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Autore: alessiasc    08/02/2012    3 recensioni
(...) Nel momento in cui Alex, un ragazzo alto con i capelli mediamente lunghi che gli cadono sugli occhi e, in alcuni punti, si arricciano leggermente, con gli occhi marroni, un corpo lungo e snello, coperto da vestiti semplici: una maglia verde a maniche corte, dei jeans lunghi e a vita bassa che mostrano le mutande grigie e bianche, e delle scarpe che richiamano il colore della maglia, esce per pranzo, si rende conto di non aver voglia di sedersi con nessuno dei suoi compagni di classe.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La musica è così forte che si sente dalla macchina, mentre parcheggia davanti al vialetto, vicino a tante macchine disordinate. Alex scende per primo e Haley lo raggiunge seguita dagli altri. E' una bella casa. E' grande, e il pian terreno è chiuso solo da vetri, quindi si vede bene, all'interno, la gente che balla. Ed è tanta. Ecco perché questa casa è leggermente fuori città, ed ecco perché questo ragazzo può permettersi di dare una festa in piena notte senza ricevere alcuna lamentela. Semplicemente perché non ha vicini che possono lamentarsi.
Sullo sfondo si vede la spiaggia, illuminata solo dalle luci della casa. Il mare è nero e mette in soggezione. Nessuno lo guarda. Anche Haley, avvicinandosi alla porta principale, lo nota e distoglie lo sguardo.
Entrano e i suoni li assalgono come un'onda, insieme all'odore di alcool e gli aloni di fumo. Si fanno spazio tra la folla e raggiungono il centro tranquillo della festa, dove c'è il padrone di casa, che si alza barcollando con un sorriso e abbraccia Jack, batte il cinque agli altri quattro ragazzi e si ferma a guardare Haley nel suo vestitino.
«Mhm, ciao! Andrew, tu?» dice, sopra la musica.
«Haley» lei sorride, mentre il ragazzo le prende la mano, ammicca e gliela bacia.
«E' nuova, e ho pensato di portarla dato la tua bravura nelle feste. A proposito, Rachel?» Jack si avvicina ad Andrew e gli batte una mano sulla spalla.
«E' in bagno. Ora torna. Accomodatevi» non fa in tempo a finire la frase, che tutti sono seduti sul divano. Tutti trane Haley, che rimane in piedi vicino al muro, con le braccia incrociate e la giacca nera di pelle in mano. Si sente in imbarazzo e fuori luogo. Per un secondo, pensa di girarsi dall'altra parte, uscire, e passare il resto della festa sul marciapiede ad aspettare i suoi amici.
Poi però guarda Zack e vede che ha la sua stessa espressione disorientata, allora decide di prendere un respiro e si siede tra Zack e Alex. Il primo le sorride e le da una piccola spinta. «Sai, amo le feste solo dopo un bicchiere di birra. Prima, non so cosa fare, con chi parlare e come comportarmi. Vedi: ora sono seduto, e non so se stravaccarmi e accavallare le gambe, oppure tenerle aperte, oppure stare dritto, oppure fare come farebbe il 99,9% dei ragazzi in questa stanza: prenderti e farti sedere sulle mie gambe – principalmente per palparti. Ecco, io... Non sono così.» dice a bassa voce, e quando lei si gira incontra il suo sguardo. E' tranquillo, però sembra essersi tolto un gran peso. Gli sorride.
«Te lo dico, insomma, perché ho visto come ci guardavi prima. Da quanto tempo non vai ad una festa? O: ci sei mai andata? Non è un problema se la risposta è no. Però non negarlo: la cosa che vuoi di più al mondo in questo momento – o almeno, quello che volevi fino a pochi minuti fa – è alzarti, uscire e rimanere da sola. Te l'ho letto negli occhi. Mi sento così anche io, ogni tanto, ma solo all'inizio» si ferma per prendere fiato, poi quando è sicuro di avere l'attenzione di Haley, continua: «Lo senti il ghiaccio che ti blocca e ti rallenta i movimenti? Lascia che si sciolga, ok? Non sto dicendo “Haley, sembri vergine, fai un po' la troia”, sto dicendo “Haley, non so se tu sia vergine o no, ma divertiti! Lasciati andare e lascia che il calore ti sciolga i movimenti tesi.”» detto ciò, le fa un occhiolino, si alza e va al tavolo a prendere un bicchiere di birra e, senza voltarsi indietro, come se non avesse appena fatto un lungo e sensatissimo discorso senza ricevere alcuna risposta da Haley, sparisce tra la folla.
Quelle parole l'hanno stupita. Non che credesse che Zack fosse chissà chi, ma non lo credeva così... così sicuro di se, ecco. E invece lo era stato, e lo era stato anche parecchio. Con poche parole le aveva fatto mancare il fiato, l'aveva fatta sentire in imbarazzo, poi una debole, una facilmente scrutabile, capibile, dallo sguardo trasparente. E infine, l'aveva scossa, un po', giusto leggermente.
«Allora? Che ne pensi?» Alex si butta sul divano, affianco a Haley, e si sdraia con i piedi che escono dal bracciolo e la testa sulle gambe dell'amica. 
«Penso che sia una bella festa. Insomma, sì. Ho bisogno di bere, poi andrà meglio. Mi accompagni? Anzi, no, lascia stare, faccio io» gli sposta la testa e si alza, per dirigersi verso il tavolo dove aveva visto sparire Zack.
Era pieno di bicchieri rossi con l'interno bianco, un dettaglio che non può mancare in una tipica festa di adolescenti americani, e sono tutti pieni di birra. Poi ce ne sono alcuni, uno dentro l'altro, per gli alcolici più forti.
Haley ne afferra uno di birra, e nel secondo ci versa un po' di Vodka alla menta – la sua preferita – e torna al suo posto sul divano. Alex la sta aspettando con un sorriso e si affretta a prendere il bicchiere pieno di birra, che la ragazza aveva preso per se.
«Vuoi ubriacarti subito, Scott, o mi lasci il tempo di raggiungerti?» il fatto che l'avesse appena chiamata per cognome la fece rabbrividire. Le ricordava così tanto la sua vecchia vita, i suoi vecchi amici, il suo vecchio tutto. 
Scott era il marchio che l'avrebbe legata alla sua infanzia per tutta la vita, e allo stesso tempo era una delle poche cose che le ricordava la persona che era, gli ostacoli che aveva superato, il tempo che era passato, la forza che si era data e che aveva emanato, la debolezza, i graffi, le paure. Scott era il suo cognome, il suo passato, presente e, a quanto pare, futuro.
«Ti lascio il tuo tempo. Vediamo chi va fuori prima. Scommetto di reggere più di te, Gaskarth. Poi, questa cosa di chiamare per cognomi? Non so se esserne lusingata o schifata!» butta giù la vodka in un sorso. 
Non ha più voglia di niente. Non vuole pensare, collegare parole nel presente ad azioni del passato, non vuole sentirsi in colpa per un sorriso, non vuole sentirsi in colpa se flirta o bacia un altro ragazzo. Non più. Accavalla le gambe e ruba all'amico il bicchiere che stava portando alla bocca, e in un tre sorsi finisce anche tutta la birra. Alex la guarda con un sorriso strano, si alza e torna con altri due bicchieri, che finiscono presto.
Quando entrambi hanno bevuto abbastanza, Alex si alza e la fa alzare.
«Non voglio fare casini, capito Gaskarth? Quindi lasciami andare in bagno. Tu divertiti!» dice, e lo allontana per dirigersi nell'altra stanza.
Gira e rigira, si rende conto di non avere assolutamente idea di dove sia il bagno e capisce di non averne nessun bisogno. Si siede sulle scale e guarda i ragazzi che ballano. Parte “I Gotta Feelin'” dei Black Eyed Peas e si spengono le luci. Haley sbuffa e alza gli occhi al cielo: non solo odia quella canzone, ma luci spente significano sicuramente tante urla, tanto rumore, tanto casino e qualcuno che si avvicina.
E infatti così è. Le luci si riaccendono e un ragazzo le è affianco. E' un bel ragazzo, alto, con le gambe lunge e il corpo asciutto. Indossa una camicia bianca con i primi bottoni aperti e le maniche tirate su fino al gomito, dei jeans abbastanza stretti e delle scarpe da ginnastica bianche e nere. Ha gli occhi neri e i capelli castani arruffati ed è leggermente sudato. Sorride, ha un bel sorriso, i denti bianchi e dritti, sembra la pubblicità di un dentifricio miracoloso.
«Ciao!» dice sovrastando la musica. Haley gli fa un cenno accompagnato da un sorriso. «Ti va di ballare?»
«Non tanto, scusa. Non mi piace molto ballare...» risponde lei, cortese. Anche se in realtà, le piace ballare. Però non così, non lì, non ora, non dopo aver bevuto.
«Fantastico, nemmeno a me. Saliamo? Non voglio stuprarti» ride, la ragazza sorride: non lo trova affatto divertente «è solo che ci sono dei miei amici con un po' d'erba e mi chiedevo, beh... mi chiedevo se ti andasse... Qualche tiro, ecco. Niente di più, che dici?»
Lei lo guarda bene, ripercorre i suoi dettagli. Ha imparato a studiarle, le persone. A studiare i loro movimenti, le loro espressioni. Le capita anche, di riuscire a capire le intenzioni di qualcuno con uno sguardo. 
Lo sguardo del ragazzo davanti a lei, non è assatanato, non è eccitato né isterico. E' lo sguardo di un normale ragazzo che ha bevuto, vuole fumare e ci sta provando con una ragazza. Riflette un secondo sulla decisione che sta per prendere, poi gli sorride e si alza dallo scalino ricoperto da un tappeto marrone e fa un cenno alla nuova conoscenza di salire, per poi seguirlo su.
Lontani dal casino del piano inferiore, la loro voce sembra essersi alzata a tal punto che sembra che urlino. Prima di entrare nella stanza di cui le ha parlato, il ragazzo si presenta: «Io sono Liam, il migliore amico di Andy, tu?»
«Haley, un'amica di Alex, Jack, Ri..-» «E quegli altri, insomma. Conosco il gruppo» le fa l'occhiolino e si avvicina leggermente. 
«Sei impegnata?» chiede con un filo di voce. Ha una voce di quelle voci che ti fanno scordare tutto e ti fanno diventare bollente dalla testa ai piedi.
Haley scuote la testa e lui si avvicina di più, le prende i fianchi e le sorride, per poi accompagnarla nella stanza, in cui entra e si chiude la porta alle spalle.
Come le aveva precedentemente detto, in quella stanza c'erano quattro ragazzi e due ragazze che tiravano su qualche canna. Tre, forse quattro.
Si siede sul letto e accavalla le gambe. La ragazza più bassa, con i capelli neri come il carbone, le si avvicina e le sorride.
«Hey, io sono Lucilla, tu?» 
«Haley» l'imbarazzo sparisce completamente, senza un motivo particolare. Si sente trascinata indietro di qualche mese, dov'era abituale conoscere gente nuova ogni sera, fumare insieme, essere amici ma così amici che si ucciderebbe qualcuno per l'altro solo per alcune ore: quelle che si passano insieme.
«Dove vai a scuola?» le chiede. Gli occhi sono grandi e scuri, e la fissa con sincera curiosità.
«Alla Dulaney, tu?» il viso le si illumina e impercettibilmente si avvicina ancora di più alla bionda.
«Anche io! In che classe? No, aspetta, tu sei quella nuova! Quella del terzo, lingue, vero? Jack mi ha parlato di te. Conosci Bassam, vero?» 
Bassam è il secondo nome di Jack. O il secondo cognome, Haley non l'aveva ben capito, quando Alex l'aveva spiegato. Jack Bassam Barakat era il suo nome completo, in ogni caso, e a quanto pareva, si tendeva a chiamarlo “Bassam”.
«Sì, lo conosco. Sono venuta a questa festa con lui... Beh, non con lui, con loro. Con i ragazzi.» solo in quel momento si rende conto di avere tutti gli occhi puntati addosso, e tutti annuiscono. Intuisce allora lei, dai loro occhi e dai loro modi di fare, che quelle non sono le prime canne della serata che tirano su.
In pochi minuti la stanza si riempie di fumo che esce dalla finestra semi-aperta ed esce nell'aria della notte ormai inoltrata. L'erba gira veloce, non si fa in tempo a tirare una volta che arriva quella successiva e si tira di nuovo.
Haley non si disturba nemmeno a chiedere i nomi degli altri ragazzi presenti. Non le interessano. Lei fuma e si rilassa, butta la testa indietro e si passa entrambe le mani tra i capelli, prima dalla fronte verso il basso, poi da dietro al collo fino alla nuca. La rilassa. Lo fa sempre quando va in botta.
Liam la affianca e allunga le gambe sul letto, dietro la sua schiena. Appoggia la schiena alla testata e prende Haley per un polso per farla avvicinare. Lei non si tira indietro, si lascia trasportare. E' tutto così leggero. Si sente così leggera.
Il ragazzo comincia a passarle le dita tra i capelli esattamente come faceva lei poco prima e lei appoggia la testa sulla sua spalla.
Le loro labbra sono a pochi millimetri di distanza, lui sorride e si lecca le labbra. Ha gli occhi praticamente chiusi, e li chiude del tutto quando lei comincia a muovere le dita sul suo braccio, scoperto dalla camicia. Rimangono così, a coccolarsi per minuti, ore, poi finalmente lui la prende e la bacia.
Le prende il viso e si avvicina di più. Tra le dita ha ciocche bionde che gli solleticano la pelle e si intrufolano nel loro bacio, che comincia lento, dolce, fino a quando le loro lingue non si incontrano e diventa semplicemente più passionale. 
Che vi aspettate? Un bacio pieno di sentimento da cui nasce una di quelle storie d'amore perfette, da romanzo, in cui lui libera lei da tutti i suoi problemi e le permette di superare il passato? Vi sbagliate, e anche di grosso: questo è e rimarrà un semplice bacio dato dopo aver fumato, durante una festa di cui non si ricorderà nessuno. Niente amore, niente macchine del tempo, niente cuoricini.
E mentre Haley lo bacia, lo sa bene. Quante volte, quante, ha sperato di trovare quel bacio magico, che le facesse dimenticare il mondo e capire che era quella la persona con cui sarebbe voluta stare, con cui avrebbe voluto condividere il suo passato, il suo presente e soprattutto il suo futuro. La persona adatta, quella che l'avrebbe aiutata a scavalcare gli ostacoli che si era lasciata indietro: come livelli incompleti che servono per finire il gioco.
Ancora una volta, mentre si lascia stringere da uno sconosciuto, è delusa: per quel bacio, dovrà ancora aspettare.
 
 
Alex e Jack sono ubriachi quanto l'amica che stanno accompagnando a letto, e si reggono a vicenda. Non fanno altro che ridere, spingersi e ridere di nuovo.
Haley apre la casetta con le chiavi che tiene nascoste sotto una piastrella, ed entra seguita dai due amici. Si buttano tutti e tre sul letto, vestiti, ancora scossi dalle risate e con il fiatone. 
La ragazza si toglie le scarpe con il tacco e le lascia cadere sul pavimento di legno. Fanno un rumore sordo, e lei si sente libera: muove le dita dei piedi su e giù velocemente, per far riprendere la circolazione che mancava. 
«Che serata!» dice Jack, passandosi entrambe le mani sul volto.
«Che serata...» gli fa eco Alex.
«Grazie» sussurra Haley, aspetta che i ragazzi si tolgano le scarpe e tira le coperte fino ai loro visi.
«Grazie a te, Scott, buonanotte» nessuno ha la forza di rispondere. Si addormentano, uno affianco all'altro, e lasciano che un'altra notte a Baltimora passi.
 
Litigano ancora. Litigano, litigano, non fanno altro che litigare. Li sente urlare da almeno un'ora. Ma che dico? Lei li sente urlare da un'ora, ventisei minuti e cinque secondi. Sta guardando l'orologio da un'ora, ventisei minuti  e dieci, undici, dodici, tredici secondi. Le lacrime ha smesso di contarle alla centesima.
In quest'arco di tempo non ha sentito solo urla, singhiozzi, parole cattive, minacce: ha sentito rumori forti, porte che sbattono, schiaffi.
Guardando ancora l'orologio si promette che all'ora e mezza in punto, si alza e scappa. Non sa nemmeno lei dove andare. Però vuole uscire. Vuole andare da qualcuno che la faccia sentire meno in gabbia. 
Le urla di sua madre le perforano lo stomaco e aumenta il tempo all'ora e trentadue. Non vuole lasciarla sola. Lei è l'unica cosa che ha. E poi, la mamma era coraggiosa. Lei non l'avrebbe mai abbandonata solo perché aveva paura, o perché era stanca di sentire le urla o di sentirsi perforare lo stomaco.
La mamma è forte e deve essere forte anche Haley, piccola com'è. Ha solo sette anni e deve sopportare tutto quel dolore.
Si stringe le ginocchia al petto e per un secondo un pensiero le attraversa la mente: «meglio così, di quando si sfoga su di me».
Nel momento in cui lo pensa, la bambina si odia. Si odia a tal punto che comincia a piangere più forte, si tira i capelli e si nasconde sotto le coperte: spera, per un attimo, di sparire per davvero.
Assurdo come una bambina di quell'età potesse sentire così forte il senso di colpa per un pensiero che poteva sembrare quasi egoistico, ma che era semplicemente causato dalla paura e dal dolore fisico che aveva provato e che sapeva avrebbe provato ancora tante volte.
Assurdo come, nonostante la sua giovane età, - che dico, giovane? Infantile – lei riesca a percepire ogni movimento, a capire ogni parola, a interpretare ogni orrendo rumore.
Fa quasi paura. Si fa quasi paura.
Non sa per quanto rimane ancora lì, sotto le coperte, ad aspettare che il senso di colpa svanisca e che le urla si affievoliscano. Non sa neanche lei quanto tempo passa, dopo quell'ora, ventinove minuti e sedici secondi, prima di sentire la porta di casa sbattere e il passo lento e leggero della madre che sale le scale.
Non sa nemmeno lei quanto il suo cuore si senta sollevato quando le mani dolci della donna le scoprono il viso e l'accarezzano, evitando che lei apra gli occhi.
Ma lei sa, lei lo sa: dietro le sue palpebre, c'è sua madre: quella donna meravigliosa, quella donna forte, rovinata ancora una volta da lividi, ancora una volta da sangue, ancora una volta da violenza che non merita.
Haley con gli occhi chiusi si mette seduta e abbraccia l'unica cosa bella che ha nella sua vita e nel suo cuore incide qualcosa: «Non lasciarmi mai, come io ho fatto con te».
 
Quando Haley si sveglia, è in lacrime e Alex la sta guardando.
Come quand'era bambina, l'unica cosa che riesce a fare, è soffocare i singhiozzi nascondendosi sotto le coperte.


heylalà eccomi qua:
Ok, ok, ok, ci ho messo un po', lo so. Mi dispiace D:
Spero che vi piaccia. Stupida scuola, spero di riuscire a continuare presto.
LOVE YOU SO MUCH! Grazie per ogni singola parola di ogni singola recensione. <3
Vi prego, se ho sbagliato qualcosa o ripetuto qualcosa (tipo nomi etc) ditemelo :)
   
 
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