Storie originali > Nonsense
Ricorda la storia  |       
Autore: Beads and Flowers    03/02/2012    3 recensioni
'Juliette Gater, di anni ventinove, tre mesi e dodici giorni, con i capelli color topo e gli occhi verdi come le foglie marce degli spinaci, coperti da un paio di occhiali rossi, stava portando dal veterinario un piccione trovato sul marciapiede, con una gabbietta per gatti sottratta senza tanti complimenti al negozio di animali più vicino. E la domanda era sempre una. Perché?'
Non perdetevi questa storia, se siete amanti dei piccioni o volete far pace con questi strani animali. Non perdetela se siete amanti del grigio, se amate l' uncinetto e le cartoline, se volete svegliarvi per fissare per qualche secondo le pareti della vostra stanza, nel disperato tentativo di convincervi a comprare i croissant alla crema di una vecchia boulangerie ancora inesplorata.
O, semplicemente, se volete svegliarvi per lamentarvi di quel buio fastidioso che circondava le vostre palpebre mentre dormivate, non perdetevi 'Pigeon'.
Genere: Comico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Pigeon

 

Al piccione che ho trovato morto di fronte all' entrata della mia scuola, poche settimane fa.
Che riposi in Pace nel paradiso dei piccioni.
Amen.



 

1- Tonf

 Il buio l’ avvolgeva come una fredda coperta. Era una sensazione terribilmente fastidiosa.
 In fondo.
 Non era ne’ piacevole, ne’ attraente, ne’sensuale. Il buio era semplicemente fastidioso, come il ronzio di una zanzara durante le notti d’ estate. Ma la cosa peggiore era che Juliette Gater, di anni ventinove, tre mesi, dodici giorni e capelli color topo, non poteva neanche lamentarsi di quel buio fastidioso. Juliette Gater non poteva parlare.
 Stava dormendo.
 Il sonno era qualcosa di essenziale per la sopravvivenza, come l’ acqua, il cibo e l’ istinto. Il sonno era quanto di più essenziale e noioso vi potesse essere nella vita di Juliette. Il sonno era l’ antitesi della sua vita.
 In fondo.                             
 La vita di Juliette Gater non era ne’ coloratissima, ne’ candida come la neve invernale. Era invece grigia. Sporca. Subito qui qualcuno passerebbe una penna dall’ inchiostro rosso sulla carta stampata. Da sempre l’ incontrario del nero è il bianco, o qualsiasi altro colore vivido e caldo.
 Rosso. Verde. Azzurro. Giallo.
 E allora, perché il grigio?
 Il colore della vita di Juliette Gater era l’ antitesi di quello del sonno per il semplice fatto che il nero ed il bianco sono due colori talmente completi ed infiniti. Sono semplici ed immensi, fini ed eterni. Sono un punto. Sono l’ universo. Non sono neanche veri e propri colori. Il candore della neve, la morbidezza di una nuvola, la vernice delle pareti di un ospitale. Le penne di un corvo, un cielo privo di luna e stelle, l’ inchiostro della penna del bambino esitante. Sono la stessa cosa, la stessa infinita cecità.
 La morte.
 Ed ora consideriamo il grigio. Il grigio è un colore. Punto. Non rappresenta l’ infinito, il sogno, un mondo diverso e pieno di illusioni. E’ solo e semplicemente il colore grigio. Certo, ha mille sfumature. Certo, può anch’ egli rappresentare infiniti elementi della nostra vita di tutti i giorni. Ma non può rappresentare il nostro animo. Non può darci qualcosa di compatto, ne’ d’ irreale. E’ solo il grigio. Un colore. 
 Basta.
 O almeno, bastava per la vita di Juliette Gater.
 
 Tonf.
 
 Juliette Gater riuscì, dunque, a risorgere da quel nero/bianco fastidioso. E la prima cosa che vide quando socchiuse gli occhi in due fessure fu, appunto, la grigia penombra in cui era avvolta la sua camera. Era una camera fredda, cruda. Le pareti erano color crema, che a parer di Juliette era il colore più equilibrato al mondo: un bianco deciso, ne’ infinito, ne’ compatto, ne’ semplicemente un colore. Era l’ equilibrio tra il bianco ed il giallo, un colore molto simile, per vari motivi ed aspetti, al grigio.
 Non era solo questo, chiaramente.
 Juliette amava fissare le pareti della sua stanza e pensare e ripetersi il nome di quel colore.
 Crema.
 Crema.
 Era ciò che occorreva a Juliette, un’ autentica motivazione per alzarsi dal letto e scendere in strada, alla ricerca di una nuova boulangerie in cui trovare nuove varietà di croissant alla crema.
 Ma quella mattina Juliette Gater non avrebbe fissato le pareti della sua stanza per trovarvi dipinto sopra la risposta al perché di quella giornata. Anzi, non avrebbe fissato per niente quelle pareti. Juliette Gater, a dire il vero, stava riflettendo su cosa avrebbe fatto in generale.
 Questa riflessione era dovuta a quel ‘tonf’, che l’ aveva svegliata così all’ improvviso. Era provenuto dalla finestra di fronte al suo letto, quella azzurra e coperta dalle tendine rosse che La Vecchia Signora Christine Loisir le aveva cucito all’ uncinetto qualche anno prima. La ragazza ne era sicura, ma cosa l’ aveva causato? Forse un gatto? Il sasso di un qualche monello? La mano di un ladro?
 Impossibile. Impossibile. Impossibile.
 Un ladro non avrebbe mai potuto raggiungere la finestra del suo appartamento, situato al terzo piano di un palazzo parigino. Quella finestra non aveva  ne’ terrazzino, ne’ grondaia, ne’ ringhiera. Aveva solo un piccolo davanzale, quindi era da escludersi anche l’ ipotesi del gatto. Un sasso non avrebbe mai fatto ‘tonf’ su di un vetro, casomai sulla terra battuta di strade campagnole. Sicuramente non Parigi.
 Juliette valutò altre possibilità, ma nessuna le parve fattibile. Non le rimaneva che controllare di persona cosa mai fosse stato a svegliarla a quell’ ora indecente del mattino. Si alzò frettolosamente dal letto, poggiando a terra i piedi nudi e godendo del freddo che la pelle assorbì in pochi istanti. Adorava quella sensazione.
 Decise di non infilarsi le pantofole, per quella volta, e si diresse direttamente alla finestrina dai vetri azzurri e le tendine rosse. Non appena giunse a destinazione e rimosse le tendine con una mano, la prima cosa che la colpì della finestra fu il sangue.
 Non era molto, giusto una piccola macchia, ma il suo colore vermiglio risaltava molto su quel patetico azzurro che Juliette aveva adottato in onore del suo amato padre, defunto da circa qualche mese. Thomas Gater aveva sempre amato l’ azzurro, ma certamente senza tutto quel rosso sangue a rovinare l’ effetto calmante che il suo colore preferito aveva sempre imposto nella casa di campagna in cui lui e la figlia erano cresciuti.
 Juliette, d’ altro canto, aveva sempre odiato l’ azzurro. Se c’ era una cosa che odiava più dell’ azzurro, quello era il rosso vermiglio.
 Aprì di scatto la finestra, per ritrovarsi di fronte al grigiastro paesaggio parigino che tanto amava. Nubi oscure e cariche di pioggia prossima a cadere, i muri dei palazzi imbrattati di smog e fumo, la Torre Eiffel che si stagliava grigia ed impetuosa, al centro di ogni cosa. Eppure, tra tutto quella varietà di particolari e di sfumature di grigio, Juliette non riuscì proprio ad individuare la causa di quel ‘tonf’.
 Guardò dritto di fronte a sé: nulla. A destra: nulla. A sinistra: nulla. In basso: il marciapiede con qualcosa d’ indefinito e di sfocato spiaccicato su di esso, immobile. Juliette si recò al suo comodino accanto al letto, dove teneva gli occhiali dalla montatura rossa che si apprestò ad infilarsi.
 Tornò a guardare in basso, sul marciapiede. Non riuscì a distinguere ancora nulla.
 Ora, a Juliette non importava più di tanto cosa fosse mai quella roba indefinita spiaccicata sul marciapiede. Eppure sapeva che le cose indefinite erano sempre quelle che causavano più guai.
 Si raccolse dunque i capelli color topo in una coda e si avvolse in una calda vestaglia. In fretta e furia attraversò le stanze color crema della sua casa, girò nella serratura della che conduceva all’ appartamento una chiave leggermente arrugginita e scese le scale in marmo del palazzo fino a giungere al piano terra, dove incontrò la Vecchia Signora Christine Loisir.
 La Vecchia Signora Christine Loisir era un’ anziana pittrice. Dal fior fiore dei suoi anni, nel 1941, aveva perso la voce a causa di uno shock contratto durante un bombardamento, svoltosi nella sua cittadina di campagna. Vestiva sempre in abbigliamenti di lana tessuta all’ uncinetto. Berretti all’ uncinetto, sciarpe all’ uncinetto, camicette all’ uncinetto, gonne all’ uncinetto, mutandine all’ uncinetto. Tutto all’ uncinetto, per la Vecchia Signora Christine Loisir.
 Stava passando in rassegna, con la sua mano rugosa e priva di anelli, le cartoline che le sue amiche le mandavano da tutto il mondo. Italia, America, Giappone, Somalia. Tutti paesi affascinanti e misteriosi, di cui entrambe le coinquiline avevano potuto ammirare le bellezze solo dai documentari trasmessi in televisione.
 Ma alla Vecchia Signora Christine Loisir andava bene così. Preferiva viaggiare con la sua mente che con un aereo. Senza contare che aveva sempre avuto una gran paura del volare. Alla Vecchia Signora Christine Loisir piaceva leggere le parole d’ inchiostro colorato che le sue amiche le mandavano da quei bei paesi lontani, ma rifiutava sempre i loro inviti a raggiungerle. Le andava benissimo così.
 “Buongiorno, Signora Loisir.” mormorò Juliette “Ha per caso visto cosa c’ è sul marciapiede di fronte al portone del nostro palazzo?”
 La Vecchia Signora Christine Loisir le sorrise, per poi scuotere lievemente la testa e tornare ad esaminare le sue cartoline. In seguito, le infilò tutte nella sua borsetta cucita all’ uncinetto e si diresse al secondo piano del palazzo, dove era situato il suo appartamentino. Juliette scosse il capo nella sua direzione, con una smorfia d’ incomprensione sul volto. Non era mai riuscita a capire completamente la Vecchia Signora Christine Loisir, ma in fondo era per questo che le piaceva tanto.
 Si avvicinò al portone di legno tarlato che conduceva al palazzo. Provò ad abbassare la maniglia e vide che qualcuno l’ aveva lasciata aperta. Scosse le spalle con noncuranza ed aprì la porta. Varcò la soglia tra casa e mondo esterno. Scese velocemente i gradini. Guardò ai suoi piedi.
 Un piccione.
 Era scesa tutte quelle rampe di scale, aveva dovuto affrontare un’ intera giornata ed alzarsi dal letto per un piccione? Uno stupido piccione?
 …
 Be’, in fondo le sembrava anche abbastanza ragionevole. In fondo, ora che si ritrovava lì, tanto valeva avvicinarsi e dare un’ occhiata alla situazione. L’ uccello infatti, macchiato di sangue ed evitato da ogni singolo passante mattutino, sembrava incredibilmente muoversi ancora. Probabilmente a causa dei nervi, o di tutta quella roba strana di cui parlavano gli scienziati alla televisione durante i documentari della Domenica sera.
 Ridacchiando tra sé e sé, si avvicinò con una strana cautela al piccione morto, chinandosi su di lui per osservare le decise sfumature di grigio e bianco che caratterizzavano il suo delicato piumaggio. Il minuscolo becco era leggermente ammaccato sulla punta ed era socchiuso, come a cercare ancora dell’ aria da respirare nel regno dei morti. Le ali si muovevano ancora un poco, e le zampine rosee si contorcevano in una disperata ed inutile fuga di fronte alla morte che già da tempo aveva colto l’ anima della piccola creaturina. Le palpebre rugose del piccione erano infatti chiuse, nella dolorosa espressione neutra della morte.
 ‘Strano’ pensò Juliette ‘Dalla sorpresa che deve aver ricevuto nel colpire la mia finestra e poi cadere a terra, immagino che i suoi occhi dovrebbero essere aperti. In fondo, tutti gli animaletti che si vedono al lato delle strade hanno gli occhi aperti a causa dello shock ricevuto all’ impatto con la macchina o la motocicletta che li aveva investiti.’
 E fu allora che Juliette Gater interruppe improvvisamente i suoi pensieri per rendersi conto di qualcosa di incredibilmente assurdo: il piccione aveva appena aperto gli occhi.
 La stava fissando.
 Ed i suoi occhi erano di un diretto, terribile rosso vermiglio.



Angolo dell' Autrice

OK, per tutti coloro che fossero qui per scannarmi perché non sto aggiornando In Vacanza con i MEREH, avete tutta la mia comprensione. Tranquilli, pazientate un altro po', non smetterò certo di finire quella stramaledettissima Terza Saga... il motivo è semplice: la adoro con tutta me stessa, e non vi farei mai un torto simile.

Proseguendo.

Perché dedicare una storia ad un piccione? 
Perché tutti meritano di essere ricordati, in un modo o nell' altro.

Perché il bianco non è l' opposto del nero?
Mai sentito parlare di 'ying' e 'yang'? I pesciolini bianchi e neri che si abbracciano? Sono opposti, eppure sono la stessa cosa, in quell' abbraccio. Altro esempio: considerate il numero zero. C' è il numero 1 ed il numero -1. Sono opposti, eppure sono la stessa cosa, o no?

Perché 'Juliette Gater'?
Per due motivi. Principalmente la volevo fare francese perchè studio la lingua da circa cinque anni ( livello DELF B1 :D ) e perché la storia inizialmente doveva essere una cosa della serie 'Il Favoloso Mondo di Amelie'. Poi ho deciso di rendere la cosa un po' più originale, così ho creato Juliette Gater. Perché Gater? Be', perché in francese 'Gater' vuol dire 'Sciupare'. Juliette Gater vi sembra una ragazza sciupata? A dire il vero a me non pare che lo sia, a dire la verità ho deciso di assegnare il cognome al personaggio con la prima parola che avrei trovato aprendo a caso il dizionario. Ho chiesto ad una mia compagna di classe di dirmi il primo nome francese che le venisse in mente (che non fosse Charlotte o Coco, i quali sono troppo abusati) e lei mi ha tirato fuori 'Juliette'.

Come è nata la storia?
A causa del piccione morto che ho trovato di fronte alla scuola. Avrei voluto salvarlo portandolo da un veterinario e facendo sega (ogni scusa è buona), ma il piccolino era già nell' altro mondo. R.I.P.

Quando aggiornerò?
Non ne ho la più pallida idea, ma sono contro il lasciare le storie in sospeso. A meno che il piccione morto non tornerà dai morti per dirmi in sogno di interrompere la pubblicazione, presto o tardi (o molto tadi) pubblicherò.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Nonsense / Vai alla pagina dell'autore: Beads and Flowers