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Autore: Astrid 5E    06/02/2012    2 recensioni
Questa è una storia di sentimenti.
Sentimenti che possono cambiare e che fanno cambiare.
Sentimenti che crescono e aiutano a crescere.
Sentimenti di una ragazza troppo timida per lasciarsi andare.
E sentimenti di un ragazzo, tanto stupido da non poterlo capire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Act One_ Chapter 1:
 
“ All life is an experiment. The more experiments you make the better.  (Ralph Waldo Emerson)”
“ La vita è tutta un esperimento. Più fai esperimenti, meglio è. ”
 

Quella giornata era iniziata normalmente, come tutte le altre.
Si era svegliata presto, prima che la sveglia suonasse, e si era messa a ripassare un po’, in vista dell’interrogazione. In seguito, passate da poco le sette e mezza, era stata richiamata dalla madre.
<< Dalia! Insomma! Hai intenzione di fare tardi anche oggi?! >> .
Spalancò gli occhi e li volse in fretta e furia sull’orologio appeso al muro, per poi sbraitare affannata, in preda all’ansia.
Si slanciò verso la porta di casa, la aprì e si fiondò fuori.
La madre la vide uscire e sospirò, sapendo che sarebbe ritornata.
Non passarono neanche cinque minuti che la porta si riaprì; Dalia rientrò in casa e si guardò intorno girando freneticamente la testa  a destra e a sinistra, per poi chinarsi a terra, accanto allo zaino.
Si infilò una bretella dello zaino sulla spalla sinistra, si girò verso sua madre e le diresse un enorme sorriso.
<< Sto uscendo! >>
<< Abbi una buona giornata >> .
Quella mattina era iniziata normalmente, come tutte le altre.
 
 
Scese le scale in gran fretta, saltando qualche scalino.
Giunta al pianterreno, premette un pulsante accanto al grande portone blu dell’ingresso che si aprì con un rumore metallico e stridente.
Uscì, prima che si richiudesse alle sue spalle con un tonfo deciso, e riprese a camminare, fischiettando.
Fu sorpresa, lungo il vialetto ghiaioso, da un “ Buu! “ alle sue spalle e trasalì.
Si girò di scatto ancora tremante e vide, come sospettava, un alto ragazzo che se la rideva, tutto divertito.
<< Diego! >> gli urlò la ragazza.
<< No, ti prego, fallo di nuovo, mi hai fatto morire! >> . Il giovane ragazzo alto e biondo non la smetteva di ridere a crepa pelle, con le braccia lievemente abbronzate strette sullo stomaco.
Dalia si voltò indignata e continuò a camminare lungo il viale, lasciando indietro l’amico.
<< E … ehi, Dalia, aspetta! >> . Diego continuava a chiamarla, ma la ragazza non dava segno di rallentare il passo.
Così, con qualche saltello, lui la raggiunse.
<<  È inutile che cerchi di scappare, tanto ti raggiungo sempre, ho le gambe più lunghe delle tue! >> rideva sotto i baffi.
<< Non c’è bisogno di farmi notare quanto tu sia più alto di me, è chiaro?! Sto nella fase della crescita anch’ io! Vedrai che riuscirò a raggiungerti! >> . Lo disse più che altro per rabbia, perché Dalia sapeva bene che non sarebbe riuscita ad arrivare al metro e ottanta dell’amico tanto facilmente.
Diego, per tutta risposta, scoppiò a ridere di nuovo, con le lacrime agli occhi.
<< Oddio, ti prego fermati! Mi fai morire! Ah ah ah! >>
<< Ma se non faccio niente! Smettila tu di prendermi in giro! >> .
<< Scusa, Dalidà >> . Diego usò quel nomignolo senza neanche pensarci.
Al pronunciare di quel nome, Dalia arrossì e si girò verso l’amico, infuriata.
<< È  dal tempo dell’asilo che nessuno mi chiama più così! Non ci riprovare più! >> .
Diego alzò le spalle e sbuffò: << Va bene, scusa, colpa mia >> .
I due si fissarono negli occhi e scoppiarono a ridere all’unisono, come da bambini.
Spensierati, proseguirono lungo il viale insieme.
 
 
Giunti ai piedi di un’enorme strada i n salita, i due amici d’infanzia si salutarono e si separarono.
Dalia incominciò a salire la strada, Diego girò a destra, per prendere l’autobus che l’avrebbe portato a scuola.
Come tutte le mattine quella strada era più ripida di una montagna, e percorrerla non risultava affatto un’impresa facile.
Dopo qualche minuto e qualche affanno, la piccola ragazza mora giunse alla fine della salita e si trovò davanti ad un bivio.
Girò a sinistra, passò un fioraio e dopo una trentina di metri, giunse ai cancelli della scuola.
Il cancello alto e nero era aperto e uno sciame di ragazzi, maggiorenni e non, affluiva nel cortile interno alla scuola, discutendo allegramente prima del fatidico suono della campanella.
Tra la folla che stava entrando, Dalia riconobbe una ragazza slanciata, intenta a leggere un piccolo libro con la copertina rosso bordeaux.
Sorrise e la raggiunse, spostandosi tra i gruppi di adolescenti creatisi davanti all’entrata.
<< Nora! >> .
La ragazza si girò; indossava un paio di occhiali dalla montatura nera e il suo sguardo era allo stesso tempo profondo e serio.
I capelli mossi le arrivavano fin sotto le scapole ed erano di un color marrone chiaro, con dei riflessi ramati se esposti alla luce del sole; una stravagante frangetta scalata le copriva leggermente sull’occhio destro e alcune ciocche marroni scendevano lungo le spalle.
Indossava una maglietta a maniche lunghe verde smeraldo e un paio di jeans blu scuro; sopra la maglietta aveva una felpa nera, non troppo larga.
Come facesse a non sentire freddo in inverno, conciata così, era un mistero.
<< Nora! >> la salutò di nuovo Dalia, raggiunta l’amica.
<< È un sollievo vedere che non sei arrivata in ritardo, stavolta >> le sorrise l’altra, nonostante quello che avesse detto non sembrava per nulla qualcosa su cui sorridere.
Dalia alzò le spalle, sorridendo: quella era la sua amica Nora, una ragazza seria e composta, con i piedi per terra e lei la adorava.
Nora chiuse di scatto il libro e alzò la testa.
<< Dimmi, hai studiato per l’interrogazione di oggi? >> . Si erano sedute su di una panchina, accanto al portone d’entrata della scuola.
<< Oddio, sì, ma speriamo che non mi chiami! Ho l’ansia al solo pensiero! >> .
La ragazza si stava nervosamente mordicchiando le punte congelate delle dita della mano destra, quando li vide entrare.
Dal cancello passò un gruppo di circa sei ragazzi, chi più chi meno alto, che discutevano di calcio, urlandosi a vicenda e scherzando divertiti.
Il gruppetto si era fuso  con un altro gruppo di adolescenti che si trovava non troppo lontano dalla panchina sulla quale erano sedute le due ragazze.
Tra tutti, spiccava per statura un moro, snello e slanciato, con lo sguardo perso nel vuoto, ma che sembrava celare pensieri profondi.
Indossava un paio di jeans schiariti ed una larga felpa blu intenso, con una scritta nera cucita sopra.
I corti capelli neri erano scompigliati dal vento e aveva una carnagione pallida quasi come latte.
Dalia stava continuando a guardarlo, di sottecchi, senza capirne veramente il motivo.
Nora, dal canto suo, la osservava torturarsi le mani, rosse per il gelo. Poi seguì lo sguardo dell’amica e posò il suo sul ragazzo alto.
 
Lui?
 
Francesco gli mise una mano sulla spalla e gli disse qualcosa. Lui si girò e gli rispose sorridendo leggermente. D’un tratto si accorse come di essere osservato e si voltò verso quelle due ragazze sedute accanto all’entrata. Non fece in tempo a fissare lo sguardo su di loro che venne coinvolto nuovamente nella discussione.
 
Dalia abbassò lo sguardo repentinamente per poi rialzarlo stupita un attimo dopo, al suono della campanella.
Nora si staccò dalla colonna sulla quale si era poggiata e prese la borsa a tracolla dalla panchina.
<< Su, forza: andiamo. >>  .
<< S –sì! >> mormorò l’altra.
Si stava alzando, quando vide il gruppo dei ragazzi venire verso la porta.
Le passarono accanto e qualcuno le salutò, prima di spalancare il portone. Poi si diressero verso le scale, per giungere alla loro classe. La stessa classe di Nora e di Dalia.
Passò di lì anche il moro slanciato, che le fissò entrambe per qualche istante. Dopodiché alzò leggermente il mento, in segno di saluto.
Dalia abbassò lo sguardo, risedendosi sulla panchina.
Nora ricambiò, abbassando leggermente la testa, fissandolo da sopra le lenti.
Il moro, con il suo solito sguardo assente, riprese a camminare e aprì il portone della scuola, per poi sparire al suo interno.
 
 
Quando suonò la campanella – per la quarta volta, in quella giornata – un profondo sospiro di sollievo si liberò in quello scalmanato “3°D”; la ricreazione era appena iniziata e tutti coloro che attendevano con ansia questo momento, uscirono dall’aula festosi, come uno sciame di api.
Alcune ragazze si erano raggruppate vicino al termosifone, chiacchierando del più e del meno.
Dalia sospirò tra sé e sé  con la faccia poggiata sul banco, ringraziando il cielo per non essere stata interrogata dalla professoressa nell’ora precedente.
Le si avvicinarono Nora e Lucia, una ragazza magra e esile come un giunco, alta un metro e settanta.
Lucia poggiò le mani sul banco di Dalia e i suoi capelli biondo-castani le scesero sulle spalle, facendo muovere gli enormi orecchini a cerchio d’ argento .
<< Dalia! >> le urlò nell’orecchio.
Quella si scostò  spaventata, coprendosi l’orecchio con una mano, frastornata.
<< Cosa?! >> chiese d’un tratto.
<< Scendiamo giù? Non mi va di stare qui a non fare niente! E poi anche Nora è d’accordo! >> le rispose Lucia, indicando la mora occhialuta, che sfogliava con noncuranza lo stesso libro di quella mattina.
<< A me non cambia niente.  Fate quello che volete >> .
Dalia le fissò per un attimo, poi alzò le spalle e si alzò ridendo.
<< Va bene, scendiamo! >> .
 
<< Alessio! >> .
Quella voce giunse alle loro orecchie squillante e sottile.
In una sola parola: irritante.
Nora continuava a leggere, Lucia si guardava in giro e Dalia fissava il punto da dove era provenuta quella voce.
Le raggiunsero giù in cortile altre compagne di classe che si accesero insieme delle sigarette.
Ad una di loro cadde lo sguardo su Dalia e su quello che stava fissando.
Una ragazza alta e dai lunghi capelli biondi stava correndo verso un ragazzo, alto anche lui e con i capelli corti e neri, dallo sguardo inespressivo.
<< Ah! Quella è Claudette! >> fece la ragazza.
Dalia si girò verso di lei, Nora le guardò di sottecchi.
<< Eh? Claudette? E chi è? >> chiese l’altra ragazza, con la sigaretta in mano.
<< È una ragazza di origini per metà francesi; è la fidanzata di quello lì, Alessio, quel ragazzo alto che la sta abbracciando >> rispose l’altra, aspirando profondamente dalla sua sigaretta.
<< Non ci credo, quello là? Ma non è un amico di Francesco? >> . La seconda ragazza si mise la sigaretta tra le labbra e cercò di accenderla.
<< Sì, giocano a calcio insieme! E conosce anche Riccardo >>
<< No! Davvero? Ecco perché si vede così spesso intorno alla nostra classe! Non avrei mai pensato che fosse fidanzato! >> .
Le due continuarono la loro discussione, mentre Dalia si girò un attimo verso quella biondina.
Indossava una frivola maglietta rosa piena di merletti e un paio di jeans infilati in un paio di stivali alti e marroni; aveva, inoltre, i capelli biondo lucenti raccolti in una mezza coda con un elastico rosa acceso.
La ragazza si era gettata su di Alessio, l’alto ragazzo moro con la felpa blu, e in quel momento lo stava abbracciando, affettuosamente. Attorno a loro, gli amici di lui ridevano, allegri.
Dalia si rigirò di scatto, imbarazzata. Cosa diavolo stava facendo?!
Nora, che aveva continuato fino ad allora ad osservarla, si girò verso i due fidanzati e fissò il ragazzo inespressivo.
<< Oh, accidenti! Con questo vento non riesco proprio ad accenderla! >> si lamentava una delle due ragazze.
<< Ecco, prendi un tiro della mia, ma poi ridammela >> . L’altra le porse la sigaretta.
<< Pensa che quei due sono vicini di casa >> continuò poi il discorso, soffermandosi di nuovo su “quei due”.
<< E anche amici d’infanzia. Pensa che bello essere fidanzati in questo modo >> .
<< Tu credi? Non mi è mai capitato >> rispose l’altra, restituendo la sigaretta all’amica.
Il moro si girò d’improvviso verso il gruppo delle ragazze - sedute lungo la panchina davanti al portone – e si accorse che la castana occhialuta lo stava fissando.
<< N-non è ora di tornare in classe, ragazze? >> . Dalia interruppe il discorso un attimo prima che suonasse la campanella.
Le ragazze alzarono il volto al cielo e poi annuirono, pestando a terra la sigaretta.
Salirono le scale per tornare in classe e Nora continuò a seguire con lo sguardo la bassa moretta.
 
 
Dieci minuti dopo la fine della quinta ora, molti degli studenti erano ancora giù in cortile, a discutere del più e del meno.
Dalia era appoggiata ad un muro, sotto la tettoia di fronte al cancello, aspettando le amiche per tornare a casa.
Poco lontano da lei, Francesco e alcuni dei suoi compagni di classe, stavano discutendo con altri ragazzi coetanei, di altre sezioni.
Nora comparve alla destra della bassa ragazza mora, sorprendendola a guardare in quella direzione. Ancora.
<< Bene ragazze, grazie per avermi aspettato. Possiamo andare, ora! >> .
Ciò che fece distogliere Dalia dal fissare quei ragazzi fu l’arrivo di Lucia che, con i capelli scompigliati per la corsa, si stava infilando sotto il braccio la borsa fucsia che si era dimenticata su in classe.
<< Veramente … >> . Nora indicò con il pollice il gruppo di ragazzi alle loro spalle.
<< Oh. Li aspettiamo? >> chiese allora Lucia, cercando già l’i-pod nella borsa.
Dalia scosse la testa. Poi si stropicciò gli occhi.
<< No! Andiamo! >> rispose allegramente.
<< Non li aspettiamo? >> . Nora chiese conferma di ciò che aveva appena sentito.
<< No, no! Perché dovremmo? Loro non lo farebbero! Già, già! Loro non lo fanno mai! Ah ah ah! >> rispose la mora, ridendo nervosamente con le sopracciglia corrucciate e spingendo le altre due ragazze verso l’uscita.
<< Ok … >>  . Nora fissò l’amica con una dubbia espressione. Poi diede un ultimo sguardo al ragazzo di nome Alessio, prima di rigirarsi definitivamente.
Mentre le tre si stavano allontanando, l’alto ragazzo le osservò andare via.
 
 
Il ritorno fu molto silenzioso, ma Nora fece finta di niente.
Farle pesare pure quello sarebbe stato troppo.
Lucia si era fermata poco prima, al semaforo davanti al fioraio, per attraversare e tornarsene a casa. Abitava, infatti, in quella serie di condomini sul lato della strada opposto a quello della scuola, poco più in là.
Giunte ad un bivio,alla fine della strada, le due girarono a destra e incominciarono a camminare lungo una strada in discesa.
Il silenzio continuava a prevalere, interrotto soltanto dal rumore dei loro passi.
Più e più volte passarono accanto a loro dei motorini con sopra adolescenti scalmanati.
Qualcuno le salutò con una mano,nella foga della corsa, e Nora ricambiò, leggermente sorpresa.
<< Ehi >> .
Non ricevette risposta.
Alzò le spalle e continuò: << Erano Riccardo e Francesco. Stavano tornando a casa >> .
Dopo un lungo silenzio, l’altra dischiuse le labbra.
<< Ah >> . Fu l’unica cosa che disse e le due continuarono a camminare in silenzio.
 
 
Chapter one: Finished.
Bon, bon, primo capitolo concluso! XD Menomaaaaaaaaale! È una soddisfazione!  non vedo l’ora di continuare a scrivere su questa storia!
Solo per fare una precisazione: ogni capitolo avrà una frase come “inizio” o come un secondo titolo, se lo volete intendere così; sta di fatto che non avrà niente a che fare con il capitolo in sé e per sé, credo. Sì, prenderò da internet le frasi che più mi ispireranno XD Bene, e con questo concludo il primo chap! Fatemi sapere cosa ne pensate, sia in bene, sia in male! * sbagliando s’impara, sbagliando s’impara *  XD
Un saluto,
Astrid 5E.
  
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