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Autore: Himitsu87    06/02/2012    2 recensioni
Song-fic
When you're alone, silence is all you know
When you're alone, silence is all you know
Let in the noise and let it grow
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi scuso per la formattazione. Ho un orribile rapporto con le macchine. Chiedo perdono m(_ _)m. La seguente fic è ispirata da una canzone... è cantata da Abigail nello speciale di Natale del Doctor Who.. per chi non conoscesse il Doctor Who consiglio vivamente di vederlo xD
La canzone è la seguente:
http://www.youtube.com/watch?v=spyF7ZoLB48&feature=fvsr

 

When you're alone, silence is all you know

When you're alone, silence is all you know

Let in the noise and let it grow.
 

La finestra, chiusa sul freddo della notte, un'ombra che si affaccia, stagliata nella luce che traspare alle sue spalle. Gli occhi ad analizzare ogni singolo fiocco di neve. La luna invisibile dietro le nuvole scure. Silenzio, nessuno in strada, nessuno in casa.
Guarda l'interno. Una poltrona, un caminetto spento, un tavolo pieno di boccette di elementi chimici, bricchi e tutto ciò che può rivelare come un uomo possa essere un assassino. Il violino chiuso nella sua custodia, nessun pubblico per cui valga la pena suonare. Nessuna musica che riempia la sua mente e lo porti a muovere l'archetto.
Tutto immobile, tutto silenzioso, come al solito. Guarda fuori, nessun motivo per uscire e raccogliere la neve a piene mani, per guardare il cielo con meraviglia. Solo lui, i suoi pensieri e solo i muri ad ascoltarli. Solo lui e i segni dei casi risolti nella stanza, persone che entrano ed escono silenziosamente e non lo portano mai via con loro. Solo lui, i suoi occhi e il vuoto del silenzio. Nulla di diverso dal solito, nulla di diverso dal conosciuto.
Sospira, solo per sentire un suono, e torna alle sue carte e ai suoi esperimenti. Un assassino attende la sua cattura e una vittima la sua giustizia.

Il sole entra dalla finestra, rovinando il suo composto chimico. Lo toglie in fretta, cercando un luogo abbastanza fresco e buio, forse dove conserva il violino. Solleva la custodia e la sente leggera. Lo sguardo vaga per la stanza, trovando ciò che cerca appoggiato su una delle due poltrone, esattamente dove lo aveva lasciato dopo aver suonato il "Trillo del Diavolo" la sera prima. Il composto è ormai al sicuro, accarezza la custodia e ripone il suo prezioso strumento.
Per strada si sentono rumori, urla, qualcuno sta anche cantando.
Un cane abbaia grattando la porta, facendo le feste ancora prima di vedere il padrone ritornare. Guarda la porta, sentendo i passi affrettarsi sulle scale
diventare ogni attimo più forti, fino allo spalancarsi della porta. Il cane abbaia al padrone che si piega ad accarezzarlo, ridendo e parlandogli come se capisse, cercando di toglierli di bocca il giornale appena comprato.
«Sono a casa.»
Un sorriso contagioso, che si duplica sul volto di entrambi.
«Bentornato.»

 

When you're alone, silence is all you see
When you're alone, silence is all you'll be
Give me your hand and come to me.

 

La notte è così vuota, nessun suono nell'aria. Rabbrividisce, stringendosi nella sua giacca, e guarda il cielo. Non vede nessuna luce, nessuna stella, non come nel deserto, non come in quella distesa di sabbia bollente, che diventava gelida la notte e obbligava a stringersi con gli altri di guardia, intorno ad un fuoco, caldo e luminoso, che ricordava casa. Un brivido, freddo, come la notte nel deserto. La città chiusa dietro quel vetro, dietro quella finestra, è viva, ma silenziosa. Nessun suono che arrivi al suo orecchio, teso a cercare un colpo di fucile o una bomba. Perché non c'è nessun cecchino? Perché quel silenzio? Forse un agguato si sta per abbattere su di lui?
La spalla tira e gli ricorda che non è più sul campo, non ha più tra le mani un'arma e il cuore fermo nel petto di un amico, il sangue sulle braccia e le lacrime agli occhi.
Sa che ormai sono ricordi lontani, appartenenti ad un'altra terra, ad un altro sé. Il rumore delle bombe e le risate degli amici.
Guarda la città, nessun suono che gli dimostri di essere vivo.

Il laboratorio era diverso da come lo ricordava, con tutte quelle attrezzature in più, ma l'odore era lo stesso. Un odore pungente e intenso, di quelli che ti penetrano nei polmoni prima che tu possa accorgertene e ti riempiono di ricordi o ti disorientano. Lo stesso freddo che solletica il viso ma che non è fastidioso.
Un paio di occhi chiari, insistenti e imperscrutabili, che leggono tutto ma che non si possono comprendere. Il brivido di un'avventura impossibile.
«L'indirizzo è il 221B di Baker Street.»
Il salotto, caldo, accogliente, le due poltrone, il camino. Quella sensazione di essere al sicuro che non provava da così tanto tempo ormai. Il suono di una voce che gli parla, facendolo sentire vivo. La luce che entra nella stanza e gli batte sul viso, calda, ma meno che nel deserto. L'odore di mobili in legno e cenere.
«Abiteremo qui d'ora in poi?»
Una mano tesa ed un sorriso, sincero e speranzoso.
«Sì, diventerà casa nostra.»
 

When you are here, music is all around

When you are near, music is all around

Open your eyes, don't make a sound
 

Uno squillo. Il campanello. Un sorriso sul volto di Sherlock. Uno sguardo di John.
Vita, aria che entra nei polmoni ed eccita più di mille dosi di cocaina, più di mille cerotti alla nicotina. Sangue che circola verso il cervello, oliando perfettamente i neuroni al lavoro. Pistoni che spingono alla massima velocità, ascoltando e selezionando i dati importanti, guardando i particolari che nessuno nota. E lì, c'è un punto esatto nel cervello di Sherlock che lo porta a controllare continuamente se John gli è accanto. Perché quando gli è accanto, i suoni riescono ad arrivare più chiari al suo cervello e tutto si evidenzia davanti ai suoi occhi con maggiore facilità. Le parole gli scorrono fuori come un fiume e accendono gli occhi di John.

Il violino che suona, una melodia che non conosce. Dolce e cullante. Gli ricorda le serate passate con gli amici in quei bar stranieri, circondati di scritte incomprensibili e avvolti da musiche senza testo, ma che li facevano sentire stranamente al sicuro. Poi il ritmo aumenta e gli riporta alla mente le corse con Sherlock, lungo il fiume, sotto le fogne, dietro auto, davanti a cani.
La sua gamba era davvero così malmessa quando era arrivato a Londra?
E ancora i colpi di pistola nelle giornate calde e senza senso, quando il solo pensare fa venire caldo e il cervello di Sherlock fa quasi rumore, un rumore di ingranaggi insabbiati, e le fialette che ha trovato spariscono velocemente, giusto in caso il muro non bastasse.
E poi, lo sguardo di Sherlock che lo cerca e il luccichio negli occhi del consulente quando il suo amico rimane stupito davanti alle sue prodezze. Il rumore di passi veloci, di tasti del computer, uno squillo di cellulare, un messaggio ricevuto, un taxi e uno sparo.
La musica si fa allegra, sbarazzina e lo sguardo di Sherlock gli sorride da sopra il violino.

 

Let in the shadow, let in the shadow,

Let in the light of your bright shadow.

Let in the shadow, let in the shadow.
Let in the light of your bright shadow.


Un riflesso, un luccichio nell'occhio che gli impedisce di concentrarsi sul suo microscopio. L'orologio di John. Lo guarda addormentato sulla poltrona, dopo due giorni ininterrotti di giri forzati per tutta Londra, alla ricerca di banconote macchiate di marmellata.
Lo guarda e l'intuizione gli arriva senza nemmeno che capisca, un riflesso di luce. Il caso della donna morta affogata in cucina ora ha senso.
«Grazie John.» dice sorridendo, solo perché sa che non lo sta ascoltando.

 

Let in the light.
Let in the light.
Let in the light of your sweet shadow

 

Sbuffa, mentre scende a prendere un bicchiere di latte, trovando al piano di sotto la stessa identica situazione della sua camera. Lampade ultraviolette sparse per tutta casa, senza nessuna eccezione. Ce ne saranno almeno tre in bagno. Cercare di dormire con tutta quella luce è impossibile. La tentazione di prendere una pistola e farle saltare tutte, una per una, è grande. Poi vede Sherlock in soggiorno, addormentato sulla sua poltrona, circondato da quella luce così innaturale, col cappello tanto odiato calato sugli occhi e la penna ancora in mano ad annotare i risultati.
«
È un esperimento, John.»
Sospira e sorride. Dovrà procurarsi un cappello anche lui.

 

When you're alone, oh,

Silence is all you know.

Silence is all,

Silence is all around.

Silence is all

Silence is all around

 

Mycroft aveva parlato, ne era certo. E anche Lestrade. E anche Molly.
Persino lui aveva letto il suo foglietto.
La voce aveva riecheggiato nella chiesa, tra le pareti antiche, medievali; a Sherlock sarebbero piaciute. Un coro pagato aveva cantato tutte le canzoni del caso e un prete aveva recitato tutte le preghiere della cerimonia nel microfono, benedicendo la bara.
Lestrade aveva sparato cinque colpi di pistola, anche se andava contro le istruzioni dei superiori.
La signora Hudson aveva pianto.

È certo di tutto questo, lo aveva visto. Eppure non aveva sentito. Non aveva sentito la sua voce triste ma non esitante, ricordare il migliore tra gli uomini che aveva conosciuto. Non aveva sentito il suono così familiare dell'esplosione della polvere da sparo. Non aveva sentito i singhiozzi della padrona di casa. Tutto era stato ovattato, i suoni erano stati tranciati via.
È tutto così silenzioso adesso, come la lapide nera che ha davanti.

Un tuono, un'esplosione, uno sparo, un tonfo. Gli occhi che si aprono all'improvviso, le orecchie tese a sentire un rumore che non c'è stato. Il buio della notte, che sembra essere appena uscito da un tubetto di pittura a tempera, preme contro il vetro della finestra con forza, quasi a volerci entrare. Orecchie tese, silenzio in strada. Si alza dalla poltrona su cui si è addormentato. Un albergo così in periferia che non accende nemmeno l'insegna. Lontano dalle strade, dalla città, dalla confusione. Domani un aereo, poi un altro, in una fuga silenziosa, seguendo le indicazioni di Mycroft per lasciare il Paese.
Nessuno da sommergere con le sue parole, nessuno da ascoltare stupirsi.
Le deduzioni chiuse nel suo cervello, scorrono veloci come la pellicola di un film muto, rimbalzando da un punto all'altro, senza poter uscire. 

   
 
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