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Autore: Princess of the Rose    04/02/2012    2 recensioni
Spagna è l'unico a sapere che cosa ospita una Roma coperta dal candido manto della neve.
NB: Presenza di Itacest
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Neve Romana (ma perché scelgo titoli così orrendi T_T) 
Autore: Princess of the Rose Personaggi/Paring: Italia Veneziano/Feliciano Vargas; Italia Romano/ Lovino Vargas; Prussia/Gilbert Beilschdmit; Germania/Ludwig; Spagna/Antonio Fernandez Carriedo | RomanoXVeneziano; accenni PrussiaXVeneziano
Genere:Angst  
Avvertimenti: Shounen-ai, INCESTO (se non vi piace, non leggete U_U) 
Raiting: Arancione (un po’ per l’argomento trattato, un po’ per la linguaccia di Romano)
Note: Roma sotto la neve da la più disparate ispirazioni. Volevo scrivere una Itacest da un po’, e questo bellissimo spettacolo dell’Urbe innevata mi ha dato l’input. Non mi aspettavo uscisse questo però. 
1)Come già ho fatto notare, questa fic tratta di INCESTO, ossia del rapporto amoroso e carnale fra due fratelli. Niente ho scritto nulla di troppo esplicito, ma ci terrei a sottolinearlo per non avere problemi: se non vi piace, non continuate. 
2)I nomignoli “Romanito” e “Venezito” gli ho letti su una doujinshi spagnola, quindi credo che siano corretti. E poi sono adorabili come soprannomi *_* 
3)* Perché Romano parla spagnolo e Veneziano tedesco? Nel mio headcanon, sanno parlare queste lingue perche sono stati molto tempo sotto il dominio straniero, sarebbe strano se Lovino e Feliciano non sapessero un‘acca di queste lingue (anche se nelle strip dove il tentativo di Spagna di insegnare a Romano la sua lingua non sembra avere un grande successo).
4)** Come penso sappiate, nelle ambasciate e nei consolati i rappresentati dei vari paesi, oltre ricevere i capi di stato e i politici, ci vivono: va da se che, nel mondo di Hetalia, quando una nazione va a visitare un altro paese va a vivere nelle ambasciate, a meno che non sia un congresso fra più nazioni (in quel caso va negli hotel); o, almeno, io la penso così. 
5)*** Sempre nel mio headcanon, TUTTI i possedimenti dell’Impero Romano sono imparentati più o meno alla lontana, e hanno vissuto nella casa di Nonno Roma tutti assieme fino alla dissoluzione di questi (quindi si: per me, lo Spamano è incesto, anche se non più di quanto lo sia tra lontani cugini). 
Buona lettura! *si nasconde in preda alla perenna paura dell’OOC* 



<< La neve a Roma è un evento raro, degno di essere vissuto al meglio! >> 
Era stata quella la frase d’esordio di Spagna quando aveva iniziato a nevicare sulla capitale d‘Italia, coprendo le strade e i monumenti con un candido manto che rendeva la Città Eterna ancora più magica di quando non fosse già. O almeno così dicevano sui giornali e in tv. 
Per Romano erano solo cazzate: la circolazione dei veicoli, già difficile di suo in una città piena di strade intricate e vicoli ciechi come Roma, diventava impossibile; faceva un freddo pazzesco e si scivolava sul ghiaccio. Quale coglione poteva pensare che la neve fosse bella? 
<< Vieni, Romanito, vieni a vedere quanto sono belle le Scale della Trinità con la neve! >> 
Un imbecille come Spagna, ovviamente.
L’Italia del Sud sbuffò, avvicinando alla finestra al primo piano dell’ambasciata spagnola e osservando la piazza su cui si affacciava, piena di turisti perfino quando imperversava una bufera come quella. 
<< Es meravolloso, ¿verdad? >> chiese l’altro, gli occhi verdi brillavano come quelli di un bambino. 
<< No, no es* >> sbottò l’italiano, tornando a sedersi sul morbido divano del piccolo monolocale riservato alla nazione iberica**, riprendendo a bere a piccoli sorsi la sua cioccolata calda. Spagna, dal canto suo, continuò a godersi il bianco spettacolo offertogli dall’Urbe ancora per qualche minuto. 
<< Sai, non ricordo che a Roma abbia mai nevicato quando eravamo piccoli.*** >> disse quasi casualmente, risedendosi vicino alla sua ex-colonia. Quest’ultimo si limitò ad emettere un grugnito infastidito, non volendo ricordare il periodo della sua infanzia. Ma Spagna, come al solito, non ci fece caso. << Ho solo ricordi di giornate soleggiate, non è curioso? >>
<< Per uno che ha una memoria brutta come la tua, no. >> disse il Meridione, bevendo un altro sorso della calda bevanda. << A Roma nevicava. Raramente, ma nevicava. >> 
<< Davvero? Chissà perché non me lo ricordo. >> disse lo spagnolo, ridendo spensierato mentre afferrava la propria tazza piena di cioccolato bollente. Romano sospirò, esasperato. 
<< Ma Venezito dov’è? >> 
<< A casa del crucco. >> mormorò l’italiano, ribollendo di rabbia mentre ripensava al battibecco che aveva avuto col suo fratellino quella mattina, quando quest’ultimo aveva deciso di andare a trovare il suo “fidanzato” dall’altra parte dell’Europa, nonostante le previsioni sconsigliassero di mettersi alla guida. 
<< Ah, capisco. Questo spiega perché Prusia non risponde al telefono. >> disse Spagna, non notando l’irrigidimento delle spalle dell’altro. << Si starà godendo una dulce compañia >>. 
<< Sei proprio un bastardo >> mormorò Romano dopo qualche attimo di silenzio, alzandosi di scatto e dirigendosi al lavello, pulendo con rabbia la tazza sporca. Spagna lo seguì con lo sguardo, perplesso. Che aveva detto di male? 
<< Romanito? >> provò a chiamarlo, ma venne interrotto quando sentì le note dell’inno spagnolo spargersi per la stanza. Dalla tasca prese il suo cellulare, controllando chi lo stesse chiamando. Prussia. 
<< ¡Hola, amigo! >> esclamò gioiosamente quando rispose al telefono, sistemandosi meglio sul divanetto. << No, non disturbi, tranquillo. >> 
“Parla per te.” pensò Romano, riponendo bruscamente la tazza nella dispensa e rimettendosi a sedere vicino al suo ex-capo, livido in volto dall’irritazione.
<< No, sono in Italia, all’ambasciata, insieme a Romano… Oh si, sta nevicando, anche parecchio forte… No, non credo… No, volevo solo chiederti riguardo all’incontro che dovevamo avere la settimana prossima con Francia, ma possiamo parlarne più tardi… Si… Si, va bene glielo riferirò. Adios! >>
<< Che voleva? >>
<< Nulla di che, dovevamo solo organizzare un incontro tra noi tre vecchi amici, sai com’è. >> disse Spagna, per poi alzarsi per andare a lavare la sua tazza. << Ah, mi ha detto di dirti che Venezito rimane a dormire da lui e Alemagna. >>
Romano si irrigidì, per poi digrignare i denti con forza. Spagna, che si aspettava improperi e bestemmie, si voltò, sorpreso dall’insolito silenzio dell’altro. 
<< Romanito? >> 
<< Chiamalo. >> disse, anzi, ordinò l’Italia del Sud, prendendo il cellulare dello spagnolo - lasciato sul divano alla fine della chiamata - e lanciandoglielo contro. << Chiamalo e digli che Veneziano deve tornare immediatamente in Italia! >> 
<< M-Ma Romano- >> provò a replicare Spagna, prendendo maldestramente al volo il proprio telefonino. 
<< Niente ma! Chiamalo maledizione! >> urlò il Meridione, avvicinandosi all’altro e strattonandolo per colletto del maglione. << Non deve rimanere più del necessario in quella casa di barbari crucchi! Chiamalo e digli di tornare a casa! >>
<< Ma Romano, abbi pietà, non posso chiamare Prusia e dirgli di far tornare Venezito qui! Sta nevicando anche nel nord Europa, se Venezito si mette alla guida in questo momento potrebbe essere pericoloso! >>
<< Non mi importa! Fallo venire QUI!!! >> Spagna cercò di fare una delle cose che peggio gli riuscivano: capire che aria tirava, si direbbe in italiano; ma, come era facilmente prevedibile, su un totale fiasco. 
<< Prusia non sarà contento. >> disse come ultimo tentativo per farlo desistere, ma fu del tutto inutile: l’Italia del Sud era irremovibile. Sospirò, iniziando a comporre il numero mentre le mani dell’italiano lasciavano il povero colletto del suo maglione. 
<< Non puoi controllare così la vita di Venezito però. >> disse mestamente, portando l’apparecchio all’orecchio. Aspettò qualche minuto, ma dall’altra parte non rispose nessuno. 
<< Bastardi mangia - patate, crucchi di merda!!! >> sibilò minacciosamente Romano, sedendosi pesantemente sul divano. << Chissà che gli starà facendo quel porco! >> 
<< Romanito, calmati, non è che lo sta violentando. >> disse Spagna mentre ricomponeva il numero dell’ex-nazione prussiana. 
Il Meridione neanche lo aveva sentito, immerso com’era nei suoi pensieri. Strinse i pantaloni nelle mani, mentre immaginava Veneziano tra le braccia di Prussia; sentì salire la nausea al pensiero del Settentrione toccato, carezzato, baciato da quell’aborto di nazione. Si morse il labbro inferiore a sangue per trattenere un urlo di frustrazione. Odiava Prussia. Lo odiava. Lo odiava a morte. Lo detestava. Lo- 
<< Romanito. >> la voce bassa di Spagna lo colse quasi di sorpresa. Si voltò: gli occhi smeraldini dell’altro lo stavano guardando in uno strano misto di pietà ed esasperazione. Grugnì, infastidito. 
<< Alla fine ci sei arrivato, bastardo. >> 
<< Romano >> Spagna sospirò, sedendosi vicino alla sua ex-colonia e poggiando una mano sul suo ginocchio, stringendo piano. << Ancora con quella storia? >> 
<< Non iniziare. >> sbottò l’italiano, sottraendosi al tocco dell’altro. << Ne abbiamo già parlato. >> 
<< Appunto perché ne abbiamo già parlato dovresti sapere come la penso. >> disse lo spagnolo, lanciandogli un’occhiata malinconica. Un freddo silenzio cadde fra i due. 
<< Non lo sopporto. >> disse infine l’italiano, fissando lo sguardo oltre la finestra. 
<< Lo so. >> 
<< No, non lo sai. >> 
<< Posso immaginarlo. >> 
<< No, non puoi. >>
Spagna sospirò. << Non mi stai rendendo le cose semplici. >> 
<< Bastardo, sta zitto! >> Romano si voltò versò il suo ex-capo, notando che gli occhi verdi dell’altro si erano inscuriti. Brutto segno. 
<< Romano. >> 
<< Non rompere il cazzo, Spagna! >> 
<< E’ sbagliato. >> 
<< Lo so, cazzo! >> 
<< Non mi sembra che tu te ne renda conto, Lovino. >> il tono della voce di Spagna si era decisamente abbassato, segno che Romano si stava avvicinando ad un limite che non avrebbe dovuto superare. E poi, lo aveva chiamato col suo nome. Bruttissimo segno. 
<< Me ne rendo conto meglio di te, dannazione! >> 
<< Lovino- >> 
<< Non sono uno stupido, al contrario dei coglione come te queste cose le capisco! Non è colpa mia se… è successo, ok!? >> 
<< E’ tuo fratello- >> 
<< Lo so!!! >> urlò l’italiano, afferrando nuovamente per il collo del maglione lo spagnolo e avvicinando i loro volti. << Lo so che è mio fratello. Ma anche tu e quel porco di Francia lo siete, e non mi sembra che vi siate mai fatti problemi a portarvi a letto me o Feliciano! >> Nuovamente cadde il silenzio, interrotto solo dal respiro affannoso di Romano. L’espressione di Spagna era dura, severa, ma l’italiano non se ne fece intimorire- non più del necessario, almeno. Dopo qualche attimo, gli occhi dello spagnolo si addolcirono. 
<< E’ una cosa diversa e tu lo sai. >> la voce dell’altro era ancora ferma, ma il rischio di farlo arrabbiare sul serio era ormai passato. Romano lo lasciò andare, rimettendosi composto sul divano, lo sguardo basso. Lo spagnolo, intenerito, gli scompigliò la frangia bruna, ridendo lievemente quando l’altro scacciò bruscamente la sua mano. Il cellulare di Spagna squillò in quel momento. Questi rispose subito e, come era facilmente prevedibile, ad aver chiamato era Prussia. 
Mentre i due parlavano, Romano si era diretto verso la finestra. Rimase sorpreso nel vedere quanta neve avesse fatto così poco tempo: le Scale della Trinità erano totalmente imbiancate, così come Piazza di Spagna e la Fontana della Barcaccia. Per quanto odiasse ammetterlo, era un bello spettacolo. 
<< Venezito partirà appena smetterà di nevicare. >> disse Spagna dopo aver attaccato il cellulare; Romano notò il riflesso dell’altro nella finestra, il sorriso malinconico sul volto bronzeo dello spagnolo lo fece sentire lievemente in colpa.
<< Prusia non era molto contento. >> 


 << Scheisse, è assurdo. >>  
<< Ve~ Prussia, non fare così. >> 
<< E come dovrei fare, scusa? Quello psicopatico di tuo fratello è una vera scocciatura. >> grugnì Prussia, sedendosi pesantemente sul letto della camera degli ospiti dove Veneziano avrebbe dovuto riposare quella notte. 
<< Ve~ Non parlare così di Romano. Probabilmente è successo qualcosa e vuole che torni. >> disse Italia mentre sistemava le cose che si era portato da casa dentro la sua valigia - non senza un certo dispiacere: si era preparato così bene per passare una bella giornata con Prussia e Germania… 
<< Bah, sarà. Però è Italia anche lui, se c’è qualche problema provasse a cavarsela da solo. >> disse l’ex-nazione, osservando criticamente il suo ragazzo mentre sistemava una pentola dentro il bagaglio - come fosse riuscito a farcela entrare rimaneva un mistero. 
<< Ve~ magari servo proprio io. >> 
<< Si, come no! Quello è Italia solo quando gli pare. >> 
<< Ve~ non dire così! >> Veneziano si avvicinò all’albino, le mani sui fianchi e un adorabile broncio sul bel volto. << Anche Romano si impegna! >> 
Prussia rimase qualche attimo in silenzio, per poi afferrare per la vita l’italiano e buttarlo sul letto, sotto di lui. L’altro squittì leggermente, completamente colpo di sorpresa, i grandi occhi castani insolitamente aperti. Sembrava un cerbiatto braccato da un cacciatore - e mai paragone fu più azzeccato, specialmente se il cacciatore era una ex-nazione guerriera come Prussia e il cerbiatto una dolce e ingenua repubblica come Italia. 
<< Sei adorabile, Italien! >> disse l’albino ghignando, baciando l’altro tutto il viso e sul collo. Veneziano rise, abbracciando l’altro con tutta la forza che aveva, ricambiando i baci con altrettanta dolcezza. << E’ un peccato che te ne devi andare così presto. Ci vediamo sempre così poco >> 
<< Ve~ spiace anche a me. Sarei rimasto volentieri, però- >> 
<< Te ne devi andare. >> concluse amaramente il prussiano, sfregando il naso contro quello dell’italiano. Veneziano sorrise mestamente, prendendo una mano dell’altro e baciandola con devozione. In quel momento, la porta si aprì. 
<< Italien, ha smesso di nevicare se vuoi and- oh! >> Germania si fermò sull’uscio, arrossendo furiosamente nel vedere la posizione compromettente in cui erano suo fratello e l’italiano suo migliore amico. Già, migliore amico. 
<< Un tempismo perfetto, come al solito, eh West? >> disse Prussia, alzandosi da sopra Veneziano, il quale era leggermente arrossito. 
<< Um, jaItalien, non nevica più, se vuoi andare questo è il momento giusto. >> disse velocemente la nazione tedesca, chiudendosi poi la porta alle spalle. 
<< Ve~ Germania sembra triste. >> notò Italia alzandosi dal letto per chiudere la valigia.
<< Bah, sarà la crisi. >> disse Prussia, indossando il maglione pesante e prendendo il bagaglio dell’italiano. 
<< Ve~ aspetta! Faccio da solo! >>
<< Ma figurati. Non sarei magnifico se ti lasciassi portare un peso del genere. >> disse ghignando, dirigendosi verso la porta - a dire il vero, la valigia non pesava poi molto, ma cosa non si fa per fare bella figura davanti al proprio amato?
<< V-Ve~ >> Italia arrossì leggermente, compiaciuto di tutte quelle attenzioni che Prussia gli riservava; era sempre così gentile con lui, pronto a fare qualunque cosa appena lo richiedeva. Il sorriso scemò subito dalle sue labbra. L’albino avrebbe fatto di tutto per lui, e come lo ricambiava? Veneziano avvertì gli occhi pizzicare, soffocato dai sensi di colpa. Era davvero una persona orribile. 
<< Forza, meglio andare prima che ricominci a nevic- Eh? Italien? >> Prussia si fermò davanti alle scale quando avvertì l’italiano poggiarsi contro la sua schiena, la testa sulla spalla. Il delicato odore dei capelli della repubblica, simile al miele, stuzzicò piacevolmente il suo olfatto, così come il calore del suo corpo. 
<< Danke, Preussen.* >> mormorò l’altro, stringendosi all’albino e nascondendo le lacrime nel suo maglione, inspirandone a fondo l‘odore muschiato. 


 << Ve~ fratellone sono a casa! >> La voce di Veneziano lo colse di sorpresa. Non aveva sentito il portone aprirsi. << Ve~ fratellone, dove sei? >> 
<< In camera idiota! >> rispose Romano, non muovendosi di un millimetro dalla sua posizione, seduto sul bordo del letto e con la testa fra le mani - aveva passato così tutto la serata, dopo aveva lasciato Spagna all‘ambasciata ed era tornato a casa. Avvertì la pesante cadenza dei passi del suo fratellino lungo il salone, lo scricchiolare delle vecchie scale di legno al suo passaggio, sempre più vicino alla loro camera. D’istinto, portò lo sguardo al crocifisso appeso sopra il letto. Il volto del Cristo sembrava molto più duro che sofferente. 
“Perfino una statua inorridisce.” pensò, massaggiandosi le tempie. Maledetta educazione cattolica! 
<< Ve~ fratellone! >> Veneziano entrò nella stanza con la sua solita malagrazia, rischiando di inciampare su un mobile. << Waa!!! C’è mancato poco! Allora, fratellone, che dovevi dirmi? Come mai mi hai fatto tornare? >> 
<< Lo ami? >> 
Due parole, e tutto il suo entusiasmo si spense in un battito di ciglia. Il Settentrione guardò suo fratello in un misto di stupore e tristezza, avvertendo il suo cuore stingersi in una morsa glaciale come la neve che cadeva su Roma in quel momento. 
<< C-Che vuoi d-dire? >> 
<< Lo ami? >> ripeté Romano, il tono della voce non lasciava traspirare alcuna emozione, al contrario dei suoi occhi, che emanavano scintille. Il minore se ne sentì in soggezione. 
<< V-ve~ i-io… n-non lo so… >> balbettò mestamente, cercando di non incrociale lo sguardo del Meridione e di fare ordine nei suoi pensieri. 
Romano, d’altra parte, non disse nulla, limitandosi a squadrare il fratello da capo a piedi. La pelle bronzea, i capelli bruni e gli occhi castani avevano lo stesso colore dei suoi, ma di una tonalità più chiara, come se fossero stati mischiati col dorato del miele. E lui sapeva che, del miele, quel corpo ne aveva anche il sapore e l’odore. Oh, se lo sapeva! 
Veneziano si azzardò ad alzare gli occhi: suo fratello non smetteva di guardarlo, stranamente inespressivo; si vedeva che era distrutto, se per la giornata faticosa in cui una Roma innevata lo ha tenuto impegnato o per il peso del peccato che entrambi portavano sulle spalle, non avrebbe saputo dirlo. Forse era per entrambe. 
<< Veneziano. >> la voce roca di suo fratello gli provocò dei brividi lungo tutto il corpo. Deglutì a fatica, incatenando il suo sguardo a quello del fratello, e la vide: una sottile, tacita supplica, una domanda. 

Mi ami? 

L’Italia del Nord sorrise solare, avvicinandosi all’altro e portando il capo del fratello contro il suo ventre, carezzando i morbidi capelli bruni. 
<< Ti amo. >> mormorò, stringendolo a sé, sorridendo quando Romano avvolse le braccia attorno ai suoi fianchi in una stretta soffocante, ma non protestò: non ne aveva né la forza - dopo ore di macchina passate al freddo e nel traffico - né la voglia. Non protestò nemmeno quando sentì delle calde mani alzare leggermente il maglione, e delle labbra bollenti tracciare un percorso immaginario sulla pancia e attorno all’ombelico; né quando Romano lo fece stendere sul letto, sotto di lui, spogliandolo e spogliandosi di tutti i vestiti; né quando prese a carezzarlo su tutto il corpo con tocchi sapienti ed esperti, nel modo giusto per farlo impazzire. 
Fu quasi per caso che lo sguardo di Veneziano cadde sul crocifisso sopra il letto matrimoniale: mai il volto di Cristo gli parve più severo e duro, silenzioso spettatore e accusatore. Codardo, chiuse gli occhi, preferendo perdersi nell’amore di suo fratello che in stupidi ragionamenti cattolici e morali. Ma alla fine, quando all'apice il volto di Prussia gli si presentò davanti agli occhi, sorridente e gentile, non riuscì a trattenersi. 
<< Lovino. >> mormorò ad un certi punto, aggrappandosi alle spalle dell’altro con tutta la forza che aveva, gli occhi lucidi di piacere e di lacrime trattenute da tempo. << Andremo all’inferno? >> 
Romano non rispose.
   
 
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