0.5 Snake:
“Merda,
devo scappare
o rischio di lasciarci la pelle…”
Gli occhi penetranti colore dell’oro fissavano doloranti la
ferita da arma da
fuoco inflitta al braccio destro;
stringeva i denti e strappando un lembo dei pantaloni militari cercava
in ogni
modo di bloccare l’emorragia.
“Se uscirò vivo da questa
missione giuro
di picchiare a sangue il Boss per avermi immischiato in questo
casino.”
Il sangue continuava a fuoriuscire, colando lungo il braccio,
lasciava una
scia rossastra sul pavimento e l’odore dolciastro del liquido
denso.
Snake correva disperatamente verso l’enorme cancello che
divideva la zona
periferica dalla zona residenziale delle Family, i potenti della
nazione, nella
speranza di poterla far pagare ai suoi inseguitori (anche se prima
avrebbe
desiderato massacrare il suo capo) un giorno. Dietro di lui poteva
percepire
distintamente il rumore dei passi di 17 uomini armati di mitra e
revolver,
pensò che se fosse
stato
armato li avrebbe fatti fuori in 45 secondi netti; si sentiva svenire,
fissò la
Luna illuminandosi del suo colore biancastro, mostrando la propria vera
natura.
La pelle bianca, sembrava quasi essere squamata, come quella di un
serpente,
gli occhi risplendevano e i capelli, lunghi, tirati
all’indietro, seguivano la
brezza mostrandosi in tutta la loro magnificenza;
il ragazzo apriva la bocca ansimando per la
disperata fuga mostrando due affilati canini.
Fissava il cancello mastodontico come
per cercare di
oltrepassarlo con il pensiero stesso, sbigottito alla vista di tale
enormità e
udendo le voci degli inseguitori, “
O la
va, o la spacca.”,
si lasciava il
braccio ferito, deciso a scalare quel muro di ferro: delle fitte lungo
tutto il
braccio lo facevano tremare dal dolore ogni volta che provava ad
aggrapparsi ad
una trave, sua unica via di fuga.
Oltrepassava finalmente quello spesso spazio che sembrava voler
dividere due
diverse realtà, balzando per terra da un paio di metri di
altezza, rischiando
di rompersi una caviglia, pensando che, finalmente, avrebbe potuto
riposarsi
qualche secondo. Scrutava l’orizzonte, intuendo che quella residenza fosse
la più vicina. Infrangeva nuovamente
lo sguardo contro la Luna piena e socchiudendo gli occhi si rilassava
per pochi
istanti, sentendo sempre più lontane le voci dei
mafiosi…
Il felino si
avvicinò
a degli uomini alti quasi il doppio di lui, li fissò con i
suoi occhi
azzurri, estrasse
dallo zaino un
pacchetto di droga, profumatamente pagato con tre centoni dai due
spilungoni.
Questo era il lavoro del Boss, spacciare la droga.
“Boss!” l’esile corpo della vipera rise
sonoramente legando le braccia attorno
al collo del randagio.
“Snake! Quante volte ti ho detto di non cercarmi sul lavoro!
Forza, torna a
casa i tuoi saranno preoccupati.”, l’amico si
strinse a suo volta in
quell’abbraccio.
“La mamma sta lavorando con un signore
così mi ha mandato via di casa…
Posso tornare solo appena finisce.”, la voce di Snake si
spense lentamente
mentre stava parlando.
“Quella donna non ha ritegno”
il Boss
solo 12enne prese in braccio il bambino, assopitosi essendo stata ormai
notte
fonda; portandolo con se’, nella sua umile dimora,
stringendosi corpo a corpo
su una brandina scomoda e fredda, riscaldandosi a vicenda, cuore contro
cuore.
Snake sorrideva riaprendo gli occhi,
come dopo aver fatto un
“bel sogno”, si alzava in piedi e riprendeva la sua
corsa verso il palazzotto
da lui scelto antecedentemente come propria salvezza.
Leggeva in un sospiro l’enorme quadrante in ferro battuto
sopra il cancello della
villa “Stradivari…” proseguì
stringendosi il braccio con la mano opposta “Spero
siano ospitali.”
** Nel capitolo successivo a questo ci sarà
l’incontro dei due ragazzi, spero “venga
fuori” come voglio io, See you next time! **