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Autore: _diana87    07/02/2012    8 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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CAP

Penultimo capitolo!

Siete ancora con le lacrime agli occhi?

Tranquille, è quasi finito il dramma XD

 

 

 

La cosa più difficile al mondo è viverci.

 

 

 

Aria di casa. Aria di New York.

Clacson, gente che parla inglese, taxi, gente per le strade e smog.

Mi è mancata questa città, nonostante i suoi difetti.

Ma non è il momento per i sentimentalismi. Ora dobbiamo portare Rick urgentemente in ospedale.

Durante il volo, il mio fidanzato si è lamentato per il dolore alla gamba destra; sul suo sedile non riusciva a distendersi, a stare tranquillo.

L'effetto dei tranquillanti stava svanendo.

Ho tenuto per un rigetto quando dal piede, seppur ingessato, sono iniziate a scendere delle gocce di sangue: c'era un piccolo foro sotto il calcagno, che era bucato.

L'ho rimproverato perchè doveva dar retta a me e farsi aiutare da Javi e Kevin nel camminare; ma lui testardo com'è ha voluto fare tutto da solo.

"Ce la faccio Kate a camminare, non sono mica un bambino!"

Non è un bambino, ma continua costantemente a comportarsi come tale.

 

Arriviamo all'ospedale più vicino. Lui viene trasportato in terapia intensiva; sta perdendo altro sangue. La sua gamba sta cedendo... sta perdendo forma... e sangue. Temo che potrebbe perderla... ma non voglio neanche pensarci.

"Kate, oh darling... siamo arrivate appena ci hai chiamate!"

Col suo modo di fare, Martha mi abbraccia facendomi fare una giravolta. Poi è il turno di Alexis.

"Come sta papà?" mi chiede costringendomi a guardarla nei suoi occhi impregnati di lacrime.

"Lo stanno visitando... andrà tutto bene." le poso una mano sulla spalla, e la tengo premuta per farle capire che ci sono.

 

Il tempo passa inesorabilmente. Quando sei in ospedale, sopratutto, e una persona a te cara lotta tra la vita e la morte, il tempo sembra non passare mai.

Finché poi ti prende a calci in culo, o si fa beffe di te. Ed ecco che improvvisamente arriva il momento tanto atteso... e tu non lo vuoi, non vuoi sapere nulla, e vorresti che il tempo si fermasse... volevo che il tempo si fermasse quando stavo con Rick... ogni momento con lui non è stato tempo sprecato.

Alexis giocherella con la collanina al collo per ingannare il tempo. Martha passeggia da una parte all'altra del corridoio. Kevin chiama Jenny ogni 5 minuti. Javier è al telefono con Lanie e sembra che finalmente vogliano riprendere a vedersi.

Capisci quanto sia essenziale il tempo in momenti come questi.

E intanto anche la televisione è un buon compagno quando vuoi ingannare il tempo.

"... i combattimenti a Bushehr continuano ininterrottamente, giorno e notte. Nel frattempo, sembra che gli attacchi verso il centro di Gerusalemme si siano calmati, anche se la popolazione non ha mai smesso di continuare la solita routine quotidiana..."

Tutti in ospedale si sono fermati e hanno alzato lo sguardo verso quel grosso schermo che trasmette onde sonore e visive. Io, Ryan ed Esposito ci guardiamo; quel posto lo conosciamo troppo bene.

"...come vedete, la gente a Gerusalemme è tranquilla. Lo stesso non si può dire in Iran. Sembra che dopo aver rinunciato come obbiettivo di attaccare la città santa, il Presidente iraniano ha lasciato un comunicato dicendo che non intende comunque smettere di produrre uranio e che le centrali nucleari non cesseranno di esistere. Il governo americano in tutta risposta ha detto che intraprenderà azioni diplomatiche finchè i giacimenti di uranio verranno presi sotto custodia dai maggiori studiosi nostrani..."

Scuoto la testa disgustata. Il nostro governo ha rigirato la cosa, facendosi passare per paladino della giustizia. Lo sanno che i giacimenti di uranio servono per produrre altre armi... però loro fingono dicendo che vogliono per sé quella risorsa per poterla studiare!

La guerra non finirà mai, è davvero un nemico invisibile che nessuno riuscirà mai a sconfiggere.

E poi finalmente...

"Dottore, come sta mio figlio?"

Martha è la prima ad agguantare il medico chirurgo di turno e chiedergli di Rick. Noi la seguiamo a ruota, creando un piccolo circolo intorno al medico, il che è quasi buffo.

Il medico ci guarda preoccupato, abbassa la testa, ci scruta, e quasi vorrebbe leggere i nostri cuori per rassicurarci e dirci la verità... io invece vorrei solo leggergli la mente...

"Abbiamo fatto tutto il possibile, ma... ha perso molto sangue...e..."

Le parole sono offuscate, il medico aggrotta la fronte ed è sinceramente dispiaciuto. Martha si stringe ad Alexis e piangono. Io devo sedermi perchè non riesco a reggere alla notizia. Esposito e Ryan si mettono ai miei lati, abbracciandomi. Mi copro il viso per non farmi vedere che sto piangendo...

"...i primi militari sono tornati oggi dall'Iran... andiamo in aeroporto per incontrarli... restituisco la linea."

Qualcuno spegne la televisione e le immagini, tutto intorno a me diventa improvvisamente buio.

 

Sono passate due settimane da quel terribile giorno in ospedale.

Ancora una volta il tempo ci ha tradito, è inafferrabile.**

Corre e non si ferma mai.

Ho avuto notizia che oggi in aeroporto arriveranno il commando di McNeil e gli altri, perciò mi sono vestita diversa dal solito.

Capelli tirati su da una cipolla, trucco non troppo pesante, il solito mascara e matita nera sugli occhi, maglia beige con i bordi neri... quella che mi piace tanto... poi jeans neri attillati, tacchi e in mano reggo il mio impermeabile beige.

Mi alzo in punta dei piedi, attendendo l'arrivo dei militari, quando finalmente scorgo tra la folla qualche volto famigliare.

"Kate! Kate!"

Laura mi corre incontro abbracciandomi. Che gioia rivederla sana e salva.

"Laura, che bello vederti! Come stai??"

Mostra con orgoglio alcune ferite sulle braccia.

"Ferita, ma felice. Sono rinata!"

Restiamo un po' a parlare, poi Laura si blocca improvvisamente, cambiando espressione del viso.

"Kate... è lui."

Mi indica di guardare a qualche metro più in là.

C'è la fila per fare il check-in direzione Francia. C'è un uomo distinto, sulla quarantina circa, in giacca e cravatta blu scuro, che osserva e rilegge i biglietti aerei. Il viso concentrato a leggere. Poi, come se avesse letto nel pensiero di Laura, alza lo sguardo verso di lei. E' lui, James, l'uomo che lei ha amato, e si sono amati, prima che le incomprensioni li dividessero. E' stata Laura a raccontarmi la sua storia e a incitarmi ad essere onesti sui propri sentimenti altrimenti si rischia di perdersi.

All'inizio lui non la riconosce, corruga la fronte per mettere bene a fuoco. Laura gli sorride dolcemente, un sorriso lieve, uno di quelli genuini che io e Castle usavamo fare prima di stare insieme come coppia. Allora James riconosce in quel sorriso la sua Laura, quella poliziotta che aveva amato così tanto anni fa e ricambia quel gesto, teneramente. La guarda. Anche se lei indossa quella sporca tuta mimetica, quei capelli neri scompigliati, raccolti da un chignon sulla testa, e solo due ciocche lasciate libere dietro le orecchie, lui sa che è sempre la sua Laura. Quella matricola testarda che conobbe e amò. E chissà, forse ama ancora. Perchè li guardo e penso che c'è ancora qualcosa tra loro, che non può finire là questa storia. James sorride, si inclina in avanti come per fare un inchino: è orgoglioso dell'operato della sua ex matricola. Lei si gonfia e lo saluta con il saluto militare.

Si fanno segni di assenso con la testa prima che lui torni a rivolgersi a quella che appare la sua famiglia: sua moglie dai capelli biondo platino, semplice dell'aspetto, e una ragazzina di circa 10 anni che reclama per l'attenzione del proprio papà.

Il mio sguardo da felice diventa triste. Triste per Laura, la quale ha inclinato quel sorriso.

"Dovresti andare a parlargli, Laura. E' la tua occasione."

"No, preferisco tacere... è meglio così." mi sorride amaramente "Ma sai, Kate... dopo tutto sono contenta lo stesso di averlo rivisto."

"Non avevo dubbi." rispondo mostrando il lato romantico che di solito nascondo.

"Sono contenta perché vedendomi così gli ho dimostrato che non sono cambiata: sono sempre la sua ex matricola testarda e innamorata di lui."

Continuiamo a guardare quell'uomo che è così felice con la sua famiglia, mentre abbraccia sua figlia e sua moglie.

"Io e James non facciamo più parte della vita dell'altro e per me va bene così. Ho trovato in Iran la mia famiglia." e mentre dice ciò, raggiunge i suoi compagni di distretto, lasciandomi il suo contatto. "Chiamami qualche volta e non dimenticarti di invitarmi al matrimonio col tuo Rick!"

"Cosa??" le faccio un po' spaventata dall'idea del matrimonio.

Ma Laura non mi sente, è troppo lontana ed è già arrivata ad abbracciare i suoi compagni. Si abbracciano e ballano una danza tutta loro, che forse hanno inventato sull'aereo del ritorno in patria. Anche se sembra una danza caraibica. E' buffa. Mi fa ridere.

Giro la testa distrattamente verso l'uscita e il sorriso, il respiro si bloccano. 

E' Rick.

 

Rick Castle mi sorride. Ha alcune cicatrici in viso e con le stampelle ancora non riesce a camminare del tutto, ma la sua voglia di raggiungermi è tanta che cerca di sforzarsi più che può. 

In ospedale gli avevano detto che ha qualche muscolo rotto, qualche perdita c'è stata, ma può ripristinarsi col tempo. Ci vorrà molta terapia, ma pian piano riacquisterà l'uso dalla gamba destra.

"Abbiamo fatto tutto il possibile... ha perso molto sangue... e... non c'è possibilità che riacquisti del tutto l'uso della gamba destra, visto che qualche muscolo si è rotto ed è difficile che si ricostruisca... ma col tempo e con molta terapia e sopratutto buona volontà, il vostro amico ce la farà."

Gli vado incontro e lo aiuto ad appoggiarsi a me, ma Rick, non curante del fatto che non riesce a camminare, mi prende per la vita. Mi abbraccia, e mi fa girare come una degna Martha Rodgers farebbe. Quella giravolta mi provoca sempre un po' di mal di testa, ma non è proprio il giorno per pensare a questo. Finalmente uno di fronte l'altra, ci lasciamo andare ad un bacio appassionato. Con un braccio lo aiuto a restare in piedi e con l'altro tocco il suo torace, sempre bello tosto... i suoi pettorali, il suo cuore che batte all'impazzata man mano che il bacio si fa più intenso. Incuranti del fatto che ci sono centinaia di persone intorno a noi.

Lì siamo solo io e Rick. Lo scrittore e la sua musa, che combattono il crimine.

Sempre insieme.

 

Dicono che la cosa più difficile al mondo sia viverci.

E che per farlo bisogna essere coraggiosi e vivere nelle memorie di chi ci ha lasciato.

Ma sopratutto bisogna vivere per chi è ancora con noi e condivide la nostra gioia.

Il mondo non è bello e buono, ma vogliamo credere che ci sia ancora del bello e del buono in questo mondo.

Dopo esserci staccati dal bacio, io e Rick ci sorridiamo e poi guardiamo insieme lo spettacolo della vita.

 

Un militare che saluta la sua famiglia: la moglie in lacrime la bacia, col figlioletto in braccio. Poi saluta anche l'altro ragazzo, più grandicello e gli tocca la testa. Il ragazzo non riconosce quell'uomo davanti a sé, forse non vede il padre da un sacco di anni, quindi la madre gli spiega chi è. Allora il ragazzo si avvicina e abbraccia suo padre, dopo un attimo di esitazione.

Una ragazza lascia andare i suoi zaini a terra per correre verso i suoi genitori, più anziani, stanchi, ma sempre sorridenti. Sembra che non abbiano perso le speranze di rivedere la loro figlia, partita per la guerra e tornata sana e salva.

Una bambina corre urlando "papà" e va ad abbracciare quell'uomo, un po' stempiato, che ricambia quel gesto, facendo fare una giravolta a sua figlia.

Una donna, ormai stanca delle fatiche, piange e corre mentre va da sua figlia, accompagnata dai nonni. Chissà forse non la vedeva da anni.

Piangono quando si rivedono, anche gli uomini, ma non è una scusante. Tutto è ben accetto oggi.

 

Io e Rick ci guardiamo e sorridiamo, pensando entrambi alla stessa cosa. Ancora mi meraviglio che siamo riusciti a sopravvivere a tutto questo. E mi rende conto di quanto sia grande l'amore che ci lega. Un legame indissolubile. Lui è ancora un po' traballante, ma con tanta forza di volontà, riuscirà a camminare di nuovo. Si avvicina e mi bacia l'orecchio sinistro, facendomi venire il solletico.

Spostando lo sguardo altrove, intravedo Samuel McNeil: sta aiutando gli altri militari a smontare dei pacchi e altre attrezzature. E' stato l'uomo chiave di tutta la guerra e la vicenda. E' stato il mio secondo padre, la mia guida, la mia speranza. Nonostante ci avesse nascosto delle cose di portata mondiale, ha saputo sempre fare del suo meglio per proteggermi. Non c'è una famiglia per lui, ma credo l'abbia trovata nei ragazzi che sono stati con lui in ogni missione. Continuo a fissarlo nella speranza che rivolga il suo sguardo verso di me.

E alla fine lo fa verso la mia direzione. Ci fissiamo per un attimo. Lui vede Rick accanto a me, ancora intento a mordicchiarmi l'orecchio e io a spostarlo perchè mi sta facendo di nuovo solletico. Samuel sorride vedendomi felice. Infine, senza dire nulla, ci salutiamo col saluto militare. Lui sull'attenti, io no per ovvi motivi, portiamo la mano dritta sul lato della testa e facciamo un segno di assenso.

Poi torna alle sue cose e scompare tra la folla.

Credo che sentirò ancora parlare di lui.

E infatti, qualche giorno dopo, mentre sarei stata a coccolare e curare Rick, sarebbe arrivato un pacco da parte del governo e di McNeil: una medaglia al valore tutta per me...

 

 

 

*questa cosa dei militari che riabbracciano i famigliari mi è stata ispirata da questa foto http://www.terraligure.it/blog/militari_iraq2.jpg praticamente scrivevo il capitolo e piangevo anche io.

** frase che ho ripreso da "Gocce di memoria" di Giorgia, Vulpix sarà contenta ;)

   
 
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