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Autore: Vulpix    16/02/2012    9 recensioni
mhm che dire...
E' il giorno di San Valentino e apparentemente è una normale giornata di lavoro al distretto...
Succederà qualcosa che potrà trasformarla in una giornata speciale anche per Kate?
leggetela e lo scoprirete..
Doveva essere una shot ma mi si è allungata... per cui l'ho divisa in due capitoli...
Buona lettura!
***********
Storia 3a classificata al 10° Turno dei CSA nelle categorie Romance & Kiss
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione, Contesto generale/vago
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Il bip di un messaggio la distolse dai suoi pensieri.
Prese il cellulare per leggere chi fosse il mittente e cosa c’era scritto, credendo si trattasse di un sms da Espo o Ryan.

Non importa se è il vostro primo San Valentino o il decimo: per la persona che ami, scegli un regalo che fa battere il cuore…

Uno stupido messaggio pubblicitario.
Adesso ci si mettevano anche loro a infierire su di me?
Questo non sarà né il primo né il decimo... né tanto meno un San Valentino da festeggiare…
Non che gliene importasse poi così tanto della festa che considerava solo un inutile spreco di soldi…
E non vedeva il motivo per cui dovesse esserci un giorno per ‘essere innamorati’. E tutti gli altri 364?
Due persone che si amano non hanno bisogno di un giorno per ricordarlo!
Il loro amore vive nelle piccole cose, nei piccoli gesti…

Già i piccoli gesti come uno sguardo carico d’amore, un sorriso scambiato anche furtivamente…
Una piccola nuvoletta di vapore le si materializzò d’avanti.
L’odore del caffè le impregnò lenarici e quando alzò lo sguardo… beh, vide i suoi occhi blu e il suo meraviglioso sorriso.
Ricambiò e mentre prendeva un sorso di quel liquido caldo, tornò ai suoi pensieri e completò la sua frase:

…il caffè ogni mattina…

“Buon giorno!”esclamò un Castle al settimo celo.
“Buon giorno” rispose lei tristemente.
“Tutto bene?” le chiese preoccupato.
“Si tutto bene… è solo questo caso… non riesco a venirne a capo...” mentì.
Richard prese posto sulla sua sedia di fianco la scrivania e anche lui si mise a fissare la lavagna.

Qualche ora dopo, sembrava che ci fosse una traccia.
Esposito e Ryan stavano per uscire ed andare a controllare, quando Castle chiese:
“Posso andare con loro?”
“Certo! Non devi mica chiedermi il permesso!” rispose lei, anche se non le andava proprio di restare da sola in ufficio.
“Bene!” esclamò prima di alzarsi e seguire i due.

Quando entrarono in ascensore, Esposito non riuscì a trattenersi oltre egli chiese:
“Perché l’hai lasciata sola e vieni con noi?”
“Non vengo con voi…” rispose “...mi serviva una scusa per allontanarmi dal distretto senza che Beckett lo sapesse!”
Li guardò fissi negli occhi e aggiunse “E lei non dovrà saperlo!”
“Che vuoi fare fratello?” chiese Ryan curioso.
“Devo fare una cosa, e ho bisogno che voi mi copriate!”
Esposito lo guardò in malo modo e lui continuò:
“Va bene… avete visto come è strana oggi?”
I due annuirono.
“Beh voglio farle una sorpresa… è San Valentino e non riesco a vederla così!”
“Che c’entra San Valentino con la tristezza di Beckett?” chiese Kevin.
“Non lo so, ma sono sicuro che oggi è più giù del solito, e credo di sapere perché!” esclamò facendo il vago.
“Spiegaci che hai in mente, fratello!” disse Javier e Kevin continuò: “Edicci la tua ‘teoria’.” disse apostrofando l’ultima parola.
“Credo che lei si senta… come dire… sola!”disse mostrando un’espressione triste, quasi quanto quella della sua partner.
“Voglio farle capire che non lo è. Oggi è San Valentino ed è la festa degli innamorati, questo è vero, ma spero di riuscire a farle capire che di amore ne esistono infinite forme.”
Poi come se il pulsante T fosse diventato di estremo interesse, lo fissò e aggiunse:
“Anche se quello che io provo per lei è il più classico delle forme.”
Prese un respiro e intanto i due detective si scambiarono un’occhiata d’intesa.
“Ma anche l’amicizia è una forma d’amore, e ho intenzione di fare qualcosa per lei!”
Intanto erano arrivati al piano e le porte dell’ascensore si aprirono, appoggiò le braccia sulle spalle dei due amici e continuò:
“Vi spiegherò tutto, se mi date uno strappo in un posto…” e si diressero verso la macchina.

Erano le 6pm passate, la giornata di lavoro era finita e fortunatamente il caso erano riusciti a risolverlo.
A renderla ancora più triste però c’era il fatto che quando Esposito e Ryan erano tornati al distretto con il sospettato, che poi si era rivelato il colpevole, di Castle non si era vista nemmeno l’ombra. Quando aveva chiesto ai due dove fosse, loro avevano risposto evasivamente dicendo che aveva avuto un imprevisto.
Era arrivata a casa, entrò sbattendo la porta alle sue spalle.
Poggiò le chiavi sul tavolino e si tolse il giubbotto lanciandolo sulla sedia alla sua sinistra.
Dalla tasca cadde il telefono e quando si abbassò per prenderlo vide che sullo schermo c’era di nuovo quel messaggio.


…per la persona che ami, scegli un regalo che fa battere il cuore…

La persona che amo…
Colui che vorrei fosse sempre al mio fianco, oggi è sparito nel nulla!

Pensò alla mattina, quando era arrivato con i soliti caffè in mano e con quell’espressione allegra.
Le aveva chiesto cosa la turbasse e poi sembrava non averle rivolto più nessuna attenzione.
Al momento le era andato anche bene, non sarebbe riuscita a trovare alcuna scusa plausibile per il suo stato, ma poi… poi lui se ne era addirittura andato con Esposito e Ryan e non era più tornato.

Un imprevisto?
Non la convinceva tanto ciò che le avevano risposto i due e dalla loro espressione aveva capito che non c’era stato nessun imprevisto.
Forse la sua più grande paura si stava realizzando.

L’allegria di stamattina… poi la fuga… oggi è San Valentino…
Non le ci volle molto per fare due più due e ipotizzare che,il suo comportamento, il fatto di non averla assillata come al suo solito, per capire cosa c’era… fosse dovuto a una sola cosa…
Ha gettato la spugna… e si è trovato un’altra!
Gettò il telefono sul divano e si diresse in bagno. Aprì il rubinetto dell’acqua e mentre la vasca si riempiva, si spogliò e vi si immerse.

Alcune lacrime iniziarono a scendere sul suo viso, mentre la sua mente elaborava quelle informazioni e arrivava sempre alla stessa conclusione.
Si distese completamente nella vasca, piegando le ginocchia e immergendo la testa nell’acqua e sapone. Chiuse gli occhi e restò con la schiuma che le accarezzava il viso.
Di nuovo le si materializzò il contenuto del messaggio e piangendo silenziosamente, la sua mente le formulò la frase che aveva iniziato quella mattina.

Nessun San Valentino da festeggiare… e questo era solo per colpa sua…
Non si riferiva al fatto di aver lasciato Josh. No, di quello era cosciente e sapeva che era stata l’unica cosa sensata che aveva fatto ultimamente.
Erano il resto ad essere stupidate.

E’ colpa mia se ora non sono a festeggiare con ‘la persona che amo’…
È colpa mia se mi sono fatta fregare dalla stupida paura di non dirgli mai ricordo tutto!
È colpa mia se non sono mai riuscita ad ammettere che lo amo e non ho mai fatto nulla per farglielo capire chiaramente…
No, non dovevo farglielo capire… avreidovuto solo digli quelle due parole e ora forse sarei tra le sue braccia…
Quello si, che sarebbe stato il vero regalo che fa battere il cuore…
Ma no! Io sono una stupida… e lui… lui adesso, molto probabilmente è con un’altra…
Si alzò di scatto, come se si fosse svegliata di soprassalto da un incubo, respirava affannosamente, cercò di fermare le lacrime che stavano scorrendo sul suo viso e mettendosi seduta al centro della vasca, tirò a se le gambe e le cinse con le braccia per poi poggiare su di esse la fronte.

Restò così per un tempo indefinito, finché i brividi di freddo non le ricordarono dove si trovava.
Una sola cosa le aveva tenuto compagnia, un solo pensiero:

Era stata una stupida e ora l’aveva perso per sempre.
Di questo ne era praticamente convinta.
Le parole che le aveva detto tempo addietro il suo psicologo, le erano ripiombate addosso come macigni. Ora sapeva con certezza quale delle due ipotesi temeva di più.
Forse troppo ingenuamente aveva pensato che lui avrebbe aspettato in eterno i suoi tempi.
Adesso capiva che non era quella la paura più grande.
Ora sapeva che temeva che lui si stufasse di aspettarla… ma…

Forse adesso è troppo tardi… e la colpa è solo mia…
Cosa posso fare ora? Nulla! Non posso avanzare nessuna pretesa… gli hosempre fatto credere che tra noi non ci fosse nient’altro che una profonda e seppure bellissima amicizia ma solo quello…
Afferrò l’asciugamano appeso lì vicino, uscì dalla vasca e dopo averlo avvolto attorno a se, si diresse verso la sua stanza da letto.

Era lì, distesa trasversalmente sul letto da non sapeva nemmeno lei quanto tempo. Era ancoracoperta soltanto dall’asciugamano e i suoi capelli avevano ormai formato un alone bagnato sul piumone. Lo sguardo rivolto verso il soffitto, perso in quelle macchioline ombrate che le gocce di lacrime avevano formato come patina sui suoi occhi. Le braccia distese lungo il corpo e le mani appoggiate sulle cosce a stringere l’ultimo lembo dell’asciugamano ripiegandolo su se stesso.
Ad un tratto, un suono la riportò alla realtà.
Ci mise un po’ prima di capire che si trattava del campanello della sua porta.
Non aspettava nessuno e non aveva voglia di vedere nessuno.
Si alzò così com’era e convinta di liquidare in quattro e quattr’otto lo scocciatore, non si curò di avere in dosso solo l’asciugamano.

Quando aprì la porta, di fronte a se c’era un uomo.
Non un uomo qualunque ma quello che le faceva battere il cuore, quello per cui era ridotta in quello stato…
“Castle…” disse vedendolo impalato davanti a lei.
“Kate…” rispose lui.
Nella sua mente avrebbe voluto salutarla scherzosamente, con il suo strano modo pagliaccesco, immaginando la sorpresa della detective nel vederlo lì.
Ma quando lei aveva aperto la porta con in dosso solo l’asciugamano, il suo cuore si era fermato.
Poi era riuscito a distogliere lo sguardo dal suo corpo e quello che aveva visto l’aveva sconvolto ancora di più.
“Tutto bene?” domandò preoccupato.
“Si.” rispose lei “Non mi aspettavo di vederti qua. È successo qualcosa?”
“No, nulla! Posso entrare così ti spiego?” disse cercando di prendere tempo e sperando di riuscire a scoprire cosa aveva.
Kate si scostò leggermente e lo fece passare, poi richiuse la porta e lo seguì al centro della stanza.
Quando lefu vicina, le accarezzò il viso e le chiese:
“Cos’hai, Kate?”
La scrutava con uno sguardo serio ma carico di tensione, angoscia, amore.
E’ amore quello che leggo nei tuoi occhi, Rick? O è solo preoccupazione?
Le accarezzò la guancia, asciugando una gocciolina che cadeva sul suo viso.
Un brivido le percorse la schiena e istintivamente si staccò dal suo tocco caldo.
Si spostò verso la sedia li vicino e prese la felpa che di solito usava in casa, la infilò al di sopra dell’asciugamano e chiuse la zip fino al collo, stringendocisi dentro.
Lui ancora la fissava in cerca di una risposta e lei sbuffando disse:
“Non ho nulla! Sono solo molto stanca. Sono appena uscita dalla vasca, per cui se hai qualcosa da dirmi, fallo e tornatene da dove sei venuto!”
Non voleva essere così dura ma qualcosa in lei le fece uscire quelle parole, forse i pensieri che le avevano affollato la mente fino a quel momento.
“Lo vedo.” rispose lui cercando di placare gli animi.
Beh il suo era tutto fuorché placato, a quella vista!
“Oggi eri strana, Kate… sicura che vada tutto bene? Lo sai, con me puoi parlare…” disse cercando di avvicinarsi a lei, ma il suo sguardo gelido lo fece desistere.
“Si tutto bene! Ho solo bisogno di andare a dormire e di mettere fine a questa giornata!” disse con tono stanco e iniziando a innervosirsi.
Castle non demorse e continuò chiedendole:
“Stanca… e il viso rosso, gli occhi gonfi e bagnati?” disse lui alzando la voce.
“Cosa non ti è chiaro del fatto che ho appena fatto il bagno?” rispose allo stesso tono.
“Kate, non mentirmi! Non vuoi parlarne, ok… ma non prendermi in giro.Non sono un cretino!”
“Davvero Rick… non è niente! Deve essere stato il nuovo bagnoschiuma! Stai tranquillo, domani tornerà tutto come prima!” disse avvicinandosi allo scrittore e poggiando la sua mano sulla guancia.
Rick… mi ha chiamato per nome! Pensò mentre adagiava il viso al palmo della sua mano e con la propria copriva quella di lei.
Kate sfilò immediatamente la mano, arretrando di qualche passo.

RICK… come diamine mi è venuto di chiamarlo per nome?
Lui la guardava con un sorriso dolcissimo e restarono così, nel più totale imbarazzo finché Richard non cercò di ripristinare il discorso.
“Ok, farò finta di crederti. Ad ogni modo, vuoi sapere che ci faccio qua?”
Beckett annuì e lui continuò:
“Dunque…” creò un po’ di suspense ma quando lei lo guardò pronta a fulminarlo, continuò:
“Ho un appuntamento…” guardò l’orologio e poi disse“…fra circa due ore e mezza...”
“Mi fa piacere per te! Ma io cosa c’entro?” lo interruppe lei.
“Se mi lasci finire, senza interruzioni, forse capirai!”
Kate annuì e con la testa fece segno di continuare.
“Dicevo… siccome oggi ho avuto un imprevisto…”prese una pausa cercando di cogliere l’espressione di Beckett
“Ma poi si è risolto prima del previsto, sono riuscito a prepararmi con largo anticipo… e...”
“E?” chiese lei
“Ah ma allora non mi vuoi proprio far finire?” disse lui quasi lamentandosi.
“Muoviti!! Non la tirare per le lunghe! Non siamo in uno dei tuoi romanzi!”
“Uff… ho preso la mia macchina e sono sceso a fare un giro… mi sono ritrovato qua sotto… e siccome oggi ti ho visto un po’ giù di morale…”altra pausa che fece innervosire Kate “mi chiedevo se ti andava di farmi compagnia per queste due ore di attesa…”
Lei lo guardava con fare minaccioso, finché non notò il mazzo di chiavi che lui le stava mostrando.
I suoi occhi iniziarono a scintillare quando davanti a se vide il cavallino rampante.
“Sei con la Ferrari?” chiese come un bambino davanti alle giostre.
Lui annuì con il capo e sorrideva, felice di vedere quell’espressione nella sua Kate.
“Si… e se ti va… hai due ore di tempo per guidarla! Possiamo andare dovunque tu voglia! A una condizione!”
“Quale?” disse lei immediatamente
“Ora sono le 7… per le 9 dobbiamo essere qua! Così io avrò tutto il tempo per trovarmi al mio appuntamento alle 9:30! Ci stai?”
Kate lo guardava con un sorriso smagliante, poi quando lui espresse la sua condizione, la sua mente tornò ad elaborare quel fastidioso pensiero.
Due ore con Rick… con la sua Ferrari…
E poi? Poi dovrò lasciarlo andare da lei?
Richard attendeva la sua risposta e la vide passare dall’euforia per la Ferrari a un’espressione triste che non riusciva a decifrare. O forse si, ma si era ripromesso che doveva mettere da parte l’uomo innamorato ed essere solo l’amico che lei voleva… almeno per quella giornata!

Al diavolo!!! Anche se saranno solo due ore… saremo solo io e te!
E’ colpa mia se devo accontentarmi solo di questo. Ma non me lo lascerò sfuggire!
“Ci sto!” esclamò felice, contagiando anche lo scrittore.
“Dammi qualche minuto… mi vesto e andiamo!” disse prima di correre verso la sua camera.
“D’accordo ma mettiti qualcosa di pesante e comodo… si gela fuori!” riuscì a dirle prima di vederla sparire dietro la porta.

La Ferrari sfrecciava per le strade di New York.
Aveva evitato quelle che notoriamente erano trafficate e ora che avevano lasciato alle loro spalle anche Manhattan, finalmente poteva dare gas e far volare quel gioiellino.
Kate aveva le mani a ‘nove e un quarto’ sul volante, le braccia tese e i gomiti leggermente piegati.
Lo sguardo fisso sulla strada, al di la del parabrezza. Il piede destro premuto sull’acceleratore e il sinistro sulla frizione.
Nonostante quell’automobile, il più delle volte fosse usata in cambio automatico, lei invece preferiva quello manuale.
Voleva sentire tutti i 450 cavalli, pronti a scattare al suo comando.
Il suono emesso dal motore la faceva letteralmente impazzire!
Doveva essere lei a cambiare le marce, non la macchina!
La sua guida sportiva e per nulla spericolata, la portava ad assumere un’espressione seria e concentrata ma nonostante ciò, sul suo viso, si aprivaun sorriso che le passava da un orecchio all’altro.
Ogni tanto una buffa espressione le compariva in volto.
Fugacemente, senza farsene accorgere, lanciava uno sguardo all’uomo del posto passeggero.
Rick era seduto completamente attaccato al sedile, come se la pelle di questo e il suo vestito fossero ricoperti dai due strati di velcro. La nuca schiacciata contro il poggiatesta, le gambe distese fino a toccare la carrozzeria interna e i piedi puntati contro il tappetino. La mano sinistra stringeva il sedile, talmente forte che a momenti avrebbe lasciato i segni nella pelle, mentre con la destra si aggrappava alla maniglia dello sportello.
Non riusciva a pronunciare una sillaba, la bocca era spalancata a prender aria e quando Beckett faceva una curva, lui stringeva i denti. Gli occhi spalancati, si spostavano dalla strada a Kate, alla strada…
Quando finalmente la detective decise di fermare la sua corsa e accostare per godersi il panorama, dalla loro posizione si potevano vedere le luci che illuminavano il New Jersey.
Spense il motore e i fari, lasciando che l’abitacolo fosse illuminato dalla tenue luce proveniente dall’altra costa e che l’unico rumore fosse quello del vento che impattava contro le fronde degli alberi piene di neve, facendola cadere giù a depositarsi lungo i dossi al lato della strada.
Poggiò la testa allo schienale e inspirò profondamente mentre volgeva lo sguardo alla sua sinistra, lasciandosi incantare da quella visione.
Dei leggeri movimenti, provenienti dalla sua destra, la fecero voltare.
Quando il suo sguardo si posò sul passeggero, lo trovò con la testa poggiata al sedile, mentre la fissava con un enorme sorriso.
I loro occhi si incontrarono per qualche istante poi lei abbassò lo sguardo e muovendosi un po’ a scatti, tornò a guardare fuori.
“E’ bellissimo vero?” esordì lui
“Già…” fu la sua flebile risposta.
“Il paesaggio illuminato dalle luci della città, le acque che ci separano dal New Jersey che si muovono appena, spostate dal vento. Piccoli fiocchi di neve che cadono dagli alberi e i lati delle strade sono ricoperti di bianco. Un auto da sogno fermata su un ciglio della strada, dopo una folle corsa…” sollevò il sopracciglio all’ultima parte e la vide voltarsi di nuovo verso di lui
“…il sorriso che illumina il tuo volto e vederti finalmente felice… cosa c’è di più bello?”
Non era una domanda, lo sapeva benissimo. Distolse lo sguardo da lui e mentre il suo viso assumeva varie sfumature di rosso, la sua mente formulò un pensiero:
Cosa c’è di più bello, Rick? Solo poter vivere tutto questo con te, sapendo di aver tutto il tempo a nostra disposizione e non due ore… prima che tu vada da ‘lei’.
Improvvisamente la vide perdersi nei suoi pensieri e offuscare quel sorriso.
Doveva fare qualcosa.
Per quella sera, almeno, sul suo viso doveva risplendere la luce del suo sorriso, quel sorriso che lui così tanto amava e che aveva visto così tanto raramente.
“Kate…” la chiamò, distogliendola dai suoi pensieri.
Quando si voltò verso di lui, continuò:
“Ti va se andiamo in un posto?”
Lei guardò l’orologio sul cruscotto e rispose:
“Sono già le otto e trenta. Se non torniamo indietro non farai mai in tempo per il tuo appuntamento.”
“Ah non c’è problema… ci metteremo al massimo una decina di minuti! Facciamo in tempo, non ti preoccupare!” disse lui, girando la chiave e facendo accendere il quadro.
“Chi si preoccupa!” esclamò lei, ma nella sua mente pensò anzi non spero altro…prima di mettere in moto.
“Allora dove devo portarti?” chiese mentre faceva rombare il motore.
“E’ una sorpresa…” disse lui, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Tu guida che la strada te la indico io!” esclamò lui, felice di averla in pugno.
“Ah beh allora… ci arriveremo sicuro fra un mese in questo posto!” gli disse lei, ridendo.
Richard le fece la linguaccia, provocando una sonora risata della detective e poi continuò:
“Per ora prosegui diritto… poi seguiranno altre istruzioni…” disse serio, sfoderando il suo sguardo provocatorio.
Kate rise e scosse la testa, prima dare gas schiacciando sull’acceleratore facendo partire la Ferrari, pronta ad immettersi sulla strada e seguire le indicazioni del suo strampalato scrittore.

Dopo venti minuti, due strade sbagliate e altrettante inversioni di marcia, finalmente arrivarono a destinazione.
“Ci siamo! Ferma la macchina!” esclamò Rick.
“Alleluia! Menomale che sapevi la strada!” disse lei continuando a ridere.
Non aveva smesso di sghignazzare da quando erano partiti.
Richard le dava indicazioni due secondi prima della svolta da effettuare o della strada da imboccare e lei doveva sterzare all’improvviso, facendo sballottolare lo scrittore che nonostante la cintura di sicurezza lo tenesse ben ancorato al sedile, fingeva di aggrapparsi alle maniglie o al tettuccio provocando la risata della detective.
“Beh dai... scendi!” le disse mentre premeva il tasto di apertura dello sportello.
Kate poggiò la sua mano su quella dello scrittore, che ancora era ancorata al sedile e disse:
“Mancano dieci minuti alle nove.Per quanto questo parco è davvero splendido e meriterebbe, se scendiamo a farci una passeggiata, non arriveremo mai in tempo a New York…e farai tardi al tuo appuntamento!”
Castle come se nulla fosse, scese dalla macchina e dopo aver fatto il giro, aprì lo sportello del lato guidatore e porgendole la mano disse:
“Sono in perfetto orario per il mio appuntamento!”
Kate alzò lo sguardo e quando lui incrociò i suoi occhi verde-castano e l’indecisione che mostravano, continuò:
“Ho un appuntamento alle nove, qui… con una donna bellissima, intelligente e divertente, quando vuole…”sorrise e con occhi sognanti continuava a perdersi nei suoi.
“…e il modo in cui sorride mi fa sciogliere il cuore…” fece una pausa e quando vide che Kate stava riacquistando il sorriso, ricollegando la frase a quella che aveva usato per descrivere Alexis, continuò:
“Ma non è di Alexis che parlo questa volta.”
Come un nuvolone nero che oscura il sole all’improvviso, così il viso di Kate passò dal sorriso solare a un’espressione cupa e distolse lo sguardo dallo scrittore.
Richard sorrise tra se e se, e mentre aveva ancora la mano tesa verso di lei per aiutarla a scendere dall’abitacolo, le alzò il mento con due dita dell’altra mano, per farla tornare a guardarlo negli occhi.
“Questa volta parlo di una donna straordinaria…” e mentre si inginocchiava per arrivare alla sua altezza,disse con un tono di voce deciso ma al tempo stesso dolce:
“la mia musa…”
Kate sentendo le prime parole, puntò gli occhi in quei fanali blu e ancora incredula su ciò che le sue orecchie stavano sentendo, lasciò che le sue labbra si alzassero all’insù e di nuovo, sul suo viso, comparve il sorriso che illumina l’anima.
“Sei tu, Kate. Ho appuntamento con la mia più cara amica!” esclamò lui ricambiando il suo sorriso.
Quando lei sentì l’inizio della frase, il suo cuore cominciò a correre all’impazzata, più forte di quanto avesse spinto la Ferrari poco prima, ma nel momento esatto in cui sentì la parola ‘amica’, di colpo si era arrestato e quel sorriso era sparito, sostituito da uno amaro e di circostanza.
Amica…sarò pure la più ‘cara’ ma sempre e soltanto un’amica…
I suoi occhi tornarono a guardare verso il basso.
Notò che Richard le porgeva ancora la mano e decise di ‘accontentarsi’ ancora una volta, di quello che aveva.
Poggiò la sua mano su quella di lui e si fece aiutare ad alzarsi.
Castle l’attirò a se, tornando per l’ennesima volta a sfiorarle il mento, riportò lo sguardo triste di lei sul suo viso e guardandola negli occhi disse:
“Vedrai… ti piacerà… ti prometto che questa serata sarà indimenticabile… e quello sguardo triste, per oggi, scomparirà dal tuo viso!ok?” e guardandola serio “Tu sorridimi!”
Lei accennò un assenso con la testa e un accenno di sorriso, poi si staccò da lui, chiuse la portiera e gli lasciò le chiavi.
Dopo che ebbe chiuso la macchina e messo le chiavi in tasca, Rick tornò da lei,le prese la mano e la condusse verso l’interno del parco e verso la loro serata.



...Continua....
   
 
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