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Autore: HeavenMayBurn    11/02/2012    2 recensioni
-Non sto incasinando le cose, anzi, tutto il contrario. Se non hai una buona ragione per essere qui, dovresti andartene.-
Ed è un ragionamento che non fa una piega, tranne per il fatto che è tutto sbagliato.
[M Shadows/Syn Gates. Scritta per il p0rn fest #5 di fanfic italia e per il COW-T #2 di maridichallenge]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Matthew Shadows, Synyster Gates
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I fatti narrati sono completamente di mia invenzione, i personaggi presenti in questa storia sono realmente esistenti ed appartengono a loro stessi, ed io non intendo dare rappresentazione veritiera ne del loro carattere ne della loro sessualità o offenderli in alcun modo. E per finire non guadagno nulla da tutto questo, boohya! \o/

Note: Scritta per il p0rn fest #5 @ fanfic_italia con il prompt: RPF AVENGED SEVENFOLD, Matt Shadows/Syn Gates, “Che cosa c’è tra di noi?” “Non lo so, davvero.” e per il COW-T #2 @ maridichallenge con il prompt: altrove.

Io non so davvero come sono finita a scrivere questa storia, non scrivo su di loro da come minimo tre anni e sono rimasta indietro su un sacco di cose ;___; ma qualche giorno fa mi è tornata voglia di ributtarmi dentro al fandom D: ed avevo una mezza cotta per questo prompt quindi non ho saputo resistere :| (lol, lo so, sono una angst!whore in questo periodo, I regert nothing XD) E poi volevo finire il fest fillando un prompt non messo lì da me stessa X’D

Sì, insomma, alla fine non abbandono mai un fandom per sempre quindi aspettatevi di nuovo altre mie entrate di questo genere /o/  *il fumo avvolge la stanza e lei scompare di nuovo*

Titolo da Tony the Tiger dei Manchester Orchestra.

Conteggio parole: 2.262

 

I set a fire and I wasted it all on you.

 

Matt ama la California.

Adora caos, il fatto che non ci siano vere stagioni, ogni cosa per cui la gente la critica. E’ casa sua, il posto in cui è nato e quello l’unico in cui probabilmente avrebbe voluto vivere.

Non ha mai sentito più di tanto nostalgia di casa, soprattutto all’inizio. Quando hai venti anni e la possibilità di fare qualcosa d’importante, che non significhi qualcosa solamente per te, e farlo con i tuoi migliori amici, sei disposto anche ad andare dall’altra parte del mondo. Certo, c’erano dei giorni in cui la vita nel tourbus gli andava stretta e sembrava non sopportare più nessuno, quando la notte in una squallida stanza di un motel fuori città sembrava non passare mai e sentiva davvero la mancanza della sua famiglia e dei suoi amici, ma aveva sempre pensato che facesse parte del gioco, ed il fatto di essere con i ragazzi aveva sempre reso tutto molto più facile da sopportare.

 

Le cose erano cambiate quando la band era diventata davvero grande, e loro non erano stati più i soli a crederci.

Più il tempo passava e più le cose negative saltavano all’occhio. Le date del tour erano aumentate, così come le miglia che lo separavano da casa e la voglia di tornarci, e c’erano state volte in cui, dopo aver lasciato cadere il borsone sul suo pavimento di marmo ed essersi buttato di faccia contro il materasso –quello di camera sua, finalmente-, aveva desiderato non partire mai più. 

Naturalmente quindici giorni dopo, non aspettava altro se non quello.

 

Ormai sono quasi le due di notte, le luci al neon del locale hanno una leggera sfumatura giallastra e sono rimasti in pochi seduti davanti ai piccoli tavolini di legno di quel bar. 

Matt è arrivato con gli altri meno di un ora prima per festeggiare la fine del tour, con indosso la stessa maglietta che aveva mentre si esibivano quella sera e la sensazione che domani, seduti sulle poltrone di un aereo dell’American Airlines, si sarebbero pentiti amaramente di aver scelto di uscire proprio la sera prima di tornare a casa.

Beve un po’ di birra e si morde appena le labbra. Non sono passati che pochi istante dall’ultima volta in cui ha lanciato uno sguardo al suo orologio.

Zack, accanto a lui, finisce il gin che riempie il suo bicchiere tutto d’un sorso per poi appoggiarlo di nuovo sul tavolo in legno chiaro. Si sporge verso Johnny, mormorando qualcosa a mezza voce che lo fa scoppiare a ridere.

Il check-in del loro volo è tra meno di dodici ore e Matt è tornato ad avere vent’anni e sperare che il tempo rallenti quel tanto che basta per riuscire a rimettere a posto i pensieri nel suo cervello.

 

Dopo qualche istante Zacky si volta all’indietro per prendere il suo cappotto e Brian si alza in piedi. Con una mano tiene un bicchiere di plastica e con l’altra il pacchetto di sigarette. Quando passa accanto a lui un po’ del liquore che c’è dentro bagna il tavolo, lasciando piccole macchie ambrate accanto ai graffiti e alle incisioni. Matt ne segue distrattamente il percorso con le dita mentre con l’altra mano prende in mano la tequila che aveva ordinato, senza portarla alle labbra.

 

La verità è che domani sarebbe cambiato tutto.

Non ci sarebbero più stati concerti in cui suonare, sarebbero stati a casa e non in qualche città di cui non sapevano nemmeno pronunciare il nome, e non avrebbero avuto più scuse.

Era stupido perché, anche se, nonostante all’inizio magari ne avessero avuta qualcuna, non erano che questo. Scuse.

Qualche bicchiere di troppo, un bacio ruvido dietro al tourbus, una sega fatta contro il muro di un cesso di un locale, il sentirsi lontani da casa come non mai e l’idea che per una volta non conti. Ma era successo ancora e poi di nuovo, e ormai anche lui cominciava a non credere più alle sue stesse giustificazioni.

Ancora poche ore e avrebbero smesso di trovarsi da un’altra parte del mondo e, qualsiasi cosa avesse ripetuto Matt nella sua mente quando lo baciava e un accenno di barba gli solleticava il viso, non avrebbe più avuto senso. 

Aveva meno di dodici ore per decidere cosa fare oppure poteva semplicemente rimanere a guardare. Se ciò che si ripeteva nella mente ogni volta che sentiva il sapore amaro delle sigarette di Brian sulla bocca era vero, allora tutto sarebbe finito da solo, nel momento in cui sarebbero atterrati.

Solo che non era sicuro che questa sia la conclusione che desideri, non è sicuro che non siano solamente tutte stronzate e l’unica ragione per cui desideri Syn sia perché è lui.

Non è sicuro di un cazzo di nulla ormai, e sta cominciando a rompersi i coglioni di sentirsi così.

 

Quando entrambi tornano dentro, Brian rimane in piedi davanti a loro senza togliersi il cappotto. -Beh,-comincia lasciando il bicchiere vuoto sul tavolo, -E’ stato un piacere ma vi devo lasciare. Devo finire di radunare le mie cose e dormire almeno due ore sta notte, altrimenti non penso di potercela fare.-

–Femminuccia- mormora Zack, facendo segno al barista di preparargli un altro giro.

Brian si infila una mano nelle tasche, tirando fuori il portafoglio e lasciando qualche banconota sul legno appiccicoso. -Oh, taci e risparmiati una brutta figura, okay?-

-Fottiti.-

-Finchè c’è tua madre non ne ho bisogno.- gli risponde dietro ad un sorriso e Zack scuote la testa, mandandolo di nuovo a quel paese.

 

Matt lo segue con lo sguardo finché la porta non si chiude dietro di lui e poi finisce la sua tequila, ordinando un altro bicchiere subito dopo. C’è una piccola parte dentro di se che spera che l’alcol lo aiuti a far finire la serata esattamente come si sono concluse le ultime che aveva passato, confuse quel tanto che basta da poter fingere che non fosse successo nulla ma non abbastanza da sapere che in realtà non è così.

Beve un altro sorso ma questa volta non è sufficiente per impedirgli di farsi pena da solo.

 

Venti minuti dopo, quando ormai la porta del locale si è chiusa e loro sono rimasti ormai gli unici clienti del bar e hanno ordinato più di cinquanta dollari di alcolici, anche Johnny si alza in piedi, andando verso il bancone per pagare il conto.

-Quasi mi sento in colpa a lasciarvi da soli- dice infilandosi il suo giaccone. –Cioè, no.-

-Tanto tra qualche minuto buttano fuori anche noi- mormora Matt appoggiando il proprio bicchiere sul tavolo. –Anzi, forse è meglio che gli risparmiamo il disturbo.-

Zack borbotta qualcosa ma alla fine annuisce, afferrando ancora il suo cappotto e rischiando di inciampare un paio di volte nei suoi piedi mentre si dirige verso l’uscita.

L’aria fuori dal bar è più fredda di quanto Matt non ricordasse.

Comincia a camminare velocemente stringendosi nelle spalle, piccole nuvolette escono dalla sua bocca ogni volta che respira e quasi non si accorge della mano di Johnny che gli sfiora il braccio, quando il taxi arriva.

 

Matt non si ricorda nemmeno come sia arrivato a bussare alla porta della camera di Brian.

Lui ci mette qualche minuto ad aprire e, quando Matt entra, la finestra che da sul balcone è aperta e l’aria fredda ed un leggero odore di fumo hanno ormai riempito la stanza.

-Non posso dire di non essere sorpreso- dice lasciando cadere la sigaretta che tiene tra le dita in uno dei bicchieri che tiene accanto al letto.

Matt si toglie il cappotto, lo butta su una sedia e appoggia la schiena al muro. Rimane in silenzio, cercando qualcosa da dire e sapendo che, nonostante l’alcol che ha bevuto gli renda la testa leggera, non troverà mai le parole giuste.

Fuori la città sembra deserta e silenziosa, l’aria fredda gli fa venire leggeri brividi sulle braccia e lo fa sentire improvvisamente molto più sobrio di quanto non sia in realtà.

Raggiunge il letto in pochi passi, sedendosi sopra il copriletto chiaro. Si morde l’interno della guancia e, ancora una volta, le parole che gli escono dalla labbra non sono quelle che avrebbe voluto dire.

-Domani a quest’ora saremo in California.-

Brian sorride buttando fuori il fumo. –Già, mi manca parlare una lingua che tutti intorno a me conoscono.-

-Peccato però, era divertente vederti mettere alla prova le tue conoscenze linguistiche.- mormora trattenendo una risata e, per un secondo la tensione che lo circonda sembra sparire.

Brian si accende un’altra sigaretta, rimanendo in piedi davanti alla finestra. –Ma vaffanculo! Tu non te la cavi di sicuro meglio di me!-

-Okay, okay. Touché.- esclama Matt alzando le braccia e in quel momento capisce come mai è così facile stare con Brian. Perché, non importa dove si trovino, con lui si sente sempre a casa nonostante non ci sia quasi mai.

 

Dopo qualche istante, Brian schiaccia la sigaretta sul cornicione e chiude la finestra. Si lascia cadere sulle coperte di schiena e il materasso rimbalza leggermente sotto il suo peso.

-Che cosa c’è tra di noi?- mormora guardando il soffitto.

-Non lo so, davvero.- lo sguardo di Matt percorre tutta la stanza senza incontrare il viso di Brian mentre risponde perché sa che quella frase non gli sarebbe mai bastate.

Non erano abbastanza nemmeno per lui.

–Questa è una risposta un po’ del cazzo, Sanders.-

Matt alza le spalle. -E’ l’unica che ho al momento.-

–Bella merda.-

Matt sospira e si morde le labbra. Ancora una volta sembra che le parole giuste gli siano rimaste in gola e, per un attimo, ha quasi la sensazione che morirà soffocato prima di riuscire a pronunciarle.

-Perché sei venuto qui?- domanda Brian, incrociando le braccia sotto la testa.

Matt scuote la testa. –Non rendere tutto più incasinato.-

-Non lo sta facendo anzi, tutto il contrario. Se non hai una buona ragione per essere qui, dovresti andartene.-

Ed è un ragionamento che non fa una piega, tranne per il fatto che è tutto sbagliato.

 

Quando lo bacia, Matt sente il sapore delle sigarette di Brian sulle labbra e le sue mani sulle braccia.

Cerca di inghiottire ogni stronzata che è sicuro stia per uscire dalla sua bocca, perché lui continua a parlare ma la verità è che non sta dicendo nulla. La serata può finire in qualsiasi modo ma la verità è che  Brian sta lasciando a lui ogni decisone, e lui non è sicuro di volerne sostenere il peso.

Si lascia cadere sul letto e gli alza leggermente la maglietta, le sue dita si intrecciano velocemente nei suoi capelli, scompigliando quel poco che era rimasto della sua piega.

Brian si slaccia la cintura dei jeans e cerca di nuovo la sua bocca, i denti graffiano leggermente la lingua di Matt e avrebbero potuto parlare per ore, ma nulla era più chiaro di ciò che stava succedendo ora, in questo momento.

 

Brian fa leva su un gomito e sospira sulle sue labbra, quando anche Matt si toglie i pantaloni. Gli graffia leggermente la lingua con i denti, muove il bacino e, solo per qualche istante, il peso delle parole non dette tra di loro scompare.

Succede sempre così, avevano continuato a rimandare fino a che il tempo a loro disposizione non si era esaurito e, anche adesso che sono arrivati al limite, non riescono a fare altro che rinviare ancora.

Matt sente il respiro di Brian accelerare contro la sua guancia e le sue labbra piegarsi in nuovamente in un sorriso mentre incontrano la sua bocca. Sposta appena l’elastico dei suoi boxer per infilare dentro la mano e Matt sospira contro il suo collo, tirandogli i capelli e spingendo di più il bacino nella sua direzione. Per un attimo ha la sensazione che le parole che a sulla punta della lingua da settimane stiano per uscire ma quando incontra lo sguardo di Brian, il suo piccolo sorriso mentre avvicina di nuovo il volto al suo, tutto ricomincia da capo.

Lascia cadere la testa su cuscini e gli graffia le spalle lasciandogli dei piccoli segni rossi mentre Matt si abbassa, prendendoglielo in bocca. E’ quasi sicuro di sentire qualcosa sfuggire dalla sua bocca, tra i gemiti e le imprecazioni; due parole ed il suo nome, sussurrate così piano da rischiare di perdersi persino nel silenzio di quella stanza.

 

Matt lascia cadere la testa sul cuscino, gli da un bacio ruvido sulle labbra e chiude gli occhi, mentre Brian cerca di regolarizzare il ritmo del suo respiro. Le luci della città entrano pallide dal vetro della finestra e dal corridoio, appena fuori dalla porta della camera, si sentono dei passi pesanti e qualche risata.

Brian rimane fermo per un istante, dopo essersi alzato in piedi per rimettersi di nuovo i boxer e prendere in mano il suo pacchetto di sigarette, ma entrambi sanno che sta aspettando di sentire delle parole che usciranno dalla bocca di Matt.

-Devo fare ancora le valige.- mormora dopo qualche istante, mentre fa scattare l’accendino, e Matt sorride.

-Questo perché sei una primadonna peggio di Zacky.- anche le labbra di Brian si piegano leggermente. –Puoi farle domani, tanto anche io devo radunare le mie cose.-

-Oh, Matty, non mi aspettavo questa mancanza di organizzazione da te.- risponde, trattenendo una risata quando lo vede rivolgergli il dito medio.

Lascia cadere la sigaretta nell’acqua del bicchiere accanto al comodino e si siede di nuovo sul letto, buttando per terra le coperte ormai disfatte.

La cosa che gli fa più paura non era la fine ma non riuscire nemmeno ad arrivarci, rimanere fermi in quella che sembra una strada senza uscita e, per un breve istante, spera che essere altrove domani gli aiuti a cambiare le cose, anche a porgli fine se è necessario. Ma poi Brian lo bacia ancora, appoggiando una mano sul suo viso e, quando Matt gli morde leggermente il collo e spinge il bacino verso di lui, pensa che probabilmente rimarrà bloccato così per sempre.

   
 
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