Prime
lezioni di fisica: trasmissione di calore per conduzione
Era
l’inizio di
un inverno un po’ scarno, uno di quegli inverni nel quale
sarebbe bastata una
felpa più o meno pesante per uscire di casa senza buscarsi
una pesante influenza.
Le strade brulicavano di persone non ancora atterrite dal freddo, che
si
fermavano in caffè, passeggiavano in compagnia o giravano
per negozi senza mai realmente
comprare qualcosa. Si tenevano il più possibile lontane da
casa, quasi
temessero l’avvento di un improvviso maltempo che le avrebbe
costrette a
rientrare. Hayato non condivideva l’entusiasmo per quel
relativo calore, del
quale aveva già potuto godere nei mesi precedenti – solitamente
preferiva fredde e impetuose
tempeste –, eppure, in quel momento, avrebbe preferito come
gli altri uscire
all’aperto sotto la veglia del sole invernale, pur di non
rimanere rinchiuso
tra quelle mura decorate da dannatissimi
poster di baseball.
Non
ricordava
neanche il motivo per cui si trovasse in casa di quell’idiota.
Tutta
colpa di
Reborn-san, si disse: non solo aveva chiesto che insieme al decimo
aiutasse
quel fissato dello sport, ma aveva anche portato via il boss,
lasciandolo solo
con il guardiano. E la cosa peggiore – pensò in un
attimo di debolezza – era
che lui non se ne fosse già andato. Non aveva scelto di
rimanere, di questo ne
era certo, ma non aveva neanche preso in mano la situazione, decretando
che,
ormai, quel pomeriggio non aveva più senso. C’era
qualcosa che gli impediva di
uscire, ma non sapeva dire con certezza se lo respingesse
dall’esterno grazie a
una carica elettrica affine alla sua – perché
sì, stavano studiando scienze, e
non gli venivano in mente paragoni migliori –, o se si
trovasse all’interno,
attraendolo con una carica opposta. Una carica molto positiva, per
giunta,
perché lui in quel momento era tutto fuorché
gioviale.
– Questo punto non
l’ho capito. – sentì la voce
arrivargli alle orecchie in un tono così pacato da farlo
quasi irritare. Yamamoto
teneva il dito puntato sul libro, indicandone una frase evidenziata col
giallo.
La temperatura di un corpo
definisce il
suo stato termico.
–
E cosa diavolo
c’è da capire?!
–
Non so cosa
sia uno stato termico. – lo spadaccino sorrise grattandosi la
testa.
Sotto
alcuni
punti di vista Gokudera lo ammirava, nonostante la sua completa
deficienza non
si abbatteva mai. Doveva avere sicuramente una gran forza
d’animo, oppure era
semplicemente molto stupido.
–
È lo stato che
viene definito dalla temperatura.
–
Ma è la stessa
cosa che è scritta qui. – Indicò
nuovamente la frase.
–
Sei tu che non
l’hai capita, infatti, mica io.
Yamamoto
stava
per ribattere – anche se a scuola non andava bene le cose le
voleva capire fino
in fondo, non si accontentava di spiegazioni parziali – ma un
rumore lo
interruppe. Era leggero, del tutto trascurabile, ma aveva sempre avuto
un buon
orecchio per certe cose. D’altronde adorava il rumore della
pioggia. Quel battere
delicato sulla finestra, sull’asfalto, sugli ombrelli della
gente, un
sottofondo sottile che scandiva lo scorrere del tempo, che teneva il
ritmo della
sua vita. Precipitava dal cielo senza schiantarsi, con tocco gentile
per non
ferire nessuno, e cadeva su tutti, su buoni e cattivi, sciacquandone
via lo
squallore. Purificava gli animi con discrezione, poi moriva a terra,
sotto le
suole distratte delle persone.
Ed
ora, che si
era fatta velocemente più intensa, la vedeva scivolar via
dalla finestra, come
lacrime su un volto di uomo.
Gokudera,
dal
canto suo, aveva cercato di non darle importanza, ma, forse irritato
dal suo
picchiettare, forse influenzato dallo sguardo estasiato
dell’altro guardiano,
si era ritrovato a contemplarla ammaliato. Lui la pioggia la odiava, di
questo
ne era sicuro, ma in quel momento ne era rimasto inevitabilmente
attratto e
stregato, senza un particolare perché. E se ne
vergognò subito dopo,
distogliendo lo sguardo dal panorama.
–
Ehi idiota, se
continui a guardare fuori non concludiamo niente.
–
Sì, hai
ragione, scusami, – disse Yamamoto spostando velocemente i
suoi occhi –
potresti spiegarmi un’altra cosa?
–
Sono qui per
questo, no?
–
Come funziona
la trasmissione di calore?
Il
guardiano
della Tempesta rimase in silenzio qualche momento, indeciso sulla
risposta.
Optò poi per la spiegazione più elementare.
–
Il calore
passa spontaneamente da un corpo più caldo a uno meno caldo,
fino a quando non
raggiungono la stessa temperatura.
–
Ah, quindi è
uno scambio.
–
Un passaggio. Uno
scambio avviene solamente se si riceve qualcosa in cambio.
–
Appunto. Io ti
do un po’ di calore se tu mi dai un po’ di freddo.
Lo
guardò con lo
sguardo più accigliato che riuscisse ad assumere. Era
veramente un idiota,
altro che forza d’animo.
–
Ti raffreddi
perché cedi calore, il freddo non vale come merce di
scambio. Chi vorrebbe
gelarsi facendo un regalo?
–
Qualcuno a cui
il gelo piace magari.
–
Sarebbe uno
stupido allora.
Il
guardiano
della Pioggia scoppiò in una grassa risata, facendo
indispettire ancor più l’amico
già abbastanza adirato. C’era un particolare che
non comprendeva, e forse
quella era la volta buona in cui lui
gli avrebbe insegnato qualcosa. Lo prese per un polso, facendolo alzare
dal
pavimento dove ormai da ore era seduto. Pareva arso da un nuovo spirito
in
corpo, da un fuoco novello che lo scaldava dalla testa alle gambe, dal
cuore al
cervello, e, portandosi dietro l’amico, mostrò
questo fuoco al cielo coperto di
nubi. Un vento leggero soffiava sui loro volti, sulle mani, sui colli,
ghiacciando senza rimorso quelle parti scoperte. Era un vendo che
faceva male,
che sputava in faccia le consapevolezze più dure.
–
Che diavolo ci
siamo venuti a fare qui?!
–
Gokudera, hai
freddo? – chiese ignorando la sua domanda.
–
È ovvio,
idiota, sta piovendo!
Lo
toccò ancora,
per la seconda volta in quella giornata, ma non si limitò a
prendergli il
polso, lo avvolse completamente tra le sue braccia. Sentiva il fuoco
attraversargli il corpo, fino ad arrivare alle mani e a passare in
quello dell’altro.
Lo passò con le labbra nella sua bocca, la quale, non senza
un principio di esitazione,
lo ricambiò con un gelido soffio di vita, come era ormai
solita fare. Si staccò
poi, alla ricerca di fiato.
–
Vedi, io ora
ti sto scaldando, mentre tu mi stai passando un po’ del tuo
freddo, – prese una
lunga pausa – e credo sia una cosa meravigliosa, questo
scambio intendo.
Gokudera
lo
guardò con sorpresa. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma quel
maniaco del
baseball riusciva sempre a stupirlo, di qualunque cosa si trattasse. Lo
aveva
stupito la prima volta che lo aveva baciato, quando gli aveva
sussurrato dolci
parole all’orecchio, quando gli aveva confessato il suo amore
obbligando il suo
cuore a fare lo stesso, e lo stava stupendo in quel momento, per il
semplice
fatto che, in fondo, aveva ragione. E lui non poteva far altro che
accettarlo,
in una tacita ammissione di colpa.
–
Sei proprio un
idiota.
Il vento aveva cominciato a soffiare più forte, spostando lontano le nuvole, ma più in là, verso l’orizzonte s’osservava avanzare un cielo più grigio. In quel pomeriggio di inizio inverno la città vide arrivare la prima tempesta di neve della stagione, e ringraziò quella pioggia ghiacciata per il riposo concesso alle sue strade ora quasi deserte, percorse solamente da ragazzini imprudenti.
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Machecavolomièpreso? Non sono mai riuscita a scrivere due shot a così poca distanza e così velocemente, davvero. Probabilmente questo periodo sono particolarmente ispirata. Suppongo di dover ringraziare Alemanno per questo, con la scuola aperta non ce l'avrei mai fatta, non avrei avuto il tempo materiale.
Spero che almeno questa velocità non abbia rovinato la stroria, che tra l'altro mi era venura in mente proprio durante una lezione. Detto con franchezza non so quando potrò tornare a scrivere, c'è il libro di greco sul tavolo che mi aspetta, e le altre materie non vogliono essere da meno, ma spero di poter ripubblicare il prima possibile, l'8059 mi ispira anche troppo :3
Un bacio, Kiyomi.