Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: De33y    10/02/2012    3 recensioni
[Chiedo scusa a tutti quelli che stanno seguendo la storia:al momento sono particolarmente presa dallo studio, non so quando riuscirò ad aggiornare, né con che frequenza seguiranno gli altri aggiornamenti. ]Una telefonata dalla banca di Semir rompe la monotonia di una giornata al comando della polizia autostradale.
Leggermente AU in quanto Aida ha circa cinque anni, ma non c'è Lale.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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La telefonata

Semir entrò nell’ufficio sbadigliando, nella mano destra una tazza di caffè bollente.
«Ancora incubi?» Ben colse i segnali eclatanti.
«Sì, alle tre si è svegliata urlando, anche stanotte. Sarà una settimana che Aida non ci fa chiudere occhio.» Le parole un po’ strascicate per la stanchezza.
«Che cosa sogna?»
«Quando è un drago, quando è l’uomo nero, quando è qualcos’altro ancora…lo sai come sono i bambini.»
«Ma…è normale?» 
«Il pediatra dice che a volte capita, probabilmente è una forma d’ansia perché tra poco le inizia la scuola.»
La conversazione fu interrotta dalla melodia del cellulare di Semir.
Il poliziotto gettò un occhiata fugace al display del cellulare prima di rispondere.
«Pronto amore! Cosa ti sei dimenticata questa volta, il latte?» suggerì nel microfono dell’apparecchio, mentre scambiava un sorriso divertito col collega.
«Ascoltami bene!» giunse la voce gracchiata attraverso gli altoparlanti, il tono di preoccupazione di cui era carica bastò ad attirare tutta l’attenzione dell’ispettore.
«Che succede?» Il sorriso era svanito senza lasciare tracce, sollevò una mano  ad interrompere la battuta che Ben stava per pronunciare. 
«C’è una rapina in corso alla banca.» 
«State bene?» L’istinto paterno prevalse su quello professionale, mentre ansioso aspettava una risposta.
«Sì, Aida ed io stiamo bene,  ho poco tempo per darvi qualche informazione.» In un attimo Semir poggiò il telefono sulla scrivania dell’ufficio ed attivò il vivavoce.
«Sei in vivavoce, c’è Ben qui con me, raccontaci tutto ciò che puoi.»
«Sono almeno quattro persone, hanno armi automatiche.»
«Quanti ostaggi? Ci sono dei feriti?»
«Almeno una decina di persone. Non so se ci sono feriti, appena li ho visti mi sono precipitata in ascensore e l’ho bloccato a metà tra il primo e il secondo piano.»
«Bravissima.» Sussurrarono in coro i due ispettori.
«Aiuto Semir, ci hanno scoperte! Ho sentito delle voci parlare di tirar fuori la gente dall’ascensore.»
Semir deglutì ed alzò lo sguardo disperato su Ben, che prese la parola cercando di dare al collega tempo per riprendersi dalla notizia.
«Tranquilla Andrea, ora arriviamo, sei stata bravissima fin’ora.»
«Sto parlando con papà e lo zio Ben.» Attraverso il telefono arrivò la voce anche se non era diretta a loro. «No, adesso non è il momento» proseguì, nel dialogo con la piccola interlocutrice, ma il padre all’altro capo sembrava pensarla diversamente
«Passami Aida per favore.»
«Papà?»
«Sì, piccola! Sono qui.» La commozione nel sentire la voce della figlia fu troppa e non riuscì ad aggiungere altro.
«Me lo compri lo zainetto delle Winx?»
«Lo…Lo zainetto?» Era l’ultima cosa che si aspettava di sentirle dire.
«Aida, lo convinco io tuo padre, però devi fare la brava ed obbedire a tutto quello che ti dice la mamma, va bene?» Ben arrivò ancora in aiuto dell’amico.
«Zio Ben!- riconobbe immediatamente la voce- La mamma mi dice di non aver paura. Dice che ci sono dei signori cattivi e che bisogna restare nascoste, ma io ho paura a stare qui dentro.»
«Ascolta la mamma, Aida. Non devi avere paura, ti prometto che non ti succederà niente, d’accordo? Però tu devi essere forte e non avere paura. Mi hai capito?» Semir si sforzava di rimanere calmo. 
«Devo ascoltare la mamma e non avere paura.» Ripeté la voce flebile, ma decisa della bambina.
«Brava la mia piccolina» Era difficile dirle di non avere paura quando lui stesso era terrorizzato per loro, alzò nuovamente lo sguardo cercando Ben per un po’ di conforto, e questi gli mormorò: «lo zainetto». 
«Vedrai che se ti comporti bene arriverà anche lo zainetto». Se fosse riuscito a tirarla fuori da quella situazione sana e salva le avrebbe preso tutto il corredo per la scuola, altro che lo zainetto.
«Ora passami la mamma. Ti voglio bene piccola mia.»
«Andrea?»
«Sì, ci sono» 
«Ora voglio che tu spenga il cellulare. Se riusciranno a tirarvi fuori di lì prima che arriviamo noi, fai tutto quello che ti dicono. Ti prometto che andrà tutto bene, saremo lì fra poco. Un‘ultima cosa… Ti amo.»
 
Semir chiuse la porta dell‘ufficio, in modo che nessuno potesse sentirlo ad esclusione di Ben, si voltò a fronteggiare il collega. Gli strinse un pugno attorno al bordo del giacchetto de jeans, per assicurarsi di avere la sua completa attenzione.
«Se diciamo al capo che c’è in corso una rapina con ostaggi, manda le squadre speciali. Quelli non stanno a preoccuparsi di chi c’è dentro, fanno solo i conti di quante perdite sono accettabili. Ci sono mia moglie e mia figlia là dentro. Devo trovare il modo di entrare e di metterle al sicuro prima che tutto questo succeda. Lo capisci? Ti chiedo di darmi dieci minuti di vantaggio, solo quello. Dì che ti ho supplicato, che ti ho minacciato, me ne prendo tutta la responsabilità, ma io in questo momento non posso agire da poliziotto.-sottolineò quelle parole gettando il proprio tesserino sulla scrivania- Dieci minuti.» Il furore iniziale si era dileguato parola dopo parola, lasciando spazio alla disperazione. Semir uscì di corsa dall’ufficio sbattendo la porta dietro di sé.
Ben rimase un istante immobile, frastornato da ciò che era appena successo. Non osava neanche immaginare cosa passava per la testa del collega in quel momento, ma capiva. Chiuse le dita sul proprio tesserino e si soffermò a guardarlo:
“Al diavolo”, lo fece volare vicino a quello di Semir e si lanciò in corsa all’inseguimento.
Lo raggiunse quando stava mettendo in moto la macchina, senza neanche chiedere il permesso aprì lo sportello e balzò dentro.
«Dove pensi di andare senza di me, socio?»
«Ben, scendi!» Semir gli lanciò un’occhiata carica di disapprovazione
«Non ho la minima intenzione di scendere, chi ti guarderà le spalle?» Un sorriso beffardo sulle labbra.
«Dannazione, Ben, non comportarti come un bambino. Torna in ufficio e dai l’allarme. Non è un caso come tanti altri. Stammi alla larga è più sicuro!»
Ben non si era degnato neanche di guardarlo mentre parlava.
«La fai finita di blaterare è metti in moto la macchina? Altrimenti finisce che qualcun altro capisce cosa sta succedendo e dà l’allarme. Per come la vedo io hai due possibilità: accetti che venga anch‘io e ti copra le spalle oppure puoi spararmi e buttare giù il mio cadavere, perché è l‘unico modo che hai per farmi scendere.»
 
Leggermente AU, in quanto Aida ha circa cinque anni, ma non c’è Lale. Inizialmente pensavo di ambientarla prima della nascita della seconda genita, ma poi mi sono resa conto, che la caratterizzazione di Aida era quella di una bimba di cinque anni. Se la cosa vi infastidisce troppo, potete immaginare che sia da una zia o al nido.
 
Sarei lieta di sapere cosa ne pensate e siate onesti. Cercherò di mettere a frutto i vostri consigli nei prossimi capitoli.
  
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