Il Burattinaio Mille Facce e il
Cavaliere Alato
*The Great Game of Life
La città bassa era ancora in fermento nonostante la notte fosse calata da un’intera clessidra.
John era appena giunto nelle sue stanze, offertegli dalla vecchia Mrs. Hudson, dopo un’intera giornata passata a raccogliere erbe per il medico di corte, il suo amico Michael.
Non vedeva Sherlock dalla mattina e in quel momento non pareva essere lì, ma non si preoccupò più di tanto, succedeva spesso.
Sospirò, indeciso se gridare a Mrs. Hudson di preparargli un catino caldo subito o di portargli su la cena prima.
Ogni pensiero però fu annullato da un foglio –rosso Pendragon- che era stato affisso alla mensola mediante uno dei coltellacci che il suo compagno amava usare come fermacarte.
Era un invito a un evento, non mondano ma popolare, a cui pareva Sherlock fosse invitato e, a quanto pareva dalle parole che il suo amico aveva scarabocchiato sul retro, a cui doveva recarvisi anch’egli.
Espirò piano e lentamente ridiscese le scale, informando la padrona di casa che, no, non avrebbe cenato neanche quella sera.
~
Arrivato sul luogo indicato, una piazzetta laterale della cittadella, illuminata da tante torce quante le stelle del firmamento, vide un’enorme folla con al centro un giovane.
Occhi grandi, così neri che si sarebbero detti figli della notte stessa, un sorriso enorme e contagioso, il fisico apparentemente non prestante, ma estremamente elastico –e questo lo appurò un attimo dopo, vedendogli fare una giravolta in aria, come se il suo corpo non avesse peso.
A parte per il vestito sgargiante e pieno di sonagli che tintinnavano a ogni accenno, se non fosse stato per quegli occhi, non avrebbe degnato uno sguardo in più a quell’uomo che pareva tanto un saltimbanco, forse un menestrello, pensò vedendo a terra un liuto.
Un cantore girovago, certo.
E così concentrato sulle proprie osservazioni, non notò che la folla, scemata attraverso le vie, l’aveva lasciato solo, non ne ebbe tempo perché l’uomo si girò verso di lui, puntando il suo sguardo su John per poi sorridere lentamente, soddisfatto.
«È la prima volta che la vedo qui ed è pure arrivato in ritardo per il mio spettacolo, certo deve essere impegnativo essere il Cavaliere d’Oro.» ponderò, picchiettandosi un dito sul mento con gli occhi al cielo.
John si accigliò, avvicinandosi come attratto.
«Parli con me, cantore?» chiese, riacquistando la sua completa attenzione.
«Jim, mi chiami Jim, Cavaliere d’Oro.» gli rispose con tono amichevole, per poi dargli la schiena, mentre gettava alla rinfusa i ferri del suo mestiere nel carretto dietro di sé.
«Mi dispiace, Jim, ma credo che tu abbia confuso la mia persona con un'altra, sono sì un cavaliere, ma il mio nome è John.»
«John, fratello di Harriet la locandiera dal boccale facile, altresì conosciuto come il Cavaliere d’Oro.» disse, finalmente voltandosi a guardarlo con quel sempiterno sorriso sulle labbra. «Io sono un giullare, un cantastorie. I nomi degli eroi sono fissi nella mia memoria come lo sono le stelle nel cielo.» riprese sussurrando, accompagnando la voce con un gesto ampio verso la voluta celeste.
John gli avrebbe creduto anche solo per quella piccola dimostrazione, anche se i dubbi rimanevano.
«E chi avrebbe deciso per me tale titolo e cosa avrei fatto per meritarmelo?»
L’altro gli scoccò uno sguardo obliquo e annuì fermamente.
«Le leggende rendono giusto onore alla sua umiltà, Cavaliere d’Oro, anche se spesso la sua figura è oscurata da Sir Sbruffonotto.»
John si lasciò scappare un sorriso.
«Ancora questa storia? Le fandonie di Sir Mycroft a quanto pare hanno fatto il giro del regno.»
«Le leggende contengono sempre un pizzico di verità, lo ricordi sempre, Cavaliere. In ogni caso io vivo delle vite altrui, così svolgo il mio lavoro: faccio avverare i sogni di chi ha la grazia di fermarsi ad ascoltare la mia voce.» rispose chinando leggermente il capo, senza mai lasciare i suoi occhi.
«Vorrà dire che quando avrò un desiderio da esprimere mi rivolgerò a te.» rispose sorridendo John, incuriosito da quell’uomo particolare e pieno d’inventiva, e si tolse un guanto per stringergli la mano. «È un immenso piacere conoscerti, ma ti prego, smetti di considerarmi un mero personaggio e fammi diventare reale.»
Jim fece un mezzo sorriso e si avvicinò ancora di più, solo a mezzo passo dall’altro.
«È questo il suo desiderio, Cavaliere?» e nonostante la linea ritta e tirata delle labbra, John avvertì un tono stranamente compiaciuto, quasi euforico, nella sua voce.
«Assolutamente.» replicò, mettendo da parte le sue paranoie.
L’altro schioccò le dita e una risata spaccò il nero della notte, mentre una mano s’intrecciava strettamente alla sua.
«Desiderio esaudito, Johnny-boy.» disse agitando scherzosamente le loro mani unite, facendo fremere tutti i campanelli.
John lo guardò divertito e perplesso, quel tipo era proprio matto.
Ma chi più di lui era avvezzo a strani comportamenti? Il suo migliore amico era Sherlock Holmes, perdiana!
Si congedarono brevemente, con la promessa di incontrarsi tre giorni dopo, in quella stessa piazza in occasione dell’ultimo spettacolo di Jim, che poi sarebbe partito verso un’altra meta, per portare storie e sogni in ogni angolo del regno.
John lo osservò andare via trascinandosi dietro il suo carretto e canticchiando spensieratamente una canzone a lui sconosciuta, ma che pareva così piena di speranza.
Se sei un fratello o se sei una madre, sei rimasto vivo, sei rimasto
vivo
Ascolta la città fermarsi e ogni persona che inizia ad agitarsi
Noi rimaniamo vivi, rimaniamo vivi
Ah, ha, ha, ha, rimaniamo vivi, rimaniamo vivi
Ah, ha, ha, ha, rimaniamo vivi
Il Cavaliere d’Oro s’incamminò per le vie buie e sudice della città
bassa con la testa leggera, illuminando la notte con un piccolo sorriso, quando
fu strattonato in un vicolo.
Subito la mano corse al fodero della spada, ma quel poco di luce gli
bastò per identificare immediatamente il suo assalitore.
Avrebbe riconosciuto quei lineamenti ovunque.
«Sherlock, se questo è uno dei tuoi strani esperimenti o uno scherzo, io—»
L’altro non diede segno di averlo sentito e subito strinse le sue mani
intorno alle spalle di John.
«Cosa ti ha detto?» gli chiese diretto, quasi con urgenza.
«Di cosa stai parlando? Non dirmi che hai di nuovo testato su di te uno
dei tuoi strani miscugli!»
«Moriarty.» disse Sherlock, guardandolo così intensamente da farlo
preoccupare, non stava scherzando e se ci fosse stata più luce John, avrebbe potuto
vedere gli occhi dell’amico tremare leggermente. «Non hai mai sentito parlare
di Moriarty?»
«Mai.» rispose secco John, confuso.
Sherlock si guardò intorno sospettoso, per poi sussurrargli nell’orecchio
«Non qui.»
Immediatamente lasciò la presa su di lui e a passo veloce si diresse
attraverso un altro vicolo, con John a fargli da ombra, come sempre.
Solo quando si furono seduti nella taverna di Angelo, un loro amico
italiano, nell’angolo più appartato, Sherlock riprese a parlare, con un tono
così basso e serio che John non aveva mai visto usare.
«Moriarty è il nome di un'antica stirpe, originaria dell’Irlanda del
nord, avente un unico erede: James Moriarty, ma forse tu lo conosci meglio come
saltimbanco.»
John spalancò gli occhi e sentì la schiena tendersi.
«Vuoi dire che Jim—»
«Jim?» lo fissò l’altro con le sopracciglia aggrottate.
«Quell’uomo mi ha detto di chiamarsi così.» gli rispose il Cavaliere
d’Oro alzando le spalle.
«Nessuno dei modi in cui tu lo hai definito è giusto: James Moriarty è
un burattinaio, colui che tira i fili di un’intera nazione, se non dell’intero
continente. Ogni filo che tira, una bambola balla completamente in balia del
suo potere, compiendo ogni sorta di viltà. Ma la cosa più interessante è che
nessuno –nessuno- risale mai a lui.»
Sherlock non aveva mai tirato fiato, mai una volta durante quel
discorso.
Non era come in passato, questa volta Sherlock era teso, come una corda
di viella, i suoi occhi brillavano in quel modo strano che John aveva imparato
a temere e ammirare, e cosa peggiore di tutte, il Cavaliere d’Oro sospettava
che l’altro gli nascondesse qualcosa, qualcosa di grosso.
~
La mattina dopo ci furono tre esplosioni nella città bassa.
Il pomeriggio, mentre tutti i cavalieri compresi John e Sherlock erano
in riunione con il re, ce ne furono due nella cittadella.
La sera il Cavaliere d’Oro andò a raccogliere altre erbe medicamentose
nella foresta per tutti i feriti, ma non tornò.
La notte Sir Sbruffonotto diede appuntamento a Moriarty nella foresta,
ma non tornò.
Fu in quel momento, in quel preciso momento, che John la sentì di nuovo.
Mentre stava per perdere la gamba, mentre stava per perdere la vita,
mentre le fiamme minacciavano di divorare ogni cosa.
La sentì chiaramente, quella voce alta, cristallina, che cantava.
Rimanere vivi, rimanere vivi.
È tutta questione di rimanere vivi!
***Angolino
del cambia-colore***
QUESTO CAPITOLO
PARTECIPA ALLO SHERLOCK WEEK DAY #5: JOHN/MORIARTY
Sono una
masochista, sono veramente una masochista.
Non c’è
altra spiegazione, se no perché avrei iniziato questa mini long che so già che
mi dissanguerà? Forse perché sto amando questo verse come poche cose a
questo mondo.
Comunque,
che dire? È un AU!Camelot e non dovrebbe prendere più di 3 capitoli, se proprio
voglio morire 5.
*)Ci tengo a
precisare che questo primo capitolo è antecedente alle storie che ho già
postato su questo verse, infatti John non zoppica.
*)Il Michael
citato è Mike Stamford, l’ho chiamato con il nome intero perché Mike non è
molto medioevo inglese xD
*)Il citato
“rosso Pendragon” è un dettaglio che tutti i fan di Merlin (altro telefilm
della BBC) avranno riconosciuto, infatti nel telefilm la bandiera e i vestiti
“ufficiali” di Arthur e Uther sono di quel particolare rosso che il fandom ha
battezzato come Pendragon xD
*)Sono molto
curiosa di sapere le vostre opinioni su Jim, e se l’avete trovato il suo
comportamento strano, io vi rispondo che ovvio visto che stava interpretando
una specie di giullare/saltimbanco.
*)La canzone
che Jim canticchia non è altro che una strofa di “Stayin’ alive” tradotta in
italiano.
*) “Hai mai
sentito parlare di Moriarty” “Mai.” Non so se qualcuno l’ha riconosciuta, ma è
una citazione canonica <3
*)La viella,
se qualcuno di voi se l’è chiesto, è praticamente la versione medievale del
nostro attuale violino. E sì, ovviamente Sherlock la suona *sbrodola amore*
*)Come
annunciava il titolo, questa è la mia versione –ovviamente ridotta e
riadattata- di The Great Game.
E penso di
avere detto tutto!
Ringrazio
chi ha letto/ricordato/preferito/commentato la mia precedente storia sul
fandom, non che sempre di questo verse Il Re
d’Argento e il Magico Consulente Governativo