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Autore: ShioriKitsune    05/02/2012    3 recensioni
One shot scritta dal punto di vista di Damon. Si tratta delle puntate 2x21 - 2x22 in una mia visione delle cose (che, per fortuna, non sono andate così!)
Spero che vi possa piacere! :)
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Katherine Pierce
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Battito del cuore, solo il flebile battito di un cuore che sembrava fosse sulla via per rimbombare un’ultima volta prima di tacere per sempre, lasciando che il silenzio della notte mi invadesse le orecchie e l’atmosfera attorno a noi diventasse pesante, più pesante di quanto già non fosse. Così pesante da sentirla quasi pressare sulle nostre teste, come se volesse schiacciarci, spingendoci verso il basso.
La situazione era ingestibile, molto più rischiosa di quanto avessimo pensato. Perché la verità era che avevamo sottovalutato il nostro nemico, questa volta. Eravamo stati sciocchi ed esageratamente presuntuosi, pensando di poterlo battere senza nessuna perdita.
Infondo, era Klaus, un originario. Se fosse stato un cazzone qualunque, non sarebbe di certo sopravvissuto per tutti questi secoli.
E adesso, stava per ottenere ciò che desiderava, ciò che bramava più di qualsiasi altra cosa al mondo e noi.. beh, noi stavamo per perdere lei.
Alzai lo sguardo, stringendo gli occhi a causa del fumo. Tutto stava bruciando, le fiamme divoravano ogni cosa che capitava sulla loro strada, anche i corpi della ormai morta Jules e della povera zia Jenna. Lei non c’entrava nulla, lei era innocente, una povera vittima tirata in ballo senza alcun motivo specifico. Era stata colpa di Katherine. Era sempre colpa sua, no? E avrebbe pagato, prima o poi. Avrebbe pagato per tutto. Il cerchio di fuoco si chiuse, bloccando Elena al suo posto, mentre Klaus si avvicinava per bere da lei ancora una volta, l’ultima volta. Aveva un’aria talmente sicura di se che la mia ira toccò un apice pericoloso. Ringhiai, avvicinandomi di soppiatto al fuoco. Non poteva averla, non glielo avrei permesso, anche se fosse stata la mia ultima buona azione sulla Terra. Infondo.. si sapeva, no? Si sapeva che avrei sacrificato la mia vita, per lei.
Il fuoco era un ostacolo, però. Era una barriera invalicabile che mi impediva di andare da lei e pararmi di fronte al suo corpo per farle scudo. Ma prima o poi avrebbe dovuto attenuarsi, altrimenti nemmeno Klaus sarebbe stato in grado di raggiungerla. E, a quel punto, mi sarei fiondato verso di lei. Ero nascosto dietro un masso abbastanza alto, ma sapevo che lui aveva già individuato la ma presenza. Allora perché tardare a farmi fuori? No, non era nel suo stile far finta di niente. Era forse così concentrato sul suo obbiettivo da non rendersi conto di quello che stava accadendo intorno a lui? Improbabile, ma non impossibile.
Ma Elena stava per morire, aveva freddo. Sentivo i suoi brividi sulla mia pelle, come se ci fosse una qualche specie di connessione, a legarci. Tutti sapevano che l’amavo sopra ogni cosa e che avrei dato tutto per lei.. ma lei? Lei lo sapeva? Eh si, si che lo sapeva. Ma volevo esserne certo, volevo che lo leggesse nei miei occhi un’ultima volta, perché non ero certo che sarei stato tanto fortunato da vedere il sole sorgere un altro giorno.
Uscii dal mio nascondiglio, permettendole di vedermi. E, quando incrociò il mio sguardo, avvertii una stretta allo stomaco. I suoi occhi si illuminarono di rinnovata speranza, mentre un debole ma dolce sorriso le illuminava, per quanto possibile, il volto stanco. Sorrisi di rimando. Anche così, in quello stato, con i capelli appiccicati alla fronte e il viso sporco di terra, era la creatura più bella che i miei occhi avessero mai visto. Le sue labbra si mossero, mormorando un nome. Il mio? Poi, improvvisamente, qualcosa cambiò.
«Stefan!», urlò, guardando fisso nella mia direzione con lo sguardo più impaurito che avessi mai incrociato. Cosa aveva visto di così terrificante? Mi voltai di scatto, aggrottando la fronte e avvertendo la sua stessa paura alla vista di quello che stava accadendo alle mie spalle. «Oh mio Dio», sussurrai, facendo automaticamente un passo in avanti per cercare di bloccare la corsa di mio fratello verso una morte certa. «Dannazione, Stefan!». Cosa voleva fare? Era un suicidio! Mi piazzai davanti a lui, guardandolo come se fosse impazzito. «Cosa diavolo credi di fare? Sei forse uscito di senno?».
«È Elena, Damon! », gridò afferrandomi dal colletto della maglietta, probabilmente per buttarmi da un lato. “È Elena”. Le parole risuonarono nella mia testa, pesanti e rimbombanti. «Credi che io non lo sappia?», ringhiai, osservandolo con rabbia. «Agire d’impulso non la aiuterà di certo».
Soltanto dopo, mi accorsi che non era quello il pericolo di cui Elena cercava di avvertirci. «Mi dispiace dover interrompere questo momento catartico in cui entrambi vi dannate perché amate la stessa donna», recitò platealmente una voce alle nostre spalle, una voce con un accento così familiarmente inglese che chiunque avrebbe riconosciuto. Io e Stefan ci girammo di scatto, entrambi che cercavamo di proteggere l’altro mentre Klaus ci veniva in contro. Sorrise appena, divertito dalla scena, allargando le braccia e parlando in tono allegro. «Non c’è scampo, ragazzi. Dovete semplicemente lasciarmelo fare!». Stefan ed io ringhiammo all’unisono. «Mai!».
Klaus arricciò il labbro, facendo spallucce e guardando in alto. «Oh, beh.. Vorrà dire che dovrò mettervi fuori combattimento».
E, senza nemmeno darci il tempo di un respiro, ci ritrovammo entrambi per terra con il collo spezzato.

Quando riaprii gli occhi, tutto era buio, tutto era silenzioso.
Mi misi seduto, massaggiandomi il collo e sbattendo le palpebre per qualche attimo, prima che il mio cervello riuscisse a fare il punto della situazione. Sbarrai gli occhi, alzandomi di scatto e guardandomi intorno. Il fuoco era spento e non c’era più nessuno, nemmeno un cadavere, in quella radura desolata. Era tutto finito. Feci qualche passo avanti, incapace di pensare. Dov’era Elena? Dov’era Stefan? E dov’era Klaus?
«Sono morti, Damon», m’informò, rispondendo ai miei pensieri, una voce alle mie spalle. Una voce che avrei riconosciuto ovunque. «Sono tutti morti». Katherine era lì, appoggiata ad un tronco, intenta a mentirmi spudoratamente ancora una volta. Non potevano essere tutti morti, non era possibile, non... «E da quel che vedo, non sei messo meglio di loro. Non è che avrai una vita molto più lunga..», continuò, facendo un cenno verso il mio braccio. Istintivamente rivolsi lo sguardo in quel punto, notando una lacerazione a cui prima non avevo fatto caso. E ora che me ne accorgevo, iniziava a fare male. Sembrava quasi..
«Uh, un morso di licantropo! Brutta storia», commentò schioccando la lingua, prima di avvicinarsi a me. «È successo tutto mentre dormivi: Klaus ha ucciso Elena, poi Stefan – che come un idiota è corso verso il suo cadavere, cercando di salvarla. Ma poi, perché lui è riuscito a riprendersi prima di te?», si chiese tra sé, facendo spallucce e continuando a raccontare di quell’orrore. «Dopo, sono arrivati Caroline e Tyler. Klaus era già in fase di transizione e.. beh, è stato un bello scontro.. Che però i tuoi amici hanno perso. Li ha uccisi come niente fosse, così come ha fatto con l’ingenuo fratellino di Elena, Jeremy, e la streghetta Bonnie. Li ha fatti fuori uno ad uno senza pietà, poi si è trasformato e.. beh, si è ricordato di te, decidendo di farti morire in modo.. alternativo, ecco. Ti ha morso, poi è andato via».
Non potevo crederci, stava mentendo, stava per forza mentendo. Non poteva essere andata così, Klaus non poteva semplicemente aver vinto su tutti. Elena non poteva essere morta, e Stefan.. mio fratello era vivo, DOVEVA essere vivo. Katherine era una bugiarda, doveva essere per forza così, ma su una cosa aveva ragione: il morso sul mio braccio era decisamente di un licantropo, guardandolo rivedevo quello di Rose. Mi lasciai cadere sulle ginocchia, prendendomi i capelli tra le mani. «E in tutto questo tu dov’eri, Katherine?».
Lei fece spallucce, incrociando le braccia. «Proprio dietro quell’albero. A godermi lo spettacolo». Sorrise con divertimento e innata cattiveria, mentre io mi alzavo di scatto, armato di una forza che non credevo di avere, in quel momento. Erano l’odio ed il disprezzo che provavo per quella donna, a guidare le mie azioni. L’afferrai dal collo, sbattendola contro un albero. «Li hai lasciati morire! Hai lasciato che Klaus li uccidesse uno alla volta senza far nulla per impedirlo!», le urlai contro, tenendola stretta nella mia presa d’acciaio. Lei, di tutta risposta, sorrise. «Meglio loro che io, Damon. Metterò sempre prima me stessa». Come poteva quel viso così angelico nascondere tanto egoismo e tanta cattiveria? Solo guardarla mi faceva venir voglia di vomitare. Senza pensarci due volte, strappai un ramo dall’albero vicino, puntandoglielo contro il cuore. «Arriverà anche il suo turno, dolcezza», sussurrai calmo, a dispetto del mio reale stato d’animo. «Chissà, forse è già arrivato».
Per la prima volta quella sera, sembrò allarmata. Sgranò appena gli occhi. «Non fare così, Damon. Una volta mi amavi.. Potremmo ricominciare insieme. Solo noi».
Il mio sguardo si addolcì appena, mentre prendevo ad accarezzarle delicatamente una guancia. «Se solo non fossi scappata», sussurrai, inclinando il capo. «Se solo non ti fossi nascosta per tutti questi anni.. Avremmo trovato un modo, Katherine. Avremmo trovato un modo e ti avrei amata, ti avrei amata più della mia stessa vita». Sorrisi appena, scostandole i capelli dal viso. «Ma ormai è tardi, e nessuno dei tuoi errori potrà mai essere perdonato. Tutto ciò che provo per te è odio, odio puro. E, alla fine, l’odio è tutto ciò che ti meriti».
E, senza darle il tempo di una risposta, affondai il paletto nel suo cuore, girandolo fin quando non vidi le vene sul suo collo riaffiorare e ingrigirsi.
Lasciai andare il suo corpo con disgusto, lasciandolo scivolare senza preoccuparmene troppo. Volevo solo andare via da li, da quel luogo di dolore e distruzione.

Aprii la porta di casa di Elena, trascinandomi fino alle scale.
Stavo morendo, ma lo sapevo già. La ferita bruciava, bruciava e faceva più male di qualsiasi altra cosa avessi mai provato in vita mia. Faceva così male che stavo per impazzire. Inciampai in qualcosa, sbattendo il viso contro il pavimento ma, tossendo, cercai di rimettermi in piedi. Volevo arrivare in camera di Elena, volevo stendermi tra le lenzuola che profumavano di lei e aspettare che la morte venisse a prendermi. Perché si sa, tocca a tutti. E se loro erano davvero morti, era giusto che morissi anche io. E non potevano farmi una colpa se, il mio ultimo desiderio, era di morire osservando i ricordi della donna che amavo, forse l’unica che avessi mai amato davvero.
Mi voltai su un fianco, stringendo il cuscino tra le braccia. Odorava di buono, odorava di lei. Dio, mi sentivo così inutile. Non avevo potuto far nulla per impedire la strage, ero semplicemente rimasto svenuto sul terreno, mentre intorno a me le persone che amavo perdevano la vita. E mio fratello? Non ero riuscito a scusarmi, non ero riuscito a farmi perdonare per tutto ciò che gli avevo fatto, e sarei morto con quel peso sul cuore.
Mi addormentai, forse svenni, ma quando riaprii gli occhi si era fatto giorno, e non riuscivo più a respirare. Mi tolsi l’anello, buttandolo sul pavimento. Era arrivato il momento, lo sentivo. Senza il mio anello sarei soltanto morto più facilmente.
Chiusi gli occhi, pronto ad abbandonarmi al destino, quando udii delle voci provenire dal piano di sotto. Cercai di distinguerle, ma ero troppo debole. Era la voce di Caroline? Tyler? Jeremy? Bonnie? No, non era possibile. Katherine aveva detto che.. Oh.
All’improvviso, tutto si fece chiaro ai miei occhi.
Erano tutti vivi, stavano tutti bene. Katherine aveva mentito, lei mentiva sempre. Perché era stata li, no? Infondo, lo avevo sempre saputo.
L’unico a morire sarei stato io, ed era giusto così. Meritavo la morte, loro no. Loro erano i buoni. Chissà se avevo davvero ucciso Katherine. Era stata tutta un’allucinazione? O forse questa, era un’allucinazione?
Non lo avrei mai saputo.
Stavo prendendo fuoco velocemente, e quasi non sentivo più il dolore, quando Stefan ed Elena entrarono nella stanza, mano nella mano.

Sorrisi nella loro direzione, e l’ultima cosa che vidi, prima di chiudere gli occhi per sempre, fu la lacrima che rigava la guancia di Elena.
   
 
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