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Autore: Kiyomi    04/02/2012    3 recensioni
«Non ho usato quelle parole. Ho detto che intendo sistemare il tuo brutto caratteraccio...»
«E che sei stufo delle mie cazzate» lo interruppe «Me lo ricordo, ma non credo sia così semplice.»
Gokudera fissò l’altro ancora per qualche secondo, poi distolse lo sguardo. I suoi erano occhi che non riusciva ad affrontare, detenevano in loro un’essenza di verità contro cui non poteva scontrarsi. Erano occhi che lo spogliavano lasciandogli addosso i vestiti.
«Ricordi anche cos'altro ho detto?»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Come tanti piccoli cristalli

 

 

«Stai bene?» chiese qualche minuto dopo aver visto riaprirsi i suoi occhi. Non riusciva a parlare con facilità a causa delle bende e delle ferite sul volto, complici della morfina che probabilmente gli avevano iniettato nel corpo. Era stanco, ma non si trattava solo di quello: si sentiva anche maledettamente frustrato. Non solo aveva perso contro il nemico, un certo Gamma, deludendo così il Decimo e Reborn, ma era anche stato salvato da quell’esaltato di Hibari.

«Sì, sto bene, e tu?»

E per di più aveva messo in pericolo la vita di quell’idiota.

Ricordava con precisione ogni singolo dettaglio di quell’impetuosa battaglia, carica di un’arroganza superba che gli era sempre appartenuta. Ricordava i suoi insulti, le sue parole aggressive, il volto dell’altro per la prima volta spoglio di un sorriso solare, sostituito da un senso di offesa che si manifestava su ogni parte del corpo, su ogni gesto, su ogni parola. Che da quell’offesa poi si fosse generato dell’astio ne era certo, non poteva essere altrimenti, ma si sentiva mortificato e insieme orgoglioso per essere l’unico oggetto di quel sentimento.

«Anche» rispose semplicemente, cominciando a spostare gli occhi su e giù per la stanza, ben attento a non incrociare quelli dello spadaccino. In quel luogo era tutto così fottutamente bianco, dalle pareti, ai letti, alle coperte, a quei macchinari che con quell’odioso rumore chiarivano che sì, erano ancora vivi. Diamine, stavano parlando stranamente senza insultarsi – che poi, ad insultare era sempre e solo lui –, non ci voleva una macchina per capire che fossero vivi.

Almeno quei bip continui e costanti lo aiutavano in qualche modo a scandire il tempo, e a ricordargli che quello non era il purgatorio, l’inferno, o tantomeno il paradiso, a cui tra l’altro non aveva mai realmente creduto, ma l’infermeria del loro rifugio. Avevano rischiato di non vederlo più quel rifugio, di non sentire più alcun rumore, quindi, tutto sommato, quei bip non erano così fastidiosi. E pensare che in fin dei conti, la colpa era solamente sua.

«Scusa» sentenziò brevemente dando le spalle all’altro guardiano, in una mossa impacciata, infantile. Erano passati almeno una decina di bip da quando gli aveva risposto.

«E per cosa?»

Non lo vide, ma capì che il sorriso gli era tornato.

«Perché sono stato un idiota, non sono riuscito a sconfiggere quel tipo, ti ho insultato mentre tu cercavi solo di aiutarmi, ho fatto di testa mia mentre tu mi hai salvato due volte.»

Si era girato, e lo guardava finalmente negli occhi.

«Hai ragione, ho un carattere di merda.»

Yamamoto rise. Era una risata pura, cristallina, di quelle che solo lui sapeva fare, così sincera che per un momento il guardiano della Tempesta si sentì preso in giro.

«Non ho usato quelle parole. Ho detto che intendo sistemare il tuo brutto caratteraccio...»

«E che sei stufo delle mie cazzate1» lo interruppe «Me lo ricordo, ma non credo sia così semplice.»

Gokudera fissò l’altro ancora per qualche secondo, poi distolse lo sguardo. I suoi erano occhi che non riusciva ad affrontare, detenevano in loro un’essenza di verità contro cui non poteva scontrarsi. Erano occhi che lo spogliavano lasciandogli addosso i vestiti.

«Ricordi anche cos’altro ho detto?»

Scosse la testa sorpreso. Quelle parole lo avevano preso alla sprovvista: pensava che quella sua ultima frase, così d’impatto e detta con tono serioso, avesse posto fine alla loro breve conversazione. O meglio, lo sperava. Aveva capito fin dall’inizio che non sarebbe stata una normale chiacchierata con un amico, erano successe troppe cose che non capiva, erano state dette troppe parole, e ad ogni frase dell’altro sentiva un pezzo di anima uscir fuori, svincolarsi dal corpo e mostrarsi al mondo. E lui stava tentando in tutti i modi di trattenerla, artigliandola con le unghie, facendole male – all’esterno si sarebbe rotta, ne era certo –, ma bastavano poche parole per fargli cessare ogni tentativo di difesa.

«Ho detto che dovresti aprire il tuo cuore anche ad altre persone, oltre che a Tsuna.»

Ecco ne era sicuro, si era appena frantumata. Yamamoto gliel’aveva tirata fuori con forza, e lei – l’anima – era andata in mille pezzi, come tanti piccoli cristalli. E l’aspetto peggiore era che non sarebbe riuscito a ricomporla, il Super-Attak non funziona per certe cose, perché dopotutto quello scemo sapeva di cosa stesse parlando.

«Sì,hai proprio ragione.»

Passarono solo pochi secondi prima che si ricordasse le parole dell’Arcobaleno.

«Senti» cominciò un po’ imbarazzato «Prima Reborn sosteneva che tu avessi detto tante cose belle, che hai chiesto di non riferirmi2... Si può sapere di cosa diavolo parlava?!»

Yamamoto rise ancora, come suo solito, e, incurante della scomodità, si alzò dal letto portandosi dietro la flebo. Avrebbe  desiderato una finestra, la luce artificiale gli dava fastidio e, tra l’altro, creava pessime atmosfere, ma capì di doversi accontentare. Gokudera gli dava nuovamente le spalle, il corpo coperto da un velo d’orgoglio e vergogna, il cuore rinchiuso in una lastra di cinico ghiaccio. Un giorno lo avrebbe sciolto quel ghiaccio, ne era convinto, e avrebbe distrutto quel morboso masochismo per cui l’uomo è portato ad amare il proprio dolore, ma per ora si accontentava di sdraiarsi accanto al guardiano, senza che potesse opporre resistenza, accarezzandogli gli argentei capelli.

«Questo è un segreto.»

 

 

 

 

 

1 Nella traduzione ufficiale, quella del 17° volume Yamamoto dice “Intendo sistemare questo tuo brutto caratteraccio. Sono stufo delle tue cazzate”, mentre in un’altra traduzione “Voglio farti cambiare quel cazzo di atteggiamento una volta per tutte. Più ci penso e più mi fa incazzare”.

2 Dal capitolo 155, Reborn: "Yamamoto ha detto la stessa cosa. Ha detto anche molte altre belle cose che ha chiesto di non riferire a Gokudera".

Salve a tutti! Cominciamo dicendo ho letto da poco questi capitoli - solitamente preferisco arrivare a un buon punto del manga prima di scrivere, ma temevo di dimenticare l'idea - e la mia mente malata non ha potuto non vederci dello shonen-ai. Ho amato questi due fin dall'inizio, davvero, e la mia prima fiction sul fandom non poteva che riguardarli. Spero di trovare il tempo di scrivere nuovamente di loro e di altre coppie, o più in generale di scrivere, anche perché mi servirebbe molto esercitarmi. Lo so che questa shot è un'emerita cazzata, ma predonatemi.

Un bacio, Kiyomi.
  
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