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Autore: Alexandra_ph    02/02/2012    2 recensioni
Questo racconto è stato scritto nell'ottobre 2005. Dalla puntata 11 della 5a stagione, Ghosts of Christmas Past (Buon Natale, Harmon), i pensieri di Jenny Lake e il suo incontro con Harmon Rabb sr.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E sopra di noi un cielo di stelle

  

Perché sono venuta? Perché non mi sono rifiutata? E al diavolo tutto quanto…
Sarei dovuta restare a casa. O fuggire. Non importa dove. Soltanto fuggire. Fuggire da ogni cosa, soprattutto da questo straziante dolore.

Perché la morte ha dovuto strapparti dalle mie braccia? Eri solo all’inizio della tua vita. E noi due eravamo appena all’inizio della nostra storia.
Ora la tua vita è spezzata per sempre. E la mia ha perso di significato.

Perché questa dannata guerra? Questa guerra che non ha un senso, come tutte le guerre, del resto. Perché questa violenza ingiustificata? Possibile che l’Uomo non possa sopravvivere senza odiare?
Qual è il motivo di tante vite distrutte? Qual è il perché tanti amori sfumati?

E come mai, con tutti i posti in cui sarei potuta essere, dovevo trovarmi proprio qui?

Guardo il cielo e t’immagino lassù, ma non come sei ora, spirito irraggiungibile. Ti immagino sul tuo aereo, felice e libero di volare tra le nuvole…
La tua passione mi ha sempre affascinata, anche se è stata quella a portati via. L’ho amata, così come ho amato te. E ora la odio, allo stesso modo in cui odio te, perché mi hai lasciato sola.

Sola quaggiù, su una Terra dove non ha più senso vivere se tu non ci sei.
Guardo il mare e vorrei tuffarmi dentro. Lasciarmi andare… E invece devo stare qui, ad ascoltarlo parlarmi di cose che non mi interessano.

Ma chi è quest’uomo? Che cosa vuole da me? Perché non mi lascia in pace?
Perché non mi ha lascia sola, con il mio dolore?

Stavo per gettarmi in acqua e nessuno mi avrebbe salvata. Invece è arrivato lui… E ha incominciato a parlare…
Parla, parla… Parla in continuazione. Dei suoi compagni dispersi. Di campi di prigionia. Di sua moglie. E di suo figlio.

Che m’importa di lui, della sua famiglia, dei suoi compagni?
Io voglio te. Voglio pensare a te.

Voglio morire… Voglio raggiungerti, David.

Volevo dei figli da te e il destino non me lo ha concesso. Perché ora mi impone di stare ad ascoltare quest’uomo, un pilota , come lo eri tu, che mi racconta di suo figlio?
E’ un brav’uomo, non lo metto in dubbio. Lo si capisce subito. Ed è anche bello, molto bello. Intrigante, molto alto e persino simpatico.
Ma non è te. Io voglio che ci sia tu qui, accanto a me. Invece c’è lui.
Che continua a parlare e che ha deciso di non lasciarmi sola. Deve aver capito cos’avevo in mente. Gli ho promesso che non lo avrei fatto, ma ha detto che era lui ad aver bisogno di sfogarsi: un suo compagno non è rientrato dalla missione.

Pessima notizia, un’altra fra le tante.
A che serve venire a cantare per risollevare il morale a uomini che non sappiamo neppure se domani vedranno il sorgere del sole?

Lui vuole parlare… A me sembra uno spreco di tempo, tanto a che serve?
Eppure lui continua.
La sua voce è profonda. E’ quasi sensuale ad ascoltarla qui, al buio, su questo ponte.

Ci siamo solo noi due.
Sotto di noi l’immensità del mare e sopra di noi soltanto un cielo di stelle.

Si è seduto e mi sta raccontando delle cassette che suo figlio incide per lui e che risente fino alla nausea. E di quelle che lui manda ai suoi familiari.
Lettere-cassette. Non lo ha detto, ma credo che lo faccia perché suo figlio, che ha solo pochi anni, possa un giorno riascoltare la voce di suo padre, in caso non tornasse.

Tra poche ore sarà Natale.
Un Natale di odio e di violenza. Che senso ha festeggiarlo? Eppure siamo qui proprio per questo, per aiutare i nostri soldati a trascorrere un Natale con l’illusione di essere lontani dalla guerra.

Un Natale senza di te. Il primo di tanti, troppi Natali senza di te.
Quanto mi manchi, David…

Mi siedo anch’io, accanto a quest’uomo, che sta ancora parlando.
Mi chiede di te. Ha saputo. Qualcuno deve averglielo detto.
Rispondo a monosillabi… Non ce la faccio. Mi manchi troppo. Il cuore mi si devasta ogni volta che penso a te, alla vita che speravo per noi due.
Ai nostri figli che non nasceranno mai.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime e scoppio in un pianto dirotto. Almeno quello, finalmente, riesco a farlo.

E lui mi stringe a sé.

Piango per te tra le braccia di uno sconosciuto. Di un uomo che conosco da meno di dodici ore… Eppure piango, piango disperata, mentre lui mi abbraccia e tenta piuttosto goffamente di consolarmi.
Voi uomini non sopportate proprio di vedere una donna piangere!
Ma lui è dolce e tenero. E’ confortante. Il suo abbraccio è forte e deciso. Fa parte di lui, è come lui. Non serve conoscerlo a fondo per capire che è un uomo forte e deciso. Ogni pilota lo deve essere… lo eri anche tu.

Sollevo la testa dalla sua spalla e lo guardo negli occhi, i miei colmi ancora di lacrime per te.
Tra noi un silenzio immobile… e i suoi occhi che sfiorano appena le mie labbra…

E’ stato lui ad avvicinarsi? O sono stata io?

Ci baciamo…

E’ un bacio disperato, tra due anime disperate.

Che ci facciamo qui, l’una tra le braccia dell’altro? Eppure, con le sue labbra sulle mie, non vorrei essere in nessun altro posto, in questo momento.
Dura un attimo ed è intenso, più dolce del miele. Avvolto in un silenzio che promette il mondo intero, anche se so che lui non potrà mai darmelo. Eppure lo vorrei, proprio ora, qui, immediatamente.

Solleva il capo, e mi scruta con attenzione. Alla luce della luna i suoi occhi sembrano ancora più grandi. Ha occhi bellissimi, labbra morbide e un sorriso seducente.

“Baciavi lui?”

E’ l’unica cosa che dice. Prima sembrava non volesse più smettere di parlare. Ora sa chiedermi soltanto questo. E’ quasi buffo… tra tutte le cose che poteva dirmi o domandarmi, gli interessa solo sapere se stavo baciando te.

Che cosa posso rispondergli? Non lo so neppure io.
Tu non ci sei più, come faccio a baciarti?
Eppure ha capito che nel nostro bacio ho anche sperato di ritrovarti.
Per certi versi lui mi ricorda te. Ecco perché mi dava tanto sui nervi! Lui è vivo e tu non lo sei più…

Ma io non stavo baciando solo te. Baciavo anche lui.

Baciavo il suo profumo di uomo, che la sua pelle rilascia intenso; baciavo il suo sapore e la dolcezza delle sue labbra… baciavo il suo calore e la sua forza, segni che in lui scorre ancora la vita…

No, non baciavo soltanto te.

“E tu chi baciavi?”

Rispondo così alla sua domanda e mi rendo conto che vorrei saperlo davvero.  Ma come ho fatto io, anche lui non risponde.
In certi momenti, determinate domande non andrebbero mai fatte.

Non risponde con le parole, ma lo fanno le sue labbra per lui: si china sulle mie e mi bacia ancora, di nuovo… e le mie lacrime si mescolano al sapore della sua bocca, mentre assecondo nuovamente il suo bacio, stringendomi a lui.
Il suo abbraccio, fino a questo momento tenero e controllato, diventa esigente: io mi aggrappo alle sue spalle e mi abbandono, lasciandomi rinchiudere nella forza di questa stretta disperata.

Il mondo non esiste più.

Quest’uomo ha il potere di far magicamente scomparire tutto quanto: il dolore, l’angoscia, il senso di vuoto, il desiderio di morire.
Tutto.
Ogni pensiero svanisce racchiusa nelle sue braccia. Com’è possibile?

La sua bocca è sulla mia, insistente e dolce al tempo stesso. Una languida tortura che annebbia i sensi.
Poi sono le sue mani a sconvolgermi, mentre lentamente mi cerca, sollevando i vestiti.

Mi vuole. E lo voglio anch’io.

Non m’importa dove, quando e perché. Tu non ci sei più, David e io voglio lui.
Perché mi sta baciando con dolcezza e desiderio, perché mi fa sentire improvvisamente di nuovo viva. Perché sento nella sua passione che anche lui anela di sentirsi ancora uomo tra le braccia di una donna.
E tutto questo mi fa impazzire. 

Lo voglio… Lo desidero.

Gli sfioro il collo, poi slaccio qualche bottone della tuta che indossa, lasciando scivolare la mia mano all’interno, ad accarezzargli la pelle calda e morbida. E’ un contatto che mi eccita; è un’incredibile sensazione di dolcezza che mi sorprende, perché non immaginavo di provarla toccando un uomo, soprattutto un uomo come lui, sicuro di sé, forte e volitivo.
Le sue mani abili fanno altrettanto con me e mi sfiora il seno, lentamente. Accarezza l’addome. Una risale a toccarmi i fianchi e la schiena…

Un brivido di anticipazione mi percorre tutta: la strada è tracciata, ormai.
Non torneremo più indietro. Nessuno dei due lo vuole, anche se sappiamo che sarà solo per questa volta. Che non ci sarà futuro.
Ma in questo momento non esiste neppure il passato.

Ci siamo solo noi e la brezza del mare che accarezza i nostri corpi. La luce della luna che li illumina. L’odore della notte che acuisce i sensi e contribuisce a farci perdere il controllo.
Ci allunghiamo a terra, incuranti della scomodità. L’unico desiderio è assaporare il momento, cogliere l’attimo prima che svanisca. Nulla è importante, tranne le sensazioni che ci attraversano, intense e violente.

Nient’altro.
Soltanto il calore che ci unisce e la dolcezza che la nostra unione ci regala.
Nulla importa in questo istante all’infuori del piacere che ci fa sentire meno soli e che ci ricorda che siamo entrambi ancora vivi.

Chissà se domani respireremo ancora?
Chissà se fra dieci anni abiteremo ancora questo mondo?
In ogni caso domani ricorderemo tutto questo. E fra dieci anni sapremo che saremo ancora vivi grazie anche a questo momento.

Siamo due anime sperdute che si sono incontrate per poche ore d’amore. Soli, sul ponte di una nave in mezzo all’oceano, nel pieno di una guerra assurda.
Solamente noi due.
Il mare tutto intorno.

E sopra di noi un cielo di stelle.

  
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