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Autore: Kiyomi    07/02/2012    4 recensioni
Non aveva scelto di rimanere, di questo ne era certo, ma non aveva neanche preso in mano la situazione, decretando che, ormai, quel pomeriggio non aveva più senso. C’era qualcosa che gli impediva di uscire, ma non sapeva dire con certezza se lo respingesse dall’esterno grazie a una carica elettrica affine alla sua – perché sì, stavano studiando scienze, e non gli venivano in mente paragoni migliori –, o se si trovasse all’interno, attraendolo con una carica opposta. Una carica molto positiva, per giunta, perché lui in quel momento era tutto fuorché gioviale.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prime lezioni di fisica: trasmissione di calore per conduzione

 

Era l’inizio di un inverno un po’ scarno, uno di quegli inverni nel quale sarebbe bastata una felpa più o meno pesante per uscire di casa senza buscarsi una pesante influenza. Le strade brulicavano di persone non ancora atterrite dal freddo, che si fermavano in caffè, passeggiavano in compagnia o giravano per negozi senza mai realmente comprare qualcosa. Si tenevano il più possibile lontane da casa, quasi temessero l’avvento di un improvviso maltempo che le avrebbe costrette a rientrare. Hayato non condivideva l’entusiasmo per quel relativo calore, del quale aveva già potuto godere nei mesi precedenti  – solitamente preferiva fredde e impetuose tempeste –, eppure, in quel momento, avrebbe preferito come gli altri uscire all’aperto sotto la veglia del sole invernale, pur di non rimanere rinchiuso tra quelle mura decorate da dannatissimi poster di baseball.

Non ricordava neanche il motivo per cui si trovasse in casa di quell’idiota.

Tutta colpa di Reborn-san, si disse: non solo aveva chiesto che insieme al decimo aiutasse quel fissato dello sport, ma aveva anche portato via il boss, lasciandolo solo con il guardiano. E la cosa peggiore – pensò in un attimo di debolezza – era che lui non se ne fosse già andato. Non aveva scelto di rimanere, di questo ne era certo, ma non aveva neanche preso in mano la situazione, decretando che, ormai, quel pomeriggio non aveva più senso. C’era qualcosa che gli impediva di uscire, ma non sapeva dire con certezza se lo respingesse dall’esterno grazie a una carica elettrica affine alla sua – perché sì, stavano studiando scienze, e non gli venivano in mente paragoni migliori –, o se si trovasse all’interno, attraendolo con una carica opposta. Una carica molto positiva, per giunta, perché lui in quel momento era tutto fuorché gioviale.

  Questo punto non l’ho capito. – sentì la voce arrivargli alle orecchie in un tono così pacato da farlo quasi irritare. Yamamoto teneva il dito puntato sul libro, indicandone una frase evidenziata col giallo.

La temperatura di un corpo definisce il suo stato termico.

– E cosa diavolo c’è da capire?!

– Non so cosa sia uno stato termico. – lo spadaccino sorrise grattandosi la testa.

Sotto alcuni punti di vista Gokudera lo ammirava, nonostante la sua completa deficienza non si abbatteva mai. Doveva avere sicuramente una gran forza d’animo, oppure era semplicemente molto stupido.

– È lo stato che viene definito dalla temperatura.

– Ma è la stessa cosa che è scritta qui. – Indicò nuovamente la frase.

– Sei tu che non l’hai capita, infatti, mica io.

Yamamoto stava per ribattere – anche se a scuola non andava bene le cose le voleva capire fino in fondo, non si accontentava di spiegazioni parziali – ma un rumore lo interruppe. Era leggero, del tutto trascurabile, ma aveva sempre avuto un buon orecchio per certe cose. D’altronde adorava il rumore della pioggia. Quel battere delicato sulla finestra, sull’asfalto, sugli ombrelli della gente, un sottofondo sottile che scandiva lo scorrere del tempo, che teneva il ritmo della sua vita. Precipitava dal cielo senza schiantarsi, con tocco gentile per non ferire nessuno, e cadeva su tutti, su buoni e cattivi, sciacquandone via lo squallore. Purificava gli animi con discrezione, poi moriva a terra, sotto le suole distratte delle persone.

Ed ora, che si era fatta velocemente più intensa, la vedeva scivolar via dalla finestra, come lacrime su un volto di uomo.

Gokudera, dal canto suo, aveva cercato di non darle importanza, ma, forse irritato dal suo picchiettare, forse influenzato dallo sguardo estasiato dell’altro guardiano, si era ritrovato a contemplarla ammaliato. Lui la pioggia la odiava, di questo ne era sicuro, ma in quel momento ne era rimasto inevitabilmente attratto e stregato, senza un particolare perché. E se ne vergognò subito dopo, distogliendo lo sguardo dal panorama.

– Ehi idiota, se continui a guardare fuori non concludiamo niente.

– Sì, hai ragione, scusami, – disse Yamamoto spostando velocemente i suoi occhi – potresti spiegarmi un’altra cosa?

– Sono qui per questo, no?

– Come funziona la trasmissione di calore?

Il guardiano della Tempesta rimase in silenzio qualche momento, indeciso sulla risposta. Optò poi per la spiegazione più elementare.

– Il calore passa spontaneamente da un corpo più caldo a uno meno caldo, fino a quando non raggiungono la stessa temperatura.

– Ah, quindi è uno scambio.

– Un passaggio. Uno scambio avviene solamente se si riceve qualcosa in cambio.

– Appunto. Io ti do un po’ di calore se tu mi dai un po’ di freddo.

Lo guardò con lo sguardo più accigliato che riuscisse ad assumere. Era veramente un idiota, altro che forza d’animo.

– Ti raffreddi perché cedi calore, il freddo non vale come merce di scambio. Chi vorrebbe gelarsi facendo un regalo?

– Qualcuno a cui il gelo piace magari.

– Sarebbe uno stupido allora.

Il guardiano della Pioggia scoppiò in una grassa risata, facendo indispettire ancor più l’amico già abbastanza adirato. C’era un particolare che non comprendeva, e forse quella era la volta buona in cui lui gli avrebbe insegnato qualcosa. Lo prese per un polso, facendolo alzare dal pavimento dove ormai da ore era seduto. Pareva arso da un nuovo spirito in corpo, da un fuoco novello che lo scaldava dalla testa alle gambe, dal cuore al cervello, e, portandosi dietro l’amico, mostrò questo fuoco al cielo coperto di nubi. Un vento leggero soffiava sui loro volti, sulle mani, sui colli, ghiacciando senza rimorso quelle parti scoperte. Era un vendo che faceva male, che sputava in faccia le consapevolezze più dure.

– Che diavolo ci siamo venuti a fare qui?!

– Gokudera, hai freddo? – chiese ignorando la sua domanda.

– È ovvio, idiota, sta piovendo!

Lo toccò ancora, per la seconda volta in quella giornata, ma non si limitò a prendergli il polso, lo avvolse completamente tra le sue braccia. Sentiva il fuoco attraversargli il corpo, fino ad arrivare alle mani e a passare in quello dell’altro. Lo passò con le labbra nella sua bocca, la quale, non senza un principio di esitazione, lo ricambiò con un gelido soffio di vita, come era ormai solita fare. Si staccò poi, alla ricerca di fiato.

– Vedi, io ora ti sto scaldando, mentre tu mi stai passando un po’ del tuo freddo, – prese una lunga pausa – e credo sia una cosa meravigliosa, questo scambio intendo.

Gokudera lo guardò con sorpresa. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma quel maniaco del baseball riusciva sempre a stupirlo, di qualunque cosa si trattasse. Lo aveva stupito la prima volta che lo aveva baciato, quando gli aveva sussurrato dolci parole all’orecchio, quando gli aveva confessato il suo amore obbligando il suo cuore a fare lo stesso, e lo stava stupendo in quel momento, per il semplice fatto che, in fondo, aveva ragione. E lui non poteva far altro che accettarlo, in una tacita ammissione di colpa.

– Sei proprio un idiota.

 

Il vento aveva cominciato a soffiare più forte, spostando lontano le nuvole, ma più in là, verso l’orizzonte s’osservava avanzare un cielo più grigio. In quel pomeriggio di inizio inverno la città vide arrivare la prima tempesta di neve della stagione, e ringraziò quella pioggia ghiacciata per il riposo concesso alle sue strade ora quasi deserte, percorse solamente da ragazzini imprudenti.







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Machecavolomièpreso? Non sono mai riuscita a scrivere due shot a così poca distanza e così velocemente, davvero. Probabilmente questo periodo sono particolarmente ispirata. Suppongo di dover ringraziare Alemanno per questo, con la scuola aperta non ce l'avrei mai fatta, non avrei avuto il tempo materiale.
Spero che almeno questa velocità non abbia rovinato la stroria, che tra l'altro mi era venura in mente proprio durante una lezione. Detto con franchezza non so quando potrò tornare a scrivere, c'è il libro di greco sul tavolo che mi aspetta, e le altre materie non vogliono essere da meno,  ma spero di poter ripubblicare il prima possibile, l'8059 mi ispira anche troppo :3

Un bacio, Kiyomi.
  
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