Della neve che fino a
poco tempo prima ricopriva le
strade non c’era più traccia, adesso era stata
sostituita dalla pioggia
scrosciante che scivolava lungo i margini dei vicoli e finiva dritta
nei
tombini.
Erano giorni che non faceva altro che piovere e il cielo manteneva il
solito
monotono grigiore. E se c’era una cosa che proprio Axel non
poteva sopportare
era rimanere con il naso appiccicato alla finestra di camera sua ad
osservare
la pioggia cadere da quel cielo grigio senza poter uscire di casa.
Certo, esistevano sempre gli impermeabili e gli ombrelli, ma non era
certo la
stessa cosa che camminare a testa alta per le strade senza preoccuparsi
di
bagnarsi i vestiti.
Quindi da quando aveva iniziato a piovere Axel si era
rintanato in casa a guardare male il cielo, nemmeno gli stesse
intimando con lo
sguardo di smetterla di sfornare acqua a catinelle.
Al contrario a Roxas piaceva la pioggia. Adorava aprire la finestra
della sua
camera e cacciare la testa fuori, annusando l’aria e
socchiudendo gli occhi. Il
profumo di bagnato gli era sempre piaciuto, quindi
ogni volta che iniziava a piovere non
perdeva occasione per uscire di casa e gironzolare in giro per
osservare come
il panorama cambiava e come i profumi si trasformassero.
E ovviamente aveva bisogno di un compare, perché andare
in giro da solo non faceva per lui.
«Pronto? Axel, sono io»
Un sospiro si levò
dall’altro capo della
cornetta, seguito dal frusciare di qualche vestito.
«Buongiorno
Signor “ io”, a cosa devo questa chiamata? Ma
soprattutto:
non le hanno insegnato quando era piccolo a presentarsi con il proprio
nome
quando si parla al telefono?»
Questa volta il sospiro si
spostò verso
Roxas, che sbuffò e si sistemò meglio sdraiato
nel letto.
«Sono
io, Roxas. Hai presente? Il tuo migliore amico? Il tuo ragazzo? Quello
con cui esci tutti i giorni? Quello biondo con gli occhi azzurri
…»
«Oh sì, quello basso. Adesso ricordo!»
«Taci»
ringhiò subito
Roxas contro al telefono, afferrando il cordless nemmeno fosse il collo
di Axel
in persona e lo dovesse strozzare. «Taci
e ascoltami un attimo»
Axel fece spallucce e appoggiò la fronte
contro alla finestra, osservando l’alone che subito si
andò a creare. « Sono
tutto orecchie come sempre, sir»
«Ottimo,
perché adesso ti vesti per bene e esci con me»
Il rosso guardò fuori dalla
finestra e
sollevò un sopracciglio, scuotendo la testa. «Ma
certo, e già che ci sono mi porto dietro una barchetta
così possiamo
giocare ai capitani della nave per le strade»
«Ah, che
simpatico»
«Lo so»
Rimasero in silenzio per qualche secondo,
chi guardando malinconicamente fuori dalla finestra e chi fissando male
il
soffitto.
Però quel momento di calma durò poco
perché subito Roxas riprese la parola, sbuffando qualche
insulto.
«Te
l’ho mai detto che sei un dannato metereopatico,
nh?»
Axel dalla sua camera sorrise al vento,
scoprendo una fila di denti bianchi.
«Me lo
ripeti ogni volta che piove oppure il cielo si incupisce»
«E allora fatti qualche domanda!»
Axel sorrise ancora, staccando la fronte
ora mai gelata dal vetro della finestra.
«Uhm,
quando diventerò più grande farò il
meteorologo come lavoro, che
ne dici?»
Roxas sospirò e scosse la testa,
affondando la guancia nel cuscino morbido.
«Ti ho
già spiegato che essere “metereopatici”
non significa avere una
predisposizione a diventare metereologi »
Il fulvo si lasciò scappare una
risata,
immaginandosi la faccia del più piccolo mentre ripeteva
quella frase per … Per
la ventesima volta? O forse anche di più, visto che ogni
volta che Axel sentiva
la parola “metereopatico” si metteva a parlare
delle previsioni del tempo.
«E
quando mai ti ascolto, mh?»
«Anche questo è vero … » sospirò
Roxas al telefono, allungando le gambe lungo il materasso e
stiracchiandosi. «In ogni caso non mi importa, usciamo
insieme!»
«Non
voglio bagnarmi i capelli»
Il biondo scosse la testa, desiderando di
avere l’amico di fronte solo per poterlo rasare a zero e
picchiare.
Si tirò su a sedere, come se l’idea di mettersi
composto potesse dargli la
forza necessaria per non esplodere in qualche insulto troppo colorito.
«Axel
…. »
si passò una mano
sopra la fronte, socchiudendo gli occhi. «Axel,
sei per caso una ragazzina appena uscita dal parrucchiere?»
Il rosso si morse il labbro inferiore,
cercando di trattenere le risate.
«No,
signor capitano: non lo sono»
«E allora non imitarne una! Vestiti che tra dieci minuti sono
sotto
casa tua»
«Ho detto che non ho voglia di usc-» «A
dopo»
E Roxas gli attaccò il telefono
in
faccia, un sorriso soddisfatto sulle labbra e le mani già in
cerca dell’ombrello.
Nel giro di dieci minuti riuscì davvero a vestirsi,
coprirsi per bene e ad arrivare di fronte a casa di Axel con un lieve
sorriso
sulla faccia.
Suonò il campanello un paio di volte, giusto per far
intendere all’altro di essere arrivato e di scendere
velocemente. Incrociò le
braccia al petto e osservò il cielo pieno di nuvole, mentre
gli occhi vagavano
tra le varie forme in cerca di qualcuna famigliare.
Oh, quella sembrava un cuore. E quell’altra un cane,
mentre quella …
«Ti avevo detto di no»
Roxas si voltò, sollevando un
sopracciglio e sorridendo di sbieco.
«E quando mai ti do ascolto?»
Axel si imbronciò un po’, sbuffando e
grattandosi la nuca come se avesse a che fare con un piccolo problema
dotato di
gambe e una bocca tremendamente spinosa.
«Solo quando ti fa comodo, ecco quando mi
ascolti»
Il biondo annuì e osservò con attenzione
l’altro ragazzo, arricciando le labbra e mormorando qualche
“ stupido” di tanto
in tanto.
«Hai intenzione di uscire vestito in
questo modo?» gli chiese con voce stranita poco dopo,
indicando i pantaloni rossi
del pigiama e poi la maglia leggera di velluto.
Axel fece spallucce e ruotò gli occhi al
cielo, brontolando.
«Adesso controlli anche come mi vesto?
Questa relazione mi sta soffocando, sappilo» finì
la frase puntando il dito
indice contro la faccia di Roxas, per poi sporgersi in avanti e
punzecchiandogli una guancia arrossata a causa del freddo.
Il biondo gli scacciò il dito con un movimento del capo e
annuì un po’, mugolando in assenso.
«Hai proprio ragione, forse
dovremmo
lasciarci»
Anche Axel annuì, con espressione seria
sul volto. «E sì, domani ci lasciamo
davvero»
«Ovvio»
Si guardarono per qualche secondo e poi
sorrisero apertamente. Roxas
si mise
entrambe le mani in tasca, lasciando penzolare da un lato
l’ombrello umido e
spostandosi da un piede all’altro in attesa.
«Beh? La cavolata del giorno l’abbiamo
detto, adesso andiamo!»
Axel borbottò un po’, passandosi una mano
tra i capelli e scuotendo la testa.
«Come mai hai tutta questa voglia di
uscire? Solitamente sono io quello che ti trascina in giro …
Che succede?»
Il biondo si irrigidì per un attimo,
mentre un po’ di rossore si aggiunse a quello che
già aveva prima sulle guance.
Scosse la testa velocemente e si schiarì la voce, cercando
di non dare nell’occhio.
«Nessun motivo, così …»
Il maggiore sollevò un sopracciglio e
sorrise, credendo ben poco alle parole dell’altro. Una cosa
che non invidiava
proprio a Roxas – oltre all’altezza di un fungo-
era la capacità di recitare.
Se c’era qualcosa da nascondere non era proprio capace a
sviare l’argomento o
altro.
«E va bene, va bene. Uscirò con te
nonostante l’acquazzone, i piragna tra le strade e le meduse
in giro»
«Esagerato» si lamentò Roxas, fingendosi
indispettito nonostante il sorriso sulle labbra che non riusciva
proprio a
trattenere.
Axel gli passò una mano tra i capelli e
gli diede le spalle, rientrando in casa per andare a vestirsi in
maniera un po’
più pesante. Magari con un cappotto, nh.
Intanto Roxas si lasciò scappare un
sorriso ben più accennato del precedente, ritornando a
guardare le nuvole che
stava adocchiando prima dell’arrivo di Axel.
Ritrovò quella che prima era a forma di cuore, anche se
adesso il vento l’aveva
pian piano tramutata rendendola quasi completamente differente da prima.
Effettivamente era una cosa che spesso
Axel era solito ripetergli: tutto cambiava, le persone,
l’umore, il carattere, il
tempo … Tutto era in costante movimento e stava solamente a
noi decidere se seguire il mondo
oppure rimanere fermi.
Roxas si voltò, osservando la porta di casa del fidanzato e
sorrise, sicuro al
cento per cento di voler andare avanti anche a passo di corsa, per lo
meno
finché ci sarebbe stato Axel a tendergli la mano al suo
fianco.
E c’era un motivo se quel giorno aveva
insistito tanto per uscire di casa, un motivo che solitamente non
reputava
importante ma che per una volta aveva deciso di festeggiare.
«Sono pronto, nanetto insistente»
Il biondo annuì soddisfatto e si avvicinò
ad Axel, afferrandolo per il gomito e trascinandolo verso la strada,
rimanendo
comunque sotto la tettoia.
«Ok ok, non c’è bisogno di
tirare!»
Il maggiore afferrò entrambe le mani di
Roxas e se le tenne strette, scuotendole un po’ con un
sorriso sulle labbra.
«Dimmi la destinazione, mh?»
«Non so … Facciamo al Plus?»
Axel annuì, lasciando andare una mano di
Roxas e tenendosi ben stretto l’altra. «Che Plus
sia, allora. Io mi prenderò un
bel caffé»
Il biondo annuì e aprì l’ombrello con
un gesto secco,
sollevandolo verso il cielo grigio e spostandolo verso il centro per
poter
tener sotto anche l’altro.
Axel si chinò un po’ e si strinse un po’
di più contro il più piccolo,
lamentandosi apertamente delle goccioline di pioggia che ticchettavano
contro
la plastica colorata dell’ombrello.
Eppure rimanere vicino a Roxas e osservare la pioggia cadere non era
così male
e poi ... Se non si sbagliava in Giappone stare sotto lo stesso
ombrello è un
segno di intimità profonda, no?
Axel gongolò per un attimo, stringendo la mano di Roxas
tra la sua e sorridendo.
«Forse il mal tempo non mi porta
solo malumore,
che ne dici?»
Il biondo sollevò lo sguardo e ci pensò
su, annuendo poco dopo. «Già, ti porta i capelli
bagnati!»
Subito dopo spostò la mano verso
l’esterno e lasciò la testa di Axel completamente
scoperta, così che la pioggia
riuscì a battergli direttamente sui suoi meravigliosi
capelli acconciati.
«WOAH, ma che razza di- »
Cercò di artigliare l’ombrello dalle mani
di Roxas e si sporse in avanti, indeciso se correre verso il primo
portico
oppure spingere il biondo a terra dentro una pozzanghera.
Alla fine lasciò perdere ombrello e ragazzo e si
catapultò verso la prima
tettoia in vista, ci si sistemò sotto nemmeno fosse un gatto
zuppo e sembrò
quasi soffiare verso la figura di Roxas che gli si avvicinava.
«Allontanati da me, piccolo diavolo!»
Il più piccolo si lasciò scappare una
grassa risata e si piegò sulle ginocchia, lasciando
scivolare a terra
l’ombrello.
«D-Dovevi vedere la tua faccia»
singhiozzò poco dopo, riuscendo a stento a trattenere le
lacrime dalle risate.
«Non mi parlare, non mi guardare, non mi
toccare»
Com’era giusto che fosse Roxas gli si
avvicinò, gli sfiorò il volto con una mano, lo
guardò fisso negli occhi e poi
gli disse “ Hey, ti sto parlando”.
Poco dopo gli si allontanò di qualche passo, girando su
sé stesso e sollevando
lo sguardo al cielo e inspirando a pieni polmoni.
«Mi stavo quasi dimenticando il motivo
per cui siamo usciti … » mormorò,
sorridendo e riprendendo l’ombrello da terra.
Lo riaprì e ritornò per strada, intimando Axel
con la mano di seguirlo. «Buon
San Valentino, Axel»
Il rosso sgranò lievemente gli occhi e si
guardò intorno, come a cercare degli indizi che gli
confermassero quella
notizia. E solo allora notò le vetrine decorate con dei
cuori rossi, le
coppiette tutte eccitate e piene di fiori e il clima che si respirava
nell’aria.
Sorrise e corse verso Roxas,
abbracciandolo di slancio e facendogli cadere l’ombrello
multicolore a terra.
Sollevò il biondo da terra e lo roteò per aria
una volta, per poi rimetterlo
con i piedi per terra e scoccargli un bacio a fior di labbra.
Rimasero a guardarsi negli occhi
sorridendo, mentre la pioggia cadeva su di loro.
«Buon San. Valentino anche a te e grazie»
Roxas scosse la testa. «E per che cosa?»
«Per il fatto che mi ami anche se con i
capelli bagnati sono proprio orribile»
Mel-
Ullalà, sono
tornata dalle tenebre di un lavoro giornalieri non pagato e non voluto
detto anche stage. Essì, nonostante il lavoro erano
settimane che volevo scrivere un'AkuRoku e ci sono riuscita! Per di
più in occasione di SanValentino (
stupidafestaspocchiosaargh! )
Quindi nulla, spero vi sia piaciuta 'sta mini barboneria spacciata per
storia. Byee