Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: marygirlonfire    04/02/2012    4 recensioni
Sequel Percy Jackson e il Regno di Narnia!
Tre gufi volavano verso la finestra aperta del salotto, verso di noi.
Li guardammo sbalorditi, mentre posavano davanti a noi tre lettere, uno davanti ad ognuno e si appollaiavano sul lampadario, scrutandoci con i loro occhi d’ambra.
-Cosa…?- chiesi.
-Non lo so- rispose Annabeth
-Qualcosa di strano- commentò Lizzie annuendo energicamente. […]
 -Magari è un messaggio di tua madre…- non feci in tempo a finire la frase che Annabeth mi urlò:
-Ma sei scemo, Testa d’Alghe!? Il simbolo di mia madre è la civetta, non il gufo!! […]
Presi la mia lettera e lessi l’intestazione:
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
[Percy Jackson, Le Cronache di Narnia, Harry Potter]
  
 
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson e il Regno di Narnia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
6. La Felicità non dura per Sempre


La gigantesca stanza era buia, quasi volesse intimorire nonostante la fontana che risplendeva al centro, un faro in quella notte sovrannaturale.
Mi avvicinai lentamente, con una paura nel cuore per qualcosa che non riuscivo a comprendere. Solo una cosa era chiara: Non fermarti, scappa! Chiedi aiuto! Vai!
Eppure ero lì, che camminavo con un passo lento, guardando assorta l’aura bianca della fontana. L’acqua tintinnava dolcemente, come se volesse cullarmi e trasmettermi calore, ma io continuavo ad avere paura.
Mi fermai proprio sotto quella creazione, ne contemplavo i lineamenti precisi, opera di un esperto, ma allo stesso tempo c’era qualcosa di grossolano, qualcosa che non andava bene, anche se non riuscivo a capire cosa.
Per un istinto senza nome, alzai dolcemente la mano: qualcuno mi chiamava da quella fontana, sussurrava dolcemente il mio nome e io non riuscivo a resistergli, anche se sapevo che mi avrebbe fatto del male, lo sentivo nel sangue.
Ma continuava imperterrito a invocarmi, come una ninna nanna.
L’acqua stava per toccare le mie dita, quando una forza più grande di me mi spinse lontana, facendomi volare contro la parete. Un liquido scuro e denso incominciò a colare, bagnandomi la fronte e il viso. Trattenni il fiato.
Le ferite procurate nella battaglia incominciarono a pulsare, risvegliate dopo la caduta. Con uno sforzo immane tentai di rialzarmi, ma un’altra forza mi respinse a terra.
Ero immobilizzata, e mi faceva male tutto, un pulsare unico accompagnava ogni battito, volevo trovare solo un po’ di sollievo.
Le forze mi abbandonarono, lentamente, fino a quando la luce della fontana tremolò e scomparve.
 
Riaprii gli occhi di scatto, per un rumore senza nessuna fattezza umana.
Il sangue si era fermato, creando uno spesso strato sulla fronte che cercai di ripulire con una manica, senza alcun successo.
Un altro boato, dei lampi. Non riuscivo a capire come potesse essere possibile, sapevo perfettamente di trovarmi ancora nella stessa stanza di prima.
Mi aggrappai al muro e riuscii ad alzarmi, anche se la testa non voleva smettere di girare vorticosamente.
Ancora lampi, ma questa volta scorsi chi stava combattendo.
Erano due uomini, uno a pochi metri da me, l’altro era nascosto nell’ombra della fontana… con un brivido di terrore mi accorsi che quella bellissima fontana era andata distrutta, l’acqua si era sparsa sul pavimento bagnando tutto, compresa me.
Continuavano a combattere, senza riuscire a prevalere uno sull’altro, solo lampi e boati, nemmeno una parola.
Come in un sogno, vidi l’uomo nascosto voltarsi lentamente verso di me e lo guardai negli occhi. Quegli occhi rossi come il sangue, il viso serpentesco, il naso formato solo da due fosse. Urlai, con tutto il fiato che avevo in corpo, e continuai a urlare, ricadendo a terra e stringendomi quasi per voler ritrovare la sicurezza. Le lacrime iniziarono a sgorgare, mischiandosi al sangue e scendendo dalle guance, senza tregua.
Continuai a urlare anche quando tutti i vetri della sala esplosero, coprendo per un attimo il mio urlo e ferendomi con le sue punte, mi strapparono i vestiti e la pelle, penetrando con forza nella carne. Piccoli rivoli di sangue iniziarono a scendere, ma non mi importava, continuavo ad urlare.
-Lizzie!
 
-Lizzie!
 
-Lizzie!-continuai a scuoterle il braccio, cercando di svegliarla.
-Noooo!!!- continuava a urlare, piangendo copiosamente.
-Lizzie!- con un ultimo strattone riuscii a svegliarla.
Lei si alzò di scatto, facendomi quasi cadere per terra, si guardò attorno, gli occhi spaventati e infossati per la paura e le lacrime.
-Va tutto bene, Lizzie, sono qua.- cercai di rassicurarla, abbracciandola. Mia sorella si strinse a me, ricominciando a singhiozzare disperatamente sulla mia spalla.
-Ancora l’incubo?- chiesi tenendola stretta.
Fra un singhiozzo e l’altro, riuscì a balbettare un flebile “si”, accompagnato da nuove lacrime. Non aveva mai fatto così, eppure era da mesi che sognava la stessa cosa.
-Dai, calmati Lizzie… Dobbiamo prepararci, mamma è già in strada con Annabeth…
Si allontanò dolcemente, asciugandosi le lacrime con il pigiama. Un sorriso spuntò sul viso tormentato.
-È vero- disse –Oggi andiamo a Hogwarts.
 
-Finalmente!- ci sgridò nostra madre, ma quanto ci avete messo?
-Scusa mamma, ma abbiamo avuto dei problemi.
-Piccola- Sally si avvicinò a Lizzie, prendendole il volto fra le mani –Come mai questa brutta faccia? Stai andando a Hogwarts!
-L’incubo- risposi al suo posto, andando a salutare Annabeth.
Lizzie mi scoccò un’occhiata velenosa, era tornata la stessa…
-Ciao sapientona!-sorrisi –Allora, hai già studiato tutti i libri?
-Ciao Testa d’Alghe! Comunque ho solo dato un’occhiata.
-Si, guarda, ci credo…- alzai gli occhi al cielo.
-Allora, avete tutto?- chiese mia madre.
-Si, mamma!- rispondemmo per l’ennesima volta.
-Mi raccomando, scrivetemi sempre.
-Si, mamma!
-E fate i bravi, studiate…
-Si, mamma!
-E non cacciatevi nei guai.
Silenzio totale… per noi era impossibile non cacciarsi nei guai.
-Dobbiamo andare.
Abbracciò Lizzie e Annabeth, mentre io decisi di smaterializzarmi (non nel senso magico, non ero neppure capace di far volare una piuma senza incendiarla!) per evitare quella scenata davanti ad Annabeth.
Dopo gli ultimi saluti raggiungemmo trascinando i nostri bauli e le gabbie di Leila e Anacleto verso il vicolo dove era situata la passaporta: uno scarpone puzzolente e a pezzi.
-Qualcosa di più decente proprio non l’avevano…- mi lamentai. –Che ore sono?
-Mezzogiorno- rispose Annabeth.
-Allora siamo in orario.- Afferrai lo scarpone e dopo pochi secondi ci ritrovammo catapultati oltre oceano, in un campo solitario e silenzioso, completamente incolto, con un unico binario.
-Siamo sicuri che sia il posto giusto?
-Credo di si… Silente ha detto che non aveva potuto creare una passaporta diretta alla stazione, quindi ci avrebbe portati in un altro posto… credo sia questo…
-Uah- fu il mio unico commento poco entusiasta. Mi sedetti sul baule
Restammo in silenzio ad aspettare il nostro treno.
Passarono i secondo, i minuti… un quarto d’ora… mezz’ora…
Sbadigliai e chiusi gli occhi, stavo per addormentarmi… fra un attimo sarei crollato a terra nel bel mondo dei sogni…
Poco, poco e i sogni sarebbero venuti a trovarmi… pochissimo… se non fosse stato per quel fischio… Sempre più vicino e più forte… Ma perché tremava tutto!?
Aprii gli occhi e vidi cosa produceva quel rumore.. un treno!
Di un rosso brillante, il fumo si alzava coprendo il sole, stava rallentando, pronto a prenderci con se e portarci in quel mondo di magia dove eravamo destinati ad andare, sarebbe stato il nostro mondo, come lo era il Campo Mezzosangue, un posto per noi.
Una strana sensazione mi invase... e se non fossi stato all’altezza? Forse quella sensazione si chiamava paura, quella paura che ti accompagna quando stai per iniziare un’avventura.
Il treno continuò a rallentare, fino a fermarsi definitivamente proprio davanti a noi, una porta si aprì da sola. Presi un respiro: ecco, questo era il momento, la mia vita sarebbe di nuovo cambiata appena avrei attraversato quella porta, come era successo alla Collina Mezzosangue e al portale per Narnia.
Afferrai il mio baule e salii. La prima cosa che notai era che ero osservato! In ogni angolo spuntavano facce che ci fissavano, le fronti incollate al vetro dello scompartimento. Borbottai e mi allontanai velocemente dal “centro della scena”, seguito da Annabeth mentre Lizzie salutava tutti quelli che vedeva –Piacere! Ciao! Siamo nuovi!-scatenando negli altri solo mille domande:
-Da dove venite?
-Perché avete fatto fermare il treno?
-Eravate in ritardo?
E altre cose del genere. Annabeth afferrò Lizzie trascinandola via dalla folla –La vuoi smettere?
-Stavo solo cercando di fare amicizia!
-No fare niente che è meglio!
Alzai gli occhi al cielo e spiai se c’erano dei posti liberi, intanto il treno ricominciò il suo viaggio. –Dove ci sediamo?
-Dove non c’è la neve- rispose sarcastica Lizzie.
-Allora buttati dal finestrino, lì non c’è la neve- risposi allo stesso modo
Prima che lei potesse ribattere Annabeth ci catapultò nel vero senso della parola in uno scompartimento dove c’erano tre ragazzi e una ragazza. –Possiamo sederci?-chiese la figlia di Atena con un sorriso indicando i tre posti vuoti.
-Certo!- rispose un tipo occhialuto e con una cicatrice strana sulla fronte. Annabeth vedendolo si immobilizzò. La guardai sospetto… non era da lei un comportamento del genere… -Ehi?- le diedi uno scossone –Ci sei?
Lei scrollò la testa riprendendo il solito autocontrollo.
-Ma non capisci, lui è Harry Potter!- doveva essere abbastanza fuori di testa per non accorgersi che stava parlando un po’ troppo ad alta voce.
-Emh… senti Annabeth, noi non siamo sapientoni come te quindi non sappiamo chi sia e se devo essere sincera non mi importa- Lizzie si era già seduta accanto alla ragazza riccioluta. Si voltò verso di lei –Piacere, sono Lizzie Jackson, lui è mio fratello Percy e lei è Annabeth Chase.
Sistemammo i bauli e ci sedemmo negli ultimi posti rimasti
-Io sono Hermione Granger, Ron Weasley- indicò un ragazzo dai capelli rossi- Neville Paciock- il ragazzo con una pianta –E Harry Potter- quello che diceva Annabeth
-Siamo capaci di presentarci da soli- ribattè Ron, cercando di sistemarsi la divisa troppo corta per uno alto come lui.
-Oh bene allora, forza, presentati!- ribattè l’altra
-Come faccio se l’hai già fatto tu?
Prima che Hermione rispondesse Harry li fermò –Non incominciate a litigare! PER FAVORE!
Gli altri due si squadrarono e distolsero lo sguardo, una offesa e l’altro imbarazzato.
-Siete nuovi? Non vi ho mai visti? –chiese Harry
-Si- rispose Annabeth –Veniamo da uno scuola americana, ma abbiamo deciso di venire qua- Era brava a dire bugie…
-Allora, com’è Hogwarts?- domandai.
Così iniziammo a parlare della Scuola, o del Quidditch (il gioco del maghi, ma ve lo dico, molto meglio la Caccia alla Bandiera) e di molte altre cose. Il tempo passava allegro, mangiando Cioccorane o altri dolci parlando del più e del meno, era piacevole stare con Harry, Ron, Hermione e Neville e così il pomeriggio sembrava procedere normalmente. Parlai troppo presto.
 
Era la fine del pomeriggio, Annabeth stava discutendo con Hermione di un argomento da secchione in cui non capivo niente, io invece parlavo con Ron, Harry e Neville di altro, mentre Lizzie giocherellava con Gemma (in versione cellulare, naturalmente)
Harry la guardò un attimo prima di dire: -Quello nno funziona a Hogwarts, troppa magia.
Lizzie aprì la bocca per ribattere ma dovette stare zitta: Come poteva spiegare che quella era un arma micidiale?
Anche Hermione si intromise nel discorso.
-Harry ha ragione, a scuola c’è troppa magia, le tecnologie saltano, quindi se non vuoi che il tuo cellulare finisca in mille pezzi, meglio se lo rimandi a casa.
Lizzie guardò prima me, poi Annabeth, in cerca di qualcosa da dire.
-Emh… credo che lo terrò, magari non si distrugge-rispose infine facendo un piccolo sorriso.
-Fai come vuoi.
Stavamo per tornare ai nostri discorsi quando la porta dello scomparto si aprì.
-Bene,bene,bene- disse il ragazzo, quello che avevo già incontrato a Diagon Alley.
-Balbetti, Malfoy?- dissi con un tono di sfida.
-Allora avete già fatto amicizia con questi pezzenti…
-Noi non siamo pezzenti!-esclamò Ron
Malfoy lo guardò scettico –Davvero?- ridacchiò. Stavo per prendere Vortice, ma Annabeth fu più veloce di me. Con un rapido movimento della bacchetta e una parola sussurrata fece cadere a terra il ragazzo, completamente pieno di bolle su tutto il corpo.
-Tornatene al tuo posto, mortale.-si risedette. Beh, forse era meglio se non diceva mortale… molto meglio, ma tanto chi ci avrebbe scoperti?
Malfoy scappò di corsa con i suoi scagnozzi e ne ero certo: meditava vendetta.
-Lizzie, sei sicura di non volerlo rimandare a casa quel cellulare?-chiese di nuovo Hermione.
-Sicura!
-Ma proprio sicura?
Lizzie scattò in piedi –Ora basta- uscì dallo scomparto –Vado in bagno!
La guardai scomparire sorpreso… non era normale che si arrabbiasse così alla svelta!
Passarono i minuti ed ero già pronto ad andarla a cercare, quando ritornò con un sorrisetto.
-Dove è Gemma!?-esclamò Annabeth.
-Non l’avrai veramente rimandata a casa!?-dissi stupefatto.
-Certo che no!- ci sussurrò in modo che gli altri non sentissero –Non sono così stupida!
-Sei sicura? Secondo me lo sei eccome!- mi tirò uno schiaffo –Ahio!
-Così impari Testa d’Alghe!-prese in mano un ciondolo della collana, uno che prima non c’era a forma di spada.
-Quella… non sarà…?
-Si, è la mia spada- sorrise soddisfatta e tornò a sedersi.
-Ok, rimangio quello che ho detto prima, non sei così stupida.
-Grazie, Percy.
 
Studenti che spingevano da una parte, altri che cercavano di andare dall’altra e noi tre in mezzo!
Avevamo perso Harry, Neville, Ron e Hermione appena scesi alla stazione di Hogsmeade e non sapevamo chi seguire.
-Secondo me dobbiamo andare di lì…- Lizzie indicò delle carrozze in fondo alla via.
-No, guarda, stanno andando di là!- indicai un altro gruppo –Forza andiamo!-mi diressi verso quella parte.
-Ma… i bagagli, i gufi…
-Sono già a Hogwarts-rispose Annabeth seguendomi.
Camminammo per cinque minuti quando ci accorgemmo che quello non era il gruppo giusto, stavamo seguendo quelli del primo anno!
-Percy! Non dovevamo andare di qua!- Annabeth si bloccò
-Ve l’avevo detto!-borbottò Lizzie
Alzai gli occhi al cielo –Secondo me è lo stesso da questa parte, in fondo siamo al primo anno! Più o meno…
Annabeth prese un librone dalla borsa e iniziò a sfogliarlo.
-Ti sembra il momento di leggere?- chiesi guardandola stranito
-Ecco- indicò una pagina –Dice che… gli studenti arrivano a Hogwarts con le carrozze… le atre carrozze! Dovevamo andare dall’altra parte!
-Ve l’avevo detto-ripetè Lizzie
-Sta zitta- imboccai di nuovo la strada all’incontrario, ma arrivati al punto di partenza le carrozze erano sparite.
-Mi sa che abbiamo un problema- cercai di sorridere.
 
Spalancammo il portone, con il fiato grosso.
-Farci perdere le carrozze- sbuffò Annabeth –Se non fossi il mio ragazzo ti lincerei!!
-Grazie, mia cara, sempre di conforto.- risposi
-Da che parte dobbiamo andare?-chiese Lizzie guardandosi attorno, come se apparisse un’indicazione nel nulla.
-Credo che dobbiamo andare di lì- dissi indicando un altro portone –Forza o non ci smisteranno più.
-Colpa tua!- esclamarono all’unisono Annabeth e Lizzie
-Date sempre la colpa a me- sbuffai
-Perché sei sempre colpevole!
Entrammo di corsa nella sala, non facemmo neanche caso alle candele che fluttuavano a mezz’aria, al soffitto che sembrava un cielo stellato o a tutte quelle persone che ci fissavano, vedevamo solo lo sguardo severo della professoressa che teneva in mano un cappello a punta logoro e pieno di toppe.
-Scusate…anf-farfugliai con il poco fiato che mi era rimasto –Abbiamo perso le carrozze…anf!!
Sentii delle risatine da parte degli altri studenti.
-Bene-disse solamente la professoressa McGranitt.
Silente si alzò -Quest’anno-iniziò –Avremo tre nuovi studenti che si uniranno a noi, frequenteranno il quinto anno. Prego, professoressa McGranitt- disse rivolto alla donna col cappello. Prese un rotolo di pergamena e chiamò:
-Chase Annabeth!- Annabeth si avvicinò, la prof la fece accomodare su uno sgabello e le fece indossare il cappello… Ci furono attimi di silenzio in cui tutti rimasero con il fiato sospeso poi il Cappello Parlante esclamò:
-CORVONERO!- un applauso fragoroso esplodette dal tavolo accanto a noi, Annabeth si tolse il cappello e corse a sedersi a quella tavolata. Corvonero era la casa dei secchioni… e io non ero un secchione! “O santi dei!”
-Jackson Lizzie!- Lizzie prese un profondo respiro e si avvicinò alla professoressa McGranitt. Indossò il cappello per qualche secondo, minuto… sembrava stessero discutendo… poi:
-GRIFONDORO!
Eravamo già divisi: una a Corvonero, l’altra a Grifondoro… e io?
-Jackson Percy!- cercai di scacciare il groppo in gola e mi avvicinai incerto, continuando a pregare gli dei. Mi sedetti sullo sgabello, continuando a cercare di mantenere la calma, cosa che sembrava impossibile, sentii il cappello scivolarmi sul capo e non vidi più quegli occhi puntati su di me, solo il tessuto logoro.
“Umh… vedo molte cose…” iniziò a dire il Cappello nella mia testa. “Vede coraggio, amicizia, amore ma soprattutto lealtà… molta lealtà, quasi troppa…”
“è una cosa brutta?”
Lui ridacchiò “Oh non è brutta, ma può essere pericolosa… Ma non c’è solo questo… hai delle caratteristiche che… sono indeciso: Serpeverde o Grifondoro?”
Ricominciai a pregare gli dei.
“Ho deciso, sarai… GRIFONDORO!”
La sala risuonò di applausi, la professoressa mi tolse il Cappello e corsi alla mia nuova tavola, accanto a Lizzie, cercai con lo sguardo Annabeth e appena i nostri occhi si incrociarono le sorrisi tristemente. Lei in risposta alzò il pugno in segno di vittoria.
Eravamo divisi, ma lei sarebbe stata sempre con me.
La cena iniziò e la tavolata si riempì di mille portate, c’era di tutto! E la compagnia non mancava. Passò mezz’ora, ridevamo e scherzavamo con tutti, era piacevole! Certo non potevo sapere che la mia allegria sarebbe scomparsa presto…
Lizzie guardò il tavolo dei Cornovero e si bloccò con una faccia preoccupata, poi guardò un altro punto della sala e sbiancò completamente, facendo cadere il bicchiere che aveva in mano.
-Lizzie! Lizzie, che succede?- chiesi preoccupato. Lei mi fece segno di voltarmi. Guardai anche io il tavolo dei Corvonero e anche Annabeth aveva la stessa espressione di Lizzie, solo che aveva anche le lacrime agli occhi… che le era preso? Seguii gli sguardi di entrambe e finalmente capii. Molto probabilmente diventai anche io pallido, e strinsi il bicchiere così forte che per poco non si ruppe.
Il tavolo dei Serpeverde… non poteva essere… ma era vero…
Luke Castellan ci guardava sogghignando dal tavolo dei Serpeverde.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: marygirlonfire