Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: raganellabyebye    12/02/2012    2 recensioni
Se volete chiedere qualcosa a Francis, armatevi di tanta, ma taaanta pazienza...guardate un po' cos'è successo ad Alfred...
Contenuto? Rielaborazione personale della genealogia europea. C'è anche dell'altro, ma non so cos'è di preciso... se lo capite, ditemelo, che l'aggiungo... scritta così, l'introduzione fa un po' tanta pena...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Red Carnations'
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Ciao!
Dopo anni di assenza causa:
a) blocco dello scrittore
e
b)Harrypottermania (malattia non riconosciuta ma tristemente reale)
sono tornata! Ho qualche problema a completare la mia ff in corso, così ho deciso di approfittare di questo periodo di ispirazione per correggere i miei vecchi lavori – partendo dal primo. Ecco dunque la nuova versione di “Ma perché ti chiama Fratellone?”
Dal momento che le avvertenze mi piacciono, ho deciso di lasciarle in originale!
Si parte!
 
Avvertenza: via di mezzo fra Hetalia, miti delle origini scritti prima e dopo, fatti storici mediamente accurati (nel senso che c’è sia roba vera che roba che non credo che lo sia) e aggiunte personali. In effetti, è un po’ la premessa all’introduzione di personaggi che introdurrò nella fan fiction che teoricamente scriverò (da leggersi come: mi piacerebbe scriverla, ma per blocco dello scrittore, totale dimenticanza di averla in progetto – o addirittura di averne, di progetti – ma soprattutto pigrizia patologica, se uscirà, sarà fra mooooolto tempo).
 
Ovviamente:
a) Hetalia non è mio, ma del suo autore, che non sono io
b)L’autore non è di mia proprietà
c)I personaggi non sono di mia proprietà (che è come dire il punto “a”, ma lo scrivo lo stesso perché un punto “c” ci vuole sempre)
d)Le opere citate (se ce ne saranno) e le leggende cui si fa riferimento non sono state scritte/inventate/pubblicate/dettate da me (potevo usare questo come punto “c”... vabbè)
e)Riferimenti a personaggi storici, fatti reali ecc. ecc non è voluto (credo)
f) Qualsiasi cosa mi sia dimenticata di dire, la volevo scrivere in questo punto, ma siccome me ne sono dimenticata, come ho detto, ho messo solo questa avvertenza circa la sua posizione se me ne fossi ricordata. Capito?
 
 
Ma perché ti chiama fratellone?
 
Erano una poco più di una ventina di uomini e donne tecnicamente maturi, ma il baccano che rimbombava nel corridoio lasciava pensare a una quarantina di bambini iperattivi e inferociti perché la pubblicità di media shopping stava ritardando l’inizio dei Pokemon. D’altronde, sarebbe stato alquanto preoccupante per lo staff – e ancor più per le povere anime designate a ricoprire il ruolo di scorte –  assistere a una riunione tenuta con comportamenti civili e toni educati. Il vocabolario da scaricatori di porto e il rumore di oggetti maltrattati era rassicurante quanto le accuse di molestie sessuali e gli strani versi disarticolati che risuonavano nell’atrio. Giusto il portiere era un po’ seccato: non riusciva mai a sentire la telecronaca della partita, quando quella banda di scalmanati veniva a Washington!
Le lancette dell’orologio all’interno della sala incriminata (contrariamente ai suoi occupanti) si trovarono di comune accordo nel puntare una sulle cinque e l’altra sulle dodici, consentendo infine a un sopracciglione e a un damerino elegantemente vestito di smettere di litigare: che fossero le cinque era inequivocabile. Ancor più eccezionale fu un’altra conseguenza di tale posizionamento, ovverosia la cessazione, da parte dei presenti, di ogni attività (per lo più nient’affatto consona al luogo e ancor meno alla motivazione che lì li aveva riuniti).
Se prima un ingenuo esterno avrebbe scambiato i personaggi raccolti all’interno della sala per bambini incustoditi (o per pazienti fuggiti da un istituto d’igene mentale e lì momentaneamente reclusi), allo scoccare dell’ora fatidica avrebbe giurato di trovarsi di fronte a un’orda di adolescenti indisciplinati alla fine delle lezioni (o a una mandria di caribù in fuga dai un branco di lupi, ma non c’è molta differenza fra i due, dopotutto).
La suddetta masnada, incanalata in un corridoio troppo stretto, venne infine convogliata nella sala di ristorazione dal profumo di brioche, biscotti, tè, caffè e cioccolata calda (Feliciano aveva saggiamente disdetto l’ordine del padrone di casa all’agenzia di catering e richiesto l’intervento della sua pasticceria preferita), insomma, ogni cosa che rendeva una merenda degna di essere definita tale. All’appello mancava purtroppo la Nutella, con grande disappunto degli italiani, ma i churros che Antonio era riuscito a introdurre nell’edificio (per oscure ragioni, la sicurezza ossessionata dai generi alimentari introdotti da ospiti privati nell’edificio) riuscirono a consolare entrambi. Cosa non può fare della pastella così fritta e unta da riuscire ad assorbire il doppio del suo peso in zucchero...
A distanza di un’oretta, sparsi nelle due salette su poltrone, tavolini e divanetti, con l’aria sazia e soddisfatta, le nazioni si erano lasciate andare ad attività più piacevoli, alcune delle quali fuori dai campi sia della legalità che della decenza, ma l’abbondante dose di alcool magistralmente nascosto nelle ventiquattrore di Mathias, Ivan e Gilbert – messisi a collaborare in nome di una salutare sbronza post-lavoro – aveva messo a tacere le proteste di chiunque.
Alfred, che a più di 200 anni di età era considerato (per motivi ignoti) da sé stesso e dagli altri ancora sotto l’età legale per assaggiare anche solo una birra e gazzosa, era più o meno l’unico sobrio del gruppo.
Sobrio e annoiato.
Decise quindi di spostarsi sul terrazzo, dove Feliciano – lontano da un Ludwig ubriaco dopo una gara di bevute col fratello –  e Francis – impegnato a sorseggiare del costoso vino rosso – stavano intrattenendo una conversazione stranamente pacata.
“Ottima idea fratellone!”
Con quest’ultima esclamazione l’italiano saltellò via, lasciando la nazione più anziana davanti a una sedia vuota,.
“Desideri qualcosa, Alfred?”
Il tono del francese, forse per la stanchezza accumulata, era privo di malizia, sicché il ragazzo, rassicurato della sua innocuità, decise di occupare il posto appena liberatosi. Messosi comodo, dopo alcuni minuti di silenzio, disse
“Senti, ma perché ti chiama fratellone?”
Alfred non avrebbe saputo dire il perché di quella domanda: gli era semplicemente sfuggita dalle labbra. Voleva dire qualcosa e... beh, gli venne fuori quello.
Francis appoggiò il bicchiere al tavolino, di fianco alla bottiglia, per poi rilassarsi contro lo schienale. Guardò il ragazzo negli occhi
“Come mai questa domanda?”
“Perché mi annooooiooooooo. E non sapevo cosa chiedere”.
Il ragazzo si accasciò quindi sul tavolino, nella tipica posa ed espressione di un bambino di 7 anni che ha finito una verifica di matematica in anticipo e non sa cosa fare. Francis si raddrizzò sulla sedia.
“Mmh... Storia lunga. E’ tutta una questione di genealogia. Qui in Europa, molte nazione si sono succedute incrociandosi, piuttosto che nascere per la pura volontà del proprio popolo. Dovrei iniziare da due o tre millenni fa, per farti capire”.
Intrigato dal fatto di non aver mai sentito parlare di una faccenda che sembrava avere invece un certo spessore, l’americano appoggiò i gomiti sul tavolo e la testa sulle mani intrecciate. Prendendolo come un invito a proseguire, il padre (Alfred adorava far arrabbiare Iggy chiamandolo “mamma”, ed essendo la reazione ottenuta chiamando Francis “papà” qualcosa di molto simile all’autocombustione per l’inglese, aveva finito per usare tali appellativi quasi automaticamente, benché solo in privato: non era un sadico, dopotutto) iniziò il suo racconto.
“Allora, per cominciare, è necessario chiarire un attimo la situazione nel Mediterraneo e nel continente all’arrivo del vecchio. Ora, la penisola era davvero piena di personificazioni come noi, che però sparirono tutte durante il dominio di Romulus. Credimi, non gli fece piacere, soprattutto quando fu il turno di sua madre: era davvero distrutto. Come ti ho già detto, molte nazioni, soprattutto allora, nascevano dall’incrocio fra due personificazioni preesistenti, e questo fu proprio il suo caso. La madre si chiamava Lavinia, che rappresentava i latini. Non so molto del padre, ma ho sentito che si trattava di una nazione ormai decaduta, che era sopravvissuta fino ad allora per poter condurre gli ultimi profughi del suo popolo in salvo. Approdò infine sulle coste del Lazio, e lì rimase con il figlio, che la madre non poteva tenere per motivi di politica interna. La situazione si aggravò quando il piccolo iniziò a crescere. Fu davvero rapido nel farlo, credimi, anche più di te, soprattutto dopo la morte del padre. Insomma, con l’andar del tempo, come già sai, prese tutta la penisola e una bella fetta delle coste a sud. Le prime grane furono date da Cartagine. Quello fu un altro degli avvenimenti che lo abbatté molto: le loro nazioni erano avversarie, ma in privato erano molto legati. Distruggere la città – e con essa lo stesso Annibale – lo segnò profondamente.
Ma era una persona estremamente gioviale, vivace. Feliciano ha ereditato in pieno quella parte di lui. A Lovino sono purtroppo toccate l’amarezza, la visione disincantata e la solitudine. Ha preso tutti i lati che il vecchio tentava di nascondere. Guardarli mi mette nostalgia, a volte.
Durante quel periodo tumultuoso, Tarquinia fu la sua ancora di salvezza. Lui e la personificazione dell’Etruria stavano insieme dalla nascita di Roma; anche la madre Lavinia cercò di rimanergli accanto, ma piano piano stava svanendo anche lei. In seguito, con l’Iberia sotto il suo controllo e un buon appoggio in costa azzurra, stava per partire alla volta della Grecia, quando accaddero due cose: primo, nacque Claudio, figlio suo e di Tarquinia; secondo, Tarquinia morì. Ancora una volta, i popoli si erano grossomodo assimilati; fu anzi un miracolo che fossero riusciti a coesistere così tanto, considerando che parte dei primi re di Roma era etruschi.”
“Fermo un attimo. Cos’era Claudio?” Alfred sembrava un tantino sconcertato, e anche un po’ triste. Ovviamente sapeva che le nazioni non erano immortali in senso stretto, e che prima di lui in molte erano sorte e decadute, ma durante la sua breve vita non aveva mai assistito in prima persona a una “sparizione”. Sentire in prima di tanta... tanta distruzione era un po’ sconcertante. Francis si prese una pausa, sfilando una sigaretta dal pacchetto lasciato sul tavolo e accendendola mentre gli pendeva dalle labbra. Dopo un primo sbuffo di fumo, continuò.
 “Vederlo come un mostro sanguinario sarebbe facile, ma non era così. Non ero lì quando Etruria morì, ma so che soffrì, e tanto, anche. Comunque, Claudio era la rappresentazione dell’Italia.”
Alfred si esibì nell’espressione più interrogativa possibile. Qualcosa gli sfuggiva. E Lavinia?
“Forse è meglio chiarire un paio di punti, vero? Bene, devi sapere che nonostante la collaborazione, fra romani e latini c’era una profonda differenza. Anche durante la parte più fiorente del periodo repubblicano, non erano completamente integrati, erano più un alleato privilegiato. Intendiamoci, erano parte di Roma, ma avevano una loro identità. Ti basti sapere che venne loro concessa la cittadinanza romana da Cesare. Per quanto riguarda Claudio... All’epoca, con “Italia” s’intendeva quella parte di penisola da più o meno la pianura padana in giù. La sua nascita sancì una specie di divisione, ma non saprei bene come spiegartelo. Quello che ti sto raccontando mi è stato detto nel corso del tempo, non l’ho vissuto in prima persona.
Comunque, delle successive relazioni di Romulus con Heleni e le altre sei a conoscenza. Tuttavia, non amò nessuna di loro come amò Tarquinia, nemmeno mia madre. Era un uomo passionale, ma aveva anche un grande cuore, checché si dica di lui. Posso dirti che provò per ognuna di loro un profondo affetto, e anche se passai poco tempo con lui, fu davvero uno spasso”
“Whuoaaa! Stop! Fermo! Tua madre? Aspetta, quindi tu sei... lo zio di Feliciano?”
“Uhu...” Con un ultimo sbuffo di fumo finì la sigaretta e la spense nel posa cenere
“Ma... insomma...” Questa non se l’aspettava. Le implicazioni erano... wow. Quindi lui e Matt erano cugini dei Vargas?  E gli altri? Uhg... riusciva quasi a sentire il proprio cervello andare in data overload.
Dopo avergli lasciato qualche istante per elaborare le informazioni, Francis continuò.
“A dirla tutta, ho fatto davvero un bel salto in avanti. Ma immagino che indugiare sulle varie relazioni sentimentali dell’epoca creerebbe solo una gran confusione. Direi di accettare il salto temporale e arrivare a pochi anni prima della caduta, quando comparimmo noi e Claudio svanì, lasciandosi dietro i figli. Io fui davvero il primo, Antonio nacque invece qualche anno dopo. Eravamo la novità, il popolo nato dalla fusione fra Roma e le tribù locali. Vedi, i romani erano furbi. Distruggevano tutto ciò che trovavano solo se li sfidavi apertamente. Prendevano schiavi e raccoglievano bottini, ma badavano a lasciarsi dietro qualcosa. Iniziavano con le colonie, ti cambiavano piano, ti conquistavano da dentro.  Credo fosse per questo che il vecchio era così bravo donne. Irrompeva nella tua vita, ti affascinava, ti corteggiava, e prima che te ne accorgessi parlavi come lui, agivi come lui, pensavi come lui. Io nacqui da questa unione fra due culture. Ecco un’altra delle sue astuzie: sapeva che non avrebbe mai potuto sradicare del tutto il passato, così si accontentava di un ibrido, lo allevava, lo teneva con sé senza cercare di alterarlo oltre. A sentirlo così, sembra che io ti stia parlando di un freddo calcolatore, vero? Te lo leggo negli occhi. Ma credimi, di freddo aveva solo la vendetta. E’ da lì che veniva quel caratteraccio di Antonio, durante il XVI secolo.
Di lui ho sempre avuto dei bei ricordi, davvero.
Beh, andiamo avanti. Mentre noi ci crogiolavamo sotto il sole di Roma, dall’altra parte del Reno, un biondo di cui credo tu abbia sentito parlare si diede da fare, e lasciò dietro di sé un certo numero di eredi, fra cui il nostro Gil, ma questa è un’altra storia”
“Ma vuoi arrivare a Feliciano?!”
L’interruzione di Alfred lo colse impreparato, ma dovette riconoscere che in effetti stava divagando. Aveva messo su il broncio. Che carino!
“Prima di Lovino e Feliciano, dovremmo parlare della nostra Roma, non credi?”
“Aspetta! E’ per quello che Romulus l’ha chiamata Lavinia, vero? Perché era il nome di sua madre, vero? Cioè, della mamma di lui, intendo”
“Oui, mon cher. E’ un nome molto particolare, a dire la verità. Di per sé vuole dire “originaria del Lazio”, ma è di origine pre-latina – etrusca per la precisione; veniva associato spesso alla purezza. Un tributo alla madre e alla moglie. Era davvero un romantico, dopotutto.”
“Uhm... Ma com’è nata esattamente? E’ figlia di Claudio anche lei?”
“No, quello di Lavinia è un caso particolare. Vedi, col tempo, Roma è diventata più di una semplice capitale. Era il simbolo del potere, della regalità, era il cuore dell’Impero, il suo nucleo più intimo. Quando l’Impero iniziò a crollare, la contrapposizione fra chi era romano e chi era considerato barbaro si acuì. Era come se la popolazione si fosse nuovamente stretta attorno alla città per ritrovare la propria identità, la propria forza. Romulus era molto depresso all’epoca, e non solo per la scomparsa di sua moglie. C’era Claudio, c’eravamo noi, ma niente sembrava attirare più la sua attenzione; era come perso in un altro mondo. Ricordo il vuoto nei suoi occhi, la stanchezza. Non sapeva più per cosa stava combattendo. L’Impero stava cadendo per colpa di capi incompetenti e corrotti. Tutto ciò per cui aveva lottato, tutti coloro che aveva perso, e poi gli amici che sembravano voltargli le spalle uno ad uno. Il suo coraggio e la sua forza lo stavano abbandonando. Poi arrivò lei. Credo che lui l’abbia vista come un segno. Incarnava i tutto ciò per cui aveva sacrificato se stesso fino ad allora; era il ritratto di sua moglie, ma con gli occhi marroni e ambrati di sua madre. Quando la vedeva arrivare, gli si accendevano gli occhi come non accadeva da secoli. Ricordo che la chiamava “la mia regina”.”
“Quindi non è proprio la loro sorella”
“Dipende dai punti di vista. Per quanto mi riguarda, non potrebbero essere più fratelli che se fossero cresciuti nello stesso grembo. Comunque, poco dopo il suo arrivo, nacquero Lovino e Feliciano. Davvero non so chi sia la madre: Claudio era molto riservato, al contrario del padre. So per certo che sparirono entrambi dopo il 410; o meglio, Claudio sparì: non so se lei sia morta o semplicemente tornata da dovunque fosse venuta. In ogni caso, fu un anno orribile. Lavinia non era più la stessa, e Romulus non si perdonò mai di non essere riuscito a proteggerla. Issò un muro fra lei e il resto del mondo. Lovino era l’unico che riusciva ad avvicinarla; ancora oggi sono molto affiatati”
“E Serena? Insomma, lei rappresenta Milano, però è nata alla fine del ‘300...”
“L’ 11 Maggio 1395, Alfred. Serena è ciò che rimane del Ducato di Milano. Gli altri stati italiani minori sono tutti spariti, meno lei.”
Alfred corrugò le sopracciglia. Aveva un vago ricordo dell’avvenimento, ma all’epoca era impegnato nella guerra di secessione: analizzare le ripercussioni dell’unità d’Italia non era esattamente fra le sue priorità. Pensandoci bene – con un certo imbarazzo, realizzò di non averlo mai fatto – il fatto che Milano fosse sopravvissuta era alquanto singolare.
“Ma come ha fatto?”
Francis si prese il suo tempo per rispondere, tirando un paio di boccate dalla sigaretta; Alfred era ormai sul punto di sollecitarlo con un calcio sullo stinco – mossa di comprovata efficacia – quando il francese decise di riprendere il racconto.
“Milano era un centro culturale molto importante e il centro del movimento risorgimentale, in un certo senso. Fu lì che il 20 marzo 1848 venne innalzata la bandiera italiana; sulla guglia della Madonnina, per la precisione. Non so fino a che punto tu ti possa rendere conto del significato di tale gesto, ma quello fu il primo segnale tangibile di una possibilità per la loro unificazione; non so se un’azione del genere basti a giustificare la sua sopravvivenza, ma fino ad ora è l’unica ipotesi plausibile. D’altro canto, lo stesso Stato del Vaticano ha una personificazione, ma non è anch’esso un ricordo del passato, un mero simbolo? Che cosa gli rimane ora? Dov’è il suo popolo? Basta la fede che gli uomini hanno in esso perché esista? E può valere forse anche per Serena? O sparirà anche lei quando il ricordo di quel giorno sbiadirà del tutto, fino a scomparire? E ancora: è possibile che il suo status attuale abbia sostituito il significato di quell’evento e per questo sia ancora in vita? Sono domande che anche Gilbert si pone da tempo, ma l’interrogativo permane. Credo che l’unica soluzione possibile sia rimanere a vedere quel che succede, non credi?”
Francis si concesse un sorso di vino: aveva la gola secca, dopo tanto parlare. Passarono vari minuti di silenzio.
“Ehi, Francis”
“Si?”
“Ma lo sai che non mi ricordo più che cosa ti avevo chiesto?”
 
Quella sera, mentre Alfred tornava a casa...
“Allora, vediamo... Ketchup c’è, patatine pu- Aspetta un attimo. Se Antonio è... quindi è... LOVINO ESCE CON SUO ZIO?!?!”
 
 
Due righe...
 
Va meglio questa volta?  
  
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