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Autore: rora17    15/02/2012    1 recensioni
-Ti senti in colpa John?-
-Perché dovrei! Non è colpa mia se Sher…. Se lui è morto!-
-Non riesci neanche a pronunciare il suo nome, John.-
-E con questo?!-
-Sei un medico, non ti dico niente di nuovo con “stress post-traumatico”-
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti!! Questa è la primissima volta che scrivo nella sezione Sherlock e sono davvero nervosa!! U.U
La mia idea iniziale era quella di pubblicare una one-shot, via il dente, via il dolore, ma poi mi sono accorta che le idee erano tante e perciò ho deciso di dividere. Saranno due o tre capitoli, non so ancora bene xD!! Spero che l’idea vi possa piacere! Un grosso bacio
 
DA SOLI NO.
 
 
Il sole è un testimone pallido di ciò che sta per accadere

devo scappare amico,
non mi trattenere
 
raccolgo i miei bagagli non posso restare...
 
(Note di Solitudine – Corrente Oscura.)
 
 
17/02/ 2012
 
-Ti senti in colpa John?-
-Perché dovrei! Non è colpa mia se Sher…. Se lui è morto!-
-Non riesci neanche a pronunciare il suo nome, John.-
-E con questo?!-
-Sei un medico, non ti dico niente di nuovo con “stress post-traumatico”, ne avevamo già parlato John!-
“John, John, John. BASTA ripetere il mio nome, cristo! So come mi chiamo!”
Chiudo gli occhi un secondo “uno… due.. tre… respira!”
-Fatichi a controllare le emozioni.- mi dice, segnando qualcosa su quel dannato foglio.
-Non è assolutamente…-
-Riesci a dormire?- m’interrompe quella str***a.
-Non molto.- confesso. Sono debole, lo so. Dovevo mentire fino allo sfinimento. Non voglio dargliela vinta con questa storia dello stress post-traumatico. Ogni volta che mi presento avvale sempre la medesima teoria. Comincio a essere sempre più convinto che conosca solo questa.
Appunta anche quello sul foglio. Poi mi guarda con quella finta espressione addolorata…
-Per oggi abbiamo finito. La ricetta dei sonniferi e degli antidolorifici la puoi chiedere alla mia segretaria.-
-Grazie.-
Sospiro di sollievo, anche per questa settimana è andata. Non mi ha nemmeno detto di scrivere il blog…
-Ah John, ricordati di scrivere il blog.-
Afferro il mio bastone e a testa bassa esco da quella stanza di tortura.
 
                                                  *****
Entro in casa e getto noncurante le chiavi in un piattino tutto arrugginito, posto su un mobiletto all’ingresso, mi tolgo le scarpe e la giacca, appendendola su un altro gancio, più arrugginito del piattino di prima. Come un automa mi dirigo al divanetto e mi ci lancio sopra, sentendolo scricchiolare in modo davvero sinistro. Fisso senza vederlo, il soffitto scolorito e scrostato. Dovrei avvisare il padrone di casa e digli che sta cadendo a pezzi ma con tutta probabilità, la cosa non lo toccherebbe neanche. Mi ricordo bene il giorno in cui venni a vedere questo mini- appartamento… era da poco passato il suo funerale ed io non avevo nessuna intenzione di passare nemmeno un minuto di più a Baker street. Credo anche di essere stato anche parecchio duro con la cara Mrs. Hudson, ma dovevo uscire di lì… mi sentivo mancare l’aria, così grazie a Lestrade, trovai questo luogo, economico e lontano, il più lontano possibile da ogni luogo che mi ricordasse Lui. Poi alla fine così lontano non ero andato, dato che era tornato a lavorare a tempo pieno all’ambulatorio.
Era comunque un passo avanti… lontano da Lui, dal suo ricordo e da tutto quello che lo riguardava.
Serro forte le dita per placare il tremore alle mani e con uno sforzo sovraumano mi costringo ad alzarmi per evitare di vegetare su quel divanetto poco igienico.
Vado in bagno e sistemo i medicinali nell’armadietto, eliminando le varie confezioni vuote, soprattutto di sonniferi. Per un fugace attimo mi fisso nello specchio; Sono cambiato in questi due anni e non penso in meglio. Mi sfioro la guancia con una mano. Sono più magro e spigoloso, senza contare le borse scure sotto gli occhi… orribili!
Il cellulare squilla, così distolgo lo sguardo dallo specchio…
-Arrivo.-
                                             
                                                  *****
 
Guardo l’orologio che ho sulla mia scrivania e sospiro. Non ho potuto dire di no a Sarah quando mi ha chiamato, chiedendomi di fare il turno di pomeriggio… in fondo è solo grazie a lei se ho ancora un lavoro dopo che la nostra relazione era andata a farsi benedire.
Con fatica a causa della gamba rigida, mi alzo e ricontrollo l’orologio… sono proprio le otto e a casa non c’è niente di commestibile…
Riordino le mie cose, saluto Sarah con un cenno della mano e mi avvio verso casa. Non ho nessuna voglia di prendere un taxi. Ho bisogno di camminare un po’, anche se so che poi me né pentirò di sicuro. “Maledetta gamba.”
Passo davanti a parecchi supermercati ma non mi fermo… l’idea di litigare con qualche stupida cassa automatica non mi esalta per nulla, perciò tiro dritto, lo stomaco che brontola, fino a che qualcosa non mi fa immobilizzare in mezzo alla strada…
 
All’angolo c’è un uomo, alto e magro, vestito di scuro con un cappotto ampio e lungo. Sta suonando un violino. Dalla distanza in cui mi trovo non sento benissimo ma  sembrerebbe Vivaldi, non ci metterei la mano sul fuoco. Non m’intendo tantissimo di musica; Avevo incominciato ad apprezzarla con Lui e soprattutto per Lui…
E un attimo… un lampo a ciel sereno… l’uomo ruota leggermente… ha i capelli scuri, la pelle chiara…
-Non posso crederci!-
Sento il cuore che batte; Giuro iddio che sta battendo contro il costato in un modo folle, sconsiderato.
Un passo dietro l’altro, ho il fiatone…
-Sherlock… SHERLOCK!-
Non mi accorgo nemmeno di essermi messo a correre. Sono vicino, vicinissimo. Scanso violentemente chiunque si metta tra me e Lui….
-Sherlock!-
Lo afferro per una spalla e sento la Primavera di Vivaldi interrompersi bruscamente così come i battiti del mio cuore, crollare di botto, lasciandomi come un emerito idiota davanti a un uomo che di Sherlock non è neanche l’ombra.
-S-scusi… l’ho scambiata per un altro.- mormoro, allontanandomi. Mi sono lasciato trascinare.
Faccio qualche altro passo e mi appoggio al muro, senza fiato… poi tutto diventa nero e il beato nulla m’inghiotte!
 
 
…Continua…
 
 
  
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