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Autore: Alexandra_ph    03/02/2012    2 recensioni
E' un giorno particolare per Harmon Rabb... lo attende la sfida più importante della sua vita.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bud Roberts, Harmon 'Harm' Rabb
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sfida più importante


“Dannazione!”.

“Capitano, che le succede? Ha bisogno d’aiuto?”.

Sorrise. Finalmente un pigro sorriso distese le sue labbra: neanche in un momento come quello Bud riusciva a chiamarlo per nome.

“E’ questa dannata cintura…”.

“Come dice, signore?”.

“Niente… Niente, Bud.”.

Il Capitano di Corvetta Roberts ridacchiò divertito: allora esisteva almeno una situazione in cui il coraggioso e sempre imperturbabile Capitano di Vascello Harmon Rabb jr. poteva diventare nervoso come chiunque!
Erano anni che attendeva quel momento e non se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Finalmente poteva prendersi una piccola rivincita.

“Posso venire ad aiutarla, signore?”.

Ci mancava pure quello! Bud, di solito sempre così impacciato, che veniva ad aiutare lui.

Ma che fine aveva fatto il solito mondo, quel pomeriggio?
Eppure gli sembrava che quella giornata fosse iniziata come tutte le altre, se non meglio: si era alzato alla solita ora, si era infilato t-shirt, felpa, calzoncini e le sue scarpe da jogging preferite ed era andato a correre nel parco, come faceva da anni. L’aria era fresca di primo mattino, ma si preannunciava una bella giornata, calda e luminosa.
Dopo la sua solita ora a ritmo sostenuto, prima di rientrare si era fermato a comperare il giornale e un’abbondante colazione, che aveva intenzione di concedersi con tutta calma leggendo il quotidiano. Rientrato in casa si era fatto una doccia, indugiando più del solito sotto l’acqua, prima di gustarsi il primo pasto della giornata.
E mentre godeva del getto caldo, la sua mente era presto andata a quegli ultimi quindici giorni. Fortunatamente non aveva ancora affittato l’appartamento prima di partire per Londra, altrimenti non avrebbe avuto un posto suo dove andare e il pensiero di rinchiudersi in albergo, in quella che per anni era stata la sua città, non lo entusiasmava proprio. Anche se l’appartamento era vuoto da due settimane, restava sempre casa sua. E poi c’era ancora il letto, il suo letto, e la sola idea di dormirci di nuovo, dopo quello che era successo l’ultima volta che lo aveva usato, era sufficiente a fargli provare un piacevole brivido di eccitazione e aspettativa, nonché riportargli alla mente piacevoli ricordi.

E il pensiero era immediatamente volato a lei… 

A dire il vero, ogni giorno, da quindici giorni a quella parte, doveva lottare duramente  con se stesso in ogni momento  per impedire alla propria mente di distrarsi con la sua immagine.

Quanto gli era mancata!

Quelle due settimane a Londra gli erano sembrate eterne, in ufficio senza di lei. Non riusciva a lavorare e neppure a concentrarsi. Non era abituato. Aveva resistito solo perché sapeva che l’avrebbe rivista presto.
Due giorni prima aveva atteso con ansia  d’imbarcarsi per l’America e, nonostante fosse appena atterrato, aveva sperato di poterla rivedere subito, quella sera stessa, ma lei era impegnata.  Allora aveva sperato di poterla vedere il giorno successivo o  almeno quella mattina stessa, invece anche in quel caso si era sbagliato. L’avrebbe rivista soltanto nel tardo pomeriggio.
Sbirciò l’orologio: tra meno di un’ora.
Meno di un’ora.
Una strana sensazione s’impadronì di lui, rendendolo ancora più nervoso e impacciato.

“Bud…” chiamò a gran voce.

Al diavolo il suo orgoglio! Se non avesse chiesto l’aiuto di Bud, fra un’ora sarebbe stato ancora lì, con quella dannata fascia tra le mani.
Era inutile negarlo: quella giornata “poteva sembrare” come tutte le altre, ma non lo era affatto.

“Sì, signore?”.

Il Capitano Roberts fece capolino dall’altra stanza, con un’aria sorniona, sorridente e decisamente compiaciuta.
Ecco! Ci mancava pure lui…

“Si tolga immediatamente quel sorriso idiota dalla faccia, Capitano, e venga a darmi una mano con questa fascia.”.

L’autorità e una voce burbera erano le uniche cose che avrebbero potuto scuotere l’imperturbabile flemma di Bud e renderlo più agitato di quanto non fosse lui.
Come odiava vederlo tanto tranquillo e sorridente!
Ma quella giornata sembrava diversa anche in quello. La risposta di Bud fu un:

“Sissignore! Subito, signore!” ma il sorrisetto gli restò stampato in faccia.

“Ti stai divertendo molto, vero Bud?”.

“Sì, signore”, rispose lui con gli occhi che gli ridevano, mentre lo aiutava anche con il papillon nero.

“Dimmi la verità: era tempo che aspettavi questo momento, non è così?”.

“Sì, signore… E, se mi permette, anche lei, signore”.

Finalmente riuscì a strappargli un sorriso. Come sempre il suo amico aveva ragione. Soltanto ora si rendeva conto d’aver atteso a lungo quel momento.

“Credi che almeno per oggi riuscirai a chiamarmi Harm? O devo aspettarmi che continuerai a chiamarmi signore per tutto il giorno? Tecnicamente non sono neanche più un tuo diretto superiore…”.

E questa era una cosa che gli dispiaceva molto, a dire il vero. Bud era sempre stato un validissimo collaboratore e un ottimo amico.
Il Capitano di Corvetta Roberts non rispose nulla; si limitò ad aiutarlo ad infilarsi la giacca bianca. Dopo gli si mise di fronte, lo osservò per pochi attimi con attenzione e quindi disse:

“E’ la donna giusta per te, Harm”.

Lui rimase in silenzio, a percepire fisicamente quel senso di pace interiore che lo stava a poco a poco invadendo, a seguito di quelle parole. Come se il semplice fatto che le avesse pronunciate, proprio lui fra tutti, potesse tranquillizzarlo del tutto e confermargli che stava per fare la cosa giusta.

“Grazie, Bud…” disse semplicemente, mentre l’accenno di un sorriso gli distendeva finalmente i tratti del volto, fino a quel momento ancora tirato dall’agitazione.

“L’ho capito subito che tra voi sarebbero state scintille, fin dalla prima volta che vi vidi assieme. Ricordi?”.

“Come potrei dimenticare quel momento? Feci la figura dell’imbecille!”.

“Solo perché eri sorpreso per come assomigliava al tenente Shonke…”.  

Riandò col pensiero a quel giorno di nove anni prima, quando l’Ammiraglio gliel’aveva presentata. O meglio, quando lei stessa gli si era presentata, porgendogli la mano…

Mac”.

Era rimasto immobile, a guardarla. Non si era neppure ricordato che non erano soli, ma in compagnia dell’allora Guardiamarina Roberts e dell’Ammiraglio Cheghwidden in persona. La mano di lei protesa verso la sua e lui lì a fissarla, improvvisamente catapultato indietro nel tempo, finché non si era accorto che lei stava per ritirare la mano e allora gliel’aveva stretta nella propria.

“Harm”.

Era stata lei, a quel punto, a guardarlo stupita. In un altro momento avrebbe potuto indugiare sull’idea che fosse rimasta piacevolmente colpita dal suo aspetto, ma era più che certo che la sua espressione sorpresa fosse dovuta soprattutto al suo bizzarro comportamento.
Tuttavia nessuno poteva nemmeno lontanamente immaginare ciò che in quel momento gli si agitava nell’animo: era la copia esatta di Diane! Soltanto Bud poteva intuire il suo turbamento.

“Voi due vi conoscete?”.

La voce di Cheghwidden lo aveva riportato bruscamente alla realtà e, mentre lei rispondeva all’Ammiraglio, lui aveva fatto altrettanto, col risultato di parlare contemporaneamente.

“Nossignore.”.

“Sissignore…”.

Da quel loro primo incontro, più volte aveva pensato che tutto fosse partito da lì. Da quelle due frasi dette nello stesso momento, l’una l’opposto dell’altra.
Fin dall’inizio erano stati in disaccordo, anche se si trattava, come quasi sempre, di un disaccordo apparente. Ma quella volta di certo aveva ragione lei: loro due non si conoscevano affatto.

Da quel giorno erano trascorsi nove anni.
Nove anni di amicizia, di affiatamento sul lavoro, di incomprensioni, di desideri insoddisfatti, di sguardi silenziosi, di liti e di riappacificazioni…

Nove anni d’amore.

In apparenza poteva sembrare che il fatto di assomigliare tanto a Diane le concedesse automaticamente il diritto di essere amata da lui; invece non era andata così. Lei si era realmente conquistata la sua stima e il suo affetto, nonché un posto nel suo cuore, solo grazie a se stessa. Perché lui le aveva sempre voluto bene come amica, l’aveva stimata e apprezzata come collega e l’aveva infine amata anche come donna.
Sì, lei era la donna giusta. Non aveva dubbi.

“E’ pronto, Signore?”.

“Bud… per favore…”.

Il Capitano di Corvetta Roberts sogghignò, e lui comprese che lo stava ancora prendendo in giro.

“Ti stai prendendo la tua rivincita, non è così?”, chiese divertito.

Bud si limitò a sorridere, con aria sorniona.
Oh, ma che importava?
In fondo se lo meritava! Del resto non lo aveva fatto lui stesso, con Bud? Lo aveva preso più volte in giro, anche se sempre con un misto di tenerezza, rispetto e stima. Stima per il ragazzo che aveva saputo crescere garbato, nonostante un padre sbruffone e violento; rispetto per un uomo che aveva lavorato duramente per diventare l’ottimo avvocato e militare che ora era, superando brillantemente anche  l’handicap di aver perduto una gamba in servizio.
Sì, Bud si era ampiamente conquistato il ruolo di suo migliore amico e si era guadagnato il privilegio di prenderlo bonariamente in giro.
Del resto era più che comprensibile che volesse farlo: lui stesso sapeva perfettamente di essere agitato e nervoso come uno scolaretto al suo primo giorno di scuola.

“OK, Bud. Sono pronto”.

Per l’occasione aveva optato per la divisa da cerimonia, anziché l’alta uniforme, com’era d’uso: sapeva che Mac la preferiva e aveva voluto farle una sorpresa e accontentarla. Prese i guanti bianchi, accessorio indispensabile anche della divisa di gala, e li infilò lentamente, lasciando che fosse Bud ad occuparsi di chiudere la porta.
Si sentiva finalmente più calmo.
In fondo era sufficiente pensare a quello che sarebbe successo di lì a breve come ad una sfida.
Una delle tante sfide che aveva affrontato e vinto nel corso della sua vita, dall’accademia per entrare in Marina al coronare il suo sogno di diventare pilota di Tomcat; dal superare la delusione per non poterlo più essere, al diventare uno tra i migliori avvocati della Procura Militare, meritandosi anche quell’ultima promozione a Londra.

Qualunque cosa gli riservasse il destino in futuro, avrebbe vinto questa sfida.

Fra meno di un’ora avrebbe sposato l’unica donna della quale era davvero certo di essere innamorato e di non poter fare a meno.
L’avrebbe sposata e avrebbe fatto il possibile per renderla felice e per fare in modo che il loro matrimonio funzionasse.
Avrebbe lottato duramente, senza farsi scoraggiare. E non sarebbe stato neanche più solo a combattere, lei avrebbe fatto altrettanto al suo fianco.
Perché si trattava di una sfida tra le più importanti; una sfida che egli voleva vincere a tutti i costi.

Il premio finale valeva qualunque sacrificio: avrebbe avuto lei per il resto della vita.

 

  
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