-Che cosa vuoi?-
-Che cosa vuoi?- La domanda ti arriva inaspettata, alzi
il viso da terra e guardi il tuo interlocutore. Hai una strana espressione
sulla faccia, a metà tra sorpresa e consapevole.
-Cosa voglio?- ripeti con voce incerta lasciando vagare lo
sguardo su ciò che ti circonda, per poi tornare inevitabilmente a lui.
-Si, cosa vuoi?- Lo chiede con un intensità che ti
ferisce quasi quanto ti trafiggono i suoi occhi inchiodati nei tuoi. Avanza di
un passo mentre parla, quasi per farti capire l’importanza della risposta e tu,
inconsapevolmente, ti scosti un po’. Sembra una danza: uno incalza, l’altra
indietreggia.
-Voglio…- Non sai cosa dire, non ti vengono le parole -…voglio,
voglio l’amore- dici stupidamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo
e l’innocenza dietro quelle parole ti fa quasi commuovere.
-Vorrei solo sentirmi dire che sono abbastanza- continui ora
più sicura -che sono abbastanza bella, abbastanza simpatica, abbastanza
intelligente per qualcuno- Adesso le parole fluiscono liberamente, scivolano
dalle labbra inconsapevolmente.
-Voglio che quel qualcuno scegliesse me, senza paura,
senza esitazioni, che mi puntasse il dito contro e mi dicesse che uno sguardo è
basto per capire che sono io quella che vuole, che i suoi occhi non hanno
tentennato, che la sua testa non è andata alla ricerca d’altro, che era come se
una forza lo spingesse verso di me- concludi quasi senza fiato mentre le
guancie si tingono di rosso per la passione messa nella frase.
Sul suo volto si delinea un sorriso, un sorriso
soddisfatto. -Perché io sono abbastanza, e anche oltre. Perché io gli riempio
gli occhi, le tasche e il cuore- La tua voce si alza un po’ -Perché io sono
abbastanza- Metti tutta la passione che provi in quell’io. Ansimi un po’ dopo aver concluso, ma ti senti sorprendentemente
bene adesso.
Il sorriso dell’altro ora è più luminoso che mai, gli
occhi ardenti.
Bip, bip, bip, bip, bip.
Una nebbiolina comincia ad avvolgerti come in un
abbraccio e presto non riesci più a vedere nemmeno ad un palmo dal tuo naso.
Bip, bip, bip, bip, bip.
Quel suono insistente ti martella nelle orecchie e ti
riempie la testa, fai per muoverti e senti intorno a te un fruscio di cotone. Spalanchi
gli occhi di scatto e quello che ti appare non ha niente a che fare con quello
che avevi attorno prima che quel rumore e quella nebbiolina comparissero dal
nulla.
Sei distesa
scompostamente sul letto e la sveglia sul comodino continua imperterrita
a suonare. Con una colpo secco della mano la fai tacere, ti stropicci gli occhi
e ti scosti i capelli dalla fronte sbuffando.
Solo un sogno, solo
un sogno ripeti
tra te e te.
-Stamattina proprio non avevi intenzione di svegliarti,
eh?- chiede tua madre non appena ti affacci alla porta della cucina.
-Lasciamo perdere- rispondi prendendo il latte. -Ho fatto
uno strano sogno appena prima che suonasse la sveglia- dici a mo’ di scusa
mentre afferri anche la tua tazza rossa.
-Un sogno strano?- ripete lei interessata, sai bene
quanto queste cose l’affascinino.
-Si, un sogno strano e il tutto si concludeva con la
comparsa di una nebbiolina davvero inquietante che circondava tutto- racconti
in una mezza risatina mentre ti accingi a versare il latte.
-E prima che succedeva?-
-Prima...- L’occhio ti cade sull’orologio sopra il
microonde, che segna già le sette e cinque -prima… mamma te lo dico quando
torno dall’università!- Le dai un bacio veloce sulla guancia che quasi le fa
andare di traverso il biscotto che stava mangiando mentre riappoggi sul tavolo
tazza e latte.
-Dai, sono curiosa!- ribatte lei.
-E io sono in ritardassimo!- urli mentre ti precipiti
fuori dalla stanza.
-Sai che se era in bianco e nero si avvererà, no?- La
domanda ti arriva come da lontano, fintantoché fai le scale di corsa con la
borsa in una mano e il giubbotto e la sciarpa nell’altra. Ma mentre tenti di
fare gli scalini più in fretta che puoi senza cadere hai come la sensazione che
il sogno sia stato davvero in bianco e nero.
***
-Oddio, finalmente la pausa!- esclami sorridendo mentre
ti avvicini a lui stiracchiandoti un po’.
-Si, non ne potevo più neanche io- replica lui sorridendo
a sua volta. -Vieni alle macchinette dai che ti offro qualcosa, così ci tiriamo
su!- Fa qualche passo in avanti, poi si gira verso di te, che non ti sei mossa
e ti guarda fisso. -Che cos’hai?- chiede.
-Niente, arrivo- Ti incammini di fianco a lui con la
sensazione di aver già vissuto questa scena, come se fosse un déjà vu.
-Che cosa vuoi?- La domanda ti arriva inaspettata, alzi
il viso da terra e lo guardi negli occhi scuri. Hai una strana espressione
sulla faccia, a metà tra sorpresa e consapevole.
-Voglio l’amore, voglio solo sentirmi dire che sono
abbastanza- Una mano va a coprire la bocca non appena le labbra tornano a
chiudersi. Le parole sono sgorgate spontaneamente, come se fossero acqua,
incapaci di essere trattenute. Arrossisci e ti chiedi perché devi fare queste
figure sempre quando c’è lui, lui con quei suoi occhi scuri in cui ti perdi
ogni volta.
-Come?- chiede confuso.
Ti schiarisci la gola e soffocando l’imbarazzo dici: -Ehm
si, un caffè e lo zucchero così è abbastanza- Allontani lo sguardo lasciandolo
vagare intorno a te, mentre lo senti premere i tasti della macchinetta.
***
‘Voglio l’amore.
Voglio
sentirmi dire che
sono
abbastanza.’ Sei
abbastanza libera
domani
pomeriggio per uscire con
me?
Mentre per l’ennesima volta rileggi il messaggio che ti è
appena arrivato ti rendi conto che non era vero che non aveva capito che cosa
avevi detto quella mattina durante la pausa.
Il sorriso non ti abbandona dalle diciassette e ventitre,
momento in cui il cellulare ha tremato e il tasto centrale si è messo a
lampeggiare per il messaggio appena ricevuto.
Sei lì che fissi ancora lo schermo con quel sorriso ebete
sulla faccia e che pensi a quella volta in cui lui ti ha detto che nei messaggi
importanti non dovrebbero esserci faccine o smile, quando tua madre entra nella
tua stanza e vedendoti così ti chiede con un espressione accigliata sulla
faccia: -Che cos’hai?-
Alzi il viso e le rivolgi gli occhi: -Che cos’ho?- ripeti
-Ho avuto esattamente quello che volevo- rispondi semplicemente sorridendole.
~Note dell'Autore
Storia scritta per
il contest ‘Diamo i numeri!’ di Writers Arena Rewind, in cui si doveva scegliere un numero e
inserirlo nello scritto.
Io ho scelto il numero 2: questo è il numero della ricettività,
del sogno, dell’intuizione; il tipo DUE è molto legato
alla famiglia, alla tradizione e possiede grandi qualità istintive, sensoriali
e umorali. Dotato di molto fascino, è sensibile, idealista e spesse volte
pigro. Si adatta facilmente alla routine della vita quotidiana e, anche se un
po’ capriccioso, riesce simpatico. Avrà una realizzazione di destino concreta,
anche se con inizio difficile.
La ragazza
protagonista della storia è impersona il numero in questione. La storia è
composta da varie parti: la prima delle quali è un sogno che lei fa, in questa
prima parte ho inserito appunto il sogno ed anche il fatto di essere idealista
nella sua idea dell’amore. Sempre nella prima parte ho cercato di inserire
l’attaccamento alla famiglia (nella scena con la mamma) e il facile adattamento
alla routine della vita quotidiana (con le azione meccaniche di quando si
prepara la colazione), oltre al fatto di essere pigra (in quanto fa fatica ad
alzarsi dal letto). Successivamente ho interpretato il ‘lieto fine’ e
l’incomprensione della risposta da lei data come ‘avrà una realizzazione di
destino concreta, anche se con inizio difficile’ ed ho inserito il fatto di essere
sensibile.
L’interpretazione
della storia è il fatto che il sogno si realizza, ma non esattamente come ci si
potrebbe aspettare.
Spero di essere
stata abbastanza chiara, ma più di tutto spero che abbiate gradito.
Una recensione
scalda sempre il cuore, con questo freddo poi.
Grazie,
J.