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Autore: putoffia    09/02/2012    3 recensioni
Era un caldo agosto del 1871, quando i loro occhi si incontrarono per la prima volta.
Sebastian, ragazzo ribelle di un paesino sperduto delle Ardenne, scese da quel treno, sporco di fuliggine e smarrito.
I suoi occhi chiari e la capigliatura tutt’altro che curata attirarono l’attenzione di Blaine, già sposato da anni ed anni con una donna più che devota.
Sebastian gli si avvicinò con il suo solito ghigno beffardo, incespicando sui suoi stessi passi.
“Lei… Lei è il tizio che mi ha pagato il viaggio fin qui?”
“Avrei un nome. Piacere, Blaine Anderson, e benvenuto a Parigi.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era un caldo agosto del 1871, quando i loro occhi si incontrarono per la prima volta.
Sebastian, ragazzo ribelle di un paesino sperduto delle Ardenne, scese da quel treno, sporco di fuliggine e smarrito.
I suoi occhi chiari e la capigliatura tutt’altro che curata attirarono l’attenzione di Blaine, già sposato da anni ed anni con una donna più che devota.
Sebastian gli si avvicinò con il suo solito ghigno beffardo, incespicando sui suoi stessi passi.
“Lei… Lei è il tizio che mi ha pagato il viaggio fin qui?”
“Avrei un nome. Piacere, Blaine Anderson, e benvenuto a Parigi.”
Sebastian lo schivò abilmente e proseguì oltre di lui. “A me questa città già disgusta e sono cinque minuti che mi trovo qua.”
L’altro sospirò, già spazientito, e lo seguì verso una meta ancora ignota.
“Dove sta andando signorino…”
“… Smythe. Sebastian Smythe.”
“Ha portato alcuni dei suoi poemi? Dio, ho amato quei capolavori deliranti e misteriosi che mi ha inviato nelle ultime lettere.”
“Mmh, roba di poco conto. Posso fare molto meglio, si fidi.”
Blaine gli si affiancò e con un cenno della mano richiamò l’attenzione di una diligenza, sulla quale montarono per dirigersi in un locale della Parigi alta.
“Dove stiamo andando, signor Anderson?” disse il più piccolo, infastidito da quel giro turistico che era costretto a sopportare.
Perché diavolo era venuto via da Charleville? Certo, la sua famiglia era la peggiore che chiunque potesse mai pensare di avere, ma di sicuro avrebbe potuto dire e fare ciò che più si addiceva alle sue esigenze.
Invece in quel momento doveva fingere di essere un colto e forbito poeta francese, membro ambito dei circoli letterari e degustatore di vini costosi.
Blaine fece un respiro profondo e parlò.
“Ho un grande piacere ad averla qui. Posso introdurla in molti ambienti, dove potrà leggere i suoi scritti e lasciare ognuno di quei letterati così morbosamente classici sbalorditi. Lei ha un dono, signor Smythe.”
“Ripeto, non ho un dono, e ho scritto cose migliori.”
Cominciava a non poterne davvero più. Non amava schemi, regole, imposizioni, e in quel momento doveva vivere tutto ciò. Ma la sua pazienza aveva un limite fin troppo fragile.
“Me le mostri, sarei molto compiaciuto nel leggere altre prodezze del suo genio poetico.”
“Dio, non ho portato niente con me, ho solo ciò che mi vede addosso, sono povero e l’unica cosa che ho sono due persone che mi hanno concepito e cresciuto e che disgraziatamente sono costretto a definire genitori.”
Blaine si ammutolì. Che carattere complicato, pensò. Ma ne fu subito affascinato.
Oh, non l’avrebbe lasciato andare facilmente.
Scesero dalla diligenza e Sebastian cominciò a saltare e ad intonare poemetti improvvisati, con l’altro che lo seguiva incantato.
Non aveva mai visto un ragazzo così bello e così controversamente geniale.
Lo catturarono le iridi chiare, le sparute ciocche di capelli che cadevano sulla fronte e la lambivano, la sua voce così profonda, così calda.
Sentì un brivido fortissimo percorrergli la schiena, un brivido che non aveva mai sentito prima di quel momento.
Su ripetute richieste dell’altro, lo condusse in un locale per rifocillarsi e farlo risollevare dopo quel lungo viaggio in treno.
Appena arrivato, Sebastian fece una smorfia di disprezzo ma si sedette e cominciò a divorare tutto ciò che gli capitò davanti.
Blaine abbozzò un sorriso, divertito da quel ragazzo così snello e così bizzarro che mangiava come una belva famelica.
“Succede qualcosa? Perché mi sta osservando da mezz’ora?”
L’aveva scoperto. Ma non poteva farne a meno, era la cosa più vicina all’eterea perfezione che avesse mai visto.
Terminato il pasto, trovò una dimora provvisoria al ragazzo e tornò a casa da Mathilde, sua moglie. Le diede il solito bacio della buonanotte e si sedette nel suo studio e scrisse di getto i primi pensieri che gli vennero in mente, come ogni sera.
 
Giammai credo di aver conosciuto creatura più ammaliante.
Tutto di lui mi ha catturato, come preda impotente nelle fauci della più potente fiera.
I suoi occhi sono come laghi in cui ogni minimo dettaglio si riflette.
E il suo atteggiamento… A dir poco insopportabile.
Ma mi attrae a sé, con la sua dialettica delirante e supponente, e sento che nonostante tutto la miglior cosa sia non lasciarlo andare.
 
Chiuse il proprio taccuino, liso dal tempo, e si sdraiò a fianco della propria consorte, immersa nel mondo dei sogni già da un poco.
 
 
***
 
 
I giorni successivi furono più che bizzarri agli occhi di Blaine, che sentiva l’irrefrenabile bisogno di assecondare l’istinto ribelle e curioso di Sebastian, sempre in cerca di nuove ed adrenaliniche attività.
I locali che visitavano oramai erano solo un ricordo confuso: passavano da un salotto all’altro, dall’assenzio ad altre bevande alcoliche mai sperimentate, dall’hashish ad erbe che davano strane ma piacevoli sensazioni di stordimento.
Una notte, Blaine cercò di accompagnare l’altro alla locanda dove dimorava, tra le risate incoerenti e le cadute frequenti. Nessuno dei due aveva neppure un briciolo di autocontrollo e lucidità in quel momento.
Finalmente arrivarono ed entrambi entrarono, sedendosi con un tonfo per terra l’uno accanto all’altro, e cominciando a guardarsi intensamente, in silenzio.
“Mi chiedo cosa ci possa trovare uno come me in uno come lei, signorino Smythe…”
“Mi chiami Sebastian… Lei è l’unico poeta di tutta Parigi con un minimo di dignità da essere chiamato tale. E quindi merita di potermi chiamare per nome.”
“Bene, Sebastian…”
Rimase immobile, gli occhi lucidi e rossi, a fissare il vuoto.
Ad un certo punto sentì una mano sui propri pantaloni effettuare una leggera pressione e poco dopo un piacevole movimento.
Calde labbra lambirono le sue, avvolgendole in un bacio passionale, travolgente, che spinse entrambi dove mai avrebbero pensato di giungere.
I vestiti furono gettati in un istante, Blaine, colto dall’ebbrezza più travolgente della sua vita e dallo smarrimento dovuto a quell’esperienza così strana eppure così appagante, rimase inerte sul pavimento, completamente nudo.
Ad un tratto, Sebastian si sdraiò su di lui e cominciò a strofinarsi sul suo corpo, le loro eccitazioni che si scontravano sempre più energicamente.
Blaine inarcò la schiena a quella piacevole pressione, spinse verso l’altro con il bacino e raggiunsero l’apice insieme, rimanendo immobili ed ansimanti.
Sebastian cominciò a baciarlo avidamente, e Blaine sentì il petto del più piccolo madido di sudore e il suo respiro accelerato.
Rimasero a terra tutta la notte, senza scambiarsi neanche una parola.
 
 
***
 
 
Da quel giorno, tutto cambiò. Blaine cambiò.
Si era sempre mostrato come un consorte perfetto, dedito alla famiglia, alle arti e alla propria moglie.
Ma l’incontro con Sebastian, e con quel suo fascino sfuggente, lo portò a cambiare nel giro di poco tempo.
Erano sempre più frequenti le volte in cui tornava a casa ubriaco, picchiava la moglie e si sdraiava esausto sul letto, dirigendo i suoi incoerenti e annebbiati pensieri solo a Sebastian. E a quella notte, e a molte dopo di essa, in cui si era sentito così appagato, completo.
Non doveva fingere, doveva solo assecondare se stesso.
Non doveva mantenere finti ed ipocriti schemi, poteva liberare se stesso, in un modo o in un altro.
Sebastian non l’avrebbe mai giudicato.
Dal loro primo incontro, non molto era cambiato per lui: era sempre il solito scorbutico supponente che aveva conosciuto quel giorno alla stazione di Parigi, era solo Blaine, il più volubile tra i due, ad essere cambiato.
Non sapeva se essere contento di ciò, ma le ore che passava con quel diciassettenne così malizioso e provocatorio erano un piacere perverso ed irresistibile.
 
 
***
 
 
“Mathilde, tra me e lui non c’è assolutamente niente!”
“Non mentirmi, ti conosco, Blaine… Tu mi stai tradendo, ed è oltraggioso che tu preferisca un uomo a me!”
“Dio, siamo amici! Non essere sempre così grave! Sei insopportabile!”
“Smetti di vederlo, e per me i problemi cesseranno di esistere.”
Forse aveva ragione. Doveva smettere di incontrarlo, di passare così tanto tempo con lui.
Era così bello però, e così strano. Spesso, restavano in silenzio per giornate ma si sentivano ugualmente appagati.
A volte Sebastian afferrava un foglio di carta e scriveva un'illuminazione, un pensiero subitaneo, lo gettava a terra e sorrideva ammiccante a Blaine.
Tutto era così... Strano con lui.
Il loro rapporto era controverso, ma non riuscivano a fare a meno l'uno dell'altro.
Finché un giorno, Blaine prese la sua decisione: avrebbe interrotto qualsiasi tipo di rapporto con Sebastian.
 
 
***
 
 
Cominciò a declinare i suoi inviti, a sottrarsi alle loro serate di perdizione, a distrarsi con la scrittura.
Ma ogni singola parola dei suoi componimenti urlava quel nome, quel nome che dentro di sé riecheggiava ogni singolo istante: Sebastian.
Un giorno, in preda ad una nostalgia a dir poco soffocante, si recò alla sua locanda per parlargli.
"Dobbiamo parlare, aprimi la porta, te ne prego."
Spalancò la porta con un calcio e trovò l'altro immerso nelle carte, nell'assenzio e nell'hashish.
"Dio, Sebastian, che succede?"
"Perché, hai addirittura dimenticato che questo è ciò che amavamo fare? Ah perdonami, non mi sovvenivo del fatto che devi attenerti al tuo tedioso ruolo di marito ineccepibile."
Sebastian era infastidito come sempre, ma c'era una nota amara, di disappunto nella sua voce.
“Sebastian, ascoltami ti prego…”
“Mi sono stancato di ascoltarti. Ti vergogni di me? Provi onta per ciò che abbiamo condiviso e che condividiamo? Dio, sei così provinciale.”
Blaine si ammutolì e lo fissò per alcuni istanti.
“Tu mi hai fatto venire in questo luogo, tu mi hai spinto a rimanere, tu mi hai fatto rivelare aspetti di me che giammai avrei svelato a nessuno!”
L’altro si avvicinò, e prese il suo viso tra le mani.
Quegli occhi magnetici, quei pozzi di acqua fresca, erano magnifici.
“Sebastian, io provo per te qualcosa di ineffabile… Giuro, sei la mia musa, sei il mio perché, non riesco a non pensare a te, anche se mi impegno con tutta la forza di volontà possibile… Però ho il dovere di ottemperare ai miei obblighi coniugali, e sai molto bene che il nostro rapporto è visto da molti come perverso e sbagliato… Anche se credimi, io non l’ho pensato nemmeno un istante.”
Una lacrima, la prima che avesse mai visto su quel viso etereo, rigò la guancia del più piccolo.
Blaine gliela asciugò con il pollice e lo baciò dolcemente, chiudendo gli occhi ed assaporando, forse per l’ultima volta, quelle labbra così morbide e così invitanti.
Rimasero alcuni lunghi istanti così, immobili a baciarsi dolcemente e a piangere.
All’improvviso, Sebastian si alzò di scatto ed interruppe le loro effusioni.
“Vattene, Blaine.”
“No, ti prego… Stiamo ancora insieme… Voglio passare la notte con te… Un’ultima volta.”
“Quindi tu per soddisfare i tuoi perversi piaceri della carne vieni da me, e poi quando si tratta di amare qualcuno, di mostrare dedizione ed affetto, torni dalla tua consorte? Dio, che persona spregevole che sei.”
Blaine rimase senza parole. Non poteva contraddirlo su nessun punto, aveva perfettamente ragione. Era una persona deplorevole, senza un briciolo di moralità. Dentro di sé sapeva qual era la verità, l’unica che regolava ogni sua azione, l’unica che però non voleva ammettere.
Sebastian prese la sua giacca, ormai consunta e sporca, e uscì, lasciando l’altro ammutolito ed in ginocchio sul pavimento, circondato dalle carte e da tutto ciò che fino a pochi giorni prima rappresentava il suo mondo. Insieme a quel diciassettenne audace, beffardo e talvolta inquietante.
 
 
***
 
 
Sebastian cominciò a fare le valige.
Dentro di sé non aveva in mente nessuna meta, nessuna specifica destinazione.
Solo l’imperativo di andarsene.
Andarsene da quella Parigi che lo legava a sé per troppi dolorosi ricordi.
Uno di questi, se non l’unico al quale erano collegati tutti gli altri, era lui. Blaine Anderson.
Quell’uomo che gli aveva sottratto ogni energia, ogni parvenza di umanità.
Eppure avrebbe voluto rivederlo un’altra volta.
Sapeva che lui e Mathilde si erano riappacificati, e che nonostante le violenze precedentemente subite lei aveva deciso di tornare a vivere con lui. E questo non lo accettava.
Dio, cos’aveva quella popolana in confronto al suo genio stravagante?
Non riusciva ad accettare tale sconfitta.
Ma soprattutto, non riusciva ad accettare il fatto di averlo perduto, probabilmente per sempre.
Fu per questo motivo che, con una lettera, gli chiese di ritrovarsi al loro solito locale per parlare un’ultima volta.
Almeno, questo fu ciò che Sebastian fece credere a Blaine.
Gli avrebbe chiesto di fuggire insieme a Bruxelles, e l’altro avrebbe ceduto. Ne era più che certo.
 
 
***
 
 
Appena i loro sguardi si incontrarono, vi fu un imbarazzo incredibile.
Mai vi era stata tale tensione tra loro, eppure quel momento sembrava così… Strano.
Come se si fossero incontrati per la prima volta.
“Sebastian… Accomodati, ti stavo aspettando.”
“Buonasera, Blaine…”
Entrambi si sistemarono sulle loro poltrone e si guardarono intensamente.
“Volevo comunicarti una mia importante decisione. Non chiedo né la tua approvazione, né un tuo commento. E’ una semplice comunicazione che ti do, in quanto mio caro amico.”
Il tono di Sebastian si fece inequivocabilmente sarcastico sulle ultime tre parole, scandendole e ridendo impercettibilmente.
Blaine sospirò e annuì.
“Ho deciso che me ne andrò da Parigi.”
Un attimo di silenzio permeò la loro conversazione.
Mille domande si affollarono nella testa del più grande.
Dove sarebbe andato? Con chi? Perché? Quanto sarebbe rimasto lontano da Parigi? Sarebbe mai tornato?
“E dove pensi di andare?” chiese Blaine, in preda al panico.
“Mmmh, credo Bruxelles, ho sempre amato l’idea di quella città così piccola ma al contempo così isolata. Potrà essere di grande ispirazione per i miei futuri scritti.”
Oh, Sebastian conosceva fin troppo bene Blaine.
Chiedergli direttamente di accompagnarlo nel suo viaggio era una tattica a dir poco dozzinale, invece bastava parlargli di questo suo folle progetto, e Blaine si sarebbe offerto subito di non lasciarlo solo e di condividere con lui questa esperienza.
Dopo qualche minuto di pausa, parlò.
“Io vengo con te.”
 
 
***
 
 
Il loro rapporto a Bruxelles fu a dir poco idilliaco: riuscivano a scrivere, a parlare, a soddisfare i loro piaceri, senza mai un accenno di disaccordo o di litigio.
Ad interrompere questo inviolabile idillio fu Mathilde.
Voleva assolutamente riconquistare suo marito, credendo che questa fosse solo una debolezza passeggera.
Ma quando sentì le parole di quell’uomo, che non osava più chiamare marito, comprese che la soluzione migliore era abbandonarlo e lasciarlo al suo destino.
“Mathilde, cosa ci fai qui?” la accolse Blaine, in modo tutt’altro che caloroso.
“Blaine, ti prego, torna a casa, manchi a me ma soprattutto a tuo figlio! Ti ricordi di avere un bambino, vero? E urla il tuo nome da mattina a sera, ha bisogno di un padre che lo cresca!”
“Non mi sembra il momento più opportuno per parlare di Georges, ora sono impegnato.”
Non riusciva a riconoscersi nelle proprie parole.
Sin dalla nascita, suo figlio era stato la sua priorità assoluta.
E ora, persino lui passava in secondo piano rispetto a Sebastian.
“Impegnato a passare le giornate con quell’adolescente scapestrato? Ma ti rendi conto delle scelte che stai facendo? Apri gli occhi, Blaine! Lui non ti ama! Lui fuggirà appena avrai un problema!”
“Ne ho avuti molti, e lui è sempre rimasto. E comunque tutto ciò non ti compete. Sono questioni che riguardano me, non te.”
“Bene, a questo punto… E’ meglio che la nostra relazione si chiuda qua.”
Blaine ebbe un solo attimo di incertezza, prima di dire: “Ottimo, mi sembra la soluzione migliore.” e sbattere la porta in faccia a quella che considerava essere l’unico vero amore della sua vita.
 
 
***
 
 
Dopo questo incontro, i rapporti tra Blaine e Sebastian si fecero più tesi.
Litigi continui, violenza, risse cominciarono ad essere all’ordine del giorno.
Quel loro rapporto d’odio-amore era rimasto assopito per un poco, ma ogni piccola scintilla era sufficiente per farlo riemergere.
Ma nonostante tutto, non riuscivano a separarsi. Erano legati da un filo, un filo robusto, che non riusciva a spezzarsi, anche se entrambi lo desiderassero. Con la mente, ma non con il cuore.
La loro mente urlava di allontanarsi, di separarsi per sempre. Perché il legame che i loro cuori avevano li avrebbe portati ad una lenta morte interiore e ad un’inesorabile autodistruzione.
Ma tutto sembrava essere effimero rispetto a quegli sporadici momenti di piacere e di appagamento.
Una volta trasferiti a Londra, tutto peggiorò ulteriormente.
Insulti, minacce, rivoltelle e coltelli furono ricorrenti.
La situazione era ormai giunta al limite, fino a quel maledetto giorno.
Blaine, in preda all’ennesimo attacco d’ira nei confronti di Sebastian, per motivi a dir poco futili, gli sparò, colpendogli una mano.
L’altro, stoico di fronte al dolore come sempre, si alzò ed uscì da quella che doveva essere la loro dimora definitiva, intrattenendosi con una passeggiata.
Purtroppo però, le minacce non finirono.
Il più grande era un crescendo di incoerenza, violenza e irrazionalità.
Sebastian decise finalmente di denunciarlo, esausto e tormentato da quella persona che aveva voluto accanto a sé a tutti i costi e per la quale aveva lottato per mesi.
Immediatamente, Blaine fu arrestato e il più piccolo, su invito della madre, tornò a Charleville.
Gli mancava il paese dove era cresciuto, dove poteva essere ingenuo e libero da ogni pensiero, da ogni preoccupazione.
E, se fosse rimasto lì quel lontano agosto del 1871, non avrebbe conosciuto quell’uomo che aveva stravolto la sua vita e che l’aveva resa un piacevole inferno.
 
 
***
 
 
“Vorrei incontrare il signor Anderson, per favore.”
“Certo, si accomodi, arriverà a momenti.”
Sebastian si sedette nervoso su una vecchia sedia di legno nella prigione di Petites-Carmens ed aspettò Blaine.
Erano passati alcuni mesi dal loro ultimo litigio, e sembrava che tutto il male che si erano inflitti reciprocamente fosse solo un ricordo sbiadito.
L’altro si presentò in condizioni pessime: barba e capelli incolti, occhi stanchi ed affaticati, labbra secche, sguardo spento.
Era privo di quella scintilla, quel bagliore che solo Sebastian era capace di donargli.
“Dio, ti ho visto in condizioni migliori…”
“E’ solo colpa tua se mi trovo qui, lo sai.”
“Ti prego, Blaine… Voglio accantonare il passato, un istante solo.”
All’udire quelle parole, alzò lo sguardo, lo osservò attentamente e vide la bellezza dell’altro ormai sfiorita ed appassita, come una morbida e colorata rosa sotto i raggi cocenti del sole.
Sebastian rovistò nella propria cartella e tirò fuori un manoscritto, per porgerglielo.
“Ecco, questa è una copia della mia raccolta di poesie. Appartengono quasi tutte al periodo in cui… Ci siamo frequentati.”
Sapevano entrambi che non era stata una semplice frequentazione occasionale tra due amici. Ma Blaine non ebbe il desiderio di controbattere, né Sebastian di correggersi.
Afferrò il volume e lo aprì, e vide una dedica, prontamente coperta dall’altro con una mano.
“Ora io vado. Devi leggere la dedica quando ormai sono abbastanza lontano da te. Non voglio che ci siano rimpianti, solo… Pensa attentamente ad ogni singola parola che ho scritto.”
Sebastian si allontanò di scatto e gli lanciò un ultimo sguardo eloquente, prima che Blaine abbassasse lo sguardo e leggesse ciò che gli aveva scritto.
 
Una copia di quelle che sono state le nostre avventure. Dio, chiamarle avventure è così riduttivo, ma al momento non mi sovvengono termini più consoni.
Sappi che sono sicuro di una sola cosa in questo momento.
Sono certo che nel futuro ci incontreremo di nuovo, e riusciremo ad amarci liberamente, senza limiti o vincoli.
Alla prossima vita insieme.
Sebastian Smythe.


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Non chiedetemi come mi è venuta questa idea LOL però mi sembrava abbastanza originale, quindi ho deciso di svilupparla :3
Ovviamente, spero si capisca che la storia di Sebastian e Blaine ricalca quella di Arthur Rimbaud e Paul Verlaine. 
Ho trovato talmente tante somiglianze che non potevo non provarci :)
Fatemi sapere se vi è piaciuta <3
putoffia
   
 
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