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Autore: SFLind    10/02/2012    0 recensioni
VECCHIO TITOLO: La Terra ha le dimensioni di Cuba
Una trentina di persone, amici e non, conoscenti e non, con i loro problemi, i loro mestieri e le loro ragioni, storie, tante storie diverse intrecciate (per caso) tra loro. Chi per scelta, chi per un caso fortuito, chi per errore, condivideranno un periodo della loro vita con persone che mai si sarebbero aspettate di incontrare. Si conosceranno nuovi intrighi, mentre vecchi elemosineranno chiarimenti. Tra notti di fuoco e altre in cui si pianificherà di appiccarlo, una cosa è certa, ciò che accadrà , non lo scorderanno facilmente.
FrUK; GerIta, UsUK; Germancest; Spamano; Bad Trio; Nordic5; SuFin; PruAus; TurEgi; RuLat; Rochu; LietPol; Asian Countries e tanti(issimi) altri..
Vi prego di leggere e commentare, grazie :) Mi farebbe piacere!
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9 – Il capitolo delle entrate ad effetto;
 
 
- Questa è la mia vita! – aveva detto Alfred, sbattendo la porta alle sue spalle.
 
- Idiota.. – aveva biascicato lui, con il desiderio che la sua voce gli entrasse nel cervello, e allo stesso tempo la consapevolezza che non lo avrebbe fatto.
 
“Tu non sei nessuno per impedirmi di fare ciò che voglio!”.
Quella frase non l’avrebbe mai scordata.
Anche se, avrebbe voluto.
Non gli sarebbe mai stato possibile.
 
Lui, semplicemente, ci aveva messo così tanto tempo ad assimilare il concetto, che era rimasto in silenzio.
Aveva completamente dimenticato che rispondergli a tono sarebbe stato meglio, sarebbe stato più nel suo stile.
 
Occhio per occhio, dente per dente. L’aveva sempre pensata così.
 
“Era veramente nessuno?” e “per quanto tempo lo era stato?”.
 
 
*
 
 
- Fossi stato al tuo posto l’avrei fermato con la forza  e gliene avrei dette quattro – disse Nikolaas.
 
Francis gli sorrise, sperando dannatamente di avere uno sguardo complice.
 
- Non seguire troppo il suo esempio – suggerì ironico Mathias, dalla poltrona accanto – il suo dirgliene quattro è un po’ più violento del normale -.
 
- Ma almeno io non mi faccio mettere i piedi in testa - rispose l’altro – e poi sei tu quello dai modi troppo bruschi -.
 
- IO?! -.
 
Francis sarebbe voluto intervenire in difesa del danese, ma preferì restare in silenzio.
 
Non riusciva a capacitarsi di come la situazione fosse drasticamente cambiata. Improvvisamente si era ritrovato a parlare con i due di come quello stronzo di Arthur lo avesse abbandonato lì.
 
Si scolò un altro bicchiere di Champagne.
 
I suoi piani erano falliti miseramente. Tutti i suoi piani, erano falliti miseramente.
Arthur lo aveva piantato in asso per Braginski e i due a cui aveva puntato per consolazione stavano cercando di tirarlo su di morale, sì, ma certamente non nel modo in cui aveva sperato.
 
Che poi… Perché cazzo quel connard* si era preso proprio Braginski?!
Quell’uomo gigantesco, inquietante, con il suo fare poco elegante, i suoi abiti poco di classe e il suo accento russo, che già di per sé sembrava cattivo.
Per di più, aveva la faccia di uno a cui piaceva il sadomaso!
Bisognava proprio essere cretini per fidarsi di uno come Ivan Braginski!
Sot*!
 
Tirò un lungo sospirò e poi un altro bicchieri di Champagne.
 
I due biondini lo fissavano alquanto dubbiosi.
 
- Hey, kerel* - disse l’olandese – sù, rianimati un po’.. -.
 
Prese il pacchetto di sigarette, che poi tanto sigarette non erano, dal taschino e gliene offrì gentilmente una.
 
- No.. merci – rispose il francese, visibilmente contrariato.
 
-Sai cosa diceva spesso mio nonno? – continuò quello – Fumati le lacrime per liberarti della tristezza -.
Tirò fuori una delle sigarette dal pacchetto e gliela sventolò d’avanti al muso.
 
Mathias li guardava interessato.
 
Francis sorrise leggermente, accettò l’offerta e si allontanò dai due.
 
- Davvero tuo nonno diceva qualcosa del genere? – chiese il danese.
 
- Macché, me la sono inventata sul momento – rispose l’altro.
 
Il danese scoppiò in una sonora e lunga risata.
- Røvhul!* -.
 
 
*
 
 
”15 minuti..”
 
Erano già quindici minuti che era lì, seduto su quel morbido sedile nero. Quindici minuti di persistente lotta contro il sonno.
 
- Braginski, tra quanto arriviamo? Pensavo stessimo solo andando a bere qualcosa – chiese all’uomo lì accanto.
 
- Da, stiamo andando a bere qualcosa, ma non mi godrei la serata se dovessi passarla in uno di questi squallidi bar americani – disse, guardando sprezzante fuori dal finestrino dell’auto. Poi lanciò un’occhiata al guidatore.
 
Era un giovane con la tipica e anonima faccia d’autista.
Espressione passiva in volto, occhi grigiastri e lunghi capelli cioccolato sotto il berretto da professionista.
Teneva lo sguardo fisso sulla strada di fronte a lui.
 
- Toris – disse il russo – quanto manca a destinazione? -.
Aveva un leggero sorriso e storcergli le labbra sottili e pallide.
 
L’autista distolse per pochi secondi gli occhi dalla strada e guardò nello specchietto retrovisore.
Arthur si ritrovò a guardare fisso nel riflesso quegli occhi grigi, puntati su di lui.
 
-. Ancora qualche minuto, signori – sorrise – siamo in zona ormai  -.
 
Il russo annuì senza distogliere lo sguardo dal finestrino.
 
Se ne pentiva.
Se ne pentiva amaramente.
Cosa gli fosse passato per la testa non lo sapeva nemmeno lui.
Accettare un drink con Ivan Braginski? Ma stiamo scherzano? Era diventato totalmente scemo?
Possibile che lo avesse drogato senza che se ne fosse accorto?
Nope, era davvero diventato scemo.
Accendeva, spegneva, e poi riaccendeva di nuovo il display del cellulare.
Contando i secondi e sperando che un messaggio, una chiamata, qualsiasi cosa, comparisse dal nulla sul cellulare, liberandolo da quella pressante ansia.
 
L’ansia di star perdendo ad un gioco a cui solo lui stava giocando.
 
- Sai... – cominciò di nuovo il russo, questa volta rivolgendogli la coda dell’occhio.
- Sono alquanto sorpreso dal fatto che tu abbia accettato di bere un drink con me -.
 
Arthur avrebbe voluto dire di essere altrettanto sorpreso, ma si limitò a fare spallucce guardando il finestrino alla sua destra.
 
- Chi avrebbe mai immaginato che saresti sceso tanto facilmente dal tuo piedistallo -.
 
Già…
No, aspetta…
 Cosa?
 
Arthur si voltò per rivolgergli uno sguardo interrogatorio.
Un brivido si arrampicò su per la sua schiena quando incontrò lo sguardo dell’altro.
 
Uno sguardo invadente, arrogante e purpureo.
 
- Pardon? – chiese blandamente.
 
- Il tuo piedistallo, la tua aria altezzosa, la puzza sotto il naso, lo sguardo scrutatore.. Dove li hai messi, Arthur? – chiese ancora, ghignando leggermente, con le pupille fisse in quelle verdi dell’altro.
 
Arthur corrugò le sopracciglia, non lo seguiva assolutamente.
 
- Quando ti conobbi un paio di anni fa, eri una persona detestabile, irritante e snob fino al midollo.. – posò un braccio intorno alle spalle dell’inglese.
- La gente, se da un lato non ti tollerava, dall’altro ti ammirava inconsciamente. Per quella fastidiosa e onnipresente superbia.. – il braccio diventava man mano più pesante.
 
L’autista lo guardava dallo specchietto.
 
Arthur si sentì il sangue alle orecchie per l’imbarazzo.
Non sapeva cosa dire, cosa fare e chi guardare.
Sentiva soltanto l’incombente vicinanza del russo e lo sguardo fisso dell’autista.
 
- L’orgoglio, Kirkland, che fine ha fatto? – disse, tirandolo strettamente a sé.
 
Poteva sentire il fiato dell’uomo proprio sul viso, poco sopra il suo.
 
Il retro dell’auto gli parve improvvisamente troppo stretto.
Gli mancava l’aria.

Sentì lo stomaco contorcersi, pronto per un attacco di panico, quando l’auto si fermò.
 
- Signor Braginski, siamo qui – disse Toris, piatto.
 
- Grazie – disse il russo allontanandosi dall’altro passeggero.

- Arthur.. Sapevi che Toris è un amico di Alfred? – continuò poi, sorridendo compiaciuto.
 

L’inglese sgranò gli occhi.
 
Il ragazzo dai capelli color cioccolato fece un cenno col capo, quasi impossibile da cogliere.
Uno sguardo serio e freddo velava quegli occhi grigi.
 
Alfred sarebbe venuto a saperlo sicuramente.
Alfred avrebbe saputo l’espressione che aveva fatto.
Alfred avrebbe saputo come si era fatto raggirare e manovrare.
 
Voleva piangere, rimangiarsi la risposta allo spiacevole invito e tornare alla festa.
 
Braginski gli afferrò un braccio e lo tirò vigorosamente fuori dall’auto.
Sbatté lo sportello e afferandogli ancora la spalla lo tirò di nuovo a sé.
 
Arthur guardò Toris andare via lentamente nel traffico della città, senza che quello rivolgesse loro nemmeno uno di quei tanti sguardi riflessi.
 
- Allora Kirkland, vogliamo andare? – chiese ironicamente il russo, scuotendolo un po’.
Scoppiando in una sonora risata.
 
Arthur si vide trascinato barbaramente in un bar le cui insegne erano in un alfabeto decisamente non di sua competenza.
Probabilmente cirillico.
 
Attraversato uno spesso portone di legno, si ritrovò in una sala scura illuminata da fioche luci rosa.
Diversi uomini erano seduti al bancone, bevevano cauti e silenziosi.
Un cameriere si avvicinò ad Ivan, parlando probabilmente in russo.
Si sentiva completamente spettatore di quella situazione, esterno ma non estraneo.
Colse la parola Vodka nel discorso tra Braginski ed il cameriere.
 Sapeva che in quello strano e forse deprimente bar, avrebbe sicuramente dimenticato la brutta, forse la peggiore, giornata che aveva passato.
 
 
*
 
 
Era nervoso.
Decisamente nervoso.
 
Arthur se n’era andato così, senza dire niente, con Ivan.

Quell’ospite tanto importante qual’era Ivan Braginski!
Dopo tutto quello che aveva passato per convincerlo a venire!
 
Che nervoso.
 
Poi, perché avesse deciso di andarsene rimaneva un mistero.
 
Si voltò un momento a guardare Francis fumare solo e disilluso accanto alla finestra.
Un comportamento non solito al francese, poco ma sicuro.
 
Wang aveva detto che Arthur aveva passato tutta la serata a parlare con Matthew.
 
Che quell’idiota di suo fratello avesse detto qualcosa di troppo?
 
Spostò lo sguardo sul minore, ancorato al suo divano e chiaramente offeso.
 
Era sempre stato il tipo da legarsi le cose al dito. Non lo sopportava.
 
Soltanto pensare alla discussione svoltasi quella stessa mattina gli faceva perdere la calma.

Davvero si aspettava delle scuse?
Davvero si aspettava che lui, il maggiore, si facesse scrupoli del fratellino?

Non lo aveva mai fatto, non avrebbe iniziato adesso.
 
Matthew alzò lo sguardo da terra e accidentalmente incrociò il suo.
Si leggeva il chiaro disappunto.
 
Alfred davvero non lo aveva mai tollerato.
 
Si avvicinò al il divano, da cui il fratello lo vedeva avanzare a grandi passi.
 
Non avrebbe cominciato dopo quasi diciotto anni a farsi scrupoli del minore.

Non lo aveva mai fatto, non avrebbe iniziato adesso.


*

INFORMAZIONI:
*Connard è il termine francese per "testa di cazzo".
*Sot è il francese di "stupido".
*Kerel è la traduzione olandese del termine inglese "fellow", compagno, ma in italiano potrebbe essere tradotto con "tizio" o "ragazzo".
*Røvhul è il danese di "asshole", buco di culo, ma in italiano è comunque tradotto con "coglione" o "testa di cazzo".
[Principalemente insulti come si può ben vedere ahah]

PER MAGGIORI INFORMAZIONI:


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