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Autore: ScratchGlissando    09/02/2012    2 recensioni
Rivisitazione personale del capitolo 106 (volume 19) 'Abbracciando un miraggio I'.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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More than the light of day

 

 

Ho bisogno di mettere la parola fine su questa storia, da sola. Non ho intenzione di perdere altre compagne, altre amiche come successe al Nord, sette maledetti anni fa. La visione della neve insanguinata nella quale giacevano le armi delle mie compagne perseguita ogni notte il mio sonno. Non sono riuscita a proteggerle. Ero io a comandare la spedizione, era mio compito fare in modo che tutto si risolvesse senza eccessivi spargimenti di sangue: fallii. Dalle più forti alle meno abili, sono cadute tutte davanti ai miei occhi: disgustosamente, disumanamente. Mi è rimasta da fare solo una cosa: vendicare la loro morte espugnando definitivamente l'Organizzazione.

Helen ha voluto fare ritorno alla sua città natale insieme a Deneve che, non sentendo la necessità di tornare al suo paese, ha deciso di seguirla; Claire accompagnata da Yuma e Cinzia è andata alla ricerca di Raki mentre Tabitha ha insistito per rimanere qui a Rabona. Se la informassi delle mie intenzioni senza dubbio non mi lascerebbe partire da sola, non ho altra scelta: devo fare in modo che non possa ostacolarmi.

"Cosa hai intenzione di fare, Milia del miraggio?" Domandò perplessa Galatea dopo aver visto Tabitha sanguinante a terra. 

"Non sono affari che ti riguardano in nessun modo, Galatea dagli occhi divini. Sei pregata di non intralciarmi o mi vedrai costretta ad agire anche su di te." 

"Mi tocca passare! Purtroppo non sono più in grado di competerti dopo tutti questi anni di inattività, sei diventata davvero troppo forte per me…" 

"Saggia decisione, ora se possibile dovrei prepararmi. Prenditi cura di Tabitha."

"Ti prego, aspetta un attimo…"

"Cosa c'è? Non ho tempo per le tue chiacch…" Non ebbi nemmeno il tempo di completare la frase che mi ritrovai il suo viso a pochi centimetri dal mio: mi paralizzai.

"E' davvero possibile che tutto questo tempo trascorso insieme per te non abbia avuto nessun valore?" Mi disse rassegnata.

"Eri consapevole del fatto che non sarebbe durato a lungo: sai benissimo che non rinuncerò per nessuna ragione alla mia vendetta, nemmeno per te." Le risposi cercando di mantenere lo sguardo basso.

Una smorfia di dolorosa rabbia comparì sul suo bellissimo viso sul quale iniziarono ad emergere vistose vene, i suoi occhi si colorarono d'oro.

"Allora se hai così tanta voglia di finire all'inferno ti ci catapulterò io, nel modo meno doloroso possibile!" Mi urlò sprigionando una carica di yoki tale da portarmi ad indietreggiare. Estraendo dalla veste il suo claymore cercò immediatamente di decapitarmi ma riuscii ad ingannarla con il mio nuovo miraggio e posizionandomi alle sue spalle le cinsi i fianchi, premendo la fronte sulla sua schiena.

"Il dolore che sto provando in questo momento non è assolutamente immaginabile o concepibile. Lasciare te significa rinunciare alla parte migliore di me, farti soffrire equivale a morire. Ti scongiuro Galatea, rendi la situazione più semplice: permettimi di portare avanti la mia missione senza avere sulla coscienza la tua disperazione." Le dissi trattenendo i singhiozzi.

Lasciò cadere la spada a terra in un pesante frastuono, azzerò la sua forza diabolica.

"Devi solo promettermi di fare ritorno. Non importa se fra tre giorni o fra cinque anni: torna da me quando avrai finalmente saziato la tua brama di vendetta, sarò qui ad aspettarti impazientemente. Attenderò ogni giorno davanti le porte di Rabona speranzosa di vedere la tua sagoma avvicinarsi e diventare sempre più nitida fino a scorgere il tuo viso, forse forgiato da dolorose ferite, forse intriso di sangue ma pur sempre il viso della persona che, per me, è più importante della luce del giorno." Mi disse con voce tremante.

Non riuscii a contenere le lacrime ulteriormente ma evitai di singhiozzare in maniera eccessiva. Galatea staccò le mie mani dai suoi fianchi ed essendo tornate l'una davanti l'altra mi avvicinò a se poggiando in seguito la sua testa sulla mia. La strinsi così forte da affondare il viso nel suo petto; stetti a lungo fra le sue braccia, il calore del suo corpo mi dava conforto. Prendendo il mio mento tra il pollice e l'indice mi alzò il viso in modo da poter incrociare il suo sguardo.

"Non hai ancora avuto il coraggio di guardarmi negli occhi, Milia. Prima di partire vuoi almeno degnarmi di un'occhiata? Magari rivolgendomi anche un sorriso, sempre se non chiedo troppo!" mi disse sogghignando. In risposta le sorrisi timidamente mentre mi perdevo nei suoi occhi d'argento: una raffica di pensieri scorse per la mia mente in quegli interminabili istanti.

"E' ora che vada a cambiarmi: preferisco indossare la mia classica armatura da guerriera piuttosto che questa casacca nera da fuggitiva." smorzai quell'atmosfera quasi surreale.

"Nel frattempo io curerò le ferite della tua compagna, non sembrano gravi ma hanno bisogno comunque di essere medicate. Ti aspetto alle porte della città santa, ci saluteremo lì" disse allontanando il mio corpo da sè.

La vidi scomparire in un men che non si dica con Tabitha fra le braccia. Andai dalla parte opposta alla sua, armatura e spada si trovavano nel magazzino della chiesa.

Come promesso Galatea era esattamente davanti l'entrata per Rabona: il tintinnio dell'armatura ad ogni mio passo rompeva il silenzio di ghiaccio che rendeva l'aria irrespirabile.

"La tua amica si rimetterà presto. Ho facilitato la sua guarigione ma bisogna comunque di riposo per riprendersi al meglio." mi disse quasi con indifferenza.

"Grazie. Posso andare tranquilla sapendo di aver lasciato Tabitha nelle tue mani. Prenditi cura di te, Galatea." non ebbi il coraggio di guardarla negli occhi.

Si avvicinò e mi mise intorno al collo un crocifisso d'argento.

"Non ho mai creduto in nessuna entità divina ma inizierò a pregare il dio di Rabona per la tua salvezza e per permettermi di rivederti ancora."

Dopo queste parole mi girai di scatto ed iniziai la mia marcia verso l'Organizzazione. Percorsi molti chilometri senza mai fermarmi, nonostante la neve mi arrivasse ai polpacci il pensiero di fare una sosta non mi sfiorò.

"Game over, ex numero 6." quelle parole pronunciate improvvisamente da una voce che non avevo mai sentito prima d'ora anticiparono un dolore lancinante allo stomaco: una lama mi aveva trafitta. La bocca mi si riempii di sangue, sangue che non tardò a sporcare di rosso cremisi la mia tuta. Non mi accorsi della presenza di una persona: non sentii i suoi passi, non percepii la sua forza diabolica: che fosse scesa dal cielo?

Agonizzante non riuscii nemmeno a risponderle, mi accasciai esangue sulla neve; le forze mi avevano abbandonata, la vista si annebbiò fino a non vedere più nulla.

Ho perso prima di iniziare a combattere, senza nemmeno incrociare lo sguardo del mio avversario.

Dovrai aspettare in eterno alle porte di Rabona, Galatea.

  
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