Lo amo.
Ormai è palese.
Io amo quel do’aho.
Lo amo perché mi odia.
Lo odio perché lo amo.
Se solo io non fossi un codardo, se solo io non fossi un
vigliacco, se solo io non fossi IO, glielo direi.
Glielo avrei già detto.
Ma sono pur sempre Kaede Rukawa, l’iceberg, l’uomo di
ghiaccio, la baka kitsune.
Non glielo dirò mai e continuerò ad
amarlo.
E lui continuerà ad odiarmi.
Per sempre?
Sì, per sempre.
Sì, ad entrambe.
Mi chiedo il perché della mia passione per
lui.
Non potevo continuare a vivere per il basket, come facevo
prima?
No, non potevo.
Era destino.
Lassù, sopra qualche stella tutto questo c’era scritto,
da prima che io nascessi.
“Kaede Rukawa si innamorerà di Hanamichi
Sakuragi.”
C’era scritta anche un’altra cosa, sulla stella del mio
destino:
“Non verrà mai ricambiato.”
Ed è vero, dannazione!
Lui mi guarda come se fossi una nullità, una “cosa da
odiare”.
Io lo guardo come se lui fosse la mia aria, il mio pane e
la mia acqua.
La mia vita, in pratica.
Una volta ho creduto che lui potesse
ricambiarmi.
Era entrato in palestra, mi aveva
visto.
L’avevo visto anch’io ma feci finta di
nulla.
Rimase incantato nel guardarmi mentre tiravo a
canestro.
O almeno era ciò che credevo.
Sì, perché lui in realtà non aveva detto una parola
poiché la rabbia gli impediva di parlare.
Non perché mi amava, come credevo
io.
Però bisogna dire che ho fatto anche degli sforzi per
fargli capire i miei sentimenti.
Nella partita con lo Shoyo, ad esempio, gli dissi che mi
dispiaceva per la sua espulsione, che la sua era stata una bella
azione.
In quella col Ryonan, appena lui s’infortunò io mi
preoccupai per lui.
E non feci molto per nasconderlo.
Poi si sa, chi vuole intendere
intenda!
Mi ricordo la volta in cui Akagi gli disse che, per
imparare a fare il terzo tempo, doveva guardare come facevo
io.
Lui se la prese.
Iniziò a fare il deficiente, come
sempre.
Mi fece diversi scherzi, lanciandomi palloni addosso e
così via.
Disse che ad un genio come lui non interessava di
imparare quello stupido tiro.
Il pomeriggio, lo vidi nel campetto che si allenava a
fare il terzo tempo.
Assieme alla gallina starnazzante.
Rimasi non so quanto tempo a guardarlo, ad ammirare le
goccioline di sudore sulla sua pelle dorata, risplendere al
sole.
L’espressione felice dei suoi occhi
nocciola.
Le sue labbra piegate in un allegro
sorriso.
Il suo cuore battere per una persona che non ero
io.
Ma io lo amo.
Possibile che l’odio che all’inizio provavo per lui sia
stato il tramite fra indifferenza totale e amore assoluto?
Appena conosciuto, lo vedevo come un ragazzo qualunque,
mi era indifferente.
Lui, invece, già mi odiava.
Senza conoscermi.
Giocando in squadra con lui, però, ho imparato a stimare
le sue qualità ma anche a detestare il suo modo di porsi.
Troppo appariscente e megalomane, per i miei
gusti.
Lui era esageratamente “fuori schema” per un ragazzo come
me.
Freddo e distaccato.
Inutile.
Ma quando Mitsui entrò in palestra e ci provocò affinché
venissimo espulsi dal campionato, qualcosa in me cambiò.
L’ho visto difendere Miyagi, la palestra, i suoi
compagni.
E me.
Il suo peggior nemico.
Ho finito
per apprezzare le qualità che detestavo in lui.
Appariscenza e megalomania diventarono gioia e desiderio
di migliorare.
Conclusi per definirlo sensibile e
ambizioso.
In una parola, ho finito per
amarlo.
E lui?
Lui ha capito poco di me.
O forse troppo, non lo so.
So solo che mi odia, che non sopporta che io sia più
bravo di lui.
Non mi sopporta.
È ora di mettere la parola “fine” a questo bizzarro
pensiero, scritto da una mente malata e innamorata come quella di un ragazzo
ammirato ed inavvertitamente incompreso.
È ora di mettere la parola “fine” a questa mia vita, a
questo assurdo vegetare.
Spero che Hanamichi non legga mai questa storia, non
voglio che creda che io non sia stato capace di affrontare i
problemi.
A dire il vero, non vorrei neanche che venisse a sapere
che sono morto.
Ma questo è vincolante.
Mi piacerebbe vedere la faccia che
fa!
Ora basta.
Afferro il coltello che mi è stato vicino per questi
istanti e procedo sulla mia pelle diafana.
È strano vedere come le vene si ingrossino mentre le
recido violentemente.
Un colpo secco e perfetto, come lo erano i miei
canestri.
Scrivo queste ultime parole, mentre guardo il sangue
rosso come la passione, scorrere dai miei polsi.
È caldo e gentile…non so perché, ma mi
stupisco!
Forse credevo di avere il sangue congelato a forza di
sentirmi chiamare “Iceberg”.
Non fa male morire, fa più male la ferita che ho nel
cuore.
Com’è facile spezzare la carriera di una promessa
del…basket…
Inizia…a girarmi la…testa…
È meglio che vada a distendermi…altrimenti…macchio…il
foglio…
Addio…mio amato basket.
Addio…mio amato…Hanamichi…
..ci rivedremo…un giorno…e…tu…forse…mi
amerai…
…Kaede Rukawa…
FINE