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Autore: Il Saggio Trentstiel    10/02/2012    14 recensioni
Trent ridacchiò compiaciuto: no, neanche quella risatina era da lui... O stava diventando paranoica?
"Ci vediamo da me alle otto e mezza, mi raccomando..."
Gwen trattenne bruscamente il fiato, avendo percepito che stava per arrivare la stoccata.
"... Fatti bella!"

Mentre cercavo un qualcosa di positivo nella "festa" di San Valentino, l'Ispirazione ha bussato alla mia finestra e mi ha regalato questa one-shot.
Het! Accenni (proprio lievi, eh) Lime!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Trent | Coppie: Trent/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ovunque, erano ovunque.
La circondavano, ghignavano minacciosi al suo indirizzo, quasi la spaventavano.
Sembravano tanti piccoli arcieri in febbrile attesa del letale comando "Puntare... Mirare... Scoccare!" e pronti a falcidiarla.
Anzi, viste le loro pose sembravano già pronti a scoccare, saltando i primi due passaggi!
Gwen rabbrividì, tenendo lo sguardo ostinatamente fisso davanti a sé.
Ogni anno la stessa storia.
Ogni anno la stessa, odiosa ricorrenza.
Lanciò un'occhiata a metà tra l'irritato e il disgustato all'ennesimo, stucchevole Cupido di peluche esposto nella vetrina di un negozio di abbigliamento.
Cosa c'entrasse un mellifluo angioletto dotato di arco e frecce con abiti e accessori, poi, proprio non riusciva a capirlo.
Così come non capiva cosa c'entrassero tutti quei cuori, tutti quegli orsetti, tutto quel rosa in ogni fottuto negozio!
Sbuffò ed allungò il passo, innervosendosi sempre di più visto che la quantità di orrori aumentava di metro in metro.
In più, a coronare il tutto, Gwen era in spasmodica attesa di una telefonata.
Una telefonata da parte di Trent.
Non era pervasa dal desiderio di parlare con il suo ragazzo, né tantomeno in fibrillazione come una ragazzina alla prima cotta: Gwen era in piena crisi d'ansia.
Trent era un ragazzo meraviglioso, sempre dolce e disponibile, però... Però proprio quella sua dolcezza faceva rabbrividire Gwen come se stesse attendendo una telefonata da parte di Samara, la bambina assassina di "The Ring": anzi, probabilmente in quel caso sarebbe stata meno nervosa...
Scosse la testa ed oltrepassò un negozio di fiori -al cui esterno erano ovviamente accatastati mazzi e mazzi di rose rosse-, maledicendo mentalmente chi aveva deciso di ufficializzare quell'assurda ricorrenza.
Accelerò appena, giungendo alla fermata dell'autobus in contemporanea con il mezzo: si affrettò a salire a bordo, riuscendo miracolosamente a conquistare un posto libero accanto ad un'anziana, impegnata a borbottare astiosamente contro i mezzi pubblici e i conducenti.
Magnifico, davvero magnifico.
 
"Somniferous whisperings of scarlet fields...
Sleep calling me and my dreams are wondrous..."
 
Nonostante la melodia fosse tutt'altro che movimentata, Gwen sobbalzò e fece scattare una mano verso la tasca dei jeans.
Quante possibilità c'erano che quella suoneria appartenesse al cellulare di qualche altro passeggero?
Sospirò affranta, rispondendo mentalmente alla sua ingenua domanda: tante quante le possibilità che lei e Heather uscissero assieme per fare shopping.
Con deliberata lentezza, mentre la voce celestiale che intonava la canzone prescelta come sua suoneria già cominciava a sfumare, estrasse il cellulare dalla tasca ed osservò il nome di colui (o colei? Oh, magari fosse stata una colei!) che stava chiamandola.
"Trent".
Niente fronzoli, nomignoli o cuoricini: solo "Trent".
Aveva visto cosa l'amore poteva fare a certe persone più "predisposte", come Bridgette che aveva salvato il numero di Geoff sotto la voce "Geoffie Puppy <3".
Rivoltante...
"Allora? Vuoi rispondere e far terminare questa lagna?"
La voce stridula della vecchietta la strappò bruscamente dalle sue fosche riflessioni e, lanciata un'occhiataccia all'infastidita anziana, Gwen rispose con voce tremante.
"Pronto?"
"Gwen, buon..."
"No, non dirlo!" singultò la ragazza, colta da un improvviso attacco di ansia.
Le sembrava che Trent, all'altro capo del telefono, stesse ridacchiando: chitarrista impertinente, gli avrebbe fatto vedere lei!
"Non posso neanche dirti "buongiorno"?"
Gwen immaginò il ragazzo come doveva essere in quel preciso istante: telefono incollato all'orecchio, occhioni verdi sgranati, labbra piegate all'ingiù.
Le faceva venire voglia di picchiarlo e di riempirlo di baci: simultaneamente.
"No, certo che puoi! Scusa, sono solo un po' nervosa..." ammise, ovviamente omettendo la causa del suo nervosismo.
"Come mai ci hai messo tanto a rispondere?"
Gwen esitò un istante, poi sfoderò tutta la disinvoltura di cui era capace e mentì spudoratamente.
"Stavo inseguendo l'autobus! Sai, sono riuscita a prenderlo per un soffio!"
La vecchia seduta accanto a lei emise un "Hm!" sarcastico: stava anche origliando la sua conversazione, quell'arpia bisbetica?
"Ok, bene. Comunque ti ho chiamata per farti una proposta, sempre che tu non abbia altri impegni per questa sera..."
La ragazza divenne, se possibile, ancor più pallida del solito.
Che genere di proposta voleva farle Trent?
Aveva magari organizzato un concerto soltanto per dichiarare davanti ad una folla esagitata quanto la amasse?
No, ok, quella era un'idea esagerata anche per Trent.
Forse.
Allora voleva portarla a cena in qualche locale rinomato della città, con tanto di bouquet di rose rosse a tavola, candele e quartetto d'archi ad "allietare" la loro serata?
Ecco, quello era più probabile e più umano, pur se ancora troppo inquietante!
Oppure...
"Gwen? Ci sei?"
La gotica si riscosse, abbozzando un sorriso di scuse solo per rendersi conto che, attraverso un telefono, Trent non avrebbe potuto vederla.
"Sì, scusami, è che c'era un po' di caos e non ti sentivo bene..."
Inaspettato e fastidioso giunse all'orecchio di Gwen un secondo "Hm!" da parte dell'anziana al suo fianco: soffocò l'impulso di mandarla a quel paese e si costrinse a proseguire quella penosa telefonata.
"Insomma, stasera sei libera? Sai..." soggiunse Trent, e a Gwen parve quasi di sentirlo sorridere "... I miei non ci sono, e... Beh, ecco, potremmo... Passare questa serata in maniera alternativa..."
La gotica, suo malgrado, sorrise.
Non era da Trent essere così "ardito", e sicuramente mentre le diceva quelle cose era arrossito.
Un momento.
Non è che, magari, stava correndo troppo con la fantasia? Dopotutto era sempre quel giorno!
Così come era venuto, il sorriso di Gwen svanì, lasciando nuovamente il posto ad un'espressione preoccupata.
"Certo, certo... Verrò, voglio dire..." si corresse immediatamente, consapevole di aver utilizzato un termine quantomeno inappropriato vista l'idea che forse Trent aveva in mente "... Ci sarò sicuramente!"
Trent ridacchiò compiaciuto: no, neanche quella risatina era da lui... O stava diventando paranoica?
"Ci vediamo da me alle otto e mezza, mi raccomando..."
Gwen trattenne bruscamente il fiato, avendo percepito che stava per arrivare la stoccata.
"... Fatti bella!"
Dopo un rapido saluto riagganciò, lasciando Gwen imbambolata con il cellulare ancora appoggiato all'orecchio, incurante del termine della conversazione.
Fatti. Bella.
Lo aveva detto davvero.
Ora ne era matematicamente certa: Trent aveva qualcosa in mente.
"Ehi ragazza, devo passare!"
Gwen si alzò di scatto, lasciando passare la vecchia ma non riuscendo ad evitare che una risposta irritata le salisse alle labbra.
"Un "per favore" sarebbe una cosa simpatica!"
L'anziana, poco prima di scendere dal mezzo, si voltò e le sorrise con aria fastidiosamente compiaciuta.
"Non dovresti essere così arrabbiata, in fondo oggi è San Valentino, e magari Cupido avrà una freccia pronta per te!"
Gwen replicò con un sorriso identico.
"Spero allora che sbagli mira e la colpisca dritta in fronte!"
Tornò a sedersi, sorda alle strida scandalizzate e sempre più distanti della vecchia.
Ormai la sua mente era stata prepotentemente invasa da un solo, atroce dubbio: cosa doveva aspettarsi da Trent?
 
 


 
La sera giunse con rapidità sconveniente.
Gwen aveva passato tutto il pomeriggio a vagliare tutti i possibili scenari che le si sarebbero potuti presentare quella sera, e nessuno le era sembrato confortante.
A questo si era aggiunta l'affannosa ricerca di un vestito adatto all'occasione: ricerca, ovviamente, resa affannosa dalla presenza costante di sua madre.
"Non so, tesoro..." ritentò Joan Fahlenbock, osservando con aria critica la figlia "... Il nero è un colore così triste... Tua nonna, che Dio l'abbia in gloria, diceva sempre "Il nero solo ai preti, ai becchini e ai funerali", e non aveva tutti i torti!"
Gwen alzò gli occhi al cielo, non vista dalla madre che le stava appena dietro, e si osservò per la decima volta nello specchio: non era male, per una volta si piaceva sul serio!
L'abito che indossava era completamente nero, privo di maniche e lungo fino a metà coscia: non era il massimo dell'allegria, doveva ammetterlo, ma ehi! Trent aveva parlato di eleganza, non di colori vivaci!
"Proprio non vuoi provare questo qui?" domandò speranzosa Joan, sollevando delicatamente dal letto di Gwen un abitino scollato color azzurro pallido "Si intona alla perfezione alle tue meches!"
Gwen si voltò, sospirando esasperata.
"Mamma, con quel coso addosso sembrerei un confetto, e sai quanto io detesti i confetti." tagliò corto, riprendendo poi a studiare il proprio riflesso.
Joan tornò alla carica quasi immediatamente.
"Almeno indossa un paio di scarpe adatte, non quegli orribili anfibi da assassina di un film horror!"
La ragazza strinse convulsamente i pugni, rifiutandosi di rispondere all'ennesima proposta della madre: quest ultima, soddisfatta, le porse le scarpe.
"Chi tace acconsente!"
Con espressione ostinata, ma ben decisa ad evitare ulteriori discussioni, Gwen afferrò le scarpe -scarpe? Quelli erano dei trampoli!- e, sedutasi sul letto, cominciò ad infilarsele con attenzione.
Terminata l'opera si alzò in piedi, un po' barcollante, e provò l'ebbrezza di guardare le cose da un'altra prospettiva: più precisamente una prospettiva di otto centimetri più alta.
"Mi sento un tirannosauro..." brontolò, accennando qualche passetto esitante verso il suo letto.
La madre sospirò e le accarezzò teneramente la testa.
"Dovrai abituarti a queste cose, mia cara! Se sei innamorata di Trent, anche soffrire per lui diventerà un piacere!"
Gwen inarcò le sopracciglia e soffocò una risatina.
"In quale cioccolatino hai trovato questa perla di saggezza?"
Joan scosse il capo e la ignorò, uscendo poi dalla camera e dirigendosi verso l'ingresso dell'appartamento: Gwen, recuperata la borsetta -rigorosamente nera- e il cappotto la seguì barcollando paurosamente ogni tre passi.
Giunta nell'ingresso trovò la madre già in procinto di uscire.
"Vado a prendere tuo fratello in palestra, suppongo ci vedremo domani!"
Gwen annuì, ancora concentrata sul suo equilibrio precario.
"Mi raccomando, salutami tanto Trent e divertiti, Morticia... Oh, scusa, volevo dire Gwen!"
Ecco, quasi quasi preferiva le perle di saggezza...


 
 
 
L'appartamento dei genitori di Trent non distava più di dieci minuti da casa sua, ma per Gwen furono i dieci minuti più lenti e dolorosi di tutta la sua vita.
No, ok, forse le torture di Chris sull'Isola potevano essere state leggermente peggiori di quello che stava passando in quel momento, ma cosa non avrebbe dato per essere sepolta viva per altri dieci minuti piuttosto che indossare quegli strumenti di tortura!
Bene, era ufficiale, stava impazzendo.
Tra una maledizione e l'altra, Gwen raggiunse finalmente il condominio dove abitava Trent.
Si appoggiò ansimante al muro accanto al citofono, desiderosa di sfilarsi quegli aggeggi infernali dai piedi... Ma anche di stare con Trent.
Certo, bisognava ancora vedere cosa avesse preparato il ragazzo...
Prese un profondo respiro e premette il pulsante in corrispondenza dell'etichetta che recitava "McCord - Norwick": passarono pochi secondi e il portone venne aperto.
A piccoli passi, nel sempre più disperato tentativo di non schiantarsi al suolo, Gwen fece il suo ingresso nell'androne del palazzo e raggiunse l'ascensore.
Premette il pulsante di chiamata e attese l'arrivo della cabina mentre l'ansia ricominciava a farsi sentire.
Cosa accidenti aveva organizzato quel folle? Una cena a lume di candela, ne era certa!
Salì in ascensore e pigiò con rabbia il pulsante corrispondente al quinto piano: mentre saliva non riusciva a smettere di borbottare.
"Se lo ha fatto davvero giuro che... Lo lascio! No, no, troppo poco... Lo lascio e poi lo costringo a fare dieci chilometri con questi tacchi ai piedi!"
Il "Ding!" dell'ascensore le comunicò che aveva raggiunto la sua destinazione: sul pianerottolo, fissando la porta dell'appartamento di Trent, sentì per un attimo l'impulso di voltarsi e fuggire.
Non a casa sua, sarebbe stato troppo poco! Sarebbe potuta andare in Francia, magari... E si sarebbe ingozzata con baguettes e croissants fino alla fine dei suoi giorni!
Prima ancora di rendersene conto, la sua mano aveva bussato alla porta di Trent -come era arrivata fin lì?- e di lì a pochi istanti il suo ragazzo le aveva aperto.
Nonostante l'ansia, l'irritazione, il dolore ai piedi e i postumi di un pessimo pomeriggio, non potè evitare di sorridere come un'idiota.
Trent indossava una semplice camicia bianca, una sottile cravatta cremisi e dei pantaloni neri, eppure le sembrava così perfetto!
"Buonasera..." sussurrò lui, abbassandosi appena per sfiorarle le labbra con un bacio.
Raddrizzatosi la guardò con aria divertita.
"Sei più alta stasera! Tua madre ti ha annaffiato di recente?"
"Idiota..." borbottò Gwen, oltrepassandolo ed entrando in casa.
Si guardò attorno con curiosità, annusando con circospezione l'aria: niente odore di cibo, eppure... Oh, no!
Questo voleva dire che Trent voleva portarla fuori a cena?
Doveva impedire questo scempio a tutti i costi!
Si voltò decisa verso il ragazzo, trovandosi a pochi centimetri da lui: abbassò lo sguardo, imbarazzata, e biascicò qualcosa simile ad un "Non... Voglio... Cena...".
Trent la prese per mano e si finse dispiaciuto.
"Davvero? Peccato, ho faticato tanto per cucinare..."
Gwen alzò lo sguardo di scatto, specchiandosi negli occhi smeraldini del ragazzo: aveva cucinato lui? Dunque... Niente cena fuori?
Meglio, un po' meglio.
"Beh, forse... Un assaggio posso anche concedermelo..."
Seguì Trent in sala da pranzo, pronta ad affrontare stoicamente un tripudio di cuori, rose rosse e candele, ma le sue infauste previsioni furono bellamente disilluse.
Davanti a lei due enormi e soffici cuscini, un cartone di pizza, una grossa ciotola di popcorn ed un DVD.
Si voltò basita verso Trent che sorrideva, soddisfatto della reazione che aveva provocato in lei.
"Trent, ma cosa...?"
Il ragazzo si strinse nelle spalle.
"So quanto detesti le sdolcinatezze e San Valentino, così ho pensato di organizzare una serata... Diversa!"
Gwen si lasciò condurre verso i cuscini, sedendosi e continuando ad osservare Trent a bocca aperta: il moro intanto stava aprendo la custodia del DVD.
"Ho pensato ad un film molto in tema con questa serata, dunque... Che ne dici di "Bagno di sangue 2"?"
Trent fece appena in tempo a posare il DVD su un tavolino prima che Gwen gli saltasse letteralmente addosso, baciandolo con trasporto e stringendolo come se temesse che potesse svanire da un momento all'altro.
Dopo aver messo a dura prova i loro polmoni, i ragazzi si separarono: entrambi avevano i capelli arruffati ed erano un po' rossi in volto.
Trent si slacciò la cravatta, ridacchiando ed inserendo il DVD nel lettore.
"Lo prendo per un sì."
Gwen osservava rapita il ragazzo: l'aveva sorpresa come nessun altro avrebbe saputo fare.
Perfino il suo film preferito, nonostante lui odiasse gli horror!
E la pizza, i popcorn... C'era però una cosa che stonava.
"Trent? Perché mi hai costretta ad indossare questa roba?" domandò aggrottando appena le sopracciglia ed incontrando nuovamente il sorriso dell'altro.
"Dovevo recitare bene la mia parte, e poi..." Ammiccò "... Sei terribilmente sexy con quel vestito!"
Gwen arrossì e, non appena Trent si fu seduto sul cuscino accanto al suo, lo strinse e gli stampò un altro bacio sulle labbra.
"Sei pazzo, nove volte pazzo, Trent McCord!"
Trent sorrise e la abbracciò, accomodandosi meglio sul cuscino e lasciando che lei si rannicchiasse su di lui.
Dopo la prima mezz'ora di film, Trent aveva rimpianto amaramente di non aver scelto una commedia o, perché no, un cartone animato.
Al terzo squartamento aveva chiuso gli occhi, disgustato, e riapertili aveva trovato il volto sereno di Gwen a pochi centimetri dal suo.
"Non sei, anzi, non siamo costretti a guardare il film, sai? In fondo a te non piace, ed io conosco a menadito ogni uccisione, ogni tortura ed ogni morte truculenta..."
Gli occhi di Trent si illuminarono e, incurante delle atroci urla di dolore di uno dei protagonisti del film, avvicinò Gwen a sé.
Cominciò a baciarle le labbra, scendendo lentamente lungo il collo e strappandole dei brevi sospiri.
Le mani di lei, prima saldamente ancorate alle spalle di Trent, si spostavano sotto la camicia del ragazzo, accarezzando ogni centimetro di pelle che riuscivano a raggiungere; Gwen soffocò un gemito quando Trent le morse delicatamente un lato del collo e rabbrividì non appena questi le sussurrò "Mia...".
Si raddrizzò appena, cominciando a sfilarsi il vestito sotto lo sguardo adorante di Trent: rimasta in intimo, si chinò su di lui e gli lasciò una leggera striscia di baci sul collo, cominciando nel contempo a sbottonargli la camicia.
"Sai..." singultò Trent "... E' anche per questo... Che ti ho fatto indossare un vestito... Simile... E' veloce da togliere... Ed è fantastico guardarti, mentre lo fai..."
Gwen sorrise, allentando l'ultimo bottone della camicia ed aprendola completamente, strofinando poi il naso sul petto ormai nudo del ragazzo.
Allungò una mano ad accarezzarlo dolcemente sul volto, ricevendo un bacio in risposta.
Stupendo entrambi, ma prima di tutto se stessa, si accostò all'orecchio di Trent ed esalò due parole.
"Ti amo."
Trent non esitò neanche un istante.
"Ti amo anch'io."
San Valentino terminò così, nell'unione di due corpi nudi e desiderosi l'uno dell'altro, tra un film horror e due morbidi cuscini.
San Valentino si ricreò il mattino seguente, con un bacio sul naso ed un "Buongiorno" dal sapore speciale.
Gwen Fahlenbock e Trent McCord decisero che il loro San Valentino sarebbe durato ancora a lungo.
Molto, molto a lungo.









La suoneria del cellulare di Gwen è "Everwake" degli Anathema.
   
 
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