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Autore: Vanilla Planifolia    15/02/2012    2 recensioni
- Fuori corso narrato dalla co-protagonista della storia attualmente in corso "Ti odio perché ti amo", Marianne.
Dovrò bere molto di più.
Vuoi davvero averlo così?
Domanda cretina. Non voglio rispondermi.
«Anne!», urla Sam, dietro di me, «Vieni dentro, ti invito a ballare!».
Sorrido, forse è l'unico modo per non pensare: scatenarmi facendo finta di essere a casa, di non essere qui, di essere un'altra. Di vivere una vita che non è la mia.
Morire, rinascere e fingermi una donna diversa, una che sa divertirsi e che non sta autodistruggendosi lentamente dall'interno. Via solitudine, lasciami in pace.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un altro pezzo del puzzle.




Attorno a me corpi sudati, si dimenano.
Cantano. Credo ballino; mi sento troppo confusa per capire davvero che cosa sta accadendo realmente in questo momento. Mi volto verso quello che alcuni chiamerebbero piano bar improvvisato e li vedo: Liam e Marcus che chiacchierano amabilmente.
Che cosa diavolo sta succedendo?
Samantha, al mio fianco, sfiora i miei fianchi con entrambe le mani calde: «Marianne! Andiamo! Torna a ballare!».
«Sam, li hai visti?».
«Chi?».
«Loro», dico indicandoli.
«Mh, parlano», afferma lei, «Quindi?».
«Sai chi è il ragazzo con quel naso spropositato – e non sto parlando di Liam?».
«Marcus?».
«Esatto...».
«E' un compagno di classe di uno dei gemelli, credo Bart».
Annuisco. «Poi?».
«Niente, non so altro di lui, ogni tanto lo incrocio nei corridoi, credo che mio fratello lo conosca meglio di me. Forse suona la chitarra in un gruppo, penso di averlo sentito a qualche festa studentesca, mi hanno detto che è bravo. Tutto questo che cosa c'entra col fatto che stiano amabilmente parlando come due che non si vedono da anni?».
«C'entra con il fatto che quel ragazzo è stata la mia distrazione, l'anno scorso, quando ho cercato di non pensare più a Liam».
«Oh, e come...».
«...è andata?», sorride accondiscendente e io continuo a parlare, «Niente, ha chiesto a un suo amico di dirmi che non era interessato a me, non ci sono rimasta male...se devo essere sincera al cento per cento non me ne è nemmeno importato tanto. A me non interessava veramente lui, era solo un tentativo come un altro di staccare la mia attenzione da Liam».
«Ti piacciono i ragazzi con i nasi enormi, eh?».
«Spiritosa!».
La musica cambia, «Torna a ballare con Andreas, io ti raggiungo tra poco», lei ride senza un motivo apparente. Non mi stupisco che sia già brilla dopo tutto il gin che ha buttato giù alla goccia. Anche io non sono in uno dei miei stati psicologici migliori.
Una mano mi ferma, i miei occhi sono ancora puntati su Liam.
«Ciao Anne! Sei splendida!».
«Oh, ciao Kile, come stai?», mi alzo sulle punte per baciargli una guancia, poi mi accorgo della sua ragazza accanto a lui, «Ciao nuora!», esclamo con un gran sorriso stampato sulla faccia, «Sei davvero bellissima!».
«Anche tu», risponde lei indicando il mio vestito nero che fascia il seno e cade lungo la schiena in una decorazione di pizzo e fili colorati; «Lei è sempre bellissima...», odo la voce di Bart alle mie spalle, stringe la mano alla sua piccola e dolce compagna, Caroline.
«Non esagerate adesso! State solo cercando di fare colpo su di me che sono la vostra amata madre e suocera, eh? Dannati, credevate che non me ne sarei accorta?», domando lanciando un'occhiata divertita ai gemelli che sorridono affabili, «Tsk. Aspettatevi polpettone avvelenato per il cenone della domenica!».
«Mamma! Non dire queste cose!», urla Bart, dei due il gemello più alto.
«Tu non discutere, altrimenti faccio una riduzione sostanziosa sulla tua paghetta inesistente!».
«Ci sto», dice Kile, ridendo, «Però prima inizia a darmi la paghetta!».
«Inesistente, concepisci il termine?».
«Hai già bevuto, eh?», chiede Caroline, portandosi una mano alla bocca.
«Ovviamente. Non potevo venire qui senza aver fatto perlomeno l'aperitivo!».
«Mamma, se continui così dovremo portarti agli alcolisti anonimi!».
«Se è una promessa vado a fare scorta immediatamente!».
Quattro semplici chiacchiere tra amici di vecchia data. Gente che mi vuole bene senza chiedere con volgare evidenza qualcosa in cambio, in fondo io non ho molto da dare agli altri se non il mio affetto. Chiudo gli occhi, li riapro, punto il banco spacciatore di alcool e sento che devo congedarmi al più presto.
Ho bisogno di rifocillarmi – sempre che questo sia il termine adatto.
Intanto, Liam è di nuovo sparito.
Dannazione.
«Vado a bere, figlioli, sappiate che questo è la vostra festa; perciò se non bevete, non fumate e non vi divertite allora vostra madre – cioè la sottoscritta – non è fiera di voi!».
Ridono.
Quando parlo io ridono sempre tutti, di solito.
Non mi sono mai chiesta veramente il perché.
Forse dovrei pormi delle domande sulla mia serietà poco evidente.
Qualcuno dovrebbe ricordarmi perché ho accettato di venire a questa festa. La musica da discoteca non mi piace e disturba i miei pensieri, non riesco a riflettere. Vedo solo persone sconosciute che non mi ascoltano, non mi vedono e come potrebbero? Io sono da sempre invisibile.
Solo quando parlo le persone ridono e mi prestano attenzione, perché sono strana e dico cose che spesso non hanno senso. E la gente ride. Credo che compatiscano la mia stupidità.
Triste e vagamente deludente.
Però in questo buco nessuno può sentirmi, nemmeno Liam.
Il che non è necessariamente un male: quando parlo con lui dico sempre la cosa sbagliata.
Colpisco qualcosa con la schiena.
«Liam?».
«Già ubriaca?».
Non ci credo. Questa è fortuna, Marianne?
«Non essere ridicolo! Io non mi ubriaco mai, lo sai. Io reggo come un'alcolista anonimo, se non meglio!».
«Mai una volta che dici qualcosa di normale, eh?».
«Se fossi normale non mi avresti sposata!».
«Ricordati i tuoi fratelli ciccioni, per favore!».
Rido.
Come una scema.
I suoi occhi.
Mi sento già meglio.
E' come se il mondo andasse avanti a scatti, slide di vita che viaggiano a una velocità più lenta della solita. Un minuto che vale un'ora, una piccola fetta d'eternità.
«Sai con chi stavi parlando prima?».
Mi guarda, non capisce. Ha già bevuto troppo per i miei gusti.
«Il nasone!».
Ha gli occhi spalancati, adesso, «Quello che ti piaceva l'anno scorso?».
Annuisco.
«Cazzo. Chi è?», chiede curioso.
«Lui...», dico indicandoglielo.
Attimo di silenzio.
«Cosa?».
«Che c'è?».
«Ma io lui lo conosco da una vita!».
«Cosa?!».
«Si!», urla, «Andavamo alle elementari insieme!».
«Oh...».
«Perché non me lo hai mai detto che era lui?».
«Certo che te l'ho detto! Sei tu che non mi ascolti!».
«Si, come no, sempre colpa mia...».
Si allontana, borbotta.
E io sono di nuovo sola.
Non trovi che tutto ciò sia squallido?
Beh, no, tutta la squadra mi ha salutata; hanno detto che vogliono ballare con me. Liam mi ha parlato...
E poi ti ha abbandonata qua vicino al piano bar. Ottimo passo, ragazza, devo dire che tu ci sai veramente fare con gli uomini!
«Zitta, cazzo», bisbiglio a me stessa.
Afferrò una lattina di birra, la apro e bevo, a grandi sorsi. Tra poco dovrò andare in bagno, conosco il mio corpo, ma prima che quel momento arrivi voglio sentirmi brilla, leggermente in paradiso, su di una nuvola fatta di luppolo e superalcolici.
Voglio dimenticare persino come mi chiamo.
«Ciao! Non si salutano più le vecchie conoscenze?».
Mi volto e il fisico perfetto di Marcus è proprio di fronte a me.
Poso la birra e lui mi abbraccia: «Come stai? E' da un po' che non ci si vede!».
«Già, fare la stessa scuola non conta niente se non si seguono gli stessi corsi».
«Non ho capito niente, ma sono d'accordo con te».
Si, ora ricordo che cosa odiavo di più di lui.
«Il cervello ce l'hai sempre nel naso, tu, eh?».
«Vaffanculo. Non cambi mai», mi accusa.
«Se cambiassi non sarei sempre così affascinante!».
Sorride, che stia impazzendo?
«Io vado a ballare», dico, stranamente risoluta. E' la birra, di sicuro.
«Io vado a bere».
«Ci vediamo in giro!».
Le luci si spengono, poi lampeggiano, poi diventano verdi, poi la musica riparte.
Poi non capisco più niente.
Credo di stare ballando con Lionel, uno dei compagni di squadra di Liam, dopo di che è Nicolas a rapirmi. Finché non arriva Mattew a reclamarmi. Strano, non mi sono mai sentita così desiderata, è una sensazione piacevole. Questi giocatori troppo alti che mi conoscono da troppo tempo sono stranamente troppo gentili con me.
Ho come la vaga sensazione che mi diano fastidio le troppe attenzioni, questa sera.
Marcus mi osserva da bordo campo.
Devo averlo fatto arrabbiare, prima.
Mi sento male.
Non voglio stare qui.
Esco dalla sala, ho bisogno di una sigaretta.
Fuori fa freddo, c'è la neve e tutto è illuminato dai lampioni a basso consumo. Emettono una lieve luce gialla, leggera, come un sogno. Forse sto sognando? Sono davvero alla festa di compleanno dei gemelli? C'è davvero Liam davanti a me?
Vorrei baciarlo.
Prima di venire qui ho raccontato a Samantha e ad Andreas che se l'avessi beccato ubriaco l'avrei abbracciato e gli avrei stampato un grosso bacio su quelle sue labbra schifosamente sensuali. Ora che ci penso, non credo che ne avrò il coraggio.
Dovrò bere molto di più.
Vuoi davvero averlo così?
Domanda cretina. Non voglio rispondermi.
«Anne!», urla Sam, dietro di me, «Vieni dentro, ti invito a ballare!».
Sorrido, forse è l'unico modo per non pensare: scatenarmi facendo finta di essere a casa, di non essere qui, di essere un'altra. Di vivere una vita che non è la mia.
Morire, rinascere e fingermi una donna diversa, una che sa divertirsi e che non sta autodistruggendosi lentamente dall'interno. Via solitudine, lasciami in pace.

Il mondo dentro quella sala è fatto di luci, oscurità e fumogeni.
Nemmeno mi accorgo che Liam è accanto a me. Stiamo ballando e siamo troppo vicini.
Mi allontano, poco importa che Caroline e Sam stiano cercando di farci avvicinare. Persino Andreas si è messo in mezzo, ma niente conta, adesso. Sento solo il terrore scorrermi nelle vene.
Via. Via di qui.
Sono accanto al tavolo del cibo quando sento le mani di Marcus prendermi per la vita e tirarmi in mezzo alla pista da ballo: «Credo di doverti almeno una danza».
«Dici?».
Sorride.
Il suo sguardo è troppo malizioso per piacermi.
Forse è l'alcool.
Forse è la musica che non mi piace e mi confonde.
Forse è solo perché sono arrabbiata con l'uomo che amo perché, come sempre, mi fa credere di non essere abbastanza per lui.
Quando Marcus mi bacia non provo nemmeno a resistere.
Immagino che sia una cosa normale, l'alcool ha inibito il mio istinto e non sono più capace di controllarmi. Ridicolo, vero? Io, sempre attenta a ogni mia reazione, adesso mi sto lasciando andare.
L'unica cosa che capisco è che bacia davvero male. Sembra una centrifuga, che schifo.
Cosa stai facendo, Marianne?
La mia coscienza ha ragione, mi stacco dal ragazzo e sorrido: «Vado a bere!».
Scappa, Anne, via da qui.
Scelta giusta. Brava.
Corro in bagno, è il caso che mi lavi la faccia. E forse anche che mi risciacqui questa cazzo di bocca che sembra vada a fuoco. Mi sento strana, tremo.
Ribrezzo.
Che cosa ho fatto?
Io non volevo Marcus.
Un anno fa ne sarei stata persino felice, ma ora?
No, ora mi faccio solo schifo.
«Anne, tutto bene?», chiede Caroline.
«Marcus mi ha baciata», dico tutto d'un fiato.
«Fantastico!», urla lei – è impazzita? - e saltella sul posto, tenendo sempre la mano di Bart, anche lui sta sorridendo. Anche se non credo che si senta molto bene, è pallido. «Portatelo in bagno!».
Sento che il sangue non sta più arrivando al cervello. «Stai scherzando, spero?!».
«Ovvio che no!».
«Per cortesia...non mi sembra proprio il caso!».
«Perché?».
«Perché non era lui che volevo!».
Mi volto, voglio uscire.
E Marcus è lì, ha sentito tutto.
I'm sorry, boy. You lose.

Fuori l'aria è fredda.
Liam è in cerchio con i suoi amici. Metà della squadra, li conosco tutti, non mi faccio problemi a nascondere il mio affetto, per cui mi avvicino a colui che vorrei mi considerasse almeno un po' e appoggio la testa alla sua spalla. L'alcool aiuta, in fondo.
«Ho fatto una cazzata», bisbiglio.
«Cosa hai fatto?».
«Forse è il caso che non te lo dica!», rido. Quanto ho bevuto?
«Allora non dirmelo».
Cattivo, come sempre.
Lo lascio andare, forse non vuole che io stia al suo fianco. Lo metto in imbarazzo, non mi sono fatta bella abbastanza, vero?
Scusa, Liam.
Poi la sento, quella voce che mi riempie sempre di gioia.
Il mio Capitano, Alexander.
«Capitano!», urlo poco prima di saltargli addosso per abbracciarlo, stretto.
La sua ragazza non c'è e della recente amante nemmeno l'ombra, la cosa mi irrita.
Preferisco gli uomini onesti.
«Ciao! Hai già bevuto?».
Rido, scioccamente.
Mi vergogno di me.
«Un po'...forse un po' tanto!».
«Si vede!».
«Poi vieni a ballare con me?».
«Non lo so...io non so ballare...».
«Nemmeno io! Faccio schifo!».
Dovrei essere più felice di vederlo, invece mi sento vuota.
Un involucro senz'anima.
Sola.
«Mi sei mancato, sai?», perché mai gli sto dicendo una cosa simile?
«Immaginavo...».
«E io?».
«Assolutamente no!».
Prima che io possa offendermi alza la manica destra per scoprire il polso, dove pende una catenella laccata in argento: il mio regalo di Natale per lui.
«L'hai messo!».
«Non lo tolgo mai...».
Lo abbraccio e mi chiedo: perché tu non sei Liam?

Il gemello alto sta vomitando l'anima, Caroline è in bagno, accanto a lui, e lo consola.
Ogni tanto vado a controllare come sta. La festa sta degenerando, gente che sta male, vicini che si lamentano, io che sono finalmente sobria e vedo come si stanno riducendo le cose.
Il mondo decade.
Leonore, la ragazza di Kile, è rannicchiata in un angolo, sulle scale. E' pallida, sembra che respiri a fatica, «Ehi, tutto bene?», le chiedo.
«Si, credo».
Storco il naso, «Non sembra».
«Adesso passa...».
Le porgo una mano, «Vieni con me», le ordino.
«Dove mi porti?».
«A prendere una boccata d'aria».
Fuori fa freddo e la neve è ovunque.
Lei trema, ma è bollente. I primi sintomi di una che ha esagerato e non regge dosi spropositate di alcool nel metabolismo, «Ora ci fermiamo qui», le dico, «tu respiri e, appena ti senti pronta, due dita in gola e butti fuori tutta la merda che hai ingurgitato».
Non so nemmeno perché la sto aiutando.
Poco fa ho fatto la stessa cosa con Bart e con un altro ragazzo che conosco da poche ore.
Immagino che sia per il mio spirito da cavaliere errante o da Robin Hood al femminile. Sono un'eroina incompresa, una di quelle che aiutano gli altri per evitare di pensare a sé stesse. Se pensassi sarebbe la fine, perché questa è una serata da dimenticare.
Alex ha incontrato l'amante.
Sono scomparsi improvvisamente.
Non che io non sappia dove siano andati, non sono così stupida.
Marcus mi ignora, cosa che sto facendo anche io.
Tutti sono ubriachi e Liam è sempre il solito.
Prima mi ha abbracciata, forte. Ho sentito le sue braccia attorno al corpo e, solo per un istante, tutto è tornato al suo posto. Non c'era niente di sbagliato e di certo le cose si sarebbero presto risolte. Mi sentivo sicura, accettata. Il suo profumo era inebriante, dolce, perfetto.
Poi è andato a cercare altri superalcolici.
Fantastico, vero?
Perché la vodka è molto più sexy di me?
«Come va?», le chiedo mentre continuo a sorreggerla e a tenerle la fronte.
«Credo meglio...», respira a fatica.
Prendo una manciata di neve e copro il macello per terra, poi con le mani umide le bagno i polsi e le rinfresco la fronte.
«Vieni, andiamo dentro al caldo».
Kile ci blocca sulla porta: «Amore! Stai bene?».
Lo fulmino con lo sguardo, «Dove diavolo eri? Stava male come un cane ed era tutta sola su quella cazzo di scala!».
«Hai ragione, scusa», ride. E' troppo ubriaco per capire quello che gli sto dicendo.
Dettagli.
Non mi faccio problemi, posso insultarlo anche se lui non capisce. Tanto domani mattina l'avrò già perdonato, perché in fondo è mio figlio e gli voglio bene.
Leonore mi tocca un braccio, segno tra donne che indica il concetto lascia perdere, non è importante. Seguo il suo volere solamente perché la capisco, anche io, spesso e volentieri, ho lasciato correre il comportamento del ragazzo di cui sono innamorata.
Tutto è sempre più vuoto.

Liam ha fumato e bevuto.
Guarda tutti quelli che gli parlano incantandosi come un bambino che vede per la prima volta consapevolmente la sua immagine riflessa nello specchio.
A volte parliamo.
Niente di importante.
E' arrabbiato con me perché mi preoccupo troppo.
Non mi guarda mai negli occhi.
Perché non puoi perlomeno considerarmi?
Mi sento sola, vorrei abbracciarlo, di nuovo.
Eppure, non posso, perché l'apparenza, per lui, è molto più importante della nostra amicizia.

Liam è ubriaco e io mi sono rovinata la festa perché sono l'unica rimasta sobria, insieme ad alcuni amici, e ci stiamo volgarmente occupando dei malati. Sono preoccupata, come una madre troppo apprensiva. So bene che è stupido, da parte mia, però non riesco a farne a meno.
Preferisco aiutare gli altri, piuttosto che vederli soffrire.
Ero preoccupata, è vero, ma la cosa inquietante è che in realtà non stavo provando nient'altro. Anche adesso, sono vuota. Come sempre e da sempre.
Questa impossibilità di provare sentimenti che non siano dolore o ribrezzo non hanno fatto altro che rovinarmi l'esistenza e aumentare il mio cinismo.
L'unico che mi ha insegnato a emozionarmi è stato Liam.
Solo che, come ho potuto constatare anche stasera, è una strada a senso unico. Una via senza incroci che si scontra contro un muro di mattoni che non riesco a superare.
Liam è dall'altro lato ed io non posso raggiungerlo.

Mio padre è venuto a prenderci.
Il solito buon samaritano.
«Ciao papone!», lo saluta Liam, folle, come è normale che sia.
Credo che ami più il mio genitore che la sottoscritta. Almeno mio padre non è appiccicoso e noioso come me, giusto? Non è sbagliato, non è storto, è una persona vagamente normale. A modo suo, ovviamente.
Il viaggio lo passiamo in silenzio.
Sono stanca e sto particolarmente male con me stessa.
Ho sbagliato tutto, questa sera, la persona su cui davvero dovevo puntare non mi ha considerata perché mi sono comportata da stupida e l'amico che più volevo vedere mi ha abbandonata per la sua amante, infine, il pezzo di modello che tanto adoravo l'anno scorso si è rivelato – come avevo sempre sospettato – un vero coglione.
Nemmeno mi accorgo che la macchina si è fermata.
«Grazie del passaggio!».
«Figurati, buonanotte», risponde mio padre.
«Buonanotte Anne».
«Buonanotte Liam».
«A lunedì».
Non rispondo.
Un modo come un altro per avvertirmi che se lo cercherò in questo week-end saranno guai, si arrabbierà e mi tratterà male.
Quindi soffri in silenzio, Anne, sei sola, di nuovo.




Le parole dell'autrice

Il mio solito, piccolo spazio personale.
Prima di tutto - come scritto nella presentazione - questo è un fuori corso scritto dal punto di vista di Marianne, protagonista di "Ti odio perché ti amo", la mia attuale storia principale raccontata dagli occhi e dalla voce di Liam.

Per tutti coloro che già seguono il mio racconto,
questo pezzo del puzzle è ambientato a una festa. Molto recente; dunque, la storia ufficiale non è ancora arrivata a questo punto, ma penso che sapere qualcosa in più e qualche spoiler occasionale non guastino mai.

Un bacio,
sono curiosa di conoscere i vostri pensieri a riguardo.

Vostra, come sempre,
Vaniglia
  
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