Don’t forget
me, I beg
Everything
is as if we never said goodbye…
Kurt
lasciò che l’ultima
nota cantata al pianoforte si spargesse nell’aria come una
leggera folata di
vento tra le mura dell’aula canto dove stava provando tutto
solo.
Si
alzò dallo sgabello e,
con solita grazia da ballerino di danza classica che aveva marchiata
nel Dna da
quando era nato, si avvicinò alla fila di sedie poco
distanti dall’immenso
strumento musicale color nero e prese dalla sua tracolla lì
appoggiata lo
spartito di The way we were.
Si
girò per tornare al
proprio posto e lanciò un urlo fortissimo dallo spavento,
mettendosi una mano
davanti la bocca spalancata, un po’ scioccato, prima di
mettersi a ridere ad
alta voce.
Proprio accanto
al
pianoforte si era materializzato un gorilla.
Detto
così poteva sembrare
che Kurt fosse sotto l’effetto di qualche allucinogeno, ma
non era così.
C’era
veramente un gorilla
nella choir room, a qualche metro di distanza da lui; era un costume di
quelli
che si usavano nel licei come mascotte della squadra di basket o di
football e
la persona che lo aveva indosso ne era ricoperto totalmente tranne che
per le
mani, indiscutibilmente umane, che stringevano dei fogli molto grandi.
Quelli rigidi,
da disegno
tecnico.
Sul primo
c’era una
scritta in stampatello, fatta con un pennarello nero indelebile.
“SCUSAMI,
NON VOLEVO METTERTI PAURA”
Kurt sorrise di
nuovo e
fece per avvicinarsi al ragazzo travestito da bestia, ma questi gli
fece segno di
rimanere lì dov’ era, spostò i fogli
che aveva tra le dita e gli fece leggere
un’altra frase.
“TI
DEVO DARE UNA COSA”
Un sopracciglio
si inarcò
automaticamente sul viso di Kurt. Ma che diavolo stava succedendo?
Il gorilla
mischiò ancora
le tavole da disegno bianche ed estrasse quella che gli serviva.
“SIEDITI,
PER FAVORE”
Visto che gli
era stato
chiesto per piacere, obbedì e si posizionò
proprio sulla seduta dove aveva
lasciato la tracolla, posando questa e lo spartito con la canzone di
Barbra
Streisand sul posto accanto.
Il gorilla si
accostò al
pianoforte e prese una cosa che vi aveva appoggiato.
Kurt
strabuzzò le pupille
per capire meglio cosa fosse, ma poi il gorilla gliela diede tra le
mani e
comprese il tutto.
Era un
biglietto, sigillato
in una busta.
“LEGGI
AD ALTA VOCE, GRAZIE”
Kurt rise
ancora, di gusto,
facendo scorrere gli occhi su quella frase. La situazione era
effettivamente paradossale-
gli sembrava di essere magicamente diventato Donnie Darko alle prese
con il
coniglio Frank- ma non provava paura. Anzi, era curioso da morire
riguardo il
contenuto della lettera.
Prese la busta,
estrasse
il cartoncino che custodiva, si schiarì la voce e
iniziò a declamare ad ciò che
vi era scritto. Leggeva tremando e, il suo sguardo non fosse stato
offuscato dall’agitazione
e dalla voglia di conoscere il tema del biglietto, avrebbe notato che
anche la
calligrafia del gorilla non era stata molto ferma stendendo la lettera.
So
che sei fidanzato, e so anche che sembri felice al
suo fianco. Ma è San Valentino oggi, l’ultimo che
passerai in Ohio e non avrò
altre occasioni per poterti dire… tutto.
L’unica
cosa che importa e che tu credo debba sapere è
che per qualcuno, sulla faccia della Terra, sei perfetto, cazzo.
E
non lo dico parafrasando P!nk, ma perché è vero.
Sei
bellissimo, talentuoso, pieno di forza e passione.
Orgoglioso di ciò che sei e di ciò che sei
diventato. Un esempio per chiunque
solo ti conosca, anche di sfuggita.
Ed
è per questo che entrerai alla NYADA. Ti ho visto
cantare qualche volta, e so che sei in grado di toccare
l’anima quando lo fai. Sembri
veramente un angelo sceso tra noi comuni mortali.
Sono
innamorato di te, da tanto tempo ormai. Probabilmente
è sempre stato così…
Ma
non conta questo adesso.
Conta
il fatto di averti appena creato un bel ricordo,
probabilmente allucinante, lo so, da portarti via dall’Ohio e
che ti regalerà
un sorriso per sempre.
Non
dimenticarti di questo povero coglione sepolto vivo
sotto un soffocante costume assurdo da gorilla, perché io
non mi dimenticherò
mai di te.
Né
ora, né tra un milione di anni.
Buona
fortuna e buon San Valentino, Kurt.
Firmato,
il
tuo ammiratore segreto.
Kurt dovette
interrompersi
più volte durante la lettura, la voce si incrinò
pericolosamente su più punti per
poi spezzarsi verso la fine del biglietto.
Terminò
la lettera e non
si rese manco conto di essersi alzato e di essersi precipitato tra le
braccia
del gorilla in una frazione di secondo. Non sapeva nemmeno
perché lo avesse
fatto: sapeva solo che voleva stringerlo forte a sé e
ringraziarlo per ogni
parola scritta e dedicata a lui.
Quell’abbraccio
gli diede
una strana sicurezza. Non aveva per niente timore- in fondo, non sapeva
nemmeno
chi ci fosse sotto quella montagna di peli scuri sintetici. Percepiva
solo
calore scorrergli dentro, nelle vene e nel petto.
Non avrebbe mai
ritenuto
di poter essere oggetto di un amore così grande,
così forte.
Insomma, quel
gorilla
doveva essere veramente pazzo di
lui
per essere arrivato al punto di travestirsi per dargli un semplicissimo
biglietto di auguri per San Valentino.
Sciolse
l’abbraccio e
guardò dritto in viso la maschera da
gorilla, cercando di capire chi fosse il misterioso ammiratore.
Non
mi dirai mai chi sei, vero? – gli
domandò con un soffio, gli occhi azzurri brillanti
di curiosità.
Il gorilla fece
di no con
la testa, poi prese un foglio e ci scrisse su velocissimamente con il
pennarello abbandonato sul pianoforte.
“PREFERISCO
COSI’”
Kurt non si
rassegnò,
voleva almeno un indizio, anche piccolo, per decifrare la sua
identità.
Ti
conosco? Almeno di vista?- insistette, la
voce dolce come un cucchiaino di miele
puro.
“MEGLIO
CHE TU NON LO SAPPIA”
Kurt comprese
che quella
risposta valeva un sì e fece mente locale nel giro di pochi
secondi, elencando
tutti i gay che conosceva.
Blaine,
Sebastian, e…
Mentre
realizzava chi ci
fosse sotto quel costume, vide la mano del gorilla scrivere un altro
messaggio
sul foglio.
“MI
PROMETTI UNA COSA?”
Tutto
quello che vuoi-
fu la sua semplice replica.
“SII
FELICE.
SEMPRE.”
Percepì
una mano
ghiacciata e tremante scorrergli sulla guancia. Erano delle dita
enormi, eppure
il loro tocco era delicato come una piuma.
Il gorilla si
staccò dal
viso di Kurt e gli fece un cenno di saluto, prima di raccogliere tutti
i
cartelloni sparsi sul pianoforte, il pennarello, i pezzi del proprio
cuore e
avviarsi verso la porta di ingresso della sala prove, sparendoci
dietro.
A quel punto,
Kurt si
sedette sullo sgabello del pianoforte, lasciandosi quasi cadere su di
esso,
svuotato di ogni energia; tra le dita stringeva il biglietto, quasi
accartocciandolo, e le sue labbra sussurrarono due semplici parole.
“Oh,
Dave…”
***
Il mio
headcanon, che
verrà distrutto dai RIB sicuramente martedì
prossimo (sapete, si parla del
ritorno di Dave, di un ammiratore segreto, di qualcuno travestito da
gorilla…).
Tengo le speranze basse e mi limito a scriverci su ^.^
Per il mio amore grande e
le mie colleghe <3