Piccola
peste
Bulma fu svegliata dai raggi del
sole, che prepotentemente si erano insinuati fra le persiane
semichiuse. Sbadigliò sommessamente e si voltò su
un lato, intenzionata a prolungare di qualche minuto il sonno da cui
non era ancora uscita. Restò in quella posizione per una
manciata di secondi, poi, aprì di scatto gli occhi.
L’orologio sul comodino indicava che mancavano pochi minuti
alle otto. Non ricordava quand’era stata l’ultima
volta che si era concessa di dormire fino a quell’ora. Da
quasi un anno ormai, per essere precisi da quando quel cucciolo che da
poco aveva imparato a chiamarla “Ma” era nato,
Bulma interrompeva il suo riposo a causa del pianto del figlio, che
puntualmente, alle sette del mattino, reclamava di essere sfamato.
Stranamente quella mattina stava ancora dormendo. La giovane madre ne
approfittò per fare mente locale sugli ultimi avvenimenti.
Cell era stato sconfitto, Trunks era ritornato al suo futuro e Vegeta
aveva deciso di rimanere sulla terra, da lei. Sospirò
pensando a quest’ultimo. Da quando Goku aveva deciso di
rimanere nell’aldilà, Vegeta era caduto in un
profondo stato di sconforto. Ora che il suo nemico per eccellenza era
morto, quell’infimo saiyan di terza classe che era sempre un
passo avanti a lui, non aveva più nessuna ragione di
allenarsi. Che senso aveva diventare più forte ora che
l’avversario da raggiungere non c’era
più? Ogni giorno, la malinconia che regnava nei suoi occhi
color pece aumentava sempre di più, e Bulma, che non poteva
fare altro che osservare in silenzio, temeva che prima o poi si sarebbe
annoiato di quella patetica esistenza e avrebbe lasciato la terra,
questa volta per sempre. Un giorno però, Vegeta le aveva
chiesto di rimettere in funzione
Dopo avergli cambiato il pannolino, lo vestì con una
magliettina e dei pantaloni nuovi; suo figlio doveva essere sempre
vestito al meglio, pensò soddisfatta. Fatto ciò,
con il piccolo in braccio, si diresse in cucina per farlo mangiare.
Mentre percorreva il corridoio, dall’angolo spuntò
l’allegro signor Brief, con il fedele gattino nero aggrappato
alla sua spalla. “Buongiorno papà”.
“Ecco il mio adorato
nipotino!”, disse sorridendo, ignorando completamente il
saluto della figlia. Bulma sorrise. Trunks era ormai diventato la
più grande gioia dei suoi genitori. Il signor Brief
pizzicò una guancia paffuta del nipotino, cercando di
distoglierlo dal suo nuovo divertimento; tirare una ciocca azzurra di
capelli della madre. “Guarda un po’ cosa ti ho
portato!”. Questa volta ebbe successo, il piccolo si
voltò verso il nonno, che sventolava una macchinina grigia.
Batté le manine, poi afferrò il giocattolo
sorridendo. L’anziano sorrise, poi se ne andò per
la sua strada. Giunta in cucina, Bulma poggiò il piccolo nel
seggiolone e cominciò a preparare da mangiare. Mentre
versava il contenuto di un vasetto di omogeneizzati in un piattino,
Trunks sbatteva ripetutamente la macchinina sul ripiano del seggiolone.
Bulma si voltò per rimproverarlo, ma vedendo il sorriso
spensierato sul volto del piccolo, si limitò a sospirare. La
macchinina appena ricevuta dal nonno era l’ennesimo
giocattolo che, a causa della sua forza aliena, veniva distrutto nel
giro di dieci minuti. Tornò ad occuparsi della pappa del
piccolo, quando, improvvisamente, il baccano causato dal figlio si
interruppe. Le bastò un’occhiata da sopra le
spalle per capire cos’era successo: Vegeta aveva fatto il suo
ingresso in cucina, e non appena i vivaci occhi azzurri del piccolo
avevano incontrato quelli profondi e neri del padre, Trunks era rimasto
bloccato con la mano alzata, pronto a colpire nuovamente la macchinina.
Il bimbo inclinò la testa da un lato, osservando curioso
l’uomo che si era appena seduto al tavolo davanti a lui.
Bulma osservò la scena e non poté fare a meno di
sorridere. Il piccolo Trunks aveva visto parecchie volte suo padre,
quest’ultimo però non lo aveva mai degnato di
alcuna attenzione. Ecco spiegato il perché lo osservava con
tanta curiosità. Vegeta, dal canto suo, sentendosi
osservato, lanciò un’occhiataccia ostile verso il
figlio. Il bimbo non si spaventò: quell’uomo era
sempre arrabbiato, quindi non colse minimamente la minaccia velata
nello sguardo severo del padre. Come se niente fosse,
ritornò al suo divertimento, colpendo ancora più
forte la macchinina, che a causa dei ripetuti colpi, aveva assunto le
sembianze di un non ben identificato oggetto di plastica.
“Buongiorno Vegeta”, lo salutò Bulma.
Ricevette come risposta un impercettibile cenno del capo. Prese dal
frigorifero un vassoio pieno di dolcetti, che la madre aveva comprato
da una nuova pasticceria, e lo poggiò davanti al compagno.
Si accomodò davanti al figlio, con il piattino per farlo
mangiare, quando il Signor Briefs piombò in cucina.
“Bulma cara, ti dispiacerebbe venire un attimo nel
laboratorio?”, chiese con la sua solita, e in un certo senso
snervante, tranquillità.
“Puoi aspettare un attimo? Non vedi che sto facendo mangiare
Trunks?”, rispose lei, alquanto stizzita.
“Ehm, veramente è una cosa piuttosto
urgente…”. Bulma alzò gli occhi al
cielo e sbuffò rumorosamente.
“Va bene, arrivo subito!”. Mise il piattino sul
ripiano del seggiolone, davanti al figlio, poi, si rivolse
all’uomo che le sedeva accanto.
“Ti dispiace far mangiare Trunks?” e, senza
attendere risposta, si alzò per andare nel laboratorio.
Era ormai giunta fuori dalla cucina, quando Vegeta rispose:
“Per chi mi hai preso?”.
Bulma si voltò, guardandolo in un modo per niente
amichevole, gli puntò l’indice contro e
poggiò l’altra mano su un fianco.
“Ti ricordo mio caro, che Trunks è anche figlio
tuo! Quindi vedi di renderti utile!”. Detto questo,
girò i tacchi e se ne andò. Vegeta
irrigidì la mascella e incrociò le braccia al
petto, poi si voltò verso il moccioso, che aspettava di
essere imboccato.
“Beh? Che hai da guardare? Mangia!”. Il piccolo, al
tono freddo e severo, batté le manine e sorrise. Vegeta si
limitò a lanciargli un’occhiata assassina, poi si
alzò con l’intenzione di andare ad allenarsi.
Trunks guardò il piattino davanti a sé, poi
l’uomo che la sua mamma chiamava
“papà”.
“Ma!”, urlò. Vegeta si
bloccò, sempre più infastidito. Non gliene
importava niente di quel moccioso, ma non aveva voglia di sentire le
lamentele dell’isterica donna. Tornò indietro e lo
osservò dall’alto. “Io non sono
ma”, pronunciò quel ridicolo appellativo con
disgusto. Il bambino lo guardò sempre più
incuriosito e dopo qualche tentativo, riuscì a pronunciare:
“Pa!”. Un lampo di sorpresa balenò negli
occhi del guerriero, che sbuffò infastidito e maledicendo
mentalmente l’assurda terrestre che l’aveva
costretto in quella ridicola situazione, prese il cucchiaino di
plastica dal piatto e lo piazzò in mano al figlio.
“Ecco, contento? Adesso arrangiati, sei grande
abbastanza”. Non poteva certo tollerare che il figlio del
grande Principe dei Saiyan fosse trattato come un moccioso qualunque,
che venivano aiutati in ogni singola situazione. Suo figlio era un
Saiyan, e come tale doveva imparare a cavarsela da solo. “Ma
che diamine sto dicendo?”, pensò irritato. Fece
per andarsene, quel moccioso gli aveva fatto perdere già
abbastanza tempo, ma si fermò subito dopo; qualcosa di
viscido e denso scorreva lungo la sua poderosa schiena. Si
voltò di scatto, giusto in tempo per vedere il bambino che
lanciava nuovamente con il cucchiaio, quella che un tempo era la sua
pappa, e come per il primo lancio, anche con il secondo ebbe successo,
colpendolo questa volta in faccia.
In un primo momento, Vegeta lo guardò allibito, poi gli
inveì contro. “Maledetto moccioso! Io
ti..”. “Pa”, lo interruppe il piccolo, e
lanciato per terra il cucchiaino, cominciò a battere
allegramente le manine e nel farlo, rovesciò anche il
piattino, mentre l’omogeneizzato schizzava da ogni parte. La
vena sulla tempia dell’uomo cominciò a pulsare
pericolosamente e sembrava essere sul punto di scoppiare da un momento
all’altro.
“Ma che avete combinato!”, urlò Bulma
guardando il contenuto del piattino rovesciato per terra e sul
seggiolone. Capì immediatamente che Vegeta si era rifiutato
di far mangiare il figlio.
“Era tanto difficile prendere il cucchiaino e
imboccarlo?”, chiese sbruffando, mentre raggiungeva a grandi
falcate il seggiolone. Solo allora notò la poltiglia densa
che scorreva sul viso sempre più furioso di Vegeta.
“Ma che..?”. Lasciò la frase in sospeso,
dato che Vegeta le diede le spalle per uscire e nel farlo, Bulma
notò che anche lungo la schiena scorreva qualcosa.
Inarcò le sopracciglia e si voltò verso il figlio
che ricambiò lo sguardo sorridendo.
“Pa!”, disse infine, e ricominciò a
ridere. Solo allora Bulma capì e scoppiò in una
breve risata. “Oh piccolo mio”, cominciò
prendendolo in braccio, per potergli cambiare i vestiti ormai sporchi.
“Sei proprio una piccola peste”.
Angolino di LadyInDark.
Detto questo, colgo l’occasione per augurare a tutti un buon
San Valentino, anche a quelli che come me (per l’ennesima
volta) lo passeranno da soli ^^’’
Un bacione,
la vostra LadyInDark.