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Autore: Keiko    11/02/2012    3 recensioni
Mary Margaret non è più una ragazzina, eppure davanti a David si ritrova imbarazzata e stupida, alle prese con un cuore che la tradisce ad ogni colpo, ricordandole quanta differenza c'è nello svegliarsi la mattina con uno scopo e nello svegliarsi combattendo per estirparlo. Quello stesso scopo che ti illumina lo sguardo e ti fa distendere le labbra in un sorriso quando, alle 7.15 di ogni mattina, lo incroci alla Casa della Nonna, preoccupato di ordinare un caffè americano e una cioccolata con panna che poi consuma con la sua scelta. Mary Margaret non é stata una possibilità: si è convinta di essere stata un errore passeggero, una deviazione dettata dall'istinto suicida di un folle. Si é illusa, soprattutto, di essere diventata il mondo per uno sconosciuto senza casa né memoria né passato, ed é arrivata Kathryn a ricordarle che le fiabe a lieto fine spettano alle bionde, alle cheerleader del liceo, non alle bruttine dei banchi centrali che sperano di passare inosservate per la maggior parte del tempo.
[S01E10 - Mary Margaret/David]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Sweet Revenge © [10/02/2012]



  “I just wanted to hold you in my arms”
(“Starlight”, Muse)
 
Mary Margaret non è più una ragazzina, eppure davanti a David si ritrova imbarazzata e stupida, alle prese con un cuore che la tradisce ad ogni colpo, ricordandole quanta differenza c'è nello svegliarsi la mattina con uno scopo e nello svegliarsi combattendo per estirparlo. Quello stesso scopo che ti illumina lo sguardo e ti fa distendere le labbra in un sorriso quando, alle 7.15 di ogni mattina, lo incroci alla Casa della Nonna, preoccupato di ordinare un caffè americano e una cioccolata con panna che poi consuma con la sua scelta. Mary Margaret non é stata una possibilità: si è convinta di essere stata un errore passeggero, una deviazione dettata dall'istinto suicida di un folle. Si é illusa, soprattutto, di essere diventata il mondo per uno sconosciuto senza casa né memoria né passato, ed é arrivata Kathryn a ricordarle che le fiabe a lieto fine spettano alle bionde, alle cheerleader del liceo, non alle bruttine dei banchi centrali che sperano di passare inosservate per la maggior parte del tempo.
Perché il cuore le si scalda tanto quando lo guarda?
È  come se si fosse innamorata per la prima volta, o forse innamorata mille volte dello stesso uomo. Lui – lo sconosciuto dell'ospedale senza identità – è diventato “David” all'improvviso, svegliandosi una notte e fuggendo nel bosco alla ricerca di un volto amico. Stranamente, per uno scherzo crudele della vita, quel volto era il suo, sostituito da quello di Kathryn, da una falla nella memoria che l'ha obbligato a vincoli passati di cui non ricorda né le sensazioni né il tempo passato insieme. Dovresti ricordare ciò che hai amato nella tua vita passata, o nella tua vita prima di un black out totale su di essa, no? Se lo ripete come una preghiera di scolaretta, distesa nel suo letto prima di addormentarsi, quando il pensiero di David le pervade le membra e scivola sino alla punta delle dita che gli hanno sfiorato solo una volta il volto, solo una volta le dita. Le basta quel pensiero per ricordare quanto fa male l'amore, quanto dolore può nascondere il posto sbagliato di un sentimento che deve essere cancellato.
Su quel punto, nemmeno a farlo apposta, sia Emma che Regina sono d'accordo: lascialo perdere e cercati un altro uomo, uno che sappia scegliere davvero.
E con il cuore.
Dove ha sbagliato?
Il passato è ingombrante per ogni essere umano e lo sa bene, lei, che ha davanti ogni giorno l'innocenza di bambini che saranno adulti nel futuro, che faranno scelte sbagliate e soffriranno per amore, per la perdita di un amico o di un compagno, per la gioia di dare la vita o per una poesia declamata a fior di labbra sull'altura di Storybrooke. Per un uomo che ha perduto le proprie radici, cosa significa un passato che si ripresenta a lui bussando sulle vetrate di un'asettica stanza d'ospedale?
È  tutto.
È  tutto l'amore del mondo.
È  tutto il tuo mondo.
È  ciò che sei stato e hai perduto, è ciò che hai amato e dimenticato, è ciò che può ricordarti come si vive nei tuoi stessi panni, in una vita aliena che non sembra nemmeno appartenerti.
Che sembra non esserti mai appartenuta.
Mary Margaret sospira, mentre la tazza di caffé fumante le offre un po' di tepore dal gelo che le inchioda il cuore al petto, cristallizzandolo in un bozzolo dal quale non muoverà un solo battito.
Si sente morta, svuotata di tutto ciò che di più prezioso possiede e le suona strano pensare a David come a qualcosa che le appartiene quando, di fatto, non si sono mai sfiorati.
“Tutto okay? Stamattina sei più stralunata del solito. Emma ti ha tenuta sveglia con i racconti di qualche sua prodezza? Hai visto lo straniero?”
“No, chi?”
Per un istante i suoi pensieri fluttuano lontano, staccandosi con riluttanza da David e dal volo della colomba americana alla quale ha offerto un futuro felice con i suoi simili, in perfetta unione con il suo stormo dopo una brutale caduta che le avrebbe impedito di ricongiungersi ad esso se non fosse stato per il suo intervento. Lei, per paradosso, si sente sola e la sarà per sempre, considerando che l'amore le è stato precluso, strappatole di mano da un passato che è giunto per reclamare un posto che gli spetta di diritto nella vita dell'uomo che ama. Ha rischiato di perdersi nella tempesta per offrire a un pennuto – come lo ha definito in modo sarcastico Emma – la felicità che lei non potrà mai avere. Perché mettere in gabbia anche gli altri, quando lei conosce bene quel destino e sa cosa significhi avere un cuore chiuso sotto chiave, imbrigliato nella solitudine costrittiva imposta da fattori che non dipendono dalle sue volontà? Se David le avesse detto chiaramente di non essere innamorato di lei potrebbe rassegnarsi, invece una forza bruta avanza e incalza con una voce insistente che ha la consistenza di quella del piccolo Henry, impedendole di accettare del tutto quella situazione assurda che le porta solo sofferenza.
Non mollare, Mary Margaret. Se lui dice che pensa a te non è un caso, no?
Henry, che vive nel suo mondo fatto di fiabe e personaggi fantastici, è l'unico che sembra rendersi conto di quanto ci sia in quegli sguardi sfuggenti e nello sfiorarsi di quelle due esistenze, come se fosse un piccolo mago in grado di fare le magie più strabilianti.
L'amore, di per sé, è tra le magie più forti e meravigliose, dopotutto: crederci equivale a un atto di fede e devozione senza eguali.
“Ehi, mi stai ascoltando?” la incalza Ruby, sbuffando esasperata. È  stata il brusio di sottofondo di quegli interminabili minuti di pensieri e sensi di colpa, ma non ha udito nulla di ciò che le ha raccontato.
“È uno scrittore, e soggiorna dalla Nonna. Emma vuole vederci chiaro. Stavo pensando... ma tu ricordi qualche straniero qui, prima di questo o prima di Emma? Io ho provato a ricordare ma non mi viene in mente nulla. È come se qui gli unici avventori foste solo voi. E per voi intendo le solite facce, per intenderci.”
“È una cittadina piccola, questa, la gente non si ferma di certo qui per villeggiatura. Tira dritta e arriva sino a Boston.”
La porta d'ingresso si apre e basta un istante perché lo sguardo di David incontri il suo e poi lo rifugga, uscendo dalla tavola calda con la stessa velocità con cui è entrato, come se a terrorizzarlo fosse un mostro divora bambini.
Perché prendersi in giro?
Perché, soprattutto, non ascoltare il destino quando ti arride a quel modo?
Una frazione di secondo soltanto, nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che accade, che già Mary Margaret è fuori dall'edificio, all'inseguimento di David.
“Sono le sette e quarantacinque! Cosa ci fai qui?”
“Cosa ci fai tu?” ansima lei in risposta al grido esasperato del ragazzo. Perché continuare a fuggire quando tutto continua a intrecciare le loro strade, persino nell'istante in cui entrambi hanno deciso di rinunciare a quell'appuntamento inconsapevole e tacito, che si erano dati ogni mattina alle sette e un quarto?
“È evidente che dovremo trovare una soluzione a questo problema, no?”
Dove trovi lei, il coraggio di essere così risoluta, non lo sa: ma le piace, è qualcosa che la fa sentire forte e sicura di sé. La fa sentire vincitrice, anche se non sa bene di cosa.
Un istante, basta un istante per perdersi nello sguardo di David e lasciar scivolare via tutta la propria determinazione, perché le gambe cedono e lei ha solo voglia di fuggire, anche se sarebbe difficile farlo da sé stessa e dai propri sentimenti.
Che senso ha scappare e abnegarsi, se poi tutto pare prendersi gioco di lei e renderle impossibile la realizzazione di ogni buon proposito?
“Non è incinta.”
Basta quella semplice frase per sentirsi così crudelmente felici?
Si, assolutamente, perché quella resta di nuovo una situazione di soli adulti da risolvere, anche se a Mary Margaret sembra di essere una ragazzina acerba di sentimenti e lezioni di vita come una mela colta verde dal proprio albero.
I gesti di David sono guidati dallo stesso istinto di Mary Margaret, da un desiderio sopito di essere felici insieme, di sentirsi vivo per la prima volta da quando ne ha memoria – sempre? -, di sentirsi importante e speciale per qualcuno che per lui è diventato indispensabile come ossigeno.
David ha gli occhi dell'azzurro dei non ti scordar di me e le labbra calde, dal sapore di zucchero, impacciate e desiderose di sentire un profumo nuovo sulla propria pelle. Ha le labbra sottili e il viso ricoperto da un filo di barba, ma Mary Margaret avverte solo la dolcezza di quel contatto desiderato troppo a lungo in un'aspettativa che non conosce ora il prezzo della felicità che le è stata concessa. Si lascia cullare da un azzurro più vivo che mai che si scioglie in due pozze liquide di abbandono totale, quando lei lo stringe a sé, quando le braccia si intrecciano dietro la schiena in un abbraccio che rischia quasi di soffocarli, ma non se ne curano, grondanti di una felicità che sfiora la terra e la rende viva, imbevendola di una vecchia magia di cui streghe e maghi hanno perduto il nome e la formula.
Soffocare l'uno nell'altra, perdersi in un abbraccio che ha il sapore di un ritrovarsi dopo anni – secoli - , in un profumo di nostalgia e malinconia che fa salire le lacrime agli occhi di entrambi. Un sentimento lacerante che grida quasi più della felicità che li hai investiti, in quel contatto che entrambi hanno agognato nelle notti insonni, cercando un po' di conforto nel tepore di un caffé caldo e nel sorriso dell'altro che rischiarava anche la mattina più grigia.
Anche quella è una mattinata priva di sole, dopo una tempesta che prometteva solo il peggio per Storybrooke, ma sembra che una luce accecante la stia investendo. Quando l'orologio della torre batte i rintocchi delle otto del mattino, quel suono è così potente da amplificare all'infinito i battiti dei loro cuori.
È  l'eco dirompente di quella felicità, un fiume in piena che oltrepassa gli argini e si getta a capofitto nella vita degli esseri umani.
È  l'ennesimo segnale che la vita scorre in senso contrario: che la vita, soprattutto, ha ripreso a scorrere a Storybrooke, e nelle vene dei suoi abitanti.
 
   
 
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