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Autore: Nimue_    03/02/2012    10 recensioni
- C'è qualcosa che non va, io vado di sopra. - Clary si alzò alla svelta, dirigendosi verso l'ascensore.
- Di che stai parlando? Sebastian è morto, Lilith è scomparsa, perché non vuoi accettare che vada tutto bene? -
- Lo sento, Simon, si tratta di Jace. -
Clarissa scopre quello che è accaduto a Jace dopo la fine del quarto libro.
Genere: Drammatico, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan, Simon Lewis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Clockwork City'
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L'Inferno è soddisfatto Discorso elettorale: cosa faceva Clary mentre il rituale di Sebastian veniva portato a termine e soprattutto cosa accade dopo la fine di "Città degli Angeli caduti"?
La Clare, santa donna, ci ha lasciato in preda alla curiosità. Ora, considerando che il quinto libro uscirà tra un anno in America e considerando anche che io sto impazzendo all'idea che manchi così tanto tempo, ho deciso di scrivere questa storia.  Si parla del rituale demoniaco e del momento in cui Clarissa scopre quello che è successo a Jace, tutto dal mio punto di vista. Nella prima parte, le frasi in corsivo sono citazioni della stessa Clare. Continuerò sotto con le note, buona lettura!


Descensus Averno

      

«Facilis descensus averno.»VIRGILIO, ENEIDE.

È quasi finito.
Sebastian serrò la mano sulla sua, i palmi che aderivano perfettamente come se da sempre fossero stati destinati a toccarsi, a fondersi in quella mescolanza crudele di sangue e dolore. Affondò le unghie ormai spezzate nella sua carne, sempre più forte, fino ad aprire piccoli tagli scarlatti sull'epidermide. La presa era talmente stretta che Jace non riusciva più a staccarsi da lui, e forse nemmeno lo voleva, quasi sentisse il bisogno di stare accanto a quel ragazzo tanto puro nel candore dei suoi capelli da sembrare un angelo indifeso.
È giusto. È quello che avrebbe voluto tuo padre.  
Magari il piano di Valentine era sempre stato quello, che i suoi due figli si amassero come fratelli veri anche se quel titolo, in realtà, spettava a Clary.
Clary, la sua cocciutissima Clary. Torno tra cinque minuti, le aveva detto.

Sebastian fu scosso da un tremito violento dovuto al freddo che attanagliava i loro corpi. Jace vide le labbra incolori tendersi in una smorfia, le occhiaie scurirsi e l'acqua gelata rigargli il volto come lacrime, chiedendosi se fargli perdere altro sangue non fosse troppo pericoloso. Eppure  sapeva che era tutto strettamente necessario, un inevitabile prezzo da pagare per il rituale.
 Nella mente l'immagine di Clary con le braccia tese verso di lui si fece sempre più lontana e sfuocata. Riusciva ancora a vedere i suoi occhi verdi, infusione di smeraldo liquido, guardarlo con delusione. Lo hai preferito a me, stava gridando. Hai preferito un mostro. Poi le tenebre l'avvolsero, portandola via come Euridice fu strappata al suo Orfeo, ma l'eco della sua voce piena di rabbia gli faceva ancora girare la testa.
Jace si sentì quasi sollevato quando la figura minuta dai capelli rossi scomparve nell'ombra e un'altra voce, più suadente e delicata, prese il posto di quella di Clary.
Si sorprese a riconoscere quel suono che, un tempo odiato, cantilenava nella sua mente come una familiare e gradita melodia. La sentiva dentro di sé, calda e accogliente, come il sangue demoniaco che adesso condividevano. 
Se quello era l'Inferno, si disse, avrebbe voluto bruciarci in eterno.
Sebastian premette più forte la ferita aperta contro la sua.
Ora, fratellino, io e te, disse
. Siamo una cosa sola.

Clary rigirò l'anello dei Morgenstern tra le dita. Era freddo e duro a contatto con la pelle, come un pezzo di ghiaccio grezzo, ma non riusciva a smettere di toccarlo.
All'inizio aveva pensato che fosse colpa del peso fastidioso al collo, poi si era resa conto di aver sviluppato una sorta di tic nervoso che le impediva di lasciarselo ricadere sul petto e di farlo avvicinare al suo cuore.
Con la coda dell'occhio guardò l'orologio da polso che Jocelyn le aveva regalato per il suo sedicesimo compleanno; era spaccato ormai, e ricoperto di sangue e polvere, ma le lancette si muovevano imperterrite come il primo giorno.
Torno tra cinque minuti,
aveva detto Jace. Ne erano passati più di venti. 

Si sforzò di mantenere regolare il respiro, ma i polmoni non sembravano avere ossigeno a sufficienza. Stupida fidanzata oppressiva, sono una stupidissima fidanzata oppressiva. Imprecò, scostandosi i capelli incrostati di sporco dalla faccia, e iniziò a inspirare forte con il naso.
Avanti Clary, sarà rimasto col cadavere di Sebastian per controllare che sia tutto apposto.

- Ehi, come va la testa ? - 
Clary ebbe un sussulto. Simon era seduto al suo fianco su un gradino della scalinata, con le gambe lunghe completamente tese. Non si sarebbe mai abituata alla sua supervelocità, era roba da eroi dei fumetti quella, gli stessi manga che leggevano da piccoli. Vederselo comparire dal nulla la metteva a disagio e dopotutto - che ne volessero dire gli altri - se Simon era un vampiro la colpa era solo sua.
- Ti dispiacerebbe non sbucare fuori in questo modo? Mi hai spaventato. -
- Scusa, è che non ne potevo più di stare seduto in un angolo a cercare di distinguere Magnus e Alec. Guarda, sembra che si stiano sbranando. -
- Si stanno solo baciando, Simon. -
- Quindi sono l'unico a pensare che Alec stia per morire soffocato. - 
Con sua grande sorpresa Clary dovette nascondere il viso e soffocare le risa. Simon riusciva a farla divertire perfino nei momenti peggiori; era sempre stato così fin da bambini, quando ancora non c'erano né Cacciatori, né Demoni, né pericoli da affrontare. Era la persona più importante al mondo per lei, almeno quanto Jace.
 Il suo testardissimo Jace, maledizione.
Scrutò il corridoio buio che portava all'ascensore, lo stesso che aveva usato per scendere al piano di sotto. La porta non voleva aprirsi e le luci colorate del macchinario lampeggiavano su "libero", segno che nessuno stava scendendo.
- Dagli tempo, Clary. - la mano di Simon sfiorò la sua spalla ferita, procurandole sollievo. Per una volta il tocco gelido di un vampiro si stava rivelando utile.
- Mh ? -
- A Jace, dagli tempo di riordinare le idee. C'è suo fratello steso in una bara là sopra. -
- Sebastian è mio fratello, Simon, ed è un mostro e non voglio che Jace stia con lui. -
-Sebastian è morto, non può fargli niente, ti stai preoccupando per nulla. -
- Simon lo so! -
I membri del Conclave si voltarono verso le scale, incuriositi dal tono di voce troppo alto. Clary vedeva gli occhi di Joycelyn guardarla con apprensione e quelli calmi di Luke scrutarla da dietro gli occhiali. Vedeva lo sguardo da gatto di Magnus, quello meraviglioso di Alec e quello fiero e astuto di Izzy, tutti puntati su di lei e Simon. Delle iridi dorate di Jace, invece, non c'era traccia. 
Torno tra cinque minuti, le parole risuonavano nella sua mente come uno di quegli stupidi motivetti pubblicitari che riescono a ficcarsi in testa come chiodi.
Fu un attimo. Una pulsazione improvvisa premette contro i pugni chiusi di Clary, come un unico ma deciso battito di cuore umano. Di risposta le dita della ragazza si aprirono, lasciando ricadere l'oggetto di metallo sul petto. Era stato l'anello di Valentine, non poteva esserselo immaginato. 

Il suo primo pensiero fu semplice e veloce, come se l'avesse sempre saputo ma avesse avuto bisogno di un esplicito segnale conferma, e non sapeva spiegare come era stato possibile, l'anello non lo aveva mai fatto prima, ma ne era assolutamente sicura : Jace era in pericolo.
- C'è qualcosa che non va, io vado di sopra. - Clary si alzò alla svelta, dirigendosi verso l'ascensore.
- Di che stai parlando? Sebastian è morto, Lilith è scomparsa, perché non vuoi accettare che vada tutto bene? -
- Lo sento, Simon, si tratta di Jace. -
- Oh, Clary, perché non lo lasci in pace ?! - i canini di Simon spuntarono fuori per la rabbia, lacerando le gengive e riempiendogli la bocca di sangue, ma Clary non li vedeva, non vedeva nient'altro che il buio davanti a sé. 
- Perché lo amo. -
Quando la porta dell'ascensore si chiuse, davanti all'espressione attonita dei presenti, gli occhi di Clary erano coperti da una cascata di ricci rossi. Simon, però, giurò di aver visto una lacrima cadere sul pavimento.


Arrivata all'ultimo piano le porte dell'ascensore si aprirono, sferragliando, sull'enorme giardino pensile del palazzo.
Il freddo pungente della notte costrinse Clary a ripararsi con le braccia intorno al corpo, nudo nei punti in cui il vestito si era strappato durante la lotta.
Rispetto a quando era entrata per la prima volta il giardino sembrava essere stato colpito da un uragano: i cespugli in fiore erano stati sradicati dalla furia di Lilith, il prato era cosparso di petali e veleno demoniaco, e l'unica luce ad illuminare il terrazzo era quella della luna.
- Jace? - Clary avanzò piano tra le piante, guardandosi intorno in cerca di una ciocca di capelli biondi o di un braccio ricoperto da rune, qualunque cosa che potesse tradire la presenza del Cacciatore.
- Jace, sei qui? -
Nessun suono, solo il vento che scompigliava le foglie degli alberi e i clacson impazziti sulla Second Avenue.
- Jace, non sono in vena di scherzi. - 
Tastò le tasche con una mano e si accorse di aver lasciato lo stilo sulla scalinata principale. Non aveva niente con sé, né una spada angelica né nessun'altra arma.
A cosa dovrebbe servire? È finita, va tutto bene.
Alla luce argentea della luna, Clary scorse la bara di vetro sul piedistallo al centro del giardino. Il liquido al suo interno aveva cambiata colore per il sangue e da quella distanza non lasciava intravedere il corpo al suo interno. Gocce di sudore freddo le rigarono le tempie quando si avvicinò, gli occhi spaventati che si spostavano dalla bara al resto del terrazzo in cerca di Jace. 

- Jace, ti prego. -
In uno spruzzo gelido sentì i piedi bagnarsi fino alle caviglie. Guardò per terra : il piccolo piazzale di pietra era cosparso di pozzanghere che si allargavo fino all'erba circostante e qualcosa di solido vi risplendeva nel chiarore della notte, semi-immerso nel fluido scuro. La mano tremante di Clary si tese in avanti e lo afferrò per studiarlo da vicino.
Era il pugnale degli Harondale, quello del vero padre di Jace; una linea di sangue si avvolgeva intorno ai due aironi d'argento, facendoli sembrare grossi rubini decorativi.
Clary sentì il cuore martellare il torace fino a farle male.
- Jace. - la voce uscì fuori come un piagnucolio, non riusciva che a chiamare il suo nome.
Con la vista offuscata dalla paura, si sporse in avanti per assicurarsi che almeno il cadavere fosse rimasto al suo posto, ma aspettò qualche secondo prima di guardare, tenendo gli occhi chiusi.
Uno, due - contò - tre.. e lì aprì. 
Per un istante credette che il pavimento sotto i sui piedi fosse scomparso nel vuoto e che stesse precipitando giù nell'Inferno. Giù, lontano da quel Paradiso che dopo la vittoria aveva sperato di poter condividere con Jace. 
Il pugnale le scivolò di mano, affondando nell'acqua scura della bara vuota e schizzandole il viso fino a tingerlo di rosso. 
- Jace? - 
Infine capì, e si sentì morire: il suo Jace nel giardino non c'era, perché non c'era nemmeno Sebastian. 
Clary urlò.


Note: sembrerà strano, ma la cosa che mi ha fatto penare di più in questa storia è stato il titolo.
- Ah sì, il titolo. Viene dal latino e può essere tradotto con la discesa nell'Inferno o il discendere nell'Inferno. La frase sotto riportata, appunto, è tratta dall'Eneide e alla lettera sarebbe "È facile discendere nell'Averno".
- Il riferimento al mito di Orfeo ed Euridice è stato fatto dalla stessa Clare, io l'ho reso in modo leggermente diverso (credo che sia uno dei miei preferiti <3 ). Chi non lo conosce può cliccare qui.
- Nella seconda parte le scritte in corsivo sono i pensieri di Clary, spero si sia capito.
- La splendida fanart che rappresenta Jace e Sebastian non è di mia proprietà. Avendola presa in una pagina sulla saga non sono riuscita a trovare il nome della persona che l'ha fatta. Faccio i miei complimenti a chiunque essa sia, è bellissima.

Ho finito, davvero. Spero che non sia venuta uno schifo e spero anche di ricevere un vostro giudizio, negativo o positivo fa lo stesso. Se comunque fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.







   
 
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