamente. Stendersi accanto a lei poteva aiutare a rilassarlo, ma
poteva
anche essere troppo pericoloso. Sarah gli era sempre piaciuta, ma lui
le era
troppo amico e le voleva troppo bene per coinvolgerla in una relazione,
quando
le sue relazioni erano sempre tormentate e destinate a finire. Dormire
con lei:
temeva che esserle troppo vicino gli impedisse comunque di riposare.
“Allora?
Che fai?
Hai deciso di seguire il mio consiglio oppure preferisci continuare a
stare
sveglio su quella poltrona?” chiese di nuovo Mac.
“D’accordo.
Ma se ti
schiaccio, non lamentarti!” rispose, cercando d’essere spiritoso, per
nascondere
il turbamento che provava all’idea di esserle così vicino.
Lei
si spostò il più
possibile di lato e scostò la coperta per permettergli di entrare nel
letto;
quando Harm vide che non indossava un pigiama, ma era in sottoveste, e
una
sottoveste decisamente sexy, pensò che stava per commettere un errore.
Un gravissimo
errore. Ma Sarah lo stava
scrutando, con un aria quasi divertita e lui preferì porre fine a
quella scena
imbarazzante decidendo, finalmente, di stendersi accanto a lei.
Il
letto sprofondò
sotto il suo peso: Sarah non riuscì a stare sul bordo e scivolò contro
di
lui; non sarebbe cambiato nulla, perché lo spazio era stretto e
sarebbero stati
comunque l’uno contro l’altra. Ma così si ritrovò
con una mano sul suo petto. Prima di stendersi, Harm si era tolto
camicia e
pantaloni, che invece aveva tenuto per dormire in poltrona poiché che
non
c’erano due coperte, ed era rimasto in boxer. Sotto la mano Sarah sentì
il
calore della sua pelle mentre il suo respiro le carezzava i capelli...
era
bellissimo essergli così vicino.
Harm
era davvero un
gran bell’uomo: aveva una muscolatura perfetta, due spalle molto ampie,
vita
stretta e ventre piatto, gambe lunghe e muscolose e due braccia che
avrebbero
fatto desiderare a qualunque donna di sentirsi stringere da lui. Quando
indossava la divisa, si vedeva che era un uomo molto bello, ma
considerata la
sua altezza – superava senza fatica il metro e novanta - la sua
muscolatura
sembrava meno possente di quanto non fosse in realtà.
A quel fisico fantastico si accompagnava un
bel volto, spesso illuminato da un sorriso stupendo, e due occhi chiari
molto
espressivi.
Sapeva,
perché lo
aveva visto nelle foto, che assomigliava moltissimo a suo padre,
disperso in
missione durante la guerra in Vietnam. Ora alcune informazioni
indicavano che
era stato portato in Russia come prigioniero e Harm era subito partito
per
cercarlo, per avere altre notizie, con l’assurda speranza che lui fosse
ancora
vivo. Anche il tenente
Harmon Rabb sr. era stato un bellissimo uomo: aveva i baffi e forse era
un poco
meno prestante di suo figlio, ma certamente un uomo notevole. La madre di Harm doveva
adorare il figlio,
oltre che per se stesso, anche per il fatto che gli ricordava così
tanto il
marito.
Cercò
di muoversi,
per spostarsi di nuovo, ma Harm le prese la mano e la fermò:
“Stai
pure così, non
mi dai fastidio. Cerchiamo di dormire, ora”.
Dormire…
forse non
sarebbe stato tanto facile come pensava. Quel corpo caldo vicino a lei
la
turbava molto. Ma ormai non poteva più ricacciarlo in poltrona. Cercò di non pensare a lui,
al suo profumo che
percepiva così intenso. Chiuse gli occhi e si sentì cullata dal battito
del suo
cuore.
Harm
si accorse
quando Sarah si addormentò perché la sentì respirare in modo regolare e
leggero, mentre il suo corpo si abbandonava contro di lui. Era piacevole la
sensazione di lei
abbandonata tra le sue braccia… di solito, con lei, si sentiva sempre
rilassato. E lui aveva bisogno di sentirsi rilassato perché era da
quando aveva
ricevuto quelle informazioni su suo padre che si sentiva nervoso e
agitato. Forse, dopotutto,
l’idea di dormire accanto a lei, non era stata del tutto malvagia.
La
luce della luna
filtrava attraverso le imposte, che avevano lasciato un po’ aperte per
essere
svegliati dall’alba, e creava un’atmosfera soffusa.
Sarah si mosse leggermente contro di lui e
Harm percepì la morbidezza del suo seno premergli contro. Cercò di non
pensare
al suo corpo e provò a concentrarsi sul respiro regolare di
lei. E, finalmente, si
addormentò.
Ma
i suoi demoni
faticavano ad andarsene e il suo sonno continuava ad essere agitato:
ricominciò
a sognare...
Nel
sogno rivedeva
suo padre che abbracciava sua madre, incinta di lui, come nella foto
che
possedeva. Lo vedeva che, sorridente e felice, le accarezzava il
pancione con
aria molto tenera, mentre sua madre si voltava leggermente,
sorridendogli… Gli
sembrava d’essere suo padre. Realizzò inconsciamente di essere
abbracciato ad
un corpo femminile, che cominciò istintivamente ad accarezzare. Sentiva
sotto
le sue mani la seta, mentre sfiorava lo stomaco piatto e la rotondità
del seno…
sorrise lievemente nel sonno, riconoscendone la forma.
Anche
Sarah stava
sognando… qualcuno la stava abbracciando, ma chi?
Il
calore di
quell’abbraccio la faceva star bene, come non si sentiva da tempo. Tuttavia le immagini del
sogno erano confuse.
Solo le sensazioni sembravano reali, troppo reali. Percepiva il calore
di mani
grandi che l’accarezzavano e che le procuravano emozioni incredibili.
Non
ricordava di avere mai fatto un sogno simile! Sperava che il giorno non
giungesse, perché non voleva che finisse: era bellissimo. Chi era la
persona
che, in quel sogno così reale, la faceva sentire tanto bene?
Nel
sogno di Harm
qualcosa cambiò. Non gli sembrava più di essere suo padre che
abbracciava la
mamma. Chiunque avesse tra le braccia, non aveva il profumo di sua
madre. Le
immagini cominciarono a diventare più confuse, ma restava immutata la
dolcezza
che provava nell’abbracciare e accarezzare la donna del sogno. Era così bello! Non
ricordava di essersi mai
sentito tanto bene.
Ma
chi era quella
donna?
Desiderò
baciare
quella pelle delicata sotto di lui; abbassò il viso e trovò due labbra
che
cercavano anch’esse il bacio.
Sarah
sognò che
qualcuno la stava baciando… ed era bellissimo. Ricambiò il bacio con
passione,
ma avrebbe desiderato scoprire chi la stava baciando in maniera tanto
dolce e
languida. Quell’emozione così intensa le fece aprire gli occhi,
tuttavia la
penombra e le sensazioni che stava provando le impedirono di capire
dove fosse:
si rese conto solo di non essere nel suo letto. Alla luce della luna
riconobbe
una sagoma familiare.
Nel
frattempo, anche
il sogno di Harm stava diventando troppo reale. Controvoglia,
si sforzò di aprire gli occhi e
guardare il viso che stava baciando e che la penombra rendeva ancora
più bello.
“Mac?”
sussurrò
incredulo, prendendo improvvisamente coscienza della realtà.
Lei
lo guardò negli
occhi e vide che si trattava di Harm: era lui!
Improvvisamente ricordò dov’erano e perché si trovassero
nel letto
assieme: si era addormentata tra le sue braccia. Harm. Era lui che
l’aveva baciata tanto dolcemente, stringendola a sé. Non si trattava di
un
sogno! Ecco perché
tutto fino a quel
momento le era sembrato così reale e così bello! Spesso
aveva desiderato un momento come
quello, ma non l’aveva mai ammesso neppure con se stessa.
Gli
sorrise
dolcemente, ma lui la stava guardando sconvolto.
Harm vide Sarah che gli sorrideva: possibile che non fosse in collera con lui? N’avrebbe avuto tutti i diritti. Lei aveva fiducia in lui, nella loro amicizia. Invece, appena aveva diviso il letto con lei, che era stata gentile solo per permettergli di riposare, lui aveva approfittato della cosa.
Che
razza d’uomo
era? Eppure… non sembrava
arrabbiata. Gli stava sorridendo. Che stesse sognando anche lei?
“Harm
…” sussurrò
Sarah, vedendo la sua espressione.
Non
stava sognando:
lo aveva chiamato col suo nome, quindi era cosciente… almeno al
momento, prima
non lo sapeva.
“Mio
Dio, Mac…
perdonami, stavo sognando. Non ero consapevole…” provò a spiegarle,
cercando di
staccarsi da lei. Ma era difficile lasciarla andare, quando non voleva
altro
che continuare ad averla tra le braccia e baciarla. Però doveva farlo. Forse
così avrebbe potuto
ancora salvare quel che rimaneva della loro amicizia. Dopo quella
notte, Sarah
non avrebbe più voluto vederlo...
Ma
lei non lo lasciò
finire e gli sussurrò: “Non parlare, ti prego… continua, non smettere.
Baciami
ancora.”
Non
riusciva a
credere a ciò che lei gli stava dicendo: voleva che continuasse a
baciarla.
E
lui? Cosa voleva
lui?
Continuare
come
prima, restando solo amici e ignorando quel momento irreale che avevano
appena
vissuto, oppure abbandonarsi alle sensazioni provate mentre la baciava,
ma
portando così il loro rapporto ad un piano ben diverso dall’amicizia?
La
guardò negli
occhi e seppe improvvisamente di non avere scelta. Cercò le sue labbra
e
assecondò il destino.