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Autore: iridania    08/02/2012    1 recensioni
Nascosti nell'ombra di una loggia segreta, Celia e gli Apprendisti osservano l'esibizione del Mangiafuoco e ripercorrono la leggenda del Circo dei Sogni, il più bello e antico tra i circhi della magia.
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Mangiafuoco è immobile al centro della pista. Ha gli occhi chiusi e le braccia stese lungo i fianchi. Di tanto in tanto, il suo petto si alza e si abbassa e gli angoli della sua bocca si rilassano in una smorfia involontaria. Sta contando all’indietro, in attesa che il suo numero possa avere inizio.

Non c’è niente attorno a lui: solo sabbia, buio, e una quiete profonda. Il pubblico per cui il Mangiafuoco si sta esercitando è un pubblico invisibile, che esiste solo nella sua mente: una donna in tulle alla sua destra; un gentiluomo attempato alla sua sinistra; qualche marmocchio dalle dita appiccicose che si spinge sulle punte, per vedere meglio quello che succede oltre le spalle degli adulti.

Il Mangiafuoco smette di contare e apre gli occhi. Il silenzio è infranto da un lungo fischio senza respiro. Cascate d’acqua infuocata si riversano sulla pista, gettando ombre rosse e arancioni sulla sabbia ora incandescente. È impossibile indovinare da dove provengano; ma il loro flusso è rapido e costante, simile a quello della lava sulle pendici d’un vulcano in eruzione. Gli immaginari spettatori spalancano la bocca in un sussurro ammirato: alcuni si stringono alle loro sedie; altri si sporgono in avanti e allungano la mano verso il calore sprigionato dalle colonne di fuoco.

Imperturbabile, il Mangiafuoco sbatte le palpebre e stende le braccia in avanti, i palmi rivolti verso l’alto. Un luccichio metallico, e una spada dalla lunga e sottile lama d’argento appare tra le sue mani nude. Il Mangiafuoco la maneggia con quella particolare reverenza che si riserva alle reliquie antiche. I suoi movimenti sono lenti e precisi; e quando le sue dita stringono attorno all’elsa, i suoi profondi occhi scuri s’illuminano di gioia infantile. È pronto a danzare.

Le colonne di lava fremono e si portano ai lati della pista. Lì, si affinano in superfici liquide simili al vetro lavorato e ripiegano l’una verso l’altra per unirsi in una cascata rovente. La pista si trasforma in uno stagno di lava. Rapida, la tenda di fuoco si chiude su se stessa e stringe attorno al Mangiafuoco, ora nascosto agli occhi del pubblico.

Una corrente di sussurri scuote la folla: pianti di bambini impauriti si levano dalle ultime file, e qualche signora troppo sensibile sviene tra le braccia del proprio accompagnatore. All’interno della sua prigione, il Mangiafuoco solleva la spada verso il cielo e resta in attesa. Quando la lava che si riversa sulla pista inghiotte anche l’ultimo granello di sabbia, lui fa la sua mossa.

La punta della spada s’adagia sul terreno incandescente con un tocco delicato, simile a una carezza. Da dove il metallo ha per primo sfiorato la lava, un inchiostro azzurro comincia a spargersi sulla superficie e disegna intricati arabeschi nella corrente di fuoco.

Il Mangiafuoco avanza, scalzo, verso il bordo dell’arena, e la lava raffredda ed evapora sotto i suoi passi: brucia come un fuoco azzurro laddove la sua pelle la sfiora e sale verso l’alto sotto forma di nuvole grigie. Sono nuvole di pioggia, simbolo di una volontà infranta.

I Mangiafuoco non conoscono formule magiche o incantesimi; non nel modo degli Incantatori. Piuttosto, fanno affidamento su una tradizione basata sull’intuito. I Mangiafuoco non chiedono agli elementi di assisterli nel loro scopo, ma li manipolano e li comandano secondo il loro vezzo; e, a volte, diventano una cosa sola con lo strumento della loro magia.

La spada penetra da una parte all’altra della corrente di lava senza incontrare alcuna resistenza. La lama è visibile anche agli spettatori adesso: una ferita sottile nell’armatura di un gigante.

Il Mangiafuoco rinsalda la presa attorno all’elsa. Il metallo è freddo e duro sotto il suo tocco, e come lui è indifferente alle pressioni del calore. Il Mangiafuoco conclude il suo affondo. Ruota il polso in senso orario e lascia che il filo della spada accarezzi per la sua lunghezza il muro di fuoco; poi ritrae la propria arma.

Il fiume di lava cessa di scorrere all’istante. Di nuovo, gli arabeschi azzurri si fanno strada tra le correnti di calore; ma, questa volta, fanno più che disperdere il fuoco sotto forma di vapori grigi. Come le radici di una pianta, l’inchiostro cresce e si arrampica su ogni spazio disponibile: s’infiltra, scava, e corrode. La cascata che circonda la pista si trasforma in uno sottile specchio trasparente. Da una parte, un pubblico incuriosito, dall’altra, il Mangiafuoco con la sua espressione indecifrabile.

La spada agisce una terza volta. Il Mangiafuoco la fa danzare tra le proprie mani, alternando la presa da una mano all’altra, seguendo le vene d’inchiostro azzurro in cui gli arabeschi si sono trasformati. Da dove la lama sfiora lo specchio, una sottile polvere argentea si solleva nell’aria e si posa, leggera, sulle chiome degli spettatori e sulle guance dei bambini nelle prime file.

Il Mangiafuoco esegue un’ultima piroetta e torna a ergersi al centro della pista. Calmo, rinfodera la spada e concede un inchino. Lo specchio riflette il luccichio della polvere argentea, e il vetro esplode in mille frammenti. Una meravigliosa pioggia di cristalli sale verso l’alto e illumina l’ambiente di riflessi infiniti. Alcuni membri del pubblico si alzano dalle proprie sedie e applaudono. Allora il Mangiafuoco raddrizza la schiena e indica qualcosa. Obbedienti, gli spettatori sollevano lo sguardo.

Sopra di loro, piccole fiamme rosse e azzurre danzano ai capricci del vento, inseguendo la pioggia di cristalli da un lato all’altro del tendone. A un cenno del Mangiafuoco, le fiammelle scivolano verso il basso e si posano tra i palmi delle signore del pubblico, dove brillano ancora più radiose, prima di estinguersi per un’ultima volta.

La nascita delle lucciole. È questo uno dei nomi con cui questo numero è stato chiamato in passato. Non il più preciso, forse; ma di certo il meno drammatico. Il Mangiafuoco non lo esegue spesso di fronte a un pubblico reale; ma la sua memoria delle passate esibizioni è ancora perfetta. Ricorda ogni sussurro e ogni sorriso ammirato; ogni risata e ogni cenno del capo. Così, nel tendone vuoto, si concede di ripeterlo a beneficio di un pubblico fantasma.

Il Mangiafuoco piroetta ai lati della pista e s’inchina: una, due, tre volte, sotto una pioggia di cristalli, la spada riposta con cura nella fodera poggiata al suo fianco sinistro. A fine spettacolo, un particolare fino ad ora ignorato appare evidente: c’è qualcosa inciso sull’elsa della spada. È un motto o forse un promemoria: Immaginazione & Potere. Una volta, le parole erano facilmente distinguibili; ma, da quando il Circo delle Luci è scomparso, i caratteri incisi sull’elsa hanno cominciato a svanire, consumati dal tempo e dall’uso.

Il Mangiafuoco sa di condividere questo destino. Presto o tardi, anche lui perderà il talento che in passato l’ha reso grande agli occhi del mondo. E allora, tutto apparterà al Circo della Notte.

Con un battito di ciglia, estingue le ultime luci. Le tenebre avvolgono la pista e per diversi minuti c’è solo silenzio. Poi, il Mangiafuoco comincia a contare all’indietro.

Il fiume di lava riprende a scorrere.

~ * ~

Dal suo arrivo al Circo della Notte, al Mangiafuoco non è permesso esibirsi con il resto degli artisti. Spogliato delle luci di scena, si esercita in penombra, nel tendone vuoto, e la sua sola compagnia sono gli addetti che puliscono il tendone con aria rassegnata. Ma, a sua insaputa, qualcun altro assiste alla sue solitarie esibizioni.

C’è una loggia segreta al di sopra del sipario. È poco più di un corridoio: una cavità stretta e polverosa, dal soffitto basso, infestata di ragnatele, difficile da raggiungere e ancor più da abbandonare. Da lì, acquattate dietro un parapetto di cartonato, alcune figure silenziose spiano il Mangiafuoco con lo sguardo pieno di ammirazione.

Sono i nuovi Apprendisti del Circo della Notte, gli ultimi dei bambini che Prospero l’Incantatore ha scoperto nei suoi lunghi viaggi attorno al mondo. Fanno parte di un gruppo speciale, e tutti hanno qualcosa che li rende straordinari: un genio assopito, un desiderio bruciante, un’eredità genetica. Prospero legge di loro nei ritagli di giornale e li incontra per strada, oppure si nasconde tra i talenti di un circo qualsiasi e aspetta, paziente, che siano loro ad andare da lui. Prospero testa le loro attitudini e insegna loro gli stratagemmi più semplici e, se i loro progressi lo soddisfano, scrive una lettera al Direttore (il Direttore con la D maiuscola) e la infila in una busta bianca. Il giorno seguente spedisce il suo nuovo protetto al Circo della Notte e tutti, tranne lui, si dimenticano della sua esistenza. È il prezzo della fama, e il modo in cui il Circo sopravvive. Prospero è orgoglioso del proprio lavoro anche se, fino al febbraio di due anni fa, non aveva mai pensato che, un giorno, avrebbe finito col reclutare la sua stessa figlia.

Celia è affascinata dal Mangiafuoco. Tutti i pomeriggi si arrampica fino alla loggia segreta e attende che lui arrivi e inizi la sua danza. È grazie a lei che alcuni degli altri Apprendisti hanno scoperto di questa parte del Circo e ora, un po’ per curiosità e un po’ per senso dell’avventura, la seguono in tutte le sue visite al Mangiafuoco.

Fa freddo, lì in cima, e Celia si stringe nel suo cappotto rosso e infila le mani fino in fondo alle tasche. Ha iniziato a osservare il Mangiafuoco solo per caso, ma adesso lo fa con uno scopo preciso: vuole imitarlo e imparare il più possibile da lui. Per adesso, l’unica cosa che riesce a fare è scaldarsi la punta delle dita, ma sta migliorando in fretta e molto di più che seguendo le noiose lezioni del Direttore.

Il piano di Celia è ben congeniato, ma ha un grosso difetto, uno di cui lei è diventata consapevole solo di recente. La magia del Mangiafuoco è profondamente diversa da quella di Prospero l’Incantatore.

“Che intendi con diversa?”. Celia non sa bene come rispondere a questa domanda. Non dovrebbe nemmeno esserci bisogno di una spiegazione: ai suoi occhi la differenza è innegabile, ma gli altri Apprendisti non hanno notato nulla di strano.

Il Direttore parla loro di elementi e alchimia e trasmutazioni, ma le parole che usa sono troppo complicate perché lei possa usarle in modo corretto. Celia lavora di sentimenti e d’istinto e quelle definizioni la confondono. Le pare impossibile trovare il modo di descrivere agli altri la sensazione che prova ogni volta che è in presenza del Mangiafuoco. È come se il suo stomaco fosse sospeso a un filo e aspettasse di precipitare, o come se si trovasse sott’acqua, senza respiro, e il suo cuore smettesse di battere.

“Solo diversa”, mormora alla fine, timida. È l’unica parola che le viene in mente.

Gli Apprendisti confabulano tra loro. Dopo qualche minuto, uno dei giocolieri corruga la fronte e se ne viene fuori con un’ipotesi: forse la magia del Mangiafuoco le sembra diversa perché lui non appartiene al Circo della Notte. Non per davvero.

Celia non è sicura del perché il Direttore abbia ammesso i superstiti del Circo delle Luci di rifugiarsi da loro; è ancora troppo innocente per capire che cosa significhino la vendetta e l’umiliazione. Ma una cosa la turba più delle altre: il Mangiafuoco risponde a quell’appellativo solo nella sua mente. Per tutti gli altri è solo uno dei tanti assistenti di scena relegati dietro le quinte, con nessuna possibilità di mettere in luce il proprio talento. Il Circo della Notte ha già un Mangiafuoco; e tutte le cose, al Circo della Notte, sono rare e uniche. Non c’è spazio per inutili copie, specie se la loro magia ha origine in un altro luogo.

Celia abbassa lo sguardo e nasconde il viso sotto i riccioli scuri. Pochi metri sotto di lei, il Mangiafuoco libera la spada dal suo fodero. D’improvviso, si rende conto che non conosce il suo nome.

L’apprendista giocoliere la prende di sorpresa per la seconda volta di fila. Le assicura che il Mangiafuoco non può avere un nome. Il che è impossibile, perché tutti ne hanno uno, persino le belve feroci del Domatore e le scimmiette che si arrampicano sulle spalle dei Pagliacci.

Questa volta l’apprendista scuote la testa in segno di rimprovero.

I nomi di scena, ricorda a Celia, sono molto, molto potenti. Nessuno può ottenerne uno se non è abbastanza forte da sostenerne il peso. E offrirne uno a quell’uomo e trasformarlo nel Secondo Mangiafuoco sarebbe come diventare una cosa sola col Circo delle Luci.

Una degli apprendisti contorsionisti scivola al buio e tira una delle maniche del giocoliere. “Che vuoi dire?”, gli chiede, impaurita.

“Non lo sai?”, fa di rimando l’altro, “Quell’uomo era il Direttore del Circo delle Luci”.

Gli Apprendisti sussultano in coro. È la verità, insiste l’apprendista giocoliere: l’ha sentito dire dal loro Direttore.

Tra gli Apprendisti si scatena una discussione infuocata: cosa è successo esattamente al Circo delle Luci? Come era andato in rovina? E che fine hanno fatto tutti i suoi membri? Erano pochi quelli che il Circo della Notte aveva deciso di adottare; sei, forse sette, di una compagnia che doveva contarne centinaia.

Giù, nell’arena, il Mangiafuoco è arrivato alla sua parte preferita dello spettacolo: una carezza di metallo, e lo specchio di lava che lo circonda si dissolve in polvere d’argento. Celia ne segue affascinata i movimenti. Con la coda dell’occhio, nota alcune figure muoversi dall’altra parte del tendone: Giocolieri, e Pagliacci privi di trucco. Anche loro stanno osservando lo spettacolo del Mangiafuoco. Ma, invece che aperti in segno di meraviglia, i loro volti sono contorti in un’espressione di sdegno.

Il talento del Mangiafuoco è superiore a quello degli altri membri del Circo della Notte. Anche se i colori del suo fuoco si fanno più flebili di giorno in giorno e la sua magia sta svanendo, possiede un ardore ancora impareggiabile. E proprio per questo non è vi è un singolo membro del Circo che si dimostri gentile nei suoi confronti. La sua presenza è appena tollerata e il Mangiafuoco è costretto nell’ombra, dove ad altri di minor talento sono riservati gli applausi del pubblico. Celia si chiede come lui possa sopportare un simile affronto.

“Perché sceglie di non vederli”.

Celia trasalisce e il chiacchiericcio degli Apprendisti si spezza in un silenzio pieno di sorpresa. Uno ad uno, si voltano tutti verso il proprietario della voce, un bambino poco più grande di loro, rannicchiato in un angolino buio della loggia segreta. A che punto si è unito a loro, esattamente? Prima di rispondere alla domanda che Celia nemmeno si ricorda di aver vociato è rimasto in perfetto silenzio con gli occhi puntati sulla schiena del Mangiafuoco e nessuno si è accorto della sua presenza.

Il secondo degli apprendisti giocolieri si scuote dal proprio intorpidimento. “Intendi dire che li ignora”, riformula.

Il nuovo venuto rimane immobile nel suo angolino buio. “No”, nega, senza inflessione. “Intendo che decide di non vederli. E se decide di non vederli, loro non sono veramente lì”.

Celia deglutisce. Prospero l’Incantatore le ha sussurrato all’orecchio di questo tipo d’incantesimi una volta: magie che non sono magie. Espedienti, come li aveva definiti: trucchi, inganni, manipolazioni. Il genere di cose che va contro i principi su cui il Circo della Notte è fondato.

La trave di legno che fa da pavimento alla loggia scricchiola sotto il peso agitato degli Apprendisti. I loro sussurri si fanno più concitati. Ma, invece di parlare col nuovo venuto, confabulano tra loro. Le parole Luce e perduto arrivano diverse volte alle orecchie di Celia.

Pochi metri sotto di loro, le fiammelle del Mangiafuoco prendono a levarsi nell’aria vuota. L’apprendista misterioso sporge la mano oltre il parapetto e ne chiama una a sé. La fiamma fluttua attorno al suo polso e si adagia sul suo palmo con un guizzo giocoso. “Un giorno, avrà di nuovo un nome”.

Il resto degli Apprendisti assume un’aria sconsolata. “No”, riprende uno dei giocolieri, “Solo il Direttore può affidare un nuovo nome agli artisti”.

“E questo Secondo Mangiafuoco”, rincorre la voce del suo compagno, “Non farà mai parte di questa compagnia”.

Gli Apprendisti si scambiano solenni cenni di assenso. Discutono per diversi minuti sul perché di quelle affermazioni. E solo quando il brusio delle loro parole si è quietato, il nuovo venuto decide di informarli che non è del Circo della Notte che sta parlando.

“Ma il Circo delle Luci è chiuso da tempo, ormai”, insite il primo giocoliere. “E non c’è modo che possa riaprire”.

Le labbra del nuovo venuto s’increspano in un sorriso deviato e Celia è scossa da un brivido. Le viene alla mente una storia che ha sentito sussurrare da alcuni Cartomanti, il giorno dopo il suo arrivo. Anche nella sua innocenza, Celia l’aveva creduta una semplice favola, ma ora…

“Stai parlando del Circo dei Sogni”, dice, in un sussurro che si avvicina a un grido.

Gli Apprendisti ammutoliscono all’istante. I giocolieri impallidiscono e si portano le mani davanti alla bocca; gli altri scuotono la testa e fingono di non aver sentito.

Esistono molti circhi al mondo. Alcuni di essi, rari e bellissimi, impiegano la magia, la vera magia, nei loro spettacoli. Il Circo della Notte e il Circo delle Luci, i grandi rivali, sono i più noti e i più belli tra di essi. Ma esiste un terzo circo, un circo dimenticato, che appare e scompare quando vuole, senza avvertire, ovunque il suo Direttore lo desideri. È Circo dei Sogni, il più grande ed antico dei circhi della magia.

Il sorriso di Celia si fa più ampio; se i sussurri affrettati dei Cartomanti corrispondono il vero, allora un giorno il Mangiafuoco potrebbe davvero tornare a esibirsi sulla scena, e il suo talento non andrà perso per sempre. Celia si alza in piedi e batte le mani in giubilo.

Uno dei giocolieri l’afferra per il polso. La costringe a sedersi e le dice di non pronunciare più quel nome a voce alta. È proibito, e nessuno di loro dovrebbe sapere dell’esistenza di un terzo circo, tanto per cominciare.

Celia si libera dalla presa e scuote i riccioli scuri. Non capisce quale sia il problema. I Cartomanti avevano parlato del Circo dei Sogni in segreto, questo è vero, ma l’avevano fatto con un tono così ammirato, che non ci può davvero essere niente di male nel discuterne. Perché dovrebbe essere proibito?

Gli Apprendisti si agitano sulle punte e si scambiano occhiate preoccupate. Poi, uno ad uno, cedono allo sguardo insistente di Celia.

Nessuno di loro conosce la storia per intero; ma ognuno ne possiede un piccolo frammento. E questo è quello che riescono a ricostruire di un racconto molto complicato.

Il Direttore del Circo dei Sogni è il più potente mago del mondo. Secondo le voci, nulla è lui impossibile: il Direttore controlla gli elementi, il tempo e lo spazio, e tutto ciò che immagina può diventare realtà. La sua magia è la magia da cui deriva quella degli altri; ed è proprio questo che lo rende così pericoloso. Tutti vorrebbero il suo titolo per sé. L’ultima volta che il Circo dei Sogni è rimasto senza un Direttore, una lunga e terribile guerra della magia si è abbattuta sul mondo, e molte compagnie sono andate perdute. Poi, un giorno, quando gli scontri avevano raggiunto il loro apice, il Circo dei Sogni è svanito. Tendone, carrozze, e accessori di scena: nello spiazzo dove prima si trovava l’arena principale, non era rimasta nemmeno una nocciolina.

L’apprendista giocoliere si guarda attorno con fare circospetto. “Credo fosse opera del precedente Direttore”, confessa. “O forse… o forse qualcun altro ha preso il suo posto e non l’ha detto a nessuno”.

Quale che sia la verità, non fa molta differenza. Dal giorno della sua scomparsa, nessuno ha più visto il Circo dei Sogni. La sua compagnia originale si è divisa in due: una ha fondato il Circo delle Luci, l’altra il Circo della Notte.

Celia si distacca dal gruppo, ancora intento a riordinare i frammenti della storia, e sospira; guardare il Mangiafuoco, adesso, le provoca una fitta di dolore allo stomaco. Ora che il Circo delle Luci è fallito, il Circo della Notte è l’unico vero esponente della magia nel mondo.

L’apprendista misterioso emette una risatina. “Ti sbagli”, dice; e, questa volta, Celia non ha davvero dubbi che le abbia letto la mente. L’altro annuisce, e anche il resto degli Apprendisti sposta l’attenzione su di lui. “Il Circo delle Luci ha chiuso, è vero. E proprio per questo c’è bisogno di un nuovo equilibrio. Non ci vorrà molto prima che il Circo dei Sogni faccia ritorno”.

Nell’arena, lo specchio del Mangiafuoco esplode in frammenti di vetro colorato. Gli Apprendisti si accucciano sul pavimento della loggia, ansiosi.

“Se dovesse accadere”, riflette il giocoliere, “Nessuno rischierebbe una nuova guerra della magia. Il titolo di Direttore andrebbe a Prospero l’Incantatore”.

Celia impallidisce: il pensiero di quell’uomo in possesso di tanto potere non le piace per niente. Prospero non ama nient’altro che se stesso; e influenzare la magia altrui non gli dovrebbe essere permesso. Anche gli altri devono pensarla come lei, perché le loro espressioni si fanno ancora più cupe. Solo l’apprendista misterioso sembra non dare credito a quella teoria. “No”, nega, deciso, e indica le ultime colonne di lava evocate dal Mangiafuoco. “La magia del Circo delle Luci non si è ancora estinta”. A quelle parole solleva la mano, e la punta delle sue dita comincia a brillare di luce dorata.

Celia spalanca la bocca, stupita, e fa un passo indietro. Sente un formicolio scorrerle lungo la schiena e, d’un tratto, l’attenzione degli Apprendisti si sposta su di lei. Celia segue la linea del loro sguardo e scopre che anche le sue mani hanno cominciato a brillare.

È uno degli incantesimi del Direttore, il loro Direttore: un semplice campanello d’allarme, che lo avvisa quando qualcuno sta facendo qualcosa di sconveniente nel suo circo. Come parlare di qualcosa di proibito, per esempio.

“Dobbiamo smettere di menzionare quella cosa”, si affretta la contorsionista. “O ci scopriranno”.

L’apprendista misterioso corruccia la fronte. “E quale differenza farebbe?”, domanda. Per la prima volta, appare davvero confuso. Gli altri emettono una risata strozzata.

“La differenza è che potremmo essere espulsi”. L’apprendista giocoliere pronuncia l’ultima parola come se fosse veleno, e Celia si stringe nel suo cappotto rosso, preda di un gelo improvviso.

Essere espulsi dal Circo della Notte vuol dire molto più che essere costretti a trovare una nuova casa. Quella che il Direttore scaglierebbe su di loro è una maledizione tra le più orribili: dimenticherebbero tutto del mondo della magia, e sarebbero costretti a vagare, senza meta, inconsapevoli del loro talento e alla costante ricerca di qualcosa che non potrebbero mai più avere indietro. Si lascerebbero alle spalle i segreti delle caverne di ghiaccio e delle case di zucchero filato, gli uccelli di carta che volano liberi nel cielo di mezzogiorno, e canzoni che profumano di zenzero. Anche se, per caso, s’imbattessero di nuovo nel Circo della Notte, non sarebbero in grado di riconoscerlo e la loro malinconia si farebbe ancora più profonda. Celia non riesce a immaginare punizione peggiore. Si lascia scivolare a terra, la schiena contro il parapetto, e serra le palpebre. Le fiammelle del Mangiafuoco le danzano davanti agli occhi.

“Anche se non ne avessi alcun ricordo, continuerei a cercare il Circo dei Sogni. E lo farei di nuovo mio”.

Celia riapre gli occhi. Il resto degli Apprendisti precipita di nuovo nella confusione: “Perché?”, chiedono, in mille modi diversi.

L’apprendista misterioso regala un sorriso al silenzio di Celia prima di rispondere: “Perché è il mio destino”. Lo dice con una tale sicurezza che Celia non può mettere in discussione veridicità delle sue parole. Le sorge il dubbio improvviso che quel bambino non sia solo un altro degli Apprendisti del Circo della Notte; forse non è nemmeno un apprendista, ma un Orfano come il Mangiafuoco. Tende la mano verso di lui, e la punta delle sue dita gli sfiora il lembo della giacca. È questo il momento in cui tutto cambia.

Celia ha una visione. In un futuro non molto lontano, Prospero l’Incantatore verrà privato del suo talento, e lei sarà costretta a prendere il suo posto in un crudele duello. Celia vede fumo, e nebbia, e fuoco. Vede il figlio del Mangiafuoco abusare di una magia che non può domare, e il Circo della Notte appassire in nera cenere.

La sua curiosità nei confronti dell’apprendista si trasforma in panico. Celia getta la testa all’indietro e si trattiene appena dall’urlare. Il suo respiro è pesante e difficile.

Gli altri apprendisti non si sono accorti del suo turbamento: i giocolieri hanno preso a confabulare tra loro, e stanno guidando gli altri in una conversazione senza scopo. Celia si fa coraggio e si solleva da terra. Per prendere tempo, si libera dei nidi di polvere che le si sono appiccicati alle calze e alla lana del cappotto. Poi, cauta, studia con la coda dell’occhio il profilo dell’apprendista mangiafuoco.

In apparenza, si è fatto di nuovo calmo e imperturbabile, silenzioso com’è stato prima di annunciare la propria presenza. Celia si convince che non le abbia letto nella mente per una terza volta, e che, almeno per il momento, la sua visione è al sicuro. Qualcosa però è cambiato. Ora che ha spiato nel futuro, Celia nota qualcosa negli occhi di lui che prima le era sfuggita: un fuoco alimentato da più che semplice determinazione. C’è un’anima tormentata nascosta in quelle fiamme: uno spirito di vendetta che si alimenta dei commenti senza senso degli Apprendisti, e della derisione che Il Circo della Notte ha per il Circo delle Luci.

Al momento, l’unico desiderio dell’apprendista è assegnare un nuovo nome al Mangiafuoco, ma presto le cose cambieranno. La visione è già vicina al realizzarsi.

Celia sa come il loro duello si concluderà. Le parole dell’incantesimo che un giorno priveranno l’apprendista dei suoi ricordi e della sua magia sono chiare nella sua mente: cinque sillabe in rima con cui Celia distruggerà il suo rivale e condannerà se stessa. A meno che, qui e ora, lei non faccia qualcosa per cambiare il loro congiunto destino.

“Come ti chiami?”, chiede, determinata.

L’apprendista mangiafuoco inclina la testa di lato, come se non avesse capito la domanda. Come se non fosse abituato alle attenzioni degli altri. “Scusa?”

Celia si scosta un ricciolo dalla fronte. “Qual è il tuo nome?”, ripete, paziente.

“Vincent”, balbetta lui, arrossendo. “Solo Vincent”.

“Piacere di conoscerti, Solo Vincent. Io sono Celia la Veggente”, gli allunga la mano.

Dopo un attimo di esitazione, Vincent ricambia la stretta sotto gli sguardi incuriositi degli Apprendisti.

Non è un grande gesto; ma è uno che Celia spera sarà in grado di cambiare il futuro.

~ * ~

Immobile al centro della pista, il Mangiafuoco chiude gli occhi ed estingue le ultime fiammelle. Nel buio del tendone, prende una decisione inattesa: domani proverà un nuovo numero.

Qualcosa ha appena modificato la natura della sua magia.

  
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