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Autore: Dagon    10/02/2012    3 recensioni
"Si chiama Tsugumi, e il nome non gli appartiene.
L'uomo continua a sfiorare fogli di carta col tocco leggero di una penna e siede come il ragazzo che compare nel poster sulla parete: accovacciato, le ginocchia a sfiorargli il mento e i piedi nudi che poggiano sulla sedia"
Tsugumi Ohba: lo sceneggiatore di Death Note, di cui nessuno sa nulla.
Un uomo misterioso che ha la sua stessa voce e il suo identico aspetto comincia a tormentarlo con strane telefonate. E uno strano nome riemerge da un passato oscuro.
Chi è in verità Tsugumi? Qual è il suo vero nome? E cosa spinge l'uomo a spiazzare i fan con un annuncio: quello di voler interrompere la serie?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo II
Sakura

 

Quando era bambino, Tsugumi non viveva a Tokyo. Viveva nella campagna giapponese, lontano da qualsiasi palazzo che sfiorasse il cielo, dalla quantità impressionante di persone che affluiscono per la strada e che indossano tutte la stessa faccia. Dove viveva c'era spazio per i silenzi e per la tranquillità. Avresti potuto abbandonarti alla visione del vento che investiva le chiome degli alberi di ciliegio, e rimanere indisturbato per ore. Adesso tutto è cambiato e per la calma non c'è più posto.
Pensa a questo, Tsugumi, mentre continua a fissare il telefono.
Vorrà dire qualcosa, questo sogno – o dovrei chiamarlo incubo? Perché da qualche tempo faccio sempre dei sogni così strani?
Il buio continua a incombere, fuori.
Forse avrei bisogno di una pausa, sto lavorando senza sosta da mesi, forse anni... non mi ricordo più neanche quando ho iniziato. Perché a Takeshi non accade lo stesso?
Tsugumi non ha acceso la luce, e il buio di fuori permea anche lo studio. Si può scorgere solo il tenue chiarore dei riflessi della strada.
Aspetta, ma Taskeshi una pausa se l'è presa. Tre giorni... tre giorni dove? Me l'ha detto, quando ci siamo salutati, possibile che non ricordi? È per questo che sei solo, in questo momento! E domani verranno gli assistenti a rifinire le sue tavole...
Tsugumi distoglie lo sguardo dal telefono e fa un passo indietro. Il sudore si sta asciugando a contatto con la fredda brezza che giunge dalla finestra aperta. È meglio che la chiuda, pensa, e dopo pochi secondi è di nuovo là a fissare il vuoto senza che il gelo lo disturbi.
Accendi la luce, diamine. Hai dormito troppo e non puoi permetterti di perdere tempo. Il tempo è prezioso, soprattutto per uno sceneggiatore di manga. Devi lavorare.
L'uomo si volta e cammina cieco verso la parete, dove c'è l'interruttore. Arranca nel buio, ha paura di cadere.
Una volta, quando era bambino e viveva in campagna, è caduto in un pozzo, dove è rimasto per ore prima che qualcuno lo salvasse. Da allora rifugge sia il buio che il freddo, i peggiori demoni che possano tormentarlo.
Ora è il cellulare a squillare, sulla scrivania. Il display luminoso proietta una languida luce sul soffitto e assomiglia a una piccola torcia.
È notte, chi può chiamarmi?
Tsugumi sta per accendere l'interruttore, ma si volta bruscamente e urta il mobile che contiene le tazze tè. Il vetro permette agli oggetti di non finire a terra.
L'uomo afferra il cellulare e risponde. “Pronto?”
“Non ti scordar...”
Tsugumi impallidisce. Questo non è un sogno.
“Non ti scordare mai di me.”
Tsugumi non apre bocca.
“Cercami.”
È surreale.
“Trovami.”
Impossibile.
“Prendimi.”
“Scusi, ma chi è lei?” dice Tsugumi, incurante del fatto che sta quasi gridando. “Chi è?”
“Mi hai perso e adesso devi ritrovarmi. Non ti scordar...”
Tsugumi sta sudando di nuovo. Chiude la chiamata, e ora è davvero stravolto. Qualcosa non quadra. Niente quadra, è tutto così surreale che l'uomo comincia a pensare di essere impazzito. Alza lo sguardo.
Sulla parete, proprio sopra la scrivania, L continua a fissarlo con sguardo riflessivo e tagliente. Muove il capo verso Tsugumi, nel buio, e sembra aprire bocca.
Tsugumi chiude gli occhi. Li riapre. Il poster è ancora lì, fermo, e lui si è immaginato tutto, forse suggestionato dalla chiamata. Sbuffa, e si dirige a grandi passi verso l'interruttore.
La luce irrompe nel buio.
L'uomo sospira, cercando di calmarsi. In una mano stringe ancora il cellulare.
Se guardo il registro delle chiamate, forse posso risalire al numero di chi mi ha appena chiamato. Oppure scoprire che ho immaginato tutto.
Scorre il menu e digita l'opzione desiderata.
Okay, qualcuno lo ha chiamato: e lui non ha la più pallida idea di chi si tratti, né del perché questi abbia la sua stessa voce. Ma non ha proprio sognato tutto.
Mi serve riposo, riposo, continua a dirsi, e la frase echeggia nella sua mente finché non sposta lo sguardo verso il mobile delle tazze da tè. Oltre il vetro, una delle tazze è riversa su un fianco. Il disegno di un albero di ciliegio percorre la bianca ceramica. Un nome folgora la memoria di Tsugumi: Sakura.
Il nome evoca un volto, un volto lontano nel tempo che è rimasto immutato da anni. Perché sono anni che Tsugumi non lo vede, e non lo ricorda. Sakura appartiene al passato dell'uomo, e in questa zona è rimasto relegato fino ad ora.
Oh, Sakura. Tsugumi guarda ancora il ciliegio che si estende sulla bianca superficie della tazza, quando decide che è meglio tornare al lavoro, e scordare tutto ancora una volta.
Il passato è il passato. E lui è al futuro che è volto.
  
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