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Autore: nuvolenere_dna    14/02/2012    10 recensioni
[Ambientata durante lo scontro fra Goku e Majin Vegeta, POV di Goku, accenno Goku/Vegeta]
Io per te sono solo la fonte di un odio così grande? Non rappresento altro?
Mi sembra di guardarti per la prima volta.
I miei occhi scuri e caldi ti scrutano, ti soppesano, vagando sui tuoi lineamenti dapprima familiari e amati, senza però riconoscerli.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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calendula [ Il significato del titolo rimanda al linguaggio dei fiori, secondo il quale la calendula, pur essendo un fiore bellissimo e dai colori sgargianti, rappresenta la sofferenza, la tristezza, provocata generalmente da un sentimento d’amore (in senso generico). Ho voluto assegnare questo titolo alla mia fiction come omaggio ad una mia cara amica che adora i fiori e il loro linguaggio. ]
 
Introduzione: la fiction è ambientata durante lo scontro fra Goku e Majin Vegeta ed è raccontata dal punto di vista di Goku.
Mi sono liberamente ispirata agli episodi 229-230 della serie Z, anche se non attenendomi con precisione: potrebbero esservi incongruenze (altra cosa importante: non si tiene molto in conto l’incontro tra Goku e Radish, per accentuare meglio quello con Vegeta). I rari dialoghi sono tratti dalla versione originale giapponese con sottotitoli inglesi (che consiglio a tutti di guardare, perché è molto meglio della versione italiana).
Gli asterischi che scandiscono la storia servono a separare momenti di introspezione da momenti di pseudo azione, oppure i vari argomenti fra loro, servono insomma a rendere più leggera e chiara la narrazione.
 
Ci tengo a precisare che questa fiction è qualcosa di totalmente nuovo per me: non ho mai né trattato il personaggio di Goku, né scritto in prima persona, né scritto al presente, né scritto una shonen ai, per cui abbiate pietà. Spero che non vi risulti OOC, se così fosse mi scuso in anticipo, ma questa è la mia personale visione del rapporto fra i due e del personaggio di Goku.
Per quanto riguarda il rating, ho deciso per un arancione precauzionale per la vaga atmosfera angstiosa della fiction, se ritenete che basti il giallo fatemelo presente nelle recensioni e lo abbasserò.
Tengo molto a questa fiction e scriverla è stato estremamente lungo e difficile e doloroso per me. Dunque spero la gradiate.
( Ringrazio Lusty e Haleey, per aver scritto storie meravigliose ed aver ispirato, seppur indirettamente, questa fiction. )
 
Sarei contenta e onorata di ricevere recensioni, sia positive che negative.
Disclaimer _ Dragon Ball © Akira Toriyama
 
 
 
Come Un Fiore [Calendula]
 
 
 
- Ti ucciderò, Kakaroth! -
Le tue labbra sottili si sfiorano con lascivia nel parlarmi, pregustando già il dolce e soddisfacente sapore del mio sangue deliziare il tuo palato e un travolgente orgasmo di orgoglio e di potenza espandersi nelle tue vene. Schiudono repentinamente un sorriso da predatore affamato, mentre i tuoi lineamenti schivi e alteri si contraggono in un’espressione di totale follia e appagamento: io sono la tua preda.
Occhi smeraldini e lucidi di rabbia soppesano la mia presenza immobile e silente: posso chiaramente scorgere attraverso quegli specchi tersi e sgranati la tua anima cupa, posseduta dalle tenebre, che si agita incontrollata, inebriata dall’immenso potere che pervade il tuo corpo.
Stringi i pugni di fronte al volto e alzi il mento con aria di superiorità, mentre il tuo ghigno si espande, mostrando due file di denti dritti e candidi: il tuo viso dai connotati accentuati è una perfetta maschera di disprezzo e di malcelato scherno.
Le nostre aure si sprigionano in deflagrazioni dorate e innumerevoli coltri di fumo intriso dalla terra rossa e sabbiosa si originano da esse, velando il cielo di un azzurro intenso e occultando l’orizzonte.
Solo tu, così fiero, così superbo, così selvaggio, rimani impresso nelle mie iridi.
 
*
 
Sono passati più di dieci anni dal nostro primo incontro.
Ricordo ancora distintamente la smorfia beffarda sul tuo viso, la tua corporatura esile, gli occhi colmi di determinazione e crudeltà, i capelli scuri e fulvi sferzati dal vento, le braccia conserte nel considerare con sguardo altezzoso e divertito quella che ai tuoi occhi non era altro che una misera terza classe.
Ancora non sapevi che io sarei diventato la tua ossessione, il tuo più profondo desiderio, il tuo più grande rimpianto, il tuo più intimo rimorso: ero un traditore della tua specie e come tale andavo punito ed eliminato, ero solo Kakaroth, l’infimo figlio di Bardack.
E tu per me eri solo un avversario come altri, seppur straordinariamente potente e crudele: Vegeta, il Principe dei Saiyan.
Ma, durante il combattimento, non potevo fare a meno di notare che tra di noi, seppur così diversi, c’erano delle somiglianze: i capelli disordinati e tendenti al cielo, il naso lievemente all’insù, ma soprattutto era quella coda fulva e bruna avvolta intorno ai tuoi fianchi ad attrarre irresistibilmente il mio sguardo. Nel corso della lotta, non riuscii a trattenere la mia ammirazione: eri indiscutibilmente il nemico più forte che avevo mai affrontato, energico e orgoglioso al punto da spingermi oltre i miei stessi limiti; i tuoi occhi decisi e ridenti mi stimolavano a continuare la battaglia, pur essendo ormai completamente esausto.
 
Per anni ho faticato a comprendere la ragione per la quale ti risparmiai la vita.
Non fu merito della mia usuale magnanimità nei confronti degli avversari: tu non ti saresti probabilmente mai pentito, il tuo sguardo era talmente scuro e crudele da non lasciar presagire alcun ravvedimento.
Non meritavi la mia pietà.
Ma, inaspettatamente, quando vidi Crilin in procinto di affondare la lama nel tuo cuore, qualcosa in me si mosse. Eppure saresti morto entro pochi minuti, il tuo corpo era distrutto e inerme, ma quando notai i tuoi occhi vuoti e tesi, spalancati dalla paura, un istinto sconosciuto urlò dentro di me.
Tu ridesti delle parole che io rivolsi a Crilin e un’espressione di vittoria e commiserazione si dipinse sul tuo volto insanguinato e ferito, che mi degnò di un ultimo, bruciante, sguardo indecifrabile.
Solo anni dopo compresi che in quel momento avevi cominciato a odiarmi.
 
L’incontrarti, per me, è stata una rivelazione.
Ero venuto a conoscenza da tempo del fatto di non essere un terrestre, ma non avevo la minima idea di quale fosse la sostanziale natura del sangue che mi scorreva nelle vene. L’essere cresciuto qui e l’aver ricevuto l’amore, il rispetto e la cura di molte persone mi avevano reso felice, amabile, di buon carattere. Ma, dentro di me, scalpitavano interrogativi enigmatici, tentazioni ambigue, istinti sanguinari, da sempre repressi. Quel poco che conoscevo della razza Saiyan mi era stato detto da Radish, suscitando in me solo disgusto e repulsione verso quella mia teorica origine aliena.
Poi arrivasti tu.
E tutte le domande che mi ero posto dalla mia nascita fino al giorno in cui ti incontrai trovarono una risposta, perché riconobbi in te il lato oscuro, rinnegato, nascosto, della mia anima. Ritrovai in te i miei sentimenti più torbidi, proibiti, celati, a stento domati, che talvolta facevano pulsare e tremare la mia anima benevola e incline alla pietà.
Tu rappresentavi i miei istinti così faticosamente ridotti al silenzio, la mia natura strangolata, l’esasperazione dei miei più intimi ed efferati pensieri.
La tua forza impetuosa e prepotente, il tuo viso altero e derisorio, la tua risata ironica, erano per me l’incarnazione della malvagità che a volte sentivo tentare il mio corpo. Ma, educato alla bontà e all’amore verso il prossimo, sono sempre riuscito a placare il mio animo, diversamente da te, Vegeta, completamente dominato e divertito dalle tenebre del tuo stesso cuore.
Desiderai disperatamente di poterti rivedere e quindi di combattere contro di te ancora una volta. Ti ho salvato dalla morte perché tu rappresentavi l’altra metà della mia mela.
 
*
 
Ero convinto che tu avessi seppellito negli anni il desiderio di vendetta nei miei confronti esattamente come io ho finto di dimenticare che inizialmente eri un mercenario di Freezer dalle mani perennemente insanguinate, dandoti fiducia e rispetto e permettendoti di rimanere sulla Terra: nella mia mente tu sei solo più il marito di Bulma, padre di Trunks, orgoglioso Saiyan dalla potenza straordinaria e dal carattere irascibile. Mi sembra evidente che per te non sia stato lo stesso. Il pensiero che tu abbia atteso per tutti questi anni bruciando nel rancore mi rende incredulo e allibito: come hai potuto fare questo alla tua amorevole famiglia? Come hai potuto farmi questo?
 
Vengo interrotto nei miei pensieri dal tuo corpo irruente e agguerrito: mi colpisci senza pietà, senza guardarmi nemmeno negli occhi; sento solo i tuoi pugni raggiungermi con prepotenza e non posso fare altro che evitarli. Ma le mie inquietudini e le mie domande interiori mi impediscono anche questo e una tua gomitata nella schiena mi lancia al suolo con violenza.
Riesco ad evitare di infrangere il viso nella terra rossa e sabbiosa puntando i pugni, e li stringo con stizza e insoddisfazione. Che cosa posso fare, adesso?
Ora ne sono consapevole, la tua non è una sfida, ma una lotta di sopravvivenza. La determinazione nei tuoi occhi chiari e scintillanti non lascia adito ad alcun genere di dubbio: tu vuoi o uccidermi o morire.
 
Comincio a controbattere timidamente ai tuoi attacchi, seppur non desideri farlo, e in breve tempo mi ritrovo immerso nella terra scura: la mia momentanea inadeguatezza al combattimento ti ha permesso di colpirmi nel ventre con una straordinaria e improvvisa sfera di ki, la cui forza mi ha immerso nelle profondità del sottosuolo.
Non posso continuare così.
Allora, cerco di convincermene: sei un nemico come altri.
Anzi, sei addirittura peggiore, perché mi hai tradito.
 
Un barlume di tristezza mista a indignazione si infiltra lentamente dentro di me, mentre l’energia fluisce spontaneamente dalle mie mani ruvide e avvezze alla lotta: ti vedo, al termine del tunnel nel quale sono sprofondato, che guardi nella mia direzione tentando di scovarmi. Il fascio di luce originatosi da me sta per colpirti, quando la tua usuale prudenza lo individua, permettendoti di contrattaccare.
- Mi sfidi? Mi sfidi, Kakaroth? – sento la tua voce adirata, mentre i miei occhi si riempiono di luce e il mio corpo freme dallo sforzo. Le nostre energie contrapposte sono enormi e brucianti.
Vorrei tanto sapere che cosa stai pensando, se provi anche tu questo irreale senso di solitudine.
 
*
 
Mi ritrovo appeso a una roccia con poche dita di una mano. La forza dell’esplosione mi ha scaraventato per diversi metri e questo è il primo luogo nel quale sono riuscito a frenare il mio volo impazzito e convulso.
La potenza travolgente che hai dimostrato nello scontro mi ha notevolmente impressionato: sei sempre stato un guerriero valoroso, ma devo riconoscere che queste tue nuove capacità, seppur frutto della magia malefica del mago Babidi, sono decisamente sorprendenti.
In realtà, è un altro il pensiero che tormenta la mia mente confusa e indecisa.
Dove sei?
Uno strano e inquietante silenzio accompagnato da pungenti refoli di vento accarezza le mie orecchie ancora lievemente ronzanti per l’enorme boato prodotto della deflagrazione. Guardo la parete arida di fronte a me, cercando di scacciare dalla mente l’inquietante prospettiva del tuo corpo, svenuto e insanguinato, sepolto dalle macerie.
Ma, inaspettatamente, qualcosa di caldo e setoso sfiora il mio braccio, spasmodicamente teso nel rimanere ancorato alla rupe: sono dita, cinque dita che stringono bruscamente la mia carne muscolosa e graffiata, staccandomi dalla parete di roccia e sollevandomi verso l’alto.
Alzo la testa e non posso impedire al mio cuore di gonfiarsi improvvisamente di strane emozioni contrastanti: un assurdo senso di liberazione spezza il mio respiro, mentre i miei occhi chiari e titubanti si spalancano per lo stupore.
 
Sei tu.
Inginocchiato sull’orlo del precipizio, i vestiti strappati, l’espressione seria ed enigmatica, lo sguardo imperturbabile, le labbra strette, increspate in un leggero sorriso.
- Vegeta... – la mia voce è un soffio dolce e tremulo che cerca di scalfire la tua apparenza immobile e silenziosa. Non ottengo risposta, e nel ripercorrere i tuoi lineamenti conosciuti i miei occhi tremano visibilmente, lucidi dal turbamento: non c’è parola umana che possa descrivere la miriade di sentimenti che mi provoca l’essere sospeso nel vuoto, in procinto di precipitare, trattenuto solo dalla tua mano risoluta e familiare.
 
*
 
Da quando ti sei trasferito sulla Terra, io mi sono sempre fidato di te.
Specialmente all’inizio, molti dei miei amici mi chiesero perché mi ostinavo a credere stupidamente che tu potessi rasserenare il tuo cuore sanguinario, diventando così un essere buono e gentile, ed io non fui mai in grado di dare loro una risposta, perché la radice del mio rispetto per te non è nulla di logico e concreto.
L’origine di tutto furono proprio le parole crude, amare, dispiaciute, con le quali mi raccontasti la tua vita passata da schiavo e la distruzione del nostro pianeta natale: compresi molto di te, semplicemente nel vederti spiegare ciò che aveva portato la tua anima forte e vigorosa alla disperazione e all’ira più cupa e profonda, le ragioni per le quali mi supplicavi piangendo di vendicare te e la nostra razza barbaramente assassinata eliminando Freezer. Non potrò mai dimenticare la sensazione del tuo corpo senza vita, tiepido e adagiato fra le mie braccia, il tuo viso ancora umido dalle calde lacrime che erano scivolate copiose dai tuoi occhi neri e prostrati per poi penetrare la terra scura; mi sembra di ricordare persino la consistenza di quella, con la quale ti seppellii con cura, osservando i tuoi lineamenti nervosi finalmente rilassati.
Da quel giorno non sono più riuscito a provare risentimento o ostilità verso di te, nonostante il tuo atteggiamento nei nostri confronti non fosse affatto mutato. Non appena ti rividi, infatti, notai che eri rimasto lo stesso uomo orgoglioso, collerico e incomprensibilmente oscuro. Ma con gli anni, ho imparato ad apprezzarti esattamente come sei: la tua freddezza e il tuo sarcasmo hanno cominciato a farmi semplicemente sorridere, perché sapevo che dietro di essi si nascondeva una persona che stava lentamente, stentatamente, cominciando ad amare.
Ho sempre riposto la mia fiducia incondizionata in te perché non ho mai dubitato del fatto che, in caso di mia morte, saresti stato tu a prendere il mio posto: avresti combattuto con la tua incredibile tenacia e usuale fierezza, scendendo su qualunque campo di battaglia. Non ho mai avuto paura: ti avrei affidato la mia famiglia ad occhi chiusi, sicuro che la avresti protetta.
 
Noi non siamo mai stati amici.
Gli amici si scelgono in base all’affinità caratteriale, al piacere di stare insieme, mentre con te è stato diverso: non siamo mai andati d’accordo e certamente non ci siamo scelti.
Tu per me sei come un fratello.
Siamo due fratelli in perenne conflitto,
lati opposti della stessa medaglia,
gli ultimi Saiyan rimasti in vita.
Una travolgente emozione serra la mia gola in una morsa dolorosa.
Io non riesco, non posso, non voglio combattere contro di te, Vegeta.
 
*
 
Mi stai salvando?
Hai finalmente capito che lottare tra di noi è folle e insensato?
Tento disperatamente di cogliere un brillio nei tuoi occhi che possa rendermi chiaro ciò che stai pensando, ma la tua espressione è di una freddezza marmorea. Vorrei che mi parlassi, vorrei che per la seconda volta nella tua vita ti aprissi con me, nel dirmi che cosa davvero ti ha spinto fino a questo punto. Ho sempre ammirato la tua intelligenza, la tua astuzia, il tuo essere un abilissimo stratega, ma come hai potuto vendere la tua anima al mago Babidi? Mi sembra di comprendere che il motivo dietro tutto questo sia il riuscire a uccidere me, il tuo più odiato rivale, ma sei certo ne valga la pena?
Forse non ne sei più sicuro nemmeno tu.
Ed è una speranza alla quale mi aggrappo con angoscia e ostinazione.
Il mio cuore batte furiosamente, quasi dolorosamente, lacerato da quest’attesa estenuante, mentre sento le membra come paralizzate, immobilizzate dal tuo prolungato indugiare nel silenzio.
 
Ti alzi lentamente in piedi, mentre il tuo braccio muscoloso e teso mi solleva maggiormente: i nostri visi sono ora alla stessa altezza. Trattengo inconsapevolmente il fiato, mentre noto con orrore i tuoi occhi smeraldini e ambigui stringersi in una morsa infida e serpentina. Le tue labbra si schiudono poco a poco, e non in un bramato sorriso di consolazione, ma in una terrificante smorfia colma di derisione e sarcasmo.
Ridi della mia sciocca illusione, dei miei ridicoli desideri, della mia assurda e vergognosa commozione.
Non ho il tempo di dire o pensare nulla, perché le unghie delle tue dita penetrano repentinamente la mia carne, distillandone esigue gocce scarlatte, frutto e ricompensa del tuo impeto.
E, all’improvviso, mi lanci in aria con veemenza.
Lo sbigottimento spalanca il mio sguardo incredulo e sorpreso, mentre nelle mie iridi la tua immagine è sempre più piccola e sfocata.
 
*
 
Dolore. 
Un intenso e lancinante dolore pulsa e infiamma ogni mia cellula.
La violenza con la quale mi hai scagliato lontano da te ha impresso il mio corpo in una parete rocciosa, che ora reca i contorni della mia figura. Non riesco ad impedire la fuoriuscita dalla mia bocca di un atroce grido di sofferenza che, esattamente come mi aspettavo, provoca in te una risata soddisfatta.
Deglutisco saliva acida, mentre vedo i tuoi passi lenti e misurati avvicinarsi pericolosamente a me. Il tuo naso è a pochi centimetri dal mio, e non posso esimermi dallo specchiarmi nel tuo sguardo furioso e vibrante di rabbia.
- Qual è il problema? Non volevi finire tutto questo in fretta? – la tua voce è straordinariamente dura mentre urli, digrignando i denti, collerico e aggressivo. Le vene sulla tua fronte spaziosa sono dilatate dall’impazienza e dall’ira.
- E’ quello che sto cercando di fare! – mento disperatamente.
Perché in questo hai ragione, le prime parole che ho pronunciato quando abbiamo cominciato a combattere sono state esattamente quelle: ho detto che avrei risolto la questione rapidamente, per evitare che Majin Bu si risvegliasse, scosso dall’enorme energia sprigionata dalla nostra lotta. Ma non ho mantenuto fede alla mia dichiarazione e ovviamente te ne sei accorto, indispettito dal mio evidente disinteressamento alla battaglia.
- Hmph! Ed è questo il modo? – tenti di rimanere calmo, ma l’isteria nelle tue parole traspare chiaramente, rendendosi concreta nei tuoi connotati sempre più tesi ed esasperati.
La tua mano destra si alza con lentezza e in un istante mi schiaffeggia entrambe le guance, girandomi il volto da entrambi i lati.
La mia presunta sottomissione sembra irritarti ma il brillio nel tuo sguardo ti tradisce: vedere il mio capo chinato di fronte al tuo ti diverte profondamente, non è così, Vegeta?
Mi colpisci ancora, stavolta nel ventre, e sangue scuro scaturisce dalle mie labbra, bagnando e sporcando il tessuto blu della tua canottiera ormai a brandelli. Ma questa volta non sento nulla, perché la vera sofferenza che provo è interiore, dovuta all’infrangersi delle mie certezze e alla lacerazione delle mie illusioni.
 
*
 
Sono stato un bambino, un ingenuo, uno sprovveduto, uno sciocco, a credere che tu fossi davvero cambiato. Mi sento perso, come sradicato, dopo aver definitivamente accantonato l’idea in cui ho creduto fermamente per tutti questi anni.
In te non vedo più il marito di Bulma, il padre di Trunks, ruoli fittizi da te impersonati con l’unico scopo di arrivare a me, bersaglio e vittima tanto agognata: hai finto, hai mentito, hai solo dissimulato di essere uno di noi, mentre nell’ombra attendevi il momento in cui saresti finalmente riuscito a battermi, diventando così il migliore e suggellando insomma la tua sovranità sul mondo. Al solo pensiero che tu possa aver escogitato un piano del genere, un senso di nausea afferra le mie membra ferite e debilitate: come hai potuto gettare al vento la tua famiglia, tutto quello che hai faticosamente costruito, per una stupida e insensata vendetta?  
Come hai potuto vendere la tua anima?
 
Io per te sono solo la fonte di un odio così grande? Non rappresento altro?
Mi sembra di guardarti per la prima volta.
I miei occhi scuri e caldi ti scrutano, ti soppesano, vagando sui tuoi lineamenti dapprima familiari e amati, senza però riconoscerli.

Non trovo l’uomo che rispetto, il mio fidato compagno di battaglia: quello che si riflette nelle mie iridi non è altro che l’orgoglioso, sanguinario, freddo e spietato Principe dei Saiyan, il cui viso è l’incarnazione dell’alterigia e della follia. Il guerriero che si erge di fronte a me non è altro che una bestia affamata di potere e di gloria vendicativa; il suo sguardo è vitreo e brutale, nei suoi occhi immobili e glaciali non scorgo alcuna traccia di umanità, alcun barlume di autentica emozione.
L’uomo che conoscevo e del quale avevo profonda stima non c’è più.
Sono quindi costretto ad arrendermi all’evidenza e il mio animo, irrimediabilmente, si spezza.
 
*
 
La rabbia, lucida e risoluta, invade il mio corpo come una fiammata d’orgoglio: non posso più permetterti di umiliarmi in questo modo. Mi hai tradito, Vegeta, e solo ora riesco a rendermene conto completamente: hai passato ogni limite, esasperando la mia pazienza e tentando di distruggere la mia dignità, perché mi sembra evidente e innegabile il piacere libidinoso e carnale che ti dona la mia sofferenza, frutto della tua tortura fisica e psicologica.
Io non posso continuare a lasciarmi passivamente ferire da te, perché non lo merito.
E di questo sono fermamente convinto: se la mia vergognosa colpa è quella di averti salvato la vita, non ho alcuna intenzione di pagarla; e se è quella di essermi trasformato in Super Saiyan prima di te, salvando la galassia intera ed eliminando Freezer, nemmeno.
Riflettendo a mente lucida, in questa battaglia io non ho mai davvero combattuto, limitandomi a parare i tuoi colpi e a contrattaccare debolmente quando necessario, perché fondamentalmente non volevo farti del male. Grazie agli allenamenti intensivi effettuati nell’Aldilà, ho appreso la capacità di trasformarmi in Super Saiyan di terzo livello, fatto che mi permetterebbe quasi certamente di vincere contro di te. Per quanto le tue abilità siano aumentate, questa mia nuova facoltà supera di gran lunga la magia scagliata dal mago Babidi.
 
Non ho scelta.
Se non reagirò, mi ucciderai.
Io non voglio morire.
Combatterò.
 
Questa terrificante conclusione mi soggioga, unica possibilità di salvezza, intridendo di una timorosa forza il mio sguardo. Mi fissi, intuendo un cambiamento nascere in me, e sul tuo volto si dipinge una smorfia di stupore: hai notato l’improvviso bagliore nei miei occhi chiari, luminosi e intinti da una timida determinazione.
 
Che cosa ne hai fatto di lui?
Dov’è?
Perché me lo hai portato via?
 
Ti colpisco all’improvviso, all’apice di una disperata collera, con una violenza cruda e aspra che avevo dimenticato appartenermi. Ma bastano fuggevoli e calde gocce colore del carminio che si spargono copiose deturpando le tue labbra fini, socchiuse in un trattenuto gemito di dolore, a farmi comprendere quanto sarà difficile tutto questo: il solo pensiero di continuare ad infliggerti sofferenza mi riempie di angoscia e dispiacere.
Mi impongo e mi obbligo a malincuore, e le mie mani tremano nel ferirti ancora, mentre i miei occhi si riempiono di rare e trattenute lacrime.
 
Mi manchi.
 
La disperazione e la frustrazione esplodono dentro di me, ormai senza freni, mentre il mio corpo continua a graffiare e scalfire le tue carni.
Un colore purpureo e vivo ossessiona il mio sguardo chiaro e sconvolto, deturpando la sua naturale serenità, mentre il mio volto incarna ed esprime il terrore più autentico, perché sono consapevole del fatto che alla fine verrà il momento in cui dovrò ucciderti.
 
E così mi ritroverò di nuovo a stringere il tuo corpo fra le mie braccia,
massacrato dalla mia stessa violenza,
fragile ed effimero come un fiore spezzato.
Carezzerò le tue mani lisce,
tentando inutilmente di riscaldare il gelo delle tue membra.
Ripercorrerò delicatamente con le dita i tuoi lineamenti familiari ed amati,
ripulendo il tuo viso nobile e aggraziato dal sangue che io stesso ho versato,
sfiorando lievemente le tue labbra, nel desiderio di vederle muoversi.
Il tuo nome diventerà un mormorio angoscioso fra i miei singhiozzi.
Scuoterò instancabilmente il tuo corpo,
sperando invano di rivedere i tuoi occhi neri e profondi.
 
Questa volta saranno le mie lacrime,
copiose,
dolorose dal rimpianto,
brucianti dal rimorso,
a penetrare la terra scura,
Vegeta.
 
*


  
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